Cammino Sinodale Tedesco. Pericolo di Scisma? I Vescovi Rispondono.
16 Febbraio 2021
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curia, come ricorderete qualche tempo fa abbiamo pubblicato una lettera aperta indirizzata ai vescovi tedeschi, da parte di cattolici italiani, che vedevano con preoccupazione gli sviluppi del cosiddetto “Cammino Sinodale” tedesco, temendo che potesse condurre a uno scisma. La lettera faceva seguito, temporalmente, a un’intervista molto preoccupata del card. Gerhard Müller, già Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Qui sotto trovate il testo della lettera aperta, e la risposta giunta dalla Germania. Buona lettura.
§§§
OGGETTO: SINODO TEDESCO.
Eminenze ed Eccellenze Reverendissime, come rappresentanti di Movimenti e gruppi di preghiera di Trieste – Italia, con oltre tremila aderenti, fedeli alla Dottrina Sociale della Chiesa e al suo Magistero perenne, abbiamo letto con la massima attenzione il lavoro del vostro Sinodo in corso in Germania e, nello spirito evangelico della correzione fraterna, dobbiamo avvertirvi che le idee esposte nel vostro schema si allontanano in modo netto e sostanziale dall’insegnamento costante della Chiesa e rappresentano una posizione già pericolosamente eretica, anche se non ancora compiutamente scismatica.
Già cinque secoli fa la Chiesa fondata da N.S. Gesù Cristo ha subito una dolorosa lacerazione tuttora perdurante, che nessun vantaggio ha portato alla Fede e a chi sa a quante anime ha portato grave nocumento: vi preghiamo perciò di desistere, finché siete in tempo, da questo cammino che avete intrapreso e che condurrà inevitabilmente ad un ulteriore scisma, sia che esso venga dichiarato formalmente, sia che in assenza di una dichiarazione formale permanga di fatto, perché l’unica Chiesa non può avere due dottrine differenti.
Nessuna salvezza è possibile all’infuori dell’unica Chiesa di Cristo e, se per i suoi meriti anche coloro che senza propria colpa non ne fanno parte possono salvarsi, coloro che scientemente la abbandonano rinunciano alla salvezza eterna. E per che cosa? Per ottenere qualche risibile vantaggio nella vita terrena? Non vogliate dunque insistere in questo atteggiamento suicida che potrà portare solo danno alla Chiesa e non produrrà una nuova chiesa, ma solo una delle numerose sette in cui è frammentato il mondo protestante. Pregheremo per il vostro ravvedimento, sperando che desistiate da questo passo rovinoso.
