Kwasniewski: le Cose Sacre Devono Cambiare gli Uomini, e non il Contrario.
24 Settembre 2021
Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali, grazie all’amico Vincenzo Fedele, che ringraziamo di cuore, siamo in grado di offrirvi questo articolo del dott. Peter Kwasniewski, apparso su One Peter Five, un sito che ben conoscete. Buona lettura.
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“Gli uomini devono essere cambiati dalle cose sacre, e non le cose sacre dagli uomini”
Peter Kwasniewski, PhD 15 settembre 2021
Il titolo di questo articolo è tratto dalle parole pronunciate dal cardinale Egidio da Viterbo nel 1512 durante l’orazione inaugurale del Concilio Lateranense V: “Homines per sacra immutari fas est, non sacra per homines”. In questo contesto, immagino la seguente conversazione tra due seminaristi che seguono gli studi in un seminario diocesano. Hanno scoperto di essersi innamorati della tradizionale Messa in latino e vogliono abbracciare le sue ricchezze, ma non sono d’accordo su come farlo.
Michael: È possibile portare la tradizione nella Messa Novus Ordo. Basta che scegliamo i paramenti migliori, miglioriamo la musica, vediamo di migliorare il cerimoniale, usiamo l’incenso e così via… Impariamo dalla Messa in latino come dovrebbero essere fatte le cose.
John: Su questo sono titubante. Qualsiasi tentativo di rendere la nuova Messa più tradizionale non è vista come una innovazione ? Almeno rispetto a quanto si aspettano vescovi, sacerdoti e la maggior parte dei laici, soprattutto se si va molto oltre la griglia delle opzioni a disposizione? E, anche nella migliore delle ipotesi, pensando che un prete possa “farla franca”, cosa accade, a livello interiore, a un sacerdote che rende la sua Messa “più tradizionale” settimana dopo settimana, anno dopo anno ? Non si abitua a pensare che sia lui l’artefice delle sue belle liturgie? Che siano suoi gli accorgimenti per tradizionalizzare al meglio secondo il suo sentire?
Michael: Beh, no, penso che stia cercando di scegliere cosa c’è di meglio dalla tradizione, e quindi non è qualcosa di suo. Sta cercando un riferimento esterno, non solo una bussola interna.
John: Ma è comunque una scelta che deve fare, ed è una scelta che fa avendo come riferimento lo sfondo di mezzo secolo di scelte, per lo più di segno contrario, e le scelte, generalmente meno tradizionali, dei suoi confratelli e della maggior parte delle altre diocesi. Questo è molto diverso da come il culto è stato inteso e praticato nel mondo cattolico prima della riforma.
Michele: cosa intendi?
John: Mentre il clero diocesano “che naviga controvento” è alla ricerca di modi nuovi per conformare il Novus Ordo alla tradizione, i membri degli istituti e delle comunità tradizionali cercano semplicemente il nascondimento e lasciano che sia la tradizione a formarli con il suo potere e la sua perfezione. Il restauratore del Novus Ordo, per quanto aderisca strettamente alla tradizione, promuove comunque un progetto contraddittorio. Perché, per essere genuinamente tradizionale, un discepolo deve diventare sempre più piccolo; mentre invece, per rendere tradizionale il Novus Ordo, lui deve diventare sempre più grande. Il primo percorso è un nascondimento dell’ego: un laico può dire “oh, qualsiasi prete andrà bene, purché celebri la vecchia messa”. L’altro percorso, invece, è un traguardo! Il celebrante diventa famoso anche a molti chilometri di distanza come “colui che offre in modo riverente il Novus Ordo”. Tanto quanto un sacerdote svanisce nel rito antico, l’altro sacerdote, ironia della sorte, ne viene magnificato.
Michael: Da questo punto di vista non sarebbe meglio, cioè più focalizzato sulla strada della santità, essere un laico in una parrocchia tradizionale che un prete conservatore nel mondo del Novus Ordo?
John: È difficile sfuggire a questa conclusione. Il laico è libero di conformarsi a una tradizione oggettiva mentre il sacerdote del Novus Ordo adegua costantemente la liturgia alle proprie idee (probabilmente migliori), di ciò che dovrebbe essere ma non è e non deve essere (e, per alcuni vescovi, non deve mai essere). E non dimentichiamo neanche che non può essere in alcun modo garantita la propria libertà di raggiungere i propri obiettivi di buoni propositi. Molto probabilmente, sarà costretto in continuazione ad andare contro la sua coscienza e contro la sua conoscenza di cosa è meglio.
