Trono, Altare e il Ruolo delle Élites. In Morte di Amedeo di Savoia. Porfiri.

10 Giugno 2021 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, Aurelio Porfiri offre alla nostra attenzione una riflessione molto interessante sul ruolo delle élite al tempo della nobiltà e della regalità, e delle élite quali le conosciamo adesso. E indica un requisito fondamentale…buona lettura. 

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Trono, altare ed il ruolo delle élites

 

La morte del Principe Amedeo, duca di Savoia e duca di Aosta, all’età di 77 anni ci fa riflettere ancora una volta, senza voler essere passatisti, sui valori della monarchia e della nobiltà, valori che oggi sono sbeffeggiati e combattuti, anche se poi serie TV di enorme successo come Il Trono di Spade o The crown vedono come protagonisti Re e Regine, e un giorno sì e l’altro pure si parla degli affari della corona inglese nelle cronache di tutti i giornali.

Devo dire che il principe Amedeo, almeno nella sua immagine pubblica, incarnava quella compostezza che ci si attende da un appartenente alla famiglia reale. Era certamente una persona educata, come lui ha detto in più interviste, ad avere un giorno responsabilità di governo. Ma l’Italia è una repubblica e quindi i membri di casa Savoia, non tutti di uguale spessore, sono sempre rimasti sullo sfondo. Sappiamo che i Savoia hanno avuto in alcuni momenti storici un rapporto complesso con la Chiesa cattolica, come con la presa di Roma nel 1870 con Vittorio Emanuele II (che scrisse una lettera a Pio IX “con affetto di figlio, con fede di cattolico, con lealtà di Re, con animo d’italiano”). Ma sappiamo anche che la casa Reale annovera 37 fra santi, beati e servi di Dio. Insomma, una casa reale con salde radici nel cattolicesimo.

Come sappiamo, le cose del mondo vengono mosse da élites, e in passato queste erano assicurate dall’alleanza fra trono e altare, persone che venivano educate a svolgere certi compiti nel dominio temporale e spirituale come riflesso di una vocazione che vedeva in Dio il termine ultimo. Questo si è senz’altro perduto in tempi recenti, cioè ci sono sempre delle élites; che però ora sono finanziarie, del mondo tecnologico, culturali, ma il loro legame con l’origine divina del loro mandato è del tutto evaporata.

Oggi sarebbe necessario tornare a coltivare élites intese nel senso di un tempo ed esse non devono provenire per forza nei ranghi della nobiltà, categoria oggi un po’ sfibrata. Il pensatore brasiliano Plinio Côrrea de Oliveira, in Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana osservava: “Secondo i testi pontifici che commenteremo, sotto tutti i punti di vista la nobiltà costituisce una élite, la più alta di esse, ma, certo, non l’unica. Nel genere élites, essa è una specie. Vi sono élites che sono tali per il fatto di partecipare delle caratteristiche e delle funzioni della nobiltà; ve ne sono altre che svolgono funzioni diverse nel corpo sociale, ma che non per questo mancano di una dignità particolare. Vi sono dunque élites che non sono nobiliari né ereditarie ex natura propria. Così, per esempio la professione di docente universitario incorpora i propri membri, a pieno titolo, a quella che si può chiamare l’élite di una nazione. Lo stesso accade con la professione di militare, di diplomatico, e di altre simili. Questi vari rami dell’attività umana, come abbiamo già detto, non costituiscono più privilegio della nobiltà. Tuttavia, non sono pochi i nobili che vi si dedicano, e nessuno pensa che, così facendo, questi nobili decadano ipso facto dalla loro condizione. Al contrario, l’esercizio di queste attività permette che il nobile contraddistingua la sua professione con l’eccellenza delle qualità specifiche della nobiltà”.

Insomma, il coltivare queste élites, pur se i membri non fossero provenienti dai ranghi della nobiltà, è cosa fondamentale per una vera rinascita spirituale. Cioè bisogna fare in modo che quei valori che fondavano la missione della vera nobiltà possano essere a base e fondamento della formazione delle nuove generazioni. Il padre di Giacomo Leopardi, il nobile Monaldo, diceva: “Dunque l’uguaglianza è anch’essa una frottola spacciata dalla filosofia moderna, e gli uomini non sono uguali, ma bensì disuguali per ordine e disposizione della natura”. Questa “disuguaglianza” non significa essere ingiusti con alcuni piuttosto che con altri, ma piuttosto riconoscere che ci sono persone in grado di fare certe cose mentre altre ne fanno altre. C’è chi è in grado di guidare e chi no. C’è chi può cantare, suonare, comporre, recitare e chi invece no e sa fare altro. Insomma, riconoscere la necessità di formare delle élites che riprendano i valori perenni della tradizione mi sembra oggi importante più che mai.

Il papa Pio XII in un discorso dell’11 gennaio 1942 al Patriziato e alla Nobiltà romana così diceva: “Per privilegio di nascita il consiglio divino vi ha collocati come una città sopra un monte; non potete quindi rimanere nascosti (cfr. Matth. 5,14): vi ha poi destinati a vivere in pieno secolo ventesimo, presentemente in giorni di strettezza e di angosce. Se voi siete ancora situati in alto e dall’alto dominate, non è più al modo dei vostri antenati. Quegli avi vostri, dimoranti nelle loro rocche e nei loro castelli isolati, difficili di accesso, formidabili di guardia, — torri e manieri sparsi per tutta Italia, compresa la regione romana —, avevano là un rifugio contro le incursioni di rivali o di malfattori, là organizzavano la difesa armata, di là discendevano a combattere nel piano. Anche voi, “loro nipoti, traete a voi gli sguardi di coloro che stanno giù nella valle. Considerate nella storia i grandi nomi, quelli che voi portate, resi famosi per valore militare, per servigi sociali di ogni lode e vantaggio, per zelo religioso, per santità; quali e quante aureole di gloria li cingono! Il popolo li ha cantati ed esaltati con la voce dei suoi scrittori e dei suoi poeti, con la mano dei suoi artisti: ha giudicato però anche, e giudica tuttora, con implacabile severità, talvolta fino all’ingiustizia, i loro errori e le loro colpe. Se ne cercate la cagione, la troverete nell’alto ufficio, nel loro posto di responsabilità cui non si addicono, non che cadute o mancanze, nemmeno una onestà comune o una semplice e ordinaria mediocrità”. Ecco, oggi siamo chiamati a rinnovare in altra forma quell’alleanza fra trono ed altare, a dare un nuovo impulso ad élites che provengano non solo dalle file della nobiltà tradizionale, ma da tutti coloro che riconoscano la necessità di dedicare la propria vocazione a combattere contro la rivoluzione imperante.

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Ecco il collegamento per il libro in italiano.

And here is the link to the book in English. 


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5 commenti

  • Marco ha detto:

    A proposito di élites e del loro ruolo ,i gesuiti sono stati e sono maestri in questo campo ben sapendo dell importanza che hanno nella società le élites ovviamente non solo quelle nobiliari anche ai fini della missione evangelizzatrice della chiesa . Purtroppo questo aspetto è venuto meno per cui assistiamo non so in base a quale criterio che in posti delicati si da il placet o peggio si propongono a personaggi lontani se non ostili alla chiesa e alla cristianità a differenza di quanto fanno altri potenti circoli che operano nella nostra società.

  • Iginio ha detto:

    Caro Maestro, a spiegare come si deve l’importanza delle elites non è stato Plinio ma un grande studioso italiano di nome Gaetano Mosca. Il quale ha spiegato anche come le elites si sostituiscano, non restino sempre le stesse e immutabili. Le rivoluzioni non sono altro che elites che si sostituiscono ad altre elites.
    E a spiegare che cosa sia veramente la nobiltà – in un’epoca in cui la nobiltà contava eccome anche da un punto di vista politico-sociale – non è stato un brasiliano, ma un italiano di nome Dante e di cognome Alighieri nella sua opera “Il Convivio”. Che verosimilmente pochi in Italia leggono e nessuno in Brasile.
    Lasci perdere i fumosi fantasticatori di un passato immaginario in cui quelli come lei e io sarebbero dovuti essere poveri servitori di baroni presuntuosi.

  • EmmeBi ha detto:

    A me risultava essere anche una figura di altissimo rango della massoneria in Italia, da fonte certissima, ma non giudico la persona ed il suo foro interno che solo l’Altissimo conosce e giudica. Gli auguro la visione beatifica eterna, come a tutti d’altronde

  • carlo fizzotti ha detto:

    Ho trovato questo articolo per puro caso
    Ne ho goduto contenuti e disamina molto interessante.
    Grazie

  • FABRIZIO GIAMPAOLO NUCERA ha detto:

    Bellissima disamina. Conoscevo personalmente SAR il principe Amedeo. Era fervente cattolico, una persona molto compita e composta. Colto, attento e sensibile ai problemi sociali, agli eventi politici e alle conseguenze rivoluzionarie. Incline al Buon senso ed alla giustizia, con una educazione alla sobrietà e di tradizione militaresca.
    Una grande perdita. Ci mancherà.
    Grazie
    Fabrizio