Malta. Lettera Esplosiva dal Cile del Presidente dell’Ordine sulla Riforma.
14 Aprile 2021
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, come sapete è in corso il lavoro di modifica dei regolamenti che guidano la vita del Sovrano Militare Ordine di Malta. L’Ordine, dopo la decapitazione immotivata del Gran Maestro Matthew Festing ad opera del Pontefice regnante, è in mano al partito tedesco, che sembra risentire degli stessi stimoli di cui soffre molta Chiesa tedesca, cioè una qualche forma di protestantizzazione, di adeguamento alla cultura mondana e a un certo qual gusto per affari e denaro. Questa sorte di egemonia, che vorrebbe trasformare il Sovrano Militare Ordine di Malta in una sorta di ONG cattolica, non avviene senza resistenza in tutto il mondo, da parte di coloro che vogliono difendere e mantenere il carattere spirituale e religioso dell’Ordine. La lettera che trovate qui sotto rappresenta una summa estremamente dettagliata ed esplicita di quello che la riforma non dovrebbe essere; e speriamo che venga considerata attentamente dal Delegato Speciale, il cardinale Silvano Tomasi, a dispetto della sua vicinzanza — quando era Nunzio in Svizzera – al “Partito tedesco” e alla vicenda di una discussa gigantesca eredità. Fra l’altro, c’è chi attribuisce all’indipendenza dimostrata verso l’onnipotente fazione germanica la decapitazione del card. Angelo Becciu, di cui poi si è rivelata l’intempestività e la fallacia. Buona lettura.
§§§
Santiago del Cile, gennaio 2021
Signore
Don Juan T. O’Naghten y Chacón, Esq.
Delegato speciale per l’Ibero-America
Sovrano e Militare Ordine di Malta
Caro confratello:
È con grande piacere che le presento i miei complimenti e la mia riconoscenza per le preziose informazioni che ha ritenuto opportuno fornirci durante l’interessante incontro tenutosi lo scorso 21 ottobre, in merito al progetto di riforma della Carta Costituzionale e del Codice del nostro Ordine.
Al termine di questo incontro abbiamo deciso di inviare a Lei e alle Autorità dell’Ordine, la nostra opinione in relazione ai diversi aspetti enunciati nella riforma, così come altre preoccupazioni che abbiamo in alcune altre questioni.
Per quanto riguarda la riforma, ci permettiamo di richiamare l’attenzione su quanto segue:
- Regole per i nuovi membri professi:
- Spiritualità dell’Ordine:
Mentre è importante sottolineare la spiritualità del lavoro svolto per l’amore di Dio, cioè per la carità, diventa necessario non dimenticare la dimensione contemplativa nella nostra vita: Santa Messa, Comunione, Adorazione, Rosario, Via Crucis, lettura spirituale della Scrittura e dei Padri e Dottori della Chiesa. È necessario conformarsi a Cristo e chiedergli di trasformarci in Lui. Santa Teresa di Calcutta ha sottolineato che il silenzio favorisce la fede, dalla fede scaturisce l’amore, dall’amore scaturisce il servizio e dal servizio scaturisce la pace. Se non c’è un rapporto personale e – si spera – stretto con Dio e non si vive per Dio, non ci sarà servizio e se ci fosse, non sarebbe meritorio. Al momento del giudizio un bicchiere d’acqua dato per amore di Dio varrà più che gettare il nostro corpo nelle fiamme per qualsiasi altra ragione, ma senza amore di Dio (1 Cor 13, 3).
- Per questo motivo, è importante mantenere un ruolo centrale e rilevante dei professi nel governo e nelle attività dell’Ordine. Essi forniranno la necessaria presenza di spiritualità ed esperienza. La formula “what concerns all must be decided by all” dovrebbe essere chiarita e specificata, perché in ultima analisi potrebbe portare all’assurdità di “all concerns all”. Ma il principio secondo cui i laici non dovrebbero imporre i loro criteri ai cavalieri professi in merito alla loro forma di vita deve essere rispettato. Non dovremmo neanche imporre a chi é già avviato alla professione religiosa l’alternativa di accettare per la propria vita futura nuove norme, oppure di tirarsi indietro, dopo anni trascorsi – e già prolungati dalla sospensione dell’iter per la professione – in attesa di professare.