Michael: Mi ricorda una famiglia che conosco, dove il papà è diventato un cattolico tradizionale mentre la mamma no, e questo ha comportato problemi di tutti i tipi. E’ come se un seminarista diocesano amante della tradizione stia entrando in una sorta di matrimonio misto con una tipica diocesi del Novus Ordo. Come si usa, tutti nelle foto sono affratellati e con buona volontà; ma un simile matrimonio può crollare rapidamente.
John: Giusto. Se all’inizio avesse scelto una partner migliore, il “matrimonio” avrebbe probabilità molto più elevate di successo.
Michael: (Dopo una pausa) Cosa dovremmo fare, allora? Qual è la soluzione?
John: Non so se ci sia solo una soluzione. Ma so qual è la mia soluzione: lasciare il seminario diocesano e ricominciare da capo in un istituto o in una comunità tradizionale.
Michael: E se il Vaticano proibisse a questi gruppi di accettare nuovi membri, o addirittura chiudesse i loro seminari, come, secondo le voci che girano, potrebbe accadere presto?
John: Se accadesse questo, i superiori dovrebbero avere la lucidità mentale di riconoscere che si sta attuando un assalto al bene comune della Chiesa, contro la sua fede, la sua tradizione, il suo passato, la sua eredità, contro l’insegnamento di tutti i precedenti papi e concilii, le realtà più sacre, il bene delle famiglie, specialmente dei bambini, e il dono divino delle vocazioni, e dovrebbero avere il coraggio di rifiutare di riconoscere tali divieti o chiusure. I seminari devono restare aperti e funzionanti, proseguendo con tranquillità come prima. Dovrebbero continuare ad accettare nuovi membri, indipendentemente dal loro status canonico, e continuare con la formazione sacerdotale o religiosa, indipendentemente dalle sanzioni minacciate o pronunciate, che sarebbero tutte nulle, in quanto emanate da coloro che agiscono in odio e in disprezzo della fede e contro tutti i principi normativi del diritto. I fedeli laici sosterrebbero generosamente il personale, le strutture e le attività di tutti questi gruppi, sostenendoli finchè arriveranno giorni migliori in cui verrà nuovamente riconosciuta la legittimità intrinseca della loro posizione.
Michael: Hai appena fatto una serie di affermazioni audaci!
John: O le facciamo o lasciamo che i modernisti calpestino noi e la Fede tradizionale fino alla morte. Che è quello che vogliono. Perché dovremmo lasciarglielo fare? Non potremmo mai avere pace nelle nostre coscienze se voltassimo le spalle a ciò che il Signore ci ha permesso di ammirare. Siamo uomini cambiati. E dobbiamo vivere come uomini cambiati. Questo è ciò che Dio si aspetta da noi. Non dobbiamo sprecare le Sue grazie. D’altronde questo lo sai bene quanto me: un prete che si è abituato all’incomparabile alimento della Messa antica non può semplicemente metterlo da parte come un vecchio straccio al comando di un meschino dittatore. Sarebbe una specie di eutanasia spirituale. E penso che la stessa cosa sia vera per noi.
Michael: Sì… hai ragione. Non riesco a non vedere quello che vedo adesso. La tradizione è una grazia. Voglio dire, vederla, innamorarsene, lasciarsi modellare dalla mente e dal cuore… Che grazia abbiamo ricevuto! Domine, non sum dignus…
* * *
Questa conversazione può aiutare a focalizzare una verità che rimane poco chiara per troppe persone. È infatti una contraddizione in termini dire che bisogna diventare sempre più grandi (nel senso di esercitare il proprio giudizio e la propria forza volitiva) per rendere “tradizionale” il Novus Ordo quando il più grande beneficio della tradizione è quello di permettere di rimpicciolirsi sempre di più, per far risplendere la sapienza e la carità della Chiesa attraverso la propria rappresentazione iconica di Cristo.
Rigorosamente, da questo punto di vista, essere un laico che vive una vita liturgica pienamente tradizionale sarebbe superiore all’essere un sacerdote che deve celebrare il Novus Ordo in modo esclusivo o frequente. Non si tratta qui di attribuire la colpa a qualcuno; la maggior parte dei sacerdoti che hanno scoperto le benedizioni della tradizione lo hanno fatto dopo la loro ordinazione, quando (per così dire) era troppo tardi per orientarsi esclusivamente verso di essa. Un sacerdote che avesse saputo in anticipo che, rimanendo in una diocesi, avrebbe nuotato perennemente contro corrente nei suoi sforzi per rendere il nuovo rito qualcosa che non era mai stato concepito , avrebbe, d’altra parte, più di un motivo per risvegliarsi dalla notte dei dormienti e chiedersi cosa diavolo stia combinando.
