Exulta et Lauda, di Licino Refice. Commenta il M° Aurelio Porfiri.

30 Aprile 2021 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, il M° Aurelio Porfiri oggi ci offre una riflessione su un tesoro della musica sacra di inizio del secolo scorso, Exulta et Lauda, di Licino Refice. Buona lettura e buon ascolto! 

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EXULTA ET LAUDA (Licinio Refice)

L’inizio del ‘900, come abbiamo detto molte volte, è stato tempo di grande riforma nel campo della musica sacra. Come emblema di questa riforma è la personalità di don Lorenzo Perosi, musicista simbolo di un’epoca qualificata dall’azione imponente del movimento ceciliano contro l’influenza del linguaggio della musica operistica nella liturgia.

Un altro musicista di prima grandezza di quel tempo fu il sacerdote Licinio Refice (1883-1954), nativo di Patrica, nei pressi di Frosinone. Licinio Refice fu attivo soprattutto a Roma, come maestro della cappella liberiana nella Basilica di Santa Maria Maggiore, ma la sua personalità lo portava al mondo del teatro, a cui dedicherà alcuni lavori a tema sacro di grande impatto musicale, come l’opera Cecilia dedicata alla martire cristiana cara ai musicisti.

Tra i brani più noti di Refice c’è Exulta et Lauda, finale del suo oratorio La Chananaea: “Nacque a Patrica (FR) il 12 febbraio 1883, in una famiglia che praticava la musica a livello dilettantistico. Nella chiesa dei Missionari del Preziosissimo Sangue, che il ragazzo frequentò con una certa assiduità grazie alle suore, sue maestre, si eseguivano funzioni in musica e vi era un laico che aveva una voce tenorile molto celebrata. Si aggiunga che nell’oratorio degli stessi Missionari, di tanto in tanto, venivano rappresentate operette teatrali, in musica, in prosa o miste. Gli elementi per individuare le radici di una vocazione musicale ben definita ci sono e legittimano quanto meno una fondata ipotesi: chiesa, musica, parole, teatro. C’è tutto il Refice adulto, profondo conoscitore dell’azione scenica e dei ritmi musicali ad essa collegati. Don Edoardo Valenti, arciprete del paese e suo zio per parte di madre, ne sostenne gli studi superiori nei seminari vescovili di Ferentino e di Anagni. Furono anni nei quali il talento musicale del Refice si rivelò in tutta la sua evidenza. Nei giudizi scolastici, accanto ad un profitto lusinghiero in ogni materia, si trova scritto: “Molto ingegno per la musica”. Purtroppo poté dedicarsi seriamente agli studi musicali soltanto dopo l’ordinazione sacerdotale (1905), a Roma: fu allievo di Ernesto Boezi, Remigio Renzi e Stanislao Falchi. Nel giugno del 1910, presso il Conservatorio “Santa Cecilia”, ottenne il diploma in composizione “con merito speciale”, presentando quale saggio l’Oratorio Chananaea, del quale faceva parte il celeberrimo mottetto Exulta et lauda (1909)” (Giovanni Valle e Aldo Conti in https://parrocchiepatrica.diocesifrosinone.it/notizie/153-anno-reficiano.html). Questo mottetto in effetti sarà uno dei lavori più conosciuti di Refice, per il suo effetto grandioso specialmente nel roboante finale. Si colgono facilmente le differenze di personalità fra Perosi e Refice, con il secondo più sotto l’influenza del cromatismo rispetto al primo, di carattere più castigato. In Exulta et Lauda tutto questo è abbastanza evidente anche se ben temperato da una facilità melodica che rende comunque il brano estremamente godibile all’ascolto, pur nella sua magniloquenza.

Alcuni osservano che, pur riconoscendo il sicuro genio di Lorenzo Perosi, si deve riconoscere in Licinio Refice un superiore dominio della tecnica compositiva e forse in questo c’è qualcosa di vero. Purtroppo oggi la sua musica si ascolta poco ma se si dà un’occhiata per esempio all sue Messe, si nota una ricerca armonica costante, a volte ai limiti tra sacro e profano. Musica senz’altro di grande valore e che pone il problema della qualità “sacra” delle composizioni indirizzate alla liturgia, un problema che fu affrontato da san Pio X nel suo Motu Proprio del 1903 poi ripreso dai successivi Pontefici, e penso specialmente a Pio XII. Purtroppo oggi si ignorano questi grandi documenti e si pascola nei campi di nessuno.

 

 

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