Il Potere, e la Sua Fonte. Una Riflessione del M° Porfiri.
31 Luglio 2021
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il M° Aurelio Porfiri ci offre questa breve riflessione sul potere e la sua fonte; una riflessione attualissima, visto quanto sta accadendo nel mondo, nella Chiesa e nel nostro Paese. Buona lettura.
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La fonte del potere
Spesso ci troviamo a riflettere sulla fonte del potere, non solo il potere che si vive nella Chiesa, ma anche a quello profano. Nel vangelo di Giovanni (19, 6-8) leggiamo: “Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: «Di dove sei?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Rispose Gesù: «Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande»”.
Ora, quello che dice Gesù è che nessun potere è assoluto, ma è sempre di forma derivata da un potere più grande, quindi in ultima analisi ogni potere deriva dall’istanza ultima, da Dio.
Ecco che chi esercita un potere non deve farlo per dominare, ma per servire. Nel vangelo di Marco (10, 42-45) leggiamo: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.
Cioè esiste un discrimine fra il modo profano di guardare al potere e lo sguardo cristiano. Per quest’ultimo il potere deriva da Dio ed è quindi più una responsabilità che un privilegio. Il pensatore controrivoluzionario Monaldo Leopardi, nel suo Catechismo filosofico diceva: “Distinguete adunque per tutti i casi il potere della sovranità, dal potere o piuttosto dal dovere di eleggere la sovranità, riconoscete che la natura ha costituito i popoli nel debito della sommissione, non già nell’autorità del comando; e concluderete che il potere sovrano non risiede nel popolo, e non può conferirsi dal popolo, ma procede da Dio, e viene conferito da Dio”.
Ora, bisogna intendere che questa sottomissione è legittima se il potere viene in effetti esercitato come derivazione dalla potestà divina e in obbedienza alle sue leggi.
Quando così non è, quando i popoli vengono oppressi per sfoggio del potere assoluto, allora si comprende la ribellione, in quanto non vengono soltanto calpestati i diritti di un popolo ma anche quelli di Dio, detentore in ultima analisi di ogni potere, in cielo e sulla terra.
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Ecco il collegamento per il libro in italiano.
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Categoria: Generale
Le condizioni necessarie per la realizzazione di una sana democrazia sono troppo esigenti: non basta averla conquistata con una lotta violenta contro la monarchia o qualsiasi altra forma di stato autoritario, non basta nemmeno ottenerla per progressive e gentili concessioni della monarchia o per compartecipazione sempre più allargata al potere, quando le oligarchie aristocratiche rinunciano volontariamente al privilegio della esclusività. La democrazia ha bisogno di cittadini maturi politicamente, con alti ideali di vita e un livello culturale e morale che guardi come esempio a quello dei grandi della storia e dei grandi del pensiero. A suo tempo Pericle fece un discorso sulla democrazia, con tante belle parole e pie intenzioni, lui che era un rampollo della vecchia aristocrazia, non possiamo però fargli alcuno sconto sulla sua ipocrisia: sapeva benissimo che i suoi concittadini non avevano tutti la sua cultura e i suoi ideali, che perciò la democrazia non era destinata a durare, come in effetti fu.
Per chi abbia voglia di approfondire il tema – soprattutto nella parte più volte e a proprio uso e consumo strapazzata “continuità” del papato corrente rispetto al precedente – segnalo l’ analisi ad ampio raggio di Matzuzzi sull’edizione odierna de “Il Foglio”, che mi sembra interessante, su: “Quel che resta di Ratzinger”. Che si sia o meno d’accordo su tutte o su alcune delle sue considerazioni.
https://www.ow2.rassegnestampa.it/Ucei/Viewer.aspx?Date=Today&ID=2021073149213833
La coscienza del discrimine difetta in soggetti affetti da disturbi immunitari per la cui cura non si trovano ricercatori e medici specializzati, perché erroneamente concepiti come rari per la difficoltà di riconoscerli, a causa del camuffamento che è una delle tante complicanze dell’autoimmunità.
Personalità disturbate, dal piglio napoleonico (“Dio me l’ha data e guai a chi me la tocca”), finiscono col portarsi in giro per il mondo con quella corona, emblema del potere esercitato sul modello Re Sole.