Non sorprende, quindi, che il clero del Novus Ordo, che si “sveglia” in seguito alla piena comprensione della grandezza del problema liturgico, viva una crisi enorme. Alcuni di loro cercano di lasciare la propria diocesi per entrare a far parte di una comunità tradizionale, un passo non facile da fare, con tutti i permessi necessari da entrambe le parti, e la sfida di incarichi temporanei durante il periodo di prova, e nessuna certezza del risultato. Altri, come Fr. Bryan Houghton (autore dei classici Judith’s Marriage e Mitre & Crook), si rendono conto che devono andare in pensione anticipata o trovare un diverso “ambito di lavoro”. Fr. Houghton si dimise dal suo ufficio pastorale piuttosto che celebrare il Novus Ordo, si stabilì nel sud della Francia e finì per diventare un felice cappellano di un piccolo e piuttosto informale gruppo di laici che assisteva alle sue messe in latino. Oggi si possono trovare laici che sono pienamente disposti a mettere volontariamente in gioco le proprie risorse per sostenere il “clero cancellato” che cerca di offrire la TLM (Messa Tradizionale in Latino), perché sanno che deve essere fatto.
C’è, ovviamente, un futuro molto diverso che un giorno potrebbe nascere. Visto che i potenziali candidati al sacerdozio sono sempre più attratti dalla messa in latino, una diocesi lungimirante, anche sulla scia della Traditionis Custodes, potrebbe creare tranquillamente una “impronta della messa in latino”, dalla quale i seminaristi che desiderano offrire esclusivamente la liturgia tradizionale potrebbero essere eventualmente destinati a santuari, basiliche, oratori e cappelle (non parrocchie, si badi…), che si specializzerebbero in essa, per il numero crescente di fedeli che ne fanno richiesta, e per le loro famiglie in continuo aumento. Le diocesi che desiderano sopravvivere dovranno adattarsi alle mutevoli esigenze dei fedeli ed ai cambiamenti delle aspirazioni dei seminaristi attuali o potenziali. Alcune diocesi più sagge nei giorni pre-Traditionis Custodes lo avevano già attuato ed hanno iniziato a pianificare in anticipo l’inevitabile, come ha riferito Fr. Zuhlsdorf.
Però, a meno che, e fino a quando, ciò non accadrà, gli uomini che sono tra i «giovani [che] hanno scoperto questa forma liturgica, ne hanno sentito l’attrazione e hanno trovato in essa una forma di incontro con il Mistero della Santissima Eucaristia, a loro particolarmente adatta». (Lettera ai Vescovi che accompagna la Lettera Apostolica Summorum Pontificum) si ritroveranno nella posizione di Michael e John del mio dialogo immaginario: bisogna trovare un ordine o una comunità tradizionale. Anche questo è nella Provvidenza di Dio, poiché Egli sta innalzando fari della tradizione per illuminare le tenebre dell’anarchia ecclesiale. E non è da meno, nel piano provvidenziale di Dio, che le forze nemiche in Vaticano si stiano mettendo in linea contro i veri guardiani della tradizione. La battaglia è in corso. C’è una grande gloria da conquistare, o la miseria della diserzione e della resa.
Questo lo sappiamo per certo: una persona ha l’obbligo di tirarsi fuori da situazioni in cui è continuamente bombardata da esigenze o richieste che affaticano o feriscono la propria coscienza. Anche se potesse trincerarsi dietro una affrettata riserva mentale per giustificare (o scusare) qualche atto di complicità, è come vivere sul filo di un rasoio affilato e spietato. Non è un modo sano di vivere. Dovremmo essere in grado di abbandonarci alla liturgia come a un trainer superiore a cui possiamo assolutamente affidare il nostro benessere spirituale.
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Tag: 1P5, fedele, kwasniewski, one peter five
Categoria: Generale
La santa Messa è sacramentalmente regolare sia in un modo che nell’altro ma ci sono delle increspature poiché la scelta del rito del 62 rispetto al rito del 69 dal punto di vista del favorire nel fedele la Grazia, pur sottoponendo tale giudizio alle eventualità e disposizioni individuali, è comunque maggiore nel primo e ciò non dipende certo dal latino. La santa Messa non è solo validità della stessa e soddisfazione del precetto.
