RVC Risponde a La Stampa Come Avrebbe Risposto un Papa Cattolico.
15 Marzo 2021
Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali, Romana Vulneratus Curia ha letto l’intervista che il Pontefice regnante ha concesso a La Stampa. Ecco le sue riflessioni, buona lettura.
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Caro Tosatti, ho fatto una grande fatica, ho esercitato la virtù della pazienza, ho mortificato l’intelligenza, la mia formazione cristiana, il mio buon senso, riuscendo a leggere tutta la intervista qui sotto riportata a Papa Bergoglio. Volevo commentare queste considerazioni che il Papa fa su tutto: economia, finanza, ambiente, politica, società ( ovviamente non sulla fede), ma ho deciso invece di rispondere io ad alcune domande, in luogo di Bergoglio. In pratica cercherò (perdonatemi l’ardire) di rispondere come probabilmente avrebbe risposto, Pio IX, Pio X, Giovanni Paolo II, e anche Benedetto XVI.
Come premessa, concordo con Bergoglio sulle seguenti considerazioni di principio fatte all’inizio della intervista, che è necessario voi leggiate prima.
1 -E’ vero, nella vita ci sono momenti di buio, ma non son dovuti alla pandemia Covid… I più bui son cominciati 8 anni fa a marzo 2013 e mai avremmo potuto immaginare che sarebbero successi in casa nostra.
2-E’ vero, da allora il mondo non è più come prima (ma non grazie al Covid).
3-Ma è anche vero che proprio dentro questa calamità vanno colti i segni della ricostruzione (la riconversione cioè).
4-E’ vero che ciò che è avvenuto e continua a divenire è un segnale d’allarme che ci costringe a riflettere, questi duri tempi di prova potranno diventare tempi di scelta saggie ( ma per il prossimo Conclave ).
5-E’ vero che Dio ci è vicino, non ci abbandonerà ed al momento opportuno ci salverà.
Ed ora andiamo alle risposte che Bergoglio, in quanto Papa della Chiesa Cattolica apostolica romana avrebbe dovuto dare alle domande del vaticanista. Invece le risposte di Bergoglio come potrete leggere nell’intervista, son piuttosto diverse…, è facile individuarle; la risposta del Papa comincia con le stesse parole che uso io. Per esempio: ‘Non possiamo più accettare inerti le diseguaglianze e i dissesti dell’ambiente…’.
-Non possiamo più accettare inerti lo scempio della tradizione della fede, nei Sacramenti, dell’utilizzo di espressioni ambigue come povertà, uguaglianza, ecc. secondo lo spirito masso-comunista
-Milioni di persone stanno rischiando la vita eterna, si deve dare diritto a tutti di salvarsi, evangelizzando..
-Deve esserci un solo modo di vivere la nostra vita comune, cioè con comportamenti sostenibili dal punto di vista soprannaturale.
-C’è una presa di coscienza fra i giovani, in particolare nei movimenti cattolici più tradizionalisti…
-Se non ci tiriamo su le maniche e non ci prendiamo cura immediatamente del destino eterno dell’uomo prima o poi verremo gettati nella Geenna..
-E’ tempo di rimuovere le ingiustizie spirituali e l’emarginazione dei cattolici legati alla tradizione, che sono discriminati.
-A Cristo non c’è alternativa, non ci sarà mai una fratellanza umana fondata su utopie illuministe.
-I Capi di Stato dovrebbero confrontarsi e concordare strategia per restaurare il regno di Cristo
-Dobbiamo edificare un Nuovo Ordine Mondiale fondato su sacro Cuore di Cristo e su quello di Maria Immacolata. Tornando a evangelizzare.
-Non è più sopportabile sprecare soldi per ambientalismo, migrazionismo, inclusione. Andrebbero spesi per chiese e seminari..
-Le donne hanno bisogno di ritrovare la gioia della maternità copiosa, per fare ripresa economica e ristabilire l’ordine sociale.
-Conosco famiglie che hanno un “programma”, la sera recitano insieme il santo rosario..
-Ai giovani dico, come fece Giovanni Paolo II, non sognate a occhia aperti: “aprite le porte a Cristo!”
-L’allegria che raccomandava San Filippo Neri è l’allegria di chi sa di essere figlio di Dio!
Avete scoperto a quale domanda avremmo voluto leggere questa risposta?
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http://www.ow2.rassegnestampa.it/Ucei/PDF/2021/2021-03-14/2021031447971873.pdf
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Santità, come interpreta il “terremoto” che nel 2020 si è abbattuto sul mondo sotto forma di coronavirus?
«Nella vita ci sono momenti di buio. Troppo spesso pensiamo che possano capitare non a noi, ma solo a qualcun altro, in un altro paese, magari di un continente lontano. Invece, nel tunnel della pandemia ci siamo finiti tutti. Dolore e ombre hanno sfondato le porte delle nostre case, hanno invaso i nostri pensieri, aggredito i nostri sogni e programmi. E così nessuno oggi può permettersi di stare tranquillo. Il mondo non sarà più come prima. Ma proprio dentro questa calamità vanno colti quei segni che possono rivelarsi cardini della ricostruzione. Non bastano gli interventi per risolvere le emergenze. La pandemia è un segnale di allarme su cui l’uomo è costretto a riflettere. Questo tempo di prova può così diventare tempo di scelte sagge e lungimiranti per il bene dell’umanità. Di tutta l’umanità».
Ci sono momenti, periodi o vite intere in cui sembra che Dio ci abbia dimenticati, che non si occupi di noi, che ci lasci sprofondare nei nostri drammi…
«È vero, ma in realtà Dio è con noi, ci è vicino, e al momento opportuno ci tenderà la mano e ci salverà».
Quali urgenze intravede?
«Non possiamo più accettare inerti le diseguaglianze e i dissesti nell’ambiente. La via per la salvezza dell’umanità passa attraverso il ripensamento di un nuovo modello di sviluppo, che ponga come indiscutibile la convivenza tra i popoli in armonia con il Creato. Consapevoli che ogni azione individuale non resta isolata, nel bene o nel male, ma ha conseguenze per gli altri, perché tutto è connesso. Tutto! Cambiando gli stili di vita che costringono milioni di persone, soprattutto bambini, alla morsa della fame, potremo condurre un’esistenza più austera che renderebbe possibile una ripartizione equa delle risorse. Non significa diminuire diritti ad alcuni per un’equiparazione verso il basso, ma dare maggiori e più ampi diritti a coloro ai quali non vengono riconosciuti e tutelati».
Scorge segni incoraggianti?
«Oggi stanno già tentando di promuovere queste nozioni e operazioni vari movimenti popolari “dal basso”, ma anche alcune istituzioni e associazioni. Provano a concretizzare un modo nuovo di guardare la nostra Casa comune: non più come un magazzino di risorse da sfruttare, ma un giardino sacro da amare e rispettare, attraverso comportamenti sostenibili. E poi, c’è una presa di coscienza tra i giovani, in particolare nei movimenti ecologisti. Se non ci tiriamo su le maniche e non ci prendiamo cura immediatamente della Terra, con scelte personali e politiche radicali, con una svolta economica verso il “verde” e indirizzando in questa direzione le evoluzioni tecnologiche, prima o poi la nostra Casa comune ci butterà fuori dalla finestra. Non possiamo più perdere tempo».
Che cosa pensa della finanza e del rapporto con le amministrazioni pubbliche?
«Credo che se si riuscirà a sanarla dalla mentalità speculativa dominante e ristabilirla con “un’anima”, secondo criteri di equità, si potrà intanto puntare all’obiettivo di ridurre il divario tra chi ha accesso al credito e chi no. E se un giorno non troppo lontano ci saranno i presupposti per cui ogni operatore investirà seguendo principi etici e responsabili, si otterrà il risultato di limitare il supporto a imprese dannose per l’ambiente e per la pace. Nello stato in cui versa l’umanità, diventa scandaloso finanziare ancora industrie che non contribuiscono all’inclusione degli esclusi e alla promozione degli ultimi, e che penalizzano il bene comune inquinando il Creato. Sono i quattro criteri per scegliere quali imprese sostenere: inclusione degli esclusi, promozione degli ultimi, bene comune e cura del Creato».
Stiamo affrontando una delle peggiori crisi umanitarie dalla Seconda guerra mondiale. I paesi stanno adottando misure d’urgenza per affrontare la pandemia e una drammatica recessione economica globale. Che cosa si aspetta dai governanti?
«Ora si tratta di ricostruire dalle macerie. E questa incombenza grava enormemente su chi ha incarichi di governo. In un’epoca di preoccupazione per l’avvenire che si presenta incerto, per il lavoro che si rischia di perdere o si è perso, per il reddito che basta sempre meno, e per le altre conseguenze che l’attuale crisi porta con sé, è fondamentale amministrare con onestà, trasparenza e lungimiranza. Ma ciascuno di noi, non solo i governanti, è chiamato a debellare indifferenza, corruzioni e connivenze con la delinquenza».
A quale principio possiamo ispirarci?
«Ciò che sta avvenendo può risvegliare tutti. È tempo di rimuovere le ingiustizie sociali e le emarginazioni. Se cogliamo la prova come un’opportunità, possiamo preparare il domani all’insegna della fratellanza umana, a cui non c’è alternativa, perché senza una visione d’insieme non ci sarà futuro per nessuno. Mettendo a frutto questa lezione, i leader delle nazioni, insieme a chi ha responsabilità sociali, possono guidare i popoli della Terra verso un avvenire più florido e fraterno. I capi di stato potrebbero parlarsi, confrontarsi di più e concordare strategie. Teniamo tutti bene a mente che c’è qualcosa di peggio di questa crisi: il dramma di sprecarla. Da una crisi non si esce uguali: o usciamo migliori o usciamo peggiori».
Con quale atteggiamento la sprecheremmo?
«Chiudendoci in noi stessi. Invece, edificando un nuovo ordine mondiale basato sulla solidarietà, studiando metodi innovativi per debellare prepotenze, povertà e corruzione, tutti insieme, ognuno per la propria parte, senza delegare e deresponsabilizzarci, potremo risanare le ingiustizie. Lavorare per offrire cure mediche a tutti. Così, praticando e manifestando coesione, potremo risorgere».
Concretamente da dove si potrebbe cominciare?
«Non è più sopportabile che si continuino a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone, salvare vite. Non si può più far finta che non si sia insinuato un circolo drammaticamente vizioso tra violenze armate, povertà e sfruttamento dissennato e indifferente dell’ambiente. È un ciclo che impedisce la riconciliazione, alimenta le violazioni dei diritti umani e ostacola lo sviluppo sostenibile. Contro questa zizzania planetaria che sta soffocando sul nascere il futuro dell’umanità serve un’azione politica frutto di concordia internazionale. Fraternamente uniti, gli esseri umani sono in grado di affrontare le minacce comuni, senza più controproducenti recriminazioni reciproche, strumentalizzazioni di problemi, nazionalismi miopi, propagande di chiusure, isolazionismi e altre forme di egoismo politico».
Se non sarà così, che cosa rischiamo?
«Prima o poi finirà che combatteremo l’uno contro l’altro. Distruggeremo definitivamente le nostre terre. Nessuno può sentirsi al sicuro. Il mondo implora un “cessate il fuoco” complessivo. Nel frattempo, promuovendo la cultura della non-violenza, dell’incontro, e il multilateralismo, diffonderemo fiducia e rispetto reciproci, e non paure di invasioni straniere, e ci arricchiremo della conoscenza dell’altro. Sono questi i veri fondamenti della sicurezza. Non gli armamenti».
Sulle spalle delle donne continua a gravare il peso di tutte le recessioni: che cosa ne pensa?
«Le donne hanno urgente bisogno di essere aiutate nella gestione dei figli e non essere discriminate sul piano retributivo e professionale, o con la perdita del lavoro in quanto donne. Anzi. Sempre di più la loro presenza è preziosa al centro dei processi di rinnovamento sociale, politico, occupazionale, istituzionale. Se saremo bravi a metterle in queste condizioni positive, potranno dare un apporto determinante alla ricostruzione dell’economia e delle società che verranno, perché la donna fa il mondo bello e rende i contesti più inclusivi. E poi, stiamo provando tutti a rialzarci, dunque non possiamo tralasciare che la rinascita dell’umanità è cominciata dalla donna. Dalla Vergine Maria è nata la salvezza, ecco perché non c’è salvezza senza la donna. Se abbiamo a cuore il futuro, se desideriamo un domani rigoglioso, occorre dare il giusto spazio alla donna».
Che cosa consiglierebbe in particolare ai genitori?
«Il gioco con i propri figli è il tempo migliore che si possa perdere. Conosco una famiglia che ha creato un elemento “istituzionale” in casa: “Il programma”. Ogni sabato o domenica il papà e la mamma prendono un foglio e, con i bambini, concordano e scrivono tutti gli appuntamenti di gioco tra figli e genitori nella settimana successiva, e poi lo appendono sulla lavagnetta in cucina. Ai bambini brillano gli occhi di contentezza al momento di scrivere “il programma”, che è diventato ormai un rito. Questa mamma e questo papà seminano educazione. Io ho detto così a loro: “Seminate educazione”. Giocando con il padre e la madre il figlio impara a stare insieme alla gente, apprende l’esistenza di regole e la necessità di rispettarle, acquisisce quella fiducia in sé che lo aiuterà nel momento di lanciarsi nella realtà esterna, nel mondo. Allo stesso tempo i figli aiutano i genitori, soprattutto in due cose: dare maggiore valore al tempo della vita; e restare umili. Per loro sono prima di tutto papà e mamma, il resto viene dopo: il lavoro, i viaggi, i successi e le preoccupazioni. E questo protegge dalle tentazioni del narcisismo e dell’ego smisurato, in cui si rischia di cadere ogni giorno».
La violenza del Covid ha falcidiato le già precarie prospettive di milioni di ragazzi in tutto il mondo. I giovani arrancano in una cappa di incertezze, ridimensionamenti scolastici, professionali, sociali, economici e politici che li stanno privando del diritto a un futuro. Che cosa vorrebbe dire alle “generazioni Covid”?
«Li incoraggio a non darla vinta alla congiuntura sfavorevole. A non smettere di sognare a occhi aperti. Non abbiano paura di sognare in grande. Lavorando per i propri sogni, possono anche proteggerli da chi glieli vuole sfilare: i pessimisti, i disonesti e gli approfittatori. Certo, forse mai come in questo terzo millennio le nuove generazioni sono quelle che pagano il prezzo più alto della crisi economica, lavorativa, sanitaria e morale. Ma piangersi addosso non porta a nulla, anzi, così la crisi avrà la meglio. Invece continuando a battersi come tanti stanno già facendo, i ragazzi non rimarranno inesperti, acerbi e immaturi. Non si fermeranno nella ricerca di occasioni. E poi, c’è la conoscenza. Nella Genesi leggiamo (cap. 2) che il Signore, dopo avere creato il cielo e la terra, prende l’uomo e lo pone nel giardino di Eden, perché lo coltivi e lo conosca. Non lo mette in pensione, o in vacanza, o in villeggiatura, o sul divano: lo manda a studiare e a lavorare. Dio ha fatto l’uomo capace e desideroso di sapere e di lavorare. E di amare. “Amerai il prossimo tuo come te stesso”, non c’è altro comandamento più importante di questo, dice Gesù ai discepoli (Mc 12, 31). Ecco, i ragazzi hanno la freschezza e la forza per rilanciare i compiti fondamentali assegnati da Dio, e diventare così uomini e donne della conoscenza, dell’amore e della carità. Aprendosi all’incontro e alla meraviglia, potranno gioire per le bellezze e i doni della vita e della natura, le emozioni, l’amore in tutte le sue declinazioni. Andando sempre avanti per apprendere qualcosa da ogni esperienza, divulgando la conoscenza e amplificando la speranza insita nella giovinezza, prenderanno in mano le redini della vita e allo stesso tempo metteranno in circolo la vitalità che farà progredire l’umanità, rendendola libera. Perciò, anche se la notte sembra non abbia fine, non bisogna perdersi d’animo. E, come diceva san Filippo Neri, non dimenticare di essere allegri, il più possibile».
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Tag: intervista, la stampa, papa la stampa, rvc
Categoria: Romana Vulneratus Curia
C’è un elefante enorme nella stanza e la maggioranza dei cattolici non vuole averne consapevolezza. Si chiama distruzione della cattolicità da parte del capo stesso della cattolicità. Io, Papa, gradualmente, tolgo un mattoncino dalla casa, demolendola, e ogni volta ricevo in cambio un premio dai poteri forti. Finché tale sistema sarà in uso, nulla sarà possibile per i semplici fedeli.
A dice che in questa intervista il Papa parla di tutto ma non della Fede, forse è sfuggito che questo della Stampa è un piccolo stralcio di un libro di 128 pagine, e il giornale pubblica le parti che possono interessare di più i suoi lettori. Forse se vi deste una calmata, quando il libro sarà pubblicato domani, magari scoprirete che in esso si parla anche di Fede, chissà☺ Visto che dite che in quella pagina si parla “di tutto”, sarà interessante scoprire di cosa si parla nelle altre 127😃😄 Comunque che vita triste che fate, sempre arrabbiati, rancorosi, malmostosi, imbronciati: non dimostrate di avere i frutti dello Spirito di cui scrive san Paolo, che sono gioia, pace e benevolenza☺😊
“Comunque che vita triste che fate, sempre arrabbiati, rancorosi, malmostosi, imbronciati: non dimostrate di avere i frutti dello Spirito di cui scrive san Paolo, che sono gioia, pace e benevolenza”.
Non è un’osservazione da prendere alla leggera.
Giusto discorso se questa fosse la prima uscita pubblica di Bergoglio: invece sono otto anni che parla (da papa) e dice le stesse cose. Fra l’altro non dice nemmeno (di solito) cose sbagliate. Anche se dicesse che E=mc2 non sarebbe una cosa sbagliata… Potremmo però chiederci se è quello che ci attendiamo da un papa. Stia un po’ allegro anche lei e colga la realtà per quello che è, è un dono anche quello.
Sulle premesse non si può non concordare con il papa, alla stregua di RVC. E non serve certamente, per arrivare alle stesse considerazioni, un dottorato in materie teologiche, peraltro svalutate dallo stesso Bergoglio con la lapidaria costatazione: «Dio che non è andato al seminario né ha studiato teologia, ti ripagherà abbondantemente», nel biglietto di lode e ringraziamento ad una suora di sua conoscenza che si prodiga in favore dei trans.
La lettura delle risposte alternative a quelle date al giornalista de “La Stampa” – su cui glisseranno il papa perché sappiamo che “per igiene mentale” non si interessa di certa informazione, e il suo entourage – mi ha lasciato un retrogusto amaro.
Dovendo bere fino in fondo questo calice, è una sofferenza in più leggere ciò che vorrei – dovrei – poter ascoltare a supporto della mia fede. Invece: fra aneddoti spiccioli, elogio imperfetto della poesia e un’ ingannevole guida al sogno, mi toccano paginate e paginate di una insolita produzione letteraria, interviste a più non posso e incursioni televisive ad ampio raggio, e sempre più frequenti, con la partecipazione straordinaria di vip. Il tutto grazie ad una sapiente regia impegnata nella cura meticolosa di un’immagine da consegnare alla storia… per ora alla rappresentazione di una quotidiana telenovela.
Sempre che il futuro immediato non riservi a RVC di finire indagato per lesa maestà come minimo, continuo a sperare, quasi per forza di inerzia, nella potenza dello «Spirito che soffia dove vuole» specie nella Sistina…quando Dio vorrà… E: che sempre e solo Dio, mosso a compassione, ci aiuti ad attraversare le macerie odierne che gravano sulle nostre vite più ancora di quelle visibili, per le quali si reclamano interventi approssimativi, se non del tutto impropri.
https://www.youtube.com/watch?v=6lAK7o2mGg8
Dove si annidano l’eresia la “gnosi”?
O per partito preso papa Bergoglio sbaglia per definizione?
in effetti, con la solita retorica delle diseguaglianze e della giustizia sociale, sembra un discorso più affine al populismo peronista e alla teologia della liberazione.
Le fornisco subito un esempio.
Francesco, cita il Vangelo di san Marco “Amerai il prossimo tuo come te stesso”, aggiungendo “dice Gesù ai discepoli (Mc 12, 31)”.
Anzitutto, nell’episodio, gli interlocutori di Gesù non sono i discepoli ma gli scribi, tra cui si annoveravano molti dei suoi più acerrimi avversari.
La citazione è poi incompleta e forviante.
Incompleta, perché Francesco non cita la prima parte della risposta di Gesù in cui Egli afferma che il primo dei comandamenti è “Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” (Mc 12, 29-30).
Solo nel versetto seguente Gesù aggiunge: “E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di QUESTI” (Mc 12, 31).
L’incompletezza della citazione è pertanto palese.
L’incompleta citazione del Vangelo da parte del papa risulta, inoltre, forviante in quanto Francesco aggiunge che non c’è comandamento maggiore di QUESTO (riferendosi evidentemente al solo comandamento di amare il prossimo non c’è altro comandamento come sé stessi). Secondo il Vangelo, invece, Gesù ha legato indissolubilmente i due comandamenti in uno solo poiché specifica che “Non c’è altro comandamento più importante di QUESTI” (e non di “questo”).
D’altronde non può essere che così, poiché l’Amore verso Dio sintetizza i primi tre dei dieci comandamenti, mentre “l’amore verso sé stessi e il prossimo” è a fondamento degli altri sette.
Ciò che spesso distingue l’eresia dalla sana dottrina è la citazione parziale della sacra scrittura che favorisce un’interpretazione distorta. E’, a ben vedere, lo stesso errore di Satana nel caso delle tre tentazioni a cui sottopose Gesù nel deserto. Gesù vinse completando le citazioni con la Scrittura stessa.
Questa sottolineatura per me mette in luce, infine, che la visione dell’uomo di Francesco è molto sbilanciata sulla dimensione materiale, come le opere di misericordia che egli predica, non includendo MAI quelle spirituali, tra cui l’insegnare agli ignoranti e consigliare i dubbiosi.
Enrico,
vedo che anche il silenzio, prima o poi, porta i suoi frutti… Continua così!
Viceversa, continuare a rompere il silenzio, specialmente durante un ritiro spirituale, è peggio che mangiare i frutti dell’albero… Speriamo che RVC si ravveda!
Buona giornata.
solo un imbecille presupporrebbe che B sbaglia per definizione. Son otto anni che B sbaglia per predisposizione e convincimento. Ma temo lei non sappia cosa è gnosi. E in quanto ad eresie forse lei conosce solo quella ariana.
Ammazza aho! Vedo (con immenso piacere! ) che il mio destino ad essere linciato (un paio di volte l’ho corso anche fisicamente tantissimi anni fa), non è cambiato!
Bene, benissimo così! E’ la cartina al tornasole del mio non non essere omologato a nessun fondamentalismo religioso forcaiolo.
Enrico, io le ho fatto un esempio per farle comprendere come ragiona, in modo distorto e non da papa, Francesco. Anziché cercare e ricevere provocazioni mediti su quello che le ho scritto.
Mi riferivo al linguaggio caritatevole di Tullia, che rivela un asprezza interiore comune a parecchi, troppi commentatori di SC.
Inoltre, bisognerebbe evitare, a mio parere, quel petulante e un tantino farisaico zelo premuroso che spinge ad esporre il proprio pensiero attraverso le solite citazioni di Sacre Scritture ed esegesi personali (delle quali questo blog trabocca).
Conoscere le Sacre Scritture e citarle a menadito per sbatterle in faccia al prossimo NON BASTA. Ci vuol ben altro per tentare di realizzare la santità.
Se lei pensa che io perda il mio tempo per “cercare e ricevere provocazioni”, mi creda, è fuori strada.
Un cordiale saluto.
Lei mi attribuisce intenzioni che non ho mai con nessuno, si figuri con lei che non conosco.
Lei ha posto una domanda su quali aspetti dell’intervista papa Francesco era poco convincente.
Io, serenamente, le ho risposto argomentando il mio ragionamento, basandolo sulle Sacre Scritture.
Gradirei, pertanto, che in una eventuale risposta lei usasse lo stesso metro di comunicazione, argomentando le sue opinioni in quanto tra persone civili si deve sempre presupporre la buona fede e non scendendo sul piano personale credendo di poter giudicare infallibilmente le intenzioni degli altri.
Il giudizio sulle coscienze, infatti, spetta solo a Dio. Noi uomini, al limite, possiamo solo aiutarci a valutare i comportamenti.
Certi comportamenti di papa Francesco appaiono non in linea con il suo ministero.
Lungi da me, invece, giudicare il papa in quanto uomo.
Se lei ha qualcosa da rispondere con tali premesse sono assolutamente aperto al dialogo. Non so se lei è tra questi ma fino ad oggi, purtroppo, i difensori a prescindere dei comportamenti di questo papa non hanno saputo dialogare sui fatti e sulle Scritture con me.
Se ne trovassi uno, magari, potrei cambiare idea…
ma queste sono le risposte che darebbe Bergoglio, sono esattamente il suo pensiero. Non le da oggi , perchè è Papa solo da otto anni, troppo presto ! Prima vuole farsi ascoltare , poi , fra venti o trenta anni, comincierà a parlare del rosario ..
E’ la visione e il programma di un umanista laico. Gli elementi religiosi sono citati en passant, e come raffigurazioni di concetti astratti (si parla ad esempio della condizione della donna e si fa un fuggevole riferimento alla Vergine Maria). Alla domanda se non sembri che Dio ci abbia abbandonati risponde addirittura “E’ vero” (!), temperandola con un brevissimo fervorino. Viva la sincerità, diceva la pubblicità di una nota birra: quello che pensa e che vuole Bergoglio lo fa capire da otto anni, basta leggerlo e ascoltarlo.
No, Antonio , è la visione di un umanista gnostico, non laico.