Éric Zemmour è un Antisemita? No, ma è Partita la Campagna Contro di Lui.

9 Dicembre 2021 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mi sembra interessante rilanciare questo articolo apparso su Gatestone Institute, che tratta di come sia cominciata la campagna di diffamazione nei confronti di Éric Zemmour, il possibile candidato alla Presidenza in Francia che sta scombinando tutti i giochi, e in particolare quelli delle élites che Oltralpe come da noi condizionano in maniera pesantissima la vita politica, economica e sanitaria. Buona lettura.

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Éric Zemmour è un antisemita?

Assolutamente no. Quello che sta realmente accadendo in Francia è una liberazione della libertà di parola. Per la prima volta in 40 anni, alla radio e alla televisione si parla apertamente di temi come l’immigrazione, l’Islam e la preferenza delle élite per un’immigrazione di massa incontrollata.

 

Essere francese e difendere la cultura francese rendeva una persona nazista. Chiunque osasse criticare l’immigrazione musulmana e l’Islam veniva immediatamente bollato come razzista “simile a Jean-Marie Le Pen”, diffamato dai media e persino portato in tribunale.

 

Le Pen è stato il primo a criticare l’immigrazione musulmana e a sollevare questioni sull’Islam, ma purtroppo lo ha fatto in un modo (…) che non è stato difficile (…) demonizzarlo, e spesso anche i problemi molto reali che il Front National ha affrontato, come l’identità del Paese, il ruolo della laicità, la concorrenza nel mercato del lavoro, la condizione delle donne.

 

“[Zemmour] ha il merito di mettere la questione della Francia al centro del dibattito. (…) Si fa carico dell’angoscia esistenziale di un numero crescente di francesi che si chiedono se la Francia resterà la Francia, se il loro diritto alla continuità storica sarà finalmente rispettato o se continuerà ad essere disprezzato”. – Alain Finkielkraut, autore e filosofo, Europa1, 24 ottobre 2021.

 

Per i francesi, in realtà, la domanda più importante non è se Zemmour sia razzista o antisemita, ma se la Francia come si conosce… continuerà ad esistere.

Éric Zemmour, un probabile candidato alle prossime elezioni presidenziali francesi, è davvero un razzista? La Francia è sul punto di cadere nel fascismo? Assolutamente no. Quello che sta realmente accadendo in Francia è una liberazione della libertà di parola. Per la prima volta in 40 anni, alla radio e alla televisione si parla apertamente di temi come l’immigrazione, l’Islam e la preferenza delle élite per un’immigrazione di massa incontrollata. (Foto di Nicolas Tucat/AFP via Getty Images)

La voce secondo cui un ebreo che fa commenti razzisti e antisemiti potrebbe essere un candidato alle elezioni presidenziali francesi della primavera del 2022 ha varcato i confini del Paese. Peggio ancora, si dice che questo ebreo presumibilmente razzista e antisemita, Éric Zemmour, sarebbe sostenuto dai sondaggi che lo prevedono come un possibile candidato al secondo turno contro l’attuale presidente francese Emmanuel Macron.

Perbacco! Come può essere successa una cosa del genere? Zemmour è davvero un razzista? È trasportato da un’onda di estrema Destra, come suggeriscono molti a Sinistra? La Francia è sul punto di cadere nel fascismo?

Assolutamente no. Quello che sta realmente accadendo in Francia è una liberazione della libertà di parola. Per la prima volta in 40 anni, alla radio e alla televisione si parla apertamente di temi come l’immigrazione, l’Islam e la preferenza delle élite per un’immigrazione di massa incontrollata.

Il motivo per cui tutti questi argomenti sono finalmente sul tavolo è che Zemmour li ha portati lì, all’attenzione dei media. Prima di Zemmour, chi parlava con apprensione dei migranti, era considerato “razzista”. Chiunque fosse preoccupato per il rapido cambiamento nell’identità della Francia veniva etichettato come membro dell’estrema Destra. Essere francese e difendere la cultura francese rendeva una persona nazista. Chiunque osasse criticare l’immigrazione musulmana e l’Islam veniva immediatamente bollato come razzista “simile a Jean-Marie Le Pen”, diffamato dai media e persino citato in giudizio.

Il successo di Zemmour è quello di aver rotto il muro della vergogna, con l’aiuto di Jean-Marie Le Pen, fondatore del partito di estrema destra Front National. Le Pen è stato il primo a criticare l’immigrazione musulmana e a sollevare questioni sull’Islam, ma purtroppo lo ha fatto in un modo così caricaturale e razzista che non è stato difficile per i media e i leader del Partito Socialista demonizzarlo, e spesso anche i problemi molto reali che il Front National ha affrontato, come l’identità del Paese, il ruolo della laicità, la concorrenza nel mercato del lavoro, la condizione delle donne.