Ricalcando la descrizione di Benedetto XVI che abusò della strumentale e quantomai artificiosa distinzione fra rito ordinario o straordinario si ignora che una tale operazione ha senso se e solo se si attua una politica rituale non parallela ossia a fare un esempio: i bizantini stessi hanno 3 riti diversi per la loro scuola liturgica, ma non usano mai i 3 riti concomitantemente l’uno all’altro, regolati dunque da giorni fissi ( la liturgia di Giacomo, di Basilio o di Crisostomo ) e comunque sia in ogni caso innestati nel medesimo calendario e nel medesimo ciclo scritturistico. Questo è l’unico senso che può poter avere una straordinarietà.
La nostra situazione è invece del tutto anomala ed ignobile e chiunque conosca il processo di riforma liturgica con annesse abrogazioni e promulgazioni delle leggi canoniche per vietare od imporre un messale, come sempre fatto, comprende da sè che celebrare nella forma precedente e non in vigore in modo « pubblico ed ufficiale » è perentoriamente sanzionabile e punibile.
Ora questo è il chiaro motivo per cui si giunse all’indulto di Giovanni Paolo II e per cui sia la liberalizzazione di Benedetto XVI in SP come la serrata di Francesco in TC, sono in totale continuità muovendosi esattamente in tale solco. Che quest’ultimo papa abusi dell’autorità poiché compie un atto ingiusto, nel modo punitivo in cui si pone oltremodo facendo palese il suo doppiopeso e distorcendo le voci di deriva storpiandole, ciò non c’entra nulla con la linea indultista ed il potere che il papato ha assunto nel gestire a proprio parere la situazione.
Se infatti allora nella Chiesa , in una data scuola liturgica, non si possono avere due riti paralleli in contrasto, non ha senso stare a spulciare quale sia il momento o l’aspetto che una data liturgia sottolinea di più e l’altra meno e viceversa, o come l’una sia recuperabile alla luce dell’altra, né perder tempo a stabilire quale sia la complementarietà o convivenza che possano avere come certuni provano a fare, Ratzinger compreso.
Giovanni Paolo II nell’84 e nell’88 ha parlato di aspirazioni e sensibilità dei i fedeli ancorati al rito del 62 facendo intravedere l’articolo 1 , implicitamente, della TC di Francesco. Benedetto XVI stesso mai ha affermato l’intangibilità liturgica, mai ha parlato di ritualità derivata dagli apostoli, mai ha parlato di liturgia come protezione,assistenza e garanzia della dimensione sacramentale ivi incastonata, mai ha fatto intendere che il diritto canonico è secondario rispetto alla divina liturgia e che è semmai questa a fondare il resto, sia la dottrina che la disciplina della Chiesa. Ha anzi lasciato intendere la straordinarietà come mero avallo di tale situazione.
Disse Benedetto XVI invece cosa in SP? Che il rito del 62 era veneranda e più sacrale liturgia, portatrice di cultura propria dunque allora riduzione totalmente umanistica del culto teantropico della Chiesa. Dove sarebbe la differenza con Francesco?
I tradizionalisti cianciano di intangibilità della liturgia, fedeltà apostolica, salvaguardia del sacramento eppure officiano invece un rito simulatorio, quello del 62, che se pur ricalca certe impostazioni del passato, è in latino ed ha il canone romano, ma sono tutte cose che si potrebbero trovare anche in una messa novus ordo fatta bene…e la differenza sarebbe poca visto che a questi piacciono le sante messe basse fluite nell’abitudinarietà del rito del 69.
Al tradizionalista frega poco se mente da ignorante sull’orientazione al Cristo quando ha templi che danno in tutti i punti i cardinali tranne che ad Est ( il tabernacolo al centro dell’altare costituendo un’innovazione tridentina essendo sempre stato in fondo o a lato, e dunque nella liturgia gli si dava le spalle ); frega poco o nulla se Pio XII, concedendo la messa vespertina, abbia compiuto un atto antitradizionale perché non comprende il senso cosmico-liturgico; dimentica o sorvola inoltre sulla devastazione della settimana Santa dello stesso papa; ignora oltremodo che Pio X, il supposto tradizionalista, abusando del suo potere, abbia malriordinato la musica sacra come aperto al devozionismo contro l’ufficio liturgico pubblico delle ore ed infatti, devastadolo nel breviario romano tanto da poter essere considerato il vero originatore delle rubriche del 1920 sotto Benedetto XV, divenne l’apripista di quel che è avvenuto dopo ( su Benedetto XV ci sarebbe anche da parlare sulla ratio del codex del 1917 e di certe storture ivi presenti alquanto sinistre e burocratiche )nel suo arbitrio.
