Benedetta De Vito. Il Giardino Incolto, e la Metafora del Bene e del Male.
8 Giugno 2021
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, respiriamo qualche minuto di aria di vacanze con questo articolo di Benedetta De Vito, dalla Sardegna. Che anche nel suo giardino però vede il messaggio dei tempi che stiamo vivendo…Buon rilassamento e buona lettura…
§§§
Quando il conte veneziano Luigi Donà delle Rose costruiva il suo sogno a Porto Rotondo e in Sardegna c’erano ancora i “banditti”, le donne sempre in lutto e gli uomini in completo di fustagno, mio padre, insieme a due ingegneri come lui, presa l’orientale sarda allora deserta, scese a sud di Olbia e si trovò naso a naso con Tavolara, un’isola rosa e celeste che sembra un pezzo d’alpe con i piedi nel mare. Lì, in terraferma, comperò un pezzo di roccia arrampicato sull’aldia bianca e ci costruì una casa-capanna di cotto, gesso e legno, chiamandola la nostra villa al mare. Lì ho passato lunghe estati solitarie, senza tv né telefono e lì ho incontrato, piccolissima, il Signore. Ma la storia che vorrei raccontare non riguarda la mia infanzia (e per fortuna dirà qualcuno), né la notte in cui mi trovai davanti all’infinito e alle stelle, lassù, che mi parlarono, facendomi correre un brivido sulla schiena e liberando il mio cuore dalla prigionia del mondo, ma è quanto mi ha raccontato, in questi giorni miei sardi, tornata nell’incanto di allora, il giardino che ricama tutt’attorno la casa e che, per dodici anni, per motivi che terrò riposti nell’armadio del cuore, è stato lasciato allo sbando, divorato dall’incuria e dall’abbandono.
Dunque, eccomi qui, alta sull’aldia, con il mio bel completino di attrezzi, guanti, rastrello, zappetta, che mi serviranno per diserbare, pulire, tagliar rami e cime e ridare lo smalto antico alle erbe care che portano i bei nomi che mi insegnò mia madre: ecco il plumbago dai fiori cilestrini che sembrano farfalle posate sul ramo, la lantana con i suoi cappellini a fiori piccini dai colori d’agrume, il ginepro odoroso, il mirto spettinato, con le sue bacche succose. Ho cominciato, va da sé, con le aiole che costeggiano le scale di legno dell’entrata, pensando che mi sarei limitata a fare una romanella e a pulire lì dove cade l’occhio dell’ospite che verrà. Invece, man mano che strappavo a viva forza le secche erbacce, creando dei piccoli covoni di paglia e fiori, i cespugli e gli alberelli più lontani parevano chiamarmi, mentre, nel cielo svolazzava, nella sua tutina azzurra e nera, la ghiandaia di casa. “Vieni, vieni a vedere, finalmente sei qui, da tanti anni ti aspettavamo”.