Quando lo storico Georges Bensoussan affrontò nel 2016 alla radio la questione dell’antisemitismo musulmano, venne immediatamente perseguito da associazioni “antirazziste” e portato in tribunale. Nonostante sia stato assolto tre volte, l’intimidazione ha avuto il suo effetto. Chi, dopo una simile maratona legale, avrebbe il coraggio di affrontare ancora una volta la complessa questione del posto dell’Islam in una società occidentale, in generale, e in Francia, in particolare?

L’accusa secondo la quale Zemmour è un razzista nasce non solo da temi legati all’immigrazione, ma anche dalle numerose azioni legali che organizzazioni islamiste, organizzazioni “antirazziste” e alcuni eletti della Sinistra hanno intentato contro di lui. Il più delle volte, i giudici hanno assolto Zemmour, ma talvolta lo hanno anche giudicato colpevole. Nel 2011, è stato condannato per aver affermato pubblicamente che i francesi di origine immigrata vengono fermati dalla polizia più di altri perché la maggior parte dei trafficanti sono neri e arabi. (…) Questo è un dato di fatto”. Zemmour è stato condannato non perché mentiva, ma perché tale affermazione era impossibile da provare. Fin dalla Seconda guerra mondiale, la legge francese ha vietato qualsiasi menzione dell’etnia nelle statistiche ufficiali. Nel 2020, Zemmour è stato anche condannato per “provocazione all’odio razziale”.

Le accuse di razzismo e antisemitismo mosse a Zemmour provengono altresì dall’establishment ebraico. Il rabbino capo di Francia ha di recente dichiarato che Zemmour è “antisemita indubbiamente, razzista ovviamente”. Francis Kalifat, presidente del Consiglio di Rappresentanza delle Istituzioni ebraiche in Francia (CRIF) ha invitato gli ebrei a non votare per lui.

L’establishment ebraico ha accusato Zemmour di aver riabilitato il maresciallo Pétain e il regime di Vichy, entrambi i quali collaborarono con la Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale. Zemmour ha affermato che Pétain “ha protetto gli ebrei francesi mentre consegnava ai nazisti gli ebrei nati all’estero, in un necessario compromesso per l’occupazione”. Secondo Zemmour, “le cifre parlano da sole: in Francia, il 40 per cento degli ebrei stranieri è stato sterminato e il 90 per cento degli ebrei francesi è sopravvissuto”.

La tesi, però, è quella di Alain Michel, rabbino e storico ebreo di origine francese ora residente in Israele. Secondo Michel, Zemmour avrebbe dovuto dire che “tra il 90 e il 92 per cento” degli ebrei francesi era sopravvissuto. Inoltre, Michel afferma che:

“contrariamente a quanto asserisce Serge Klarsfeld [presidente dell’Organizzazione dei Figli e delle Figlie degli Ebrei deportati dalla Francia] (…) queste cifre non possono essere attribuite esclusivamente all’azione dei ‘Giusti tra le nazioni’. Era la politica applicata dal governo di Vichy, che rallentò l’applicazione della ‘Soluzione Finale” in Francia”.

Michel e Zemmour concordano sul fatto che è estremamente difficile per gli storici in Francia mettere in discussione l’opinione popolare secondo cui il regime di Vichy non poteva essere altro che un clone del regime nazista.

Nessuno riesce a capire perché Zemmour stia tirando fuori Vichy e la Seconda guerra mondiale, ma la ferocia delle accuse contro di lui non gli impedisce di continuare ad essere molto popolare in seno alla comunità ebraica.

Zemmour non rinnega le sue origini ebraiche e frequenta regolarmente la sinagoga. Puntualizza di non essere un sionista, ma precisa anche che non è antisionista. Ciò che conta per lui è innanzitutto l’appartenenza alla cultura e alla civiltà francesi. Sembra un ebreo di tipo “napoleonico” che ritiene che la sua identità religiosa debba essere confinata nella sfera privata, in casa o in una sinagoga.

Durante la Rivoluzione francese del 1789 e poi sotto Napoleone, gli ebrei “si emanciparono”. A loro furono concessi tutti i diritti personali accordati agli altri cittadini francesi, in cambio della loro rinuncia alle regole comunitarie, come il matrimonio obbligatorio tra ebrei e il primato delle leggi religiose sulle leggi della Repubblica. Zemmour è sconcertato dal fatto che queste regole, che sono riuscite ad assimilare gli ebrei nella società francese, siano state abbandonate per assimilare i musulmani.

Se la Francia vuole continuare ad essere la Francia, Zemmour afferma che essa deve tornare a una politica di assimilazione. Il giornalista vorrebbe che i musulmani fossero “assimilati” e soprattutto che fossero cittadini francesi di lunga data. “Dobbiamo incoraggiarli (tutti questi migranti musulmani che vengono in Francia) a diventare uguali,” egli ha dichiarato, “ad appropriarsi della storia, dei costumi, del modo di vivere, dei gusti, della letteratura, ad assaporare le parole, la lingua, i paesaggi.”