Prendiamo ora la concelebrazione o la questione delle preghiere dei fedeli, o del concetto di mensa e cena del Signore nel novus ordo. Chi potrebbe negare che tali cose esistevano nel rito romano dei primi secoli, che d’altronde era in greco? Ma appellandosi a cose del genere, i modernisti, con scuse e strumentalizzando cosa ricavarono? Il rito proposto oggi, quello del 69, che è un completo insulto alla tradizione liturgica della scuola romana.
Fanno certo gran parlare di essere tutti loro dei custodi o dei ripristinatori, tradizionalisti o modernisti, ma poi le cose che impongono sono sempre viziate da questo preconcetto che determina un creazionismo, od archeologista od innovazionista, accettando le riforme immonde dell’autorità della loro fazione, e contestando le altre perché della fazione opposta, con la vernice della fedeltà liturgica.
Il tradizionalista dichiara che la Chiesa sta perdendo la Fede proprio in nome dell’attacco alla liturgia…ah beh, egli forse dimentica i vari tipi di riti orientali ed in occidente almeno il rito ambrosiano, riti e chiese non interessate affatto da queste diatribe. Come può dire certe cose il tradizionalista che guarda solo al suo ombelico, e pure male!
Faccio presente che Benedetto XVI ricordando che il messale del 62 non fu abrogato, fece un abile gioco di parole per acquietare gli animi di costoro ma è evidente che ci prese in giro poiché i messali non si abrogano, si abrogano solo le leggi che li tengono in vigore e li impongono come liturgia pubblica ed ufficiale, altrimenti che senso avrebbe avuto l’indulto di Giovanni Paolo II? Dire che il messale del 62 ( il quale oltre gli adattamenti al breviario subì la riscrizione delle rubriche nel 1960 ) non è abrogato è un’ovvietà e finché non si dirà che il rito del 62 non è la messa di sempre e non è l’ultima riforma del rito apostolico romano legittima, non si capirà nulla…dovessi fare il sedevacantista si potrebbe dire che Ratzinger con la distinzione straodinario-ordinario ha volutamente creato questo impasse visto che tutti in nome della liturgia si accusano proteggendo le proprie falsità in tacito accordo.
Me la prendo con i tradizionalisti giacché cosa credono davvero riguardo il tradimento della consegna ed eredità apostolica in ambito liturgico se per difendere il rito del 62 debbono mentire? Se continuano infondo implicitamente a stabilire che la canonistica e l’autorità abbia a disposizione la liturgia come bene suo proprio? Se continuano a giustificare gli errori del passato su cui si addormentano? Se continuano a rifiutare l’intangibilità liturgica, dimenticando che essa è a protezione,assistenza e garanzia della dimensione scramentale ivi incastonata mentre invece ne apprezzano solo l’estetismo, l’ideologia, la ieracitità, la vetustà, la serietà e la cultura?
Che la Grazia nel rito del 62 scenda più copiosa, concordo, ma è ben al di sotto di quel che si millanta.
“… il clebrante diventa famoso anche a molti chilometri di distanza come “colui che offre in modo riverente il Novus Ordo”. Tanto quanto un sacerdote svanisce nel rito antico, l’altro sacerdote, ironia della sorte, ne viene magnificato”.
Verissimo!
E questo è un altro modo di farsi padroni del Sacro, anziché servitori.
Inoltre a volte capita pure che tali sacerdoti, a causa della lotta incessante che devono fare contro il mobbing dei colleghi parroci e dei fedeli catto-comunisti, all’improvviso crollano.
Così chi è andato in ” pellegrinaggio” fino a lui, per partecipare alla sua Messa, rischia di ritrovarsi dentro ad una peggiore delle altre: è successo che chi si era spostato per km per andare ad ascoltare la messa nuova, ma in unione con Benedetto 16′, quel fedele si è ritrovato a essere messo in unione con Borgoglio, come a quella che avrebbe avuto sotto casa.
Per questo Gesù ha detto:sì o no.
I tiepidi li vomitero’
Perché il novus ordo ha necessità di essere celebrato “in modo riverente”?
Il modo irriverente lo renderebbe invalido? E perché?
Non ho mai assistito, nelle migliaia di Messe Tridentine cui ho partecipato in 40 anni, ad un modo irriverente di celebrarla.
Perché il novus ordo corre questo pericolo?
LA lista di abusi nel NO è inscrivibile per tanti che sono.