“Arrivo, arrivo”, ho risposto e via verso la boscaglia. Ed è lì che ho trovato le gramigne più cattive, che avevano già attaccato i rami più bassi di un bosso ed erano salite più su lungo il fusto di un olivastro d’argento. E poi, girando lo sguardo, eran qui e lì e dovunque, con le loro sciarpe di foglie secche. “Non vedi, ci strangolano?”, piangevano gli alberi e mi chiamavano anche gli altri, a gran voce, chiedendomi di liberarli. E guardando le male erbe ho notato che ce ne sono di tre tipi. La prima, bellina, pare una piantina a modino, con certe foglioline leggere che a toccarle, però, par di aver tra le dita il vinavil. La seconda ha l’aspetto di un innocuo alberello che, però, nel sollevarsi si fa serpente e, in metamorfosi, si involtola a spire e soffoca la vita. La terza è cattiva fin da principio. Ha le spine sul dorso e le foglie a forma di cuore, un cuore di spine. Tutte e tre, come vampiri, saltano addosso a cespugli e alberi, e, uccidendo l’ospite, raggiungono il sole. E sono, in metafora, i tre tipi di tentazioni che noialtri si incontra per la via…
Così, dichiarata la guerra alle male piante, mi sono data da fare e ogni giorno, mattina e sera, sono lì che stacco, strappo, taglio, recido, restituendo la libertà alle mie fronde sarde. E oggi pomeriggio, mentre me ne stavo seduta in un canto a riposare, con i gatti matti intorno alla ricerca perenne di mettere qualcosa tra i denti, d’un tratto, ho capito che anche noi siamo come quegli alberi attaccati dalle male piante, che, stringendoci un laccio al collo, ci spingono verso il burrone e la morte. Sì, è così, io, qui non ho la televisione, ma le code per i vaccini mi paiono la coda di bimbi che il pifferaio magico portò via dal villaggio e in una grotta senza uscita…
La gramigna di Satana ha, restando nella metafora, prima eliminato il Giardiniere, cioè il Signore, poi piano piano, appiccicosa, serpentina, cattiva, ha creato la paura, offerto un finto rimedio e soffocato il bene, chiamandolo male e ora si appresta, ma è una pia illusione la sua (perché il dragone è sempre perdente) a uccidere la vita.
Oddio, mi alzo in piedi. Respiro. Eh sì, in tutti questi anni, anche nel bel giardino sardo, si è combattuta una guerra sotterranea tra il bene e il male. Eppure, nonostante tutto, anche se il male era lì tutto il tempo, nelle sue odiose spire, la vita ha trionfato lo stesso: gli alberi verdi. Io, cieca, non mi sono accorta di nulla. Come cieca e addormentata mi pare l’umanità che vede bianco di vita lì dove il nero la veste di morte. E mi chiedo se strapperebbero le lantane e non le gramigne. Sorrido tra me mentre riprendo il lavoro.
La vita trionferà, il bene è più forte perché viene da Dio che ci ama. Sono contenta: tolte le male erbe, il giardino splende e sorride e così sarà anche nel mondo, dove trionferà – ed è così ne sono certa – il Cuore Immacolato di Maria.
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Ecco il collegamento per il libro in italiano.
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Categoria: Generale
Facendo seguito ad Anonimo Verace ed Enzo.
Si può dire che le male erbe non esistevano nel Paradiso Terrestre? Penso di sì. Esse crescono dopo la cacciata dall’Eden e fuori di esso. Con la Caduta Originale le radici delle male erbe sono insorte prima di tutto nel cuore dei Progenitori e, di conseguenza, hanno cominciato a crescere anche nello spazio extra-paradisiaco, che è quello in cui si nasce e si muore.
Troviamo qui il motivo bellico, ovvero la necessità del combattimento spirituale (individuale) volto ad estirpare dal cuore le radici delle male erbe che si manifestano nella Natura quale riflesso, si direbbe matematico, di ciò che è nel cuore dell’uomo.
Ora, il combattimento spirituale è interiore e, almeno in altri tempi, questo “produceva” anche il combattimento esteriore sicché quest’ultimo era simbolo del primo.
L’Islam chiama questi due combattimenti Grande guerra santa (quello interiore) e Piccola guerra santa (quello esteriore). E, a meno che non si conduca una vita monastica o eremitica, essi debbono (dovrebbero) essere condotti simultaneamente, per così dire, alimentandosi a vicenda.
Ora, poiché nel combattimento interiore non si può indulgere a “dialoghi” e “accordi”, che è come dire compromessi, con le male erbe e quindi le si deve tagliare (qui emergendo il valore simbolico della Spada), come si deve condurre il combattimento esteriore?
Se la Spada (che peraltro è sollecitata dal Cristo) non può essere usata per motivi di “pace” e “tolleranza”, quale altro mezzo si dovrà impiegare nei confronti delle male erbe (esteriori) ?
Può darsi sia qui il nocciolo della questione.
a Enrico Nippo: Cristo non suggerì la spada perché la si usasse, ma per adempiere le profezie e, soprattutto, perché i Romani potessero condannarlo come pericoloso sedizionista (è più difficile condannare una persona disarmata). La vita di Cristo è un perfetto esempio di non violenza, e la guerra che dobbiamo fare al mondo è puramente spirituale.