Zemmour attribuisce così tanta importanza al suo desiderio di salvare la Francia e di essere un cittadino francese che a volte rasenta l’indelicatezza. Nel suo ultimo libro, ha ferito indebitamente persone che erano state duramente colpite dal terrorismo islamista. Ha scritto che i familiari dei bambini uccisi nel 2012 in una scuola ebraica vicino a Tolosa si sono comportati come stranieri per aver seppellito i propri figli in Israele invece che in Francia: “gli antropologi ci hanno insegnato che veniamo dal Paese in cui siamo sepolti”, ha rilevato Zemmour, applicando apparentemente gli stessi standard filo-francesi per gli ebrei e per i musulmani. Ma le famiglie ebree francesi che non vogliono rischiare che le tombe dei loro figli e delle loro figlie vengano profanate dagli antisemiti, potrebbero essersi sentite offese.

Zemmour, neo-candidato alle presidenziali francesi del 2022, potrà sopravvivere politicamente nei prossimi sei mesi solo se sarà considerato un candidato valido dai media, e ciò accadrà solo se riuscirà a creare “attenzione”.

Ma l’attenzione può diventare spiacevole, per non dire crudele. Il filosofo Alain Finkielkraut, che ammette alcune divergenze con Zemmour, si rammarica degli “anatemi” lanciati contro di lui, e ha detto di Zemmour: “È oggetto di una vendetta ossessiva. È controproducente”. Finkielkraut ha aggiunto:

“[Zemmour] ha il merito di mettere la questione della Francia al centro del dibattito, (…) Si fa carico dell’angoscia esistenziale di un numero crescente di francesi che si chiedono se la Francia resterà la Francia, se il loro diritto alla continuità storica sarà finalmente rispettato o se continuerà ad essere disprezzato”.

Per i francesi, in realtà, la domanda più importante non è se Zemmour sia razzista o antisemita, ma se la Francia come si conosce… continuerà ad esistere.

Yves Mamou, vive in Francia, ha lavorato per vent’anni come giornalista per Le Monde.

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4 commenti

  • Forum Coscienza Maschile ha detto:

    Sono decenni che attendiamo un deus ex machina politico, che ribalti una situazione saldamente in mano allo Stato profondo.
    Bisognerebbe accuratamente distinguere tra discorsi elettorali (incomprensibile la menzione di Pétain se non per suscitare attenzione) e realtà.
    I vari Zemmour, Le Pen e compagnia non servono ad altro che a dirottare il malcontento verso esiti funzionali al globalismo liberista e scongiurare qualsiasi forma di sovranismo e vera democrazia.
    Lo sdoganamento partiti “estremisti” e obiettivamente impresentabili fa parte di questa operazione, vengono usati come supporto di una destra “moderata”, leggi liberista.
    Grillo dovrebbe avere insegnato qualcosa a chi non l’aveva già capito, faceva discorsi “coraggiosi” contro le multinazionali e oggi i 5S sono la stampella del potere.
    Far sperare in politici che con un voto risolvano tutto è un modo per promuovere la passività in popoli che dovrebbero cominciare ad agire pacificamente, non solo con iniziative politiche ma anche con forme di auto-organizzazione (fondazione di comunità autosufficienti, uso di monete alternative, scuole parentali ecc.)

  • Iginio ha detto:

    Zemmoru è di origine ebraica, quindi è ridicolo definirlo antisemita.
    Come del resto sono semiti anche gli arabi musulmani.
    E non c’entra niente con Le Pen padre, il quale ha dichiarato che lo voterà ma per fare dispetto alla figlia Marine, che lo ha allontanato dal partito.
    Il suo (di Zemmour) vero problema è che, se anche vincesse le elezioni, deve cercare di avere dalla sua l’apparato dello Stato.

    Ma magari avessimo in Italia uno Zemmour! Qui abbiamo solo il buonismo in salsa Bergoglio-Pd coi vari Mattarella, Lamorgese, la Repubblica e mass media vari.

  • Iginio ha detto:

    Semplicemente ridicolo parlare di antisemitismo per Zemmour, che è ebreo (e non c’entra niente con Le Pen padre, ormai fuori dai giochi, anche se quest’ultimo ha detto che lo sosterrà per fare un dispetto alla figlia Marine che lo ha esiliato dal partito).
    Così come sarebbe ridicolo parlare di antisemitismo a proposito degli arabi islamici, che sono anch’essi semiti.
    Peraltro il vero problema di Zemmour, secondo me, è che vincere le elezioni gli servirebbe a poco, se non ha l’apparato dello Stato dalla sua parte.
    Ci vorrebbe uno Zemmour italiano, ma non c’è, dato il clima plumbeo a base di Pd, Mattarella, Lamorgese, la Repubblica, mass media e buonismi vari con benedizioni di Bergoglio e il culto di San Migrante.

  • Valeria Fusetti ha detto:

    Zemmour vincerà o no le elezioni se piacerà ai francesi, non ai media. Il distacco tra i media e i cittadini di qualsiasi stato fa sì che da un bel po’ non riescano a prevedere nulla. Zemmour, come a suo tempo Trump, deve limitarsi a dimostrare che “prima i francesi”, lasciando agli altri le loro baggianate autolesioniste.