- Crediamo, e ci sembra la cosa canonicamente più corretta, che il modo di vivere dei professi debba, in linea di principio, essere deciso in modo fondamentale dai professi stessi. La continuità dell’Ordine poggia su di loro.
- Inoltre, anche per questo, il Gran Maestro deve essere un cavaliere religioso professo, collaudato e con esperienza, anche se alcuni requisiti nobiliari possono essere flessibilizzati per la sua eleggibilità.
- È importante svolgere un serio lavoro di ricerca e consolidamento delle vocazioni per cavalieri professi, ai quali dobbiamo offrire una prospettiva di vita coerente, di abbandono a Dio, con serie possibilità di alta qualità di formazione, preparazione e servizio. Richiede una formazione dottrinale ortodossa e seria nonché una formazione spirituale di caratteristiche simili, a cui si deve aggiungere una forte pietà mariana ed eucaristica, così come una vita liturgica seria, adorante e profonda, poiché questa è la fonte e il culmine della vita della Chiesa.
- Idoneità e funzioni del Gran Maestro:
- Coincidiamo sull’opportunità di consentire all’Ordine di eleggere un Gran Maestro da una lista con un maggior numero di candidati, per la quale potrebbe essere possibile ridurre qualche requisito nobiliare, sia dispensando un terzo o quarto cognome, o attraverso una leggera diminuzione dell’antichità richiesta dalla prova inglese, o altre formule realistiche e moderate, ma sempre preservando il requisito che i candidati siano Cavalieri Professi con tempo sufficiente nei Voti Solenni. Il riferimento alla “nobiltà di cuore” appare insufficiente. Questo è obbligatorio per tutti i membri dell’Ordine, compresi quelli che non appartengono alle categorie nobiliari. La nobiltà è una presunzione di virtù, ma anche il risultato di azioni meritorie ed eroiche, di carattere distinto, accumulate al servizio del bene comune e confermate, a seconda dei casi e dell’epoca, dalla comunità o dall’autorità. Questo patrimonio deve essere mantenuto e accresciuto e ci impone di chiedere alle generazioni attuali di mantenere gli elevati livelli morali dei loro antenati. Per questo motivo, la semplice nobiltà non costituisce un diritto d’ingresso all’Ordine. Ma la presunzione che esso implica e il rispetto per la tradizione che ne è anche un esempio, sono costitutivamente nella tradizione dell’Ordine, e quindi non possono essere rimossi. (Cf. Benedetto XV, Allocuzione al Patriziato e alla Nobiltà romana del 5 gennaio 1920; Pio XII, Allocuzione al Patriziato e alla Nobiltà Romana nel 1940, 1941, 1942, 1943, 1944, 1945, 1946, 1947, 1948, 1949, 1950, 1951, 1952 e 1958).
- Quanto precede rende necessario – inoltre – aumentare il numero dei Cavalieri Professi, per i quali dovrebbero essere privilegiate le vocazioni in quella Prima Classe (già affrontato al punto 1.a.).
- L’Ordine non è né un’azienda moderna né una democrazia. È sempre stata una monarchia elettiva ed efficace, non assoluta. Qualsiasi limitazione dei poteri del Gran Maestro, se necessario, deve essere contenuta e molto ben studiata e giustificata, ma, in ogni caso, non deve snaturare la sua qualità di monarca. Riteniamo che l’idea che il Gran Cancelliere sia costituito come Capo del Governo non appare compatibile con la natura dell’Ordine e può facilmente portare a situazioni di conflitto.
- Miglioramenti nelle strutture governative e regionali dell’Ordine.
- Sebbene da un punto di vista amministrativo razionalista il criterio di una sola organizzazione per ogni territorio appaia attraente, ci sembra che, sebbene sia più complesso e anche se talvolta sorgono conflitti, la convivenza con i Sottopriorati facilita – senza costringerli a vivere in comune – lo sviluppo e la vita spirituale dei religiosi. Da lì possono contribuire. Altrimenti si diluiscono, a volte tra gruppi molto grandi, e sono quindi isolati nella loro specificità, in modo che la loro influenza, tranne nel caso di personalità molto carismatiche, potrebbe essere praticamente persa.
- D’altra parte, il Priorato o Sottopriorato consente ai Professi e ai Cavalieri in Obbedienza di lavorare insieme e conoscersi, il che favorisce l’emergere di vocazioni per la Professione.
