Fermare il Genocidio Culturale Azero in Artsakh-Nagorno Karabakh.
10 Aprile 2021
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, come ormai ben sapete ogni due settimane Radio Roma Libera ospita un mio intervento, che in questa occasione è dedicato alla distruzione della memoria storica armena da parte degli azeri e dei militanti islamisti nella parte dell’Artsakh rimasta nelle loro mani dopo il cessate il fuoco sponsorizzato dalla Russia. Buona lettura e buon ascolto.
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Bisogna fermare il genocidio culturale Azero in Artsakh-Nagorno Karabakh
Dopo la guerra scatenata nel 2020 dall’Azerbaijan aiutato militarmente dalla Turchia contro gli armeni dell’Artsakh, che ha portato a un cessate il fuoco sponsorizzato da Mosca, e all’occupazione azera di ampie porzioni del territorio autonomo armeno, si è rapidamente avvenuto quello che si temeva, e che non di rado accade quando militanti islamici occupano un territorio.
Inutilmente le autorità armene avevano più volte messo in guardia la comunità internazionale da un futuro troppo facilmente prevedibile, chiedendo di agire e di bloccare quella che sarebbe stata la politica azera. Che si è puntualmente avverata. Le organizzazioni armene internazionali e nazionali chiedevano che si intervenisse per impedire a Baku di sradicare l’eredità culturale e spirituale armena nel Nagorno Karabakh. L’accordo di cessato il fuoco del 9 novembre 2020, molto doloroso per l’Armenia, che ha permesso lall’esercito dell’Azerbaijan di occupare buona parte della piccola Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, ha rapidamente portato i suoi frutti dolorosi. Non solo in termini di esodo, e di azioni di crudeltà inutile ed efferata, come l’uccisione da parte dei militanti islamici pro Azerbaijan di alcuni vecchi, rimasti nei villaggi conquistati; fatti documentati da video e fotografie. Ma anche nella distruzione di quanto potesse richiamare l’antica presenza armena nella zona.
Per esempio, nella Regione di Hadrut, gli azeri, dopo aver distrutto una storica testimonianza armena cristiana nella città occupata di Shushi, la piccola chiesa di Surb Hovhannes Mkrtich (San Giovanni Battista) o Kanach Zham, hanno raso al suolo anche la piccola chiesa di Zoravor Surp Astvatsatsin (Potente Santa Madre di Dio) a Mekhakavan, come ha documentato la BBC in un suo reportage; e non c’era nessun motivo di carattere militare che rendesse necessario questo atto, dal momento che le ostilità si erano concluse.
Non sono molti, purtroppo, i siti web che siano sensibili a questo genere di problemi. E vogliamo ricordare qui Korazym.org, gestito da Vik van Brantegem, pluridecennale assistente della Sala Stampa della Santa Sede, che spesso si fa eco delle iniziative della piccola ma molto attiva comunità armena di Roma. Korazym twittava pochi giorni fa: “Un’altra chiesa armena distrutta dagli azeri dopo la guerra in Artsakh. Giorno dopo giorno il patrimonio culturale armeno viene cancellato dal regime dell’Azerbaijan nei territori occupati. Un genocidio culturale che non può rimanere impunito”.
La piccola chiesa Zoravor Surp Astvatsatsin (Potente Santa Madre di Dio) a Mekhakavan, di cui oggi non resta pietra su pietra, era già stata profanata, a metà novembre, una profanazione accompagnata, inutile a dirsi, dalle consuete grida di “Allahu Akbar” .
La Commissione Nazionale Armena per l’UNESCO @ArmUnesco ha pubblicato un video che documenta la profanazione della piccola chiesa di Zoravor Surp Astvatsatsin
a Mekhakavan dai soldati azeri dopo l’occupazione, uno dei quali si è arrampicato sul tetto, per buttare giù la campana e abbattere la croce
“La Repubblica di Artsakh ha allertato la comunità internazionale in numerose occasioni sul terrorismo culturale orchestrato dallo Stato dell’Azerbaijan, i suoi sforzi per cancellare il patrimonio culturale armeno nei territori che sono sotto la sua occupazione militare, promuovendo ulteriormente la sua politica espansionistica genocida”, ha detto il Ministero degli Esteri dell’Artsakh. “Questa politica di genocidio è un crimine contro l’umanità, una grave violazione delle norme, delle convenzioni, delle risoluzioni e degli accordi internazionali e una minaccia per l’intero mondo civilizzato”, ha aggiunto. “Chiediamo alle organizzazioni internazionali competenti di prendere tutte le misure necessarie per prevenire l’eliminazione del patrimonio culturale armeno e di condannare risolutamente la politica genocida dell’Azerbajian”, conclude la nota.