A parte il fatto che non furono i Romani a condannare Cristo, questa storia della non violenza è alquanto ambigua in quanto cavallo di troia dei pacifisti sovversivi (che intanto agiscono).
Non esiste guerra spirituale senza coinvolgimento del corpo, quindi dell’azione del corpo che in qualche modo deve partecipare alla guerra.
L’avversario agisce con lo spirito e con il corpo.
La guerra “puramente spirituale” non esiste, e al più scade in uno spiritualismo sterile e illusorio.
«Cristo non suggerì la spada perché la si usasse, ma per adempiere le profezie»
E’ vero per quanto riguarda il passo di Luca:
«chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una.
Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine” (Lc 22, 36-37)»;
Non lo è per quest’altro caso:
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada» (Mt 10, 34).
In qualunque modo lo si voglia intendere non è un’espressione da “pacifista”. Le parole successive infatti si riferiscono agli effetti che ne derivano: la separazione del figlio dal padre, della figlia dalla madre… «… e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa» (Mt 10, 36). Bella prospettiva, altro che non violenza…
«La vita di Cristo è un perfetto esempio di non violenza, e la guerra che dobbiamo fare al mondo è puramente spirituale»
E lo stesso Gesù ha dato l’esempio di una santa violenza nell’episodio dei cambiavalute nel tempio:
« Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi» (Gv 2, 15)
Riguardo alle sanguinarie divisioni che il Cristianesimo avrebbe portato, era una profezia, e sappiamo che si è avverata con precisione. In quella frase c’è la smentita dell’aspettativa che la venuta del figlio dell’uomo, dopo aver respinto i crudeli goyim da Israele, avrebbe condotto immediatamente all’era di pace profetizzata da Isaiah.
In quanto all’episodio del Tempio, rientra anch’esso nella necessità di fornire capi d’accusa ai Romani (non c’è ragione di credere sulla base del testo che abbia colpito fisicamente i cambiavalute). I Giudei condannarono Cristo per blasfemia, ma i Romani, Prussiani dell’antichità, avevano bisogno di ben altro per accettare di eseguire Gesù: della religione ebraica non poteva fregargliene di meno, ma di mantenere l’ordine in una polveriera, quello sì.
«non c’è ragione di credere sulla base del testo che abbia colpito fisicamente i cambiavalute»
Ah no?
«Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi» (Gv 2, 15).
La sferza di cordicelle fatta da Gesù è collegata direttamente alla cacciata delle persone dal tempio. Secondo Lei i mercanti del tempio e i cambiavalute erano animucce talmente delicate che bastò il gesto di fabbricare la sferza e l’aspetto evidentemente minaccioso di Gesù per filarsela tutti a gambe levate: tutti contro uno solo?
D’altro canto può anche darsi che le nerbate di Gesù non avessero accarezzato nessuna schiena, per il semplice fatto che le gambe di quei “sant’uomini” furono più veloci dell’alzata del santo braccio che impugnava la sferza; ciò non toglie che resta il gesto che non fu, « sulla base del testo», di benedizione, bensì come minimo di minaccia, e quindi non appare un gesto di “non violenza”.
E vorrei capire, prescindendo dalle motivazioni – giuste o sbagiate – se qualcuno venisse a rovesciarle il tavolo buttando a terra ciò che vi era sopra se Lei lo considererebbe o no un gesto violento.
L’insegnamento eccelso di Gesù sulla mansuetudine, di sopportare cioè senza reagire alle offese altrui è in Luca 6, 29: «A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra…», ma qui si riferisce alle offese personali, non a quelle contro altri, e tanto meno – come nel caso della cacciata dal Tempio – contro Dio.
Non è affatto vero dunque che «la guerra che dobbiamo fare al mondo è puramente spirituale». Questo (non essere vero) almeno il linea di principio; che poi non ci siano le condizioni per potersi opporre all’oppressione cui si è soggetti è un altro discorso. Ai tempi di Sant’Agostino i Cristiani facevano guerre vere e proprie per opporsi “al mondo” (in particolare alle eresie abbracciate dal “mondo”).
C’è una domanda che mi faccio da sempre, ed ora la metafora di Benedetta e la risposta de il Matto mi danno l’occasione di esplicitarla. Le male erbe esisterebbero senza il peccato originale? O ne sono esse stesse conseguenza?
Secondo me le “male erbe” esistevano sì prima del peccato originale, ma non erano “male” perché era tutto bene la meravigliosa creazione di Dio. Purtroppo il peccato dell’uomo, la creatura superiore in assoluto, ha trascinato tutto con sé e di conseguenza per lui tutto si è trasformato in fatica e dolore. Non dice forse la Sacra Scrittura che prima del peccato vivevano in pace il leone l’agnello?
Lungo il breve viottolo che porta alla mia casa di campagna una bella siepe di biancospino è stata aggredita da rovi spinosi che con prepotenza vi si sono insinuati, eppure il candore degli infiniti fiori che in autunno daranno vita a rosse bacche trionfa su tutto. Come il Cuore Immacolato di Maria che pur fra tanto male avrà la sua meravigliosa vittoria. Ci basta questa certezza per non disperarci.
C’è differenza tra il giardino incolto e la zizzania del Vangelo.
Il compito dell’uomo è quello di coltivare il giardino che gli è stato affidato..
E quindi anche di estirpare le erbacce. O anche gli alberi infestanti.
Se vogliamo utilizzare la metafora di Benedetta dobbiamo allenarci al combattimento spirituale.
Mai provato, ad esempio , a perdonare ai propri nemici ?
Ho apprezzato la metafora e mi son sorte alcune domande.
1 – Le “male erbe” non sono anch’esse parte integrante del Creato? Non sono anch’esse creature?
2 – Vi sono allora creature da “strappare, tagliare, recidere”?
3 – E non si tratta, in fondo di un’azione bellica?
4 – Ma se lo Spirito (cioè l’Energia Vitale) è Uno, non sarà Esso il vivificatore anche delle male erbe?
5 – Occorre pertanto muovere guerra allo Spirito che vivifica che le male erbe?
Si. Ma ci penseranno ditrettamente gli angeli di Dio ad estirparle quando sarà il momento. Perchè ci sarà una fine che piaccia o meno. E l’inferno caro matto non sarà vuoto. O si vuol mettere contro la parola del Signore…? Ps. Ma lei ha idea di quante persone adorano direttamente il male? Di quante persone perdono la testa solo a sentir nominale Cristo? Penso di si dai… Saluti.
Massimiliano
Cara Benedetta. Grazie per il prezioso racconto. Due martedì fa, 25.5 nel primo anniversario del Volo Eterno del mio padre, ho fatto pure il giardino della casa dei miei, che è assai bella in tutto. Sperienza più breve della sua, perche cerco di mantenerlo con regolarità. Ma questa ultima trovai un serpente…anche se è periferia di Caracas, abbiamo in Venezuela parte dell’ Amazzonia, dove si trova l’acquapendente più alta al mondo. Invece che ricordi d’infanzia, per il serpente, ricordai gl’atti diabolici dell’ impostore berORGOGLIO ancora manipolando tra i più amati santi nel mondo, IL VERO SAN FRANCESCO, adorando pachamama e peni eretti, nei giardini vaticani, 4.10.19, e dopo nella propria Basilica di S. Pietro, finendo a Santa Maria in Traspontina, dei carmelitani. Nella Chiesa mancano più Alexander Tschugguel, perche non solo gl’afemminati sono troppi tra il clero decadente come mai, ma pure tra gli sposi. E sono certo come convinta lei che finisce rimandando al Cuore Immacolato, che il Creatore e Giardinaio Divino, ci donerà il TRIUMPHUS CORDIS IMMACULATI MARIÆ.