- I Grandi Priorati devono avere a capo un Gran Priore Professo, salvo circostanze del tutto eccezionali e qualificate. Non sembra logico che, in tempi di decisive elezioni e decisioni, i sei Grandi Priorati siano governati da Procuratori nominati dal Gran Magistero.
- Altre questioni:
- I delegati regionali del Sud America al Consiglio Compito di Stato , in numero minimo di due, devono essere scelti dalle Associazioni della regione, secondo criteri di maggioranza e rotazione, come fu concordato nel suo momento; e non nominati dall’Assemblea Generale dei Presidenti.
- Siamo dell’opinione che l’Ordine del Giorno del Capitolo Generale debba essere conosciuto con largo anticipo e che si debba fornire un’informazione preventiva completa ai Gran Priorati, Sottopriorati e Associazioni, in modo che gli argomenti possano essere studiati bene. Una volta conosciuti l’Agenda ed i relativi documenti, si potrebbe aprire un periodo affinché queste entità possano proporre le loro iniziative, che dovrebbero essere rese note con sufficiente anticipo agli altri.
iii. Riteniamo che il sistema giudiziario dell’Ordine e l’Ufficio dell’Avvocato di Stato debbano essere riformulati, in modo che la loro indipendenza sia totale in materia giuridica ed effettiva in materia operativa, soprattutto in relazione ai poteri dell’amministrazione centrale.
- Sarebbe molto conveniente per l’Ordine che ci fosse anche una riforma della sua amministrazione. Alcune persone sono al potere da quasi 30 anni e le stesse persone ricoprono cariche anche in tutti gli organi dell’Ordine. Così come i Vescovi devono andare in pensione ad una certa età (75 anni) e anche i presidenti delle Associazioni, si ritiene necessario porre un limite di età ai membri del Sovrano Consiglio e agli altri organi dell’Ordine, ad eccezione del Gran Maestro.
- Formazione permanente
- Siamo assolutamente d’accordo sulla necessità di una formazione permanente – sia teologica che spirituale – di tutti i membri delle tre classi.
- In questa materia, gli sforzi per quanto riguarda l'”obsequium pauperum” ci sembrano della massima rilevanza; ma ci preoccupa che non si parli abbastanza dell’altro aspetto del nostro carisma, cioè della “tuitio fidei”, in circostanze in cui entrambi sono inseparabili. San Paolo dice che senza fede non è possibile piacere a Dio.
- In tempi di confusione teologica come i presenti, è molto importante che all’interno dell’Ordine, come fondamento e canale delle nostre attività e come base della spiritualità e formazione dei giovani e dei membri dell’Ordine, possiamo avere un dottrina solida che difenda, trasmetta e applichi il deposito della fede – rivelato da Cristo in persona – in tutta la sua integrità e purezza e una spiritualità incentrata su un’intima unione con Cristo e con la sua Santa Madre, in cui si vive la vita per Cristo e con Cristo, nell’adorazione, l’Eucaristia, la liturgia e il servizio, sorretti da una solida teologia, così come dalla tradizione e dal magistero perenne della Chiesa. È l’amore soprannaturale per Dio che diventa amore e servizio ai poveri. Ma comprendendo che il Nostro Dio, la Trinità Santa e Indivisa, la cui seconda Persona si è incarnata per noi come uomo, ci ha insegnato, ha sofferto, è morto, è stato sepolto, è risorto gloriosamente il terzo giorno e tornerà a giudicare i vivi ei morti, non è convertibile con il dio dell’Islam o con altri cosiddetti dei che non lo sono. Più specificamente per i nostri giorni, dobbiamo guardarci dalle idee immanentiste o storiciste, che tendono a diminuire la sussistenza eterna della Santissima Trinità, prima, durante e dopo la nostra storia, e ad influenzare il deposito della fede come la Chiesa ha sempre insegnato. E dobbiamo riaffermare la divinità di nostro Signore Gesù Cristo, la sua presenza reale nell’Eucaristia e la natura della Chiesa come necessaria per la salvezza. Dobbiamo anche allontanarci da ogni relativismo morale, specialmente riguardo ai precetti negativi, alle cose condannate come cattive in sé. Riconoscere anche la natura umana come creata da Dio con contenuti permanenti per la moralità e la legge. Rispetto e obbedienza alla legge eterna e alla legge naturale. L’eterodossia in teologia va di pari passo con morali devianti. La retta dottrina e la vita spirituale diventano servizio al prossimo. Ma il primato appartiene alla dottrina, che la prassi deve servire. Invertire un tale ordine sarebbe una ribellione contro Dio.
- Come minimo, dovrebbero essere seguiti fedelmente il Catechismo della Chiesa Cattolica, la Dichiarazione Dominus Jesus e la Lettera Apostolica “Ordinatio Sacerdotalis”. Riteniamo che per la loro importanza e attuale incidenza si debbano considerare le seguenti encicliche: Humanae Vitae, Evangelium Vitae, Redemptor Hominis, Dives in misericordia, Caritas in Veritate, Fides et Ratio, Veritatis Splendor, Ecclesia de Eucharistia e Dominum et Vivificantem.
- Il nostro Ordine deve anche manifestare la sua fede verso l’esterno, nel modo più appropriato, come direbbe san Paolo “opportune et importune” (II Timoteo 4, 1-5). Questo vale sia per questioni dogmatiche che morali. La nostra luce deve risplendere davanti agli uomini (Mt 5,14-16), ma per la gloria di Dio e l’edificazione degli uomini, e quindi non può essere presentata senza il Vangelo, che dobbiamo predicare a tutti (Mt 28, 16-20 e Mc 16, 15-18).
- Dovremmo anche insegnare, con amore, fedeltà e rispetto la storia dell’Ordine, della quale – al di là delle inevitabili miserie umane che si verificano ovunque – non dovremmo vergognarci, né dobbiamo scusarci, ma essere orgogliosi e prendere esempio di tanta carità ai bisognosi, tanta eroica protezione dei deboli e del cristianesimo. Tanti eroi da ammirare e forse quanti martiri sconosciuti, oltre a quelli che vengono inseriti nel Calendario dei Santi dell’Ordine. Questi sono esempi che sono e saranno molto validi nei tempi difficili che si prospettano.
- Riassumendo, rigorosa fedeltà al deposito della fede e rispetto della tradizione dell’Ordine.
- Eliminazione della parola “Militare” dal nome dell’Ordine.
- Militare deriva dal latino “miles-militis”, che ha sempre significato soldato, il che è perfettamente in linea con il nostro carisma della tuitio fidei, nello stesso senso in cui diciamo che siamo “soldati di Cristo” quando riceviamo il sacramento della confermazione.
- Ciò ha a che fare con il fatto che la missione di un cavaliere implica sempre una sfumatura di combattività. Vi è spinto dalla carità che cerca la salvezza di tutti, ed è sostenuto dalla fede.
- L’espressione “Miles Christi” non si riferisce solo all’essere servi di Cristo ma, come mostra qualsiasi dizionario latino, significa soldato, militare (da lì deriva, tra le altre lingue, la parola spagnola).
- E nel contesto della Terra Santa, di Rodi e Malta, non c’è dubbio, non solo su come è stata intesa, ma anche sul significato con cui è stata originata e vissuta. E questo ha segnato e costituito la tradizione e la spiritualità dell’Ordine. Un periodo di 600 anni non può essere cancellato. Per molti questa tradizione era, ed è, molto importante nella loro vocazione.
- Per quasi mille anni i cavalieri hanno vissuto, pregato, servito, combattuto e sono morti per Cristo, sviluppando una tradizione che, anche se può essere purificata in alcuni aspetti, deve essere rispettata e vissuta, pena la perdita della sua identità e della ricchezza che ci trasmette.
- Ecco perché conviene mantenere l’aggettivo militare. È possibile non usarlo in Libano o nei paesi musulmani. Ma l’Ordine non è stato marginalmente militare, anzi lo è stato per quasi tutta la sua storia millenaria.
- Le Crociate, viste da una corretta prospettiva storica, non sono per loro natura motivo di pentimento o di richiesta di perdono. Cadere nella tentazione di farlo significa cadere nell’irenismo politicamente corretto, con la sua corrente sotterranea di relativismo, così come cadere nell’auto-colpevolizzazione, che genera psicologicamente una terribile volontà autodistruttiva.
- Riflessione finale sulla riforma.
Consideriamo pericolose le riforme drastiche. In ogni riforma, la natura concreta dell’Ordine deve essere rispettata; non solo la legge, né solo il carisma. Quasi mille anni costituiscono una tradizione e una certa personalità collettiva. Ne fanno parte la storia, usi e costumi particolari, un ordinamento giuridico, cerimonie, costumi ecclesiastici, bandiere, scudi, preghiere e devozioni particolari, il ricordo e l’onore di coloro che ci hanno preceduto, il legittimo orgoglio di azioni caritatevoli ed eroiche, i santi dell’Ordine, i suoi eroi, le loro gesta gloriose, come Lepanto e i grandi assedi, e la preoccupazione di tramandare questa eredità a coloro che verranno dopo di noi. Tutto questo deve essere rispettato e trattato con grande delicatezza nei periodi di riforma. Il secolo scorso ci fornisce numerosi esempi delle conseguenze disastrose che il trascurare queste realtà produce.
Su un altro fronte vorremmo esprimere la nostra preoccupazione su alcune questioni:
- Abbiamo appreso che a seguito dei problemi causati dalla distribuzione di contraccettivi e abortivi in Africa e in Asia, questi sono stati consegnati ai Johanniter, che, in quanto protestanti maltesi, non hanno problemi a distribuirli. Questo ci appare evidentemente immorale e inaccettabile, in quanto è collaborazione con il male. Ci sono cose che sono sempre cattive di per sé, in particolare i precetti negativi. Il principio che ci sono atti sempre malvagi è stato recentemente confermato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.
- La nostra Associazione ha scritto al Gran Maestro in merito all’Intervento – con gravi violazioni dell’ortodossia sulla famiglia e sul femminismo -, della delegata alle Nazioni Unite a New York, la Sig.ra Arditi di Castelvetere, e non abbiamo mai ricevuto risposta. Questo tipo di situazione non può essere ripetuta, perché causa gravi danni alla Chiesa e all’Ordine. E apprezzeremmo ricevere risposte alle nostre comunicazioni.
- Problemi giuridico-liturgici.
- Ha richiamato la nostra attenzione e ci preoccupa il divieto di celebrare la Santa Messa secondo la Forma Straordinaria nella Liturgia dell’Ordine. Secondo il Motu Proprio Summorum Pontificum, il Gran Maestro manca di giurisdizione in questa materia poiché non c’erano i presupposti di fatto, e non ce ne sono ancora, che avrebbero potuto concedergli la giurisdizione secondo il Motu Proprio a cui si è fatto riferimento. Il Gran Maestro non poteva e non può modificare un atto di giurisdizione pontificia.
Secondo il detto Motu Proprio, il Gran Maestro ha giurisdizione al riguardo solo nel caso in cui gli sia stato chiesto di utilizzare la forma straordinaria “spesso o abitualmente o permanentemente”, cosa che nessuno ha richiesto, e anche in tal caso, la sua giurisdizione può solo approvare o respingere tale richiesta. Il Motu Proprio non considera nemmeno la possibilità di un divieto generale, quindi non c’è, e non può esserci, facoltà per questo. Riproduciamo l’articolo pertinente:
“Art. 3. Se comunità di Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica, di diritto pontificio o diocesano, desiderano celebrare la Messa conventuale o comunitaria nei propri oratori secondo l’edizione del 1962 del Messale Romano, possono farlo. Se una singola comunità o un intero Istituto o Società desidera che tali celebrazioni siano frequenti, abituali o permanenti, la questione deve essere decisa dai Superiori Maggiori a norma del diritto e delle loro leggi e statuti particolari”.
Quindi, per giustizia, per obbedienza al Motu Proprio Summorum Pontificum e per prudenza, tale divieto dovrebbe essere revocato, poiché, sebbene non abbia valore per difetto di giurisdizione, appare inadeguato e può portare a conflitti di coscienza e controversia giudiziarie. È meglio correggere l’errore fin da ora. Inoltre, perché potrebbe essere interpretato come un modo per far cadere in desuetudine le disposizioni del Motu Proprio Summorum Pontificum, il che apparirebbe come una ribellione, sebbene non possa produrre un tale effetto, tra altre ragioni perché lo stesso Motu Proprio dichiara che l’odierna Forma Straordinaria non è mai stata revocata.
- NelCapitolo della nostra Associazione del giugno 2019, un cavaliere ha chiesto all’Eminentissimo Cardinale Jorge Medina, Prefetto Emerito della Congregazione per il Culto Divino, Balí Gran Croce d’Onore e Devozione del nostro Ordine e Cappellano Maggiore della nostra Associazione, il suo giudizio al riguardo; il Cardinale ha affermato chiaramente che tale divieto viola il Motu Proprio Summorum Pontificum. È stata un’esposizione calma e articolata, fondata e avvincente, e non imputabile, come qualcuno ha detto, all’irritabilità causata dal diabete di cui soffre il Signor Cardinale.
Segnaliamo che la nostra Associazione ha celebrato una sola volta la Santa Messa secondo la forma straordinaria; ma ci sembra che questo sia un diritto di tutti i fedeli, e quindi di tutti i membri dell’Ordine, che non può essere violato.
Speriamo che tali opinioni e preoccupazioni vengano messe a disposizione del Gran Magistero, affinché possano essere prese in considerazione quando corrisponda dare un parere sulla riforma della Carta Costituzionale, nella convinzione che contribuiranno al bene dell’Ordine e della Santa Madre Chiesa. Poiché sia l’incontro in videoconferenza a cui abbiamo fatto riferimento, sia la presente lettera, sono successivi a discussioni più ampie che hanno avuto luogo, abbiamo ritenuto necessario inviarla anche alle altre Associazioni americane e all’Associazione spagnola.
Con affetto confraterno,
Mario Correa Bascuñán
Presidente
Associazione cilena del Sovrano Ordine di Malta.
§§§
Ecco il collegamento per il libro in italiano.
And here is the link to the book in English.
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Tag: cile, lettera, malta, riforma
Categoria: Generale
A.M .
E’ ben vero ch: “IL TEMPOI E’ GALANTUOMO”! ……
La verità ( vera! ) prima o poi, viene sempre a galla e quindi – per fortuna ! – conosciuta da tutti coloro che la cercano serenamente !
Il Signore proteggerà questa Organizzazione storica ricca di fede sincera da secoli ! Carlo D.Agosto
Ho come la vaga idea che di questa lettera, dalle parti di Santa Marta, ci faranno begli aeroplanini…
L’opera di distruzione della Chiesa continua ad andare avanti, bene fanno coloro che militano nello S.M.O.M. a levare alta la voce e riverndicarne il prestigioso passato, crociate comprese. Si finisca con questa stucchevole pagliacciata che colloca i Cristiani fra i ‘ cattivi ‘ e gli altri tutti ‘ buoni ‘. Non e’ cosi e tutt’ oggi si puo’ constatare della sanguinari tendenza dei ‘ buoni ‘ , peraltro sponsorizzata ripetutamente nei loro ‘testi sacri ‘ . Figuriamoci poi cinquecento anni fa’ con uomini e sensibilita’ molto diverse . Pertanto che il Signore degli Eserciti vi accompagni sempre tenendovi sotto la Sua protezione.
Commovente lo sforzo appena visibile di filtrare il dolore provato, al cospetto del tentativo di distruzione di ogni sacrosanta radice della nostra migliore civiltà e tradizione.
Grazie
Induttivamente, dopo le prime prodezze devastanti manifestate da papa Bergoglio, ho pensato che egli sia cresciuto in un ambiente pieno di odio per la Curia Romana e che, una volta arrivato a Roma, con tutte le sue frustrazioni , non gli sia parso vero di dare sfogo con i suoi pieni poteri a tutto il livore accumulato negli anni. Spero di sbagliarmi, ma temo che non sia così.
La mia impressione, ma bisogna controllare le date è che al tempo in cui Bergoglio presiedeva la conferenza episcopale dell’America del sud, abbia conosciuto Parolin, nunzio in Venezuela e l’arcivescovo di Caracas Pena Parra. Nel frattempo, sempre in Venezuela prendevano il potere i governi di sinistra che governano fino ad oggi.
Quali saranno stati i rapporti tra i tre e, da un lato Roma, e dall’altro il governo venezuelano ? Cosa sarà veramente accaduto in quei giorni ?
È chiaro che tra loro è nata un’amicizia che perdura fino ai giorni nostri.