Ma finora l’Occidente, e anche il Vaticano tacciono. Ci sono popoli per cui la settimana di Passione sembra non finire con la domenica di Resurrezione.
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Se volete approfondire l’argomento, vi consigliamo di leggere quello che scrive Korazym.org, e che riportiamo in parte qui sotto.
È stato pubblicato oggi, 26 gennaio 2021 a Stepanakert dall’ufficio dell’Ombudsman per i diritti umani della Repubblica di Artsakh un rapporto sul patrimonio culturale e architettonico, che si trova ora in territori occupati dall’Azerbajgian: Rapporto pubblico ad hoc. Il patrimonio culturale armeno nell’Artsakh (Nagorno-Karabakh): Casi di vandalismo e a rischio di distruzione da parte dell’Azerbajgian. Segue la sintesi del Rapporto, con una tabella riepilogativa e il link al documento.
Alcuni giorni fa il Parlamento europeo ha condanna l’aggressione delle forze armate dell’Azerbajgian contro la Repubblica di Artsakh e l’ingerenza turca, iniziata il 27 settembre 2020 e terminata con l’accordo del cessato il fuoco tra la Repubblica dell’Armenia, la Repubblica dell’Azerbajgian e la Federazione Russa il 9 novembre 2020. Anche in questa risoluzione si “sottolinea l’urgente necessità che sia assicurata la sicurezza della popolazione armena e del suo patrimonio culturale in Nagorno Karabakh”. Riportiamo queste due notizie al sito dell’Iniziativa Italiana per il Kharabakh.
Nel frattempo ci sono notizie che nei territori occupati dagli azeri, delle fattorie vengono assegnati ai mercenari jihadisti della Siria trasportati dalla Turchia e i Lupi Grigi annunciano la costruzione di una scuola a Shushi in Artsakh occupata dalle forze armate azere, già approvata da Erdogan e Aliyev. Il silenzio dell’Europa sulla guerra ha alimentato i fanatici turchi. E prima o poi ne pagherà le conseguenze… Non abbandoniamo gli Armeni!
Ci sono circa 4.000 siti culturali armeni, tra cui 370 chiese, 119 fortezze e altri monumenti storici e culturali nella Repubblica di Artsakh (Nagorno-Karabakh). Le chiese risalgono dal IV al XXI secolo. I suoi preziosi siti archeologici, in particolare l’antica città di Tigranakert, hanno una datazione che va dal I sec. A.C. al XIII sec. d.C.
In base alla dichiarazione trilaterale sul cessato il fuoco del 9 novembre 2020 tra la Repubblica di Armenia, la Repubblica dell’Azerbajgian e la Federazione Russa, almeno 1.456 monumenti di spicco storici e culturali inamovibili sono caduti sotto il controllo azero, comprese 161 chiese armene, il sito archeologico di Tigranakert, la grotta paleolitica di Azokh, le tombe di Nor Karmiravan, Mirik, Keren e monumenti architettonici come palazzi, ponti e quartieri storici. Inoltre, nei territori che passarono sotto il controllo azero, c’erano 8 musei e gallerie statali con 19.311 reperti, così come il Museo dei tapeti di Shushi e il Museo delle monete armeno di Shushi, che operavano su base privata.
Ci sono serie preoccupazioni per la conservazione di questi siti storici sotto il controllo azero. Data la pratica dell’Azerbaigian di distruzione sistematica del patrimonio culturale armeno nei suoi territori negli ultimi decenni, queste preoccupazioni non sono fuori luogo. Due esempi flagranti sono la distruzione totale dell’antico cimitero armeno di Julfa a Nakhichevan tra il 1997-2006, in cui un totale di 28.000 monumenti (comprese 89 chiese medievali; 5.840 khachkar unici intagliati a mano (pietre incrociate) e 22.000 antiche lapidi furono distrutte e la distruzione di monumenti armeni del villaggio Tsar nella regione di Karvachar (Kelbajar). Inoltre, nonostante il breve periodo di controllo, vi sono già una serie di casi noti di vandalismo contro il patrimonio culturale armeno in Artsakh nei luoghi occupati dall’AzerbaJgian durante la guerra del 27 settembre-9 novembre 2020.
Il revisionismo storico dell’Azerbajgian è dilagante nella regione ed è stato attuato attraverso la sistematica “albanizzazione” dei beni culturali armeni sin dagli anni ’50. Nel tentativo di rafforzare i suoi legami con queste terre, l’Azerbajgian rivede e riscrive la storia affermando che le chiese armene e le pietre della croce appartengono agli albanesi caucasici e che gli albanesi caucasici sono gli antenati dei popoli azeri. L’obiettivo è sradicare le radici storiche dei popoli armeni nella regione e quindi diminuire il loro diritto a vivere e governare queste aree mentre si fabbrica una presenza storica azerbajgiana.
Il rapporto pubblicato oggi mira a evidenziare l’urgente richiesta nell’adozione di misure per proteggere il patrimonio culturale armeno nella Repubblica di Artsakh (Nagorno-Karabakh) e prevenirne la distruzione una volta sotto il controllo dell’Azerbajgian.
Dopo che il 9 novembre 2020 è stato concordato un cessato il fuoco, l’UNESCO ha proposto sia all’Armenia che all’Azerbajgian di inviare una missione indipendente di esperti per redigere un inventario preliminare di importanti siti del patrimonio storico e culturale in e intorno al Nagorno-Karabakh come primo passo verso l’efficace salvaguardia del patrimonio della regione. Allo stesso scopo, i membri del Comitato intergovernativo della Convenzione dell’Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato e il suo secondo protocollo (1999), hanno adottato una dichiarazione l’11 dicembre 2020 e hanno accolto con favore l’iniziativa dell’UNESCO e ha confermato la necessità di una missione per fare il punto della situazione sui beni culturali nel Nagorno-Karabakh e nei dintorni. Il Comitato ha chiesto a ciascuna delle parti di rendere possibile la missione.
Nonostante l’urgenza della questione riconosciuta dall’UNESCO, il governo dell’Azerbajgian crea un ostacolo all’arrivo della missione non rispondendo alla richiesta.
La prima parte del rapporto stabilisce il deliberato targeting del patrimonio culturale armeno durante la recente guerra, in violazione della Convenzione dell’Aia del 1954, di cui sono parti sia la Repubblica dell’Azerbajgian che la Repubblica di Armenia, e la seconda parte esamina la politica dell’Azerbajgian. La propaganda sponsorizzata dallo stato mirava ad appropriarsi del patrimonio culturale armeno come proprio e/o a ripulire ogni traccia di armenità nelle regioni sotto il controllo azerbaigiano.
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Ecco il collegamento per il libro.
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Tag: artsakh, korazym, nagorno, radio roma libera
Categoria: Generale
Poveretti. Preghiamo per loro.
Dalle parti del ristorante Santa Marta si
parla tutti i giorni solo di vaccini e
migranti e dei loro fratelli musulmani ;
temi che non mi appassionano .
Ma quando ci sono preti pedofili e
massacri di cristiani colpevolmente
si preferisce stare zitti o dire di
porgere l’altra guancia .
Di fronte a fatti criminosi contro
i cristiani un pontefice deve
prendere posizione contro i
colpevoli invece di dire che
anche tra i cristiani ci sono
integralisti ,
Stai fresco, caro Alessio.
A meno che i persecutori dei cristiani non siano pericolosissimi populisti-sovranisti, quando si tratta di chiunque altro bisogna “discernere”, “non essere divisivi”, “tenere presente che si tratta di deviazioni dal vero islam-religione-di-pace”, “evitare guai peggiori” (e mi chiedo cosa potrebbe esserci di peggio). Al massimo, i cristiani che si lamentano per essere trattati peggio dei cani, potrebbero pure essere degli altrettanto pericolosi “tradizionalisti”.
Silenzio tombale sui massacri quotidiani in giro per il mondo, ma anche da noi cala la sordina. Sicché se un professore viene sgozzato per strada, nessuno si inginocchia con il pugno alzato, e – non essendo acclarato che fosse gay – nessuno chiede l’incriminazione per reato d’odio transomofobo. La vulgata del mainstream recita: “è stato il gesto di un folle”. C’è da capirli: ad ammettere il contrario, il castello di carta di “convivenza & integrazione” crollerebbe inesorabilmente. Prima o poi lo farà comunque, perché il tempo è giudice inflessibile, e allora vedremo le giravolte dei conigli del politicamente corretto.