Aurelio Porfiri: Elogio della Cantoria (Tristemente Trascurata…).
15 Dicembre 2021
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, come avrete notato (o forse no) nei giorni scorsi SC non è stato presente come di consueto. Un problema al server del nostro provider, Aruba, si è protratto più a lungo di quello che avremmo certamente desiderato. Dovrebbe essere finalmente risolto, e gradualmente torneremo al normale livello di attività. E qui vi offriamo una riflessione del maestro Aurelio Porfiri nel tema che gli è più congeniale e proprio. Buona lettura.
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ELOGIO DELLA CANTORIA
A chi non è capitato di entrare in qualche bella chiesa barocca o giù di lì e di fissare lo sguardo in alto, a sinistra o a destra nel presbiterio o in fondo alla navata, sopra la porta di ingresso? Avrà probabilmente visto la cantoria, dove solitamente è anche sistemato l’organo. In alcune chiese la cantoria è molto elaborata, così come il mobile che contiene le canne di facciata dell’organo. In tempi in cui si pensava che l’arte dovesse essere il linguaggio attraverso cui parliamo a Dio e attraverso cui Dio ci parla, si riteneva che ogni particolare di una chiesa dovesse essere degno di uno sguardo ammirato. Mi viene in mente la cantoria della chiesa romana di santa Maria della Scala, anzi la doppia cantoria in quanto sopra quella dei cantori c’era quella per l’orchestra. Oppure quella straordinariamente ricca ed elaborata della chiesa di santa Maria Maddalena, sempre a Roma.
In recenti decenni la cantoria è stata denigrata, con ragioni liturgiche, visto che gli si è preferito una posizione che sottolineasse l’appartenenza della Schola Cantorum. Al n. 23 dell’Istruzione Musicam Sacram leggiamo: “La «schola cantorum», tenendo conto della disposizione di ogni chiesa, sia collocata in modo che:
- chiaramente appaia la sua natura: che essa cioè fa parte dell’assemblea dei fedeli e svolge un suo particolare ufficio;
- sia facilitata l’esecuzione del suo ministero liturgico;
- sia assicurata a ciascuno dei suoi membri la comodità di partecipare alla Messa nel modo più pieno, cioè attraverso la partecipazione sacramentale. Quando poi la «schola cantorum» comprenda anche donne, sia posta fuori del presbiterio”.
Ora, per fare in modo che la sua natura fosse chiara si è pensato, anche con motivazioni comprensibili in quella prospettiva, che il coro dovesse trovarsi tra il presbiterio e la navata, in modo che fosse pienamente visibile.
Eppure a mio avviso la cantoria aveva anche un ruolo importante, perché nascondendo i cantori alla vista preveniva quel protagonismo degli stessi su cui molto si è insistito nel dopoconcilio. È vero che in alcuni casi poteva favorire, lontano dagli occhi delle persone, un atteggiamento poco rispettoso della liturgia da parte di alcuni cantori. Questo aveva a che fare con il cantore stesso, non tanto con la cantoria. Del resto, quella educazione liturgica e musicale tanto auspicata nei documenti, sappiamo che in realtà non è mai venuta.
Inoltre, per la mia esperienza nel partecipare alla Messa quando alcuni cantori eseguono i brani liturgici dalla cantoria, mi sembra che l’effetto sia più adeguato, il suono che viene dall’alto, piuttosto che orizzontalmente, ci aiuta ad interiorizzare i testi liturgici come parte di un rito che ci è stato donato e che ha una dimensione verticale, prima che orizzontale. Un rito che non è produzione umana, ma frutto degli uomini e donne che sanno guardare in alto e mettersi nella condizione di ricevere. Oggi purtroppo paghiamo un orizzontalismo che ha condannato la liturgia ad essere per alcuni meramente un prodotto culturale umano, troppo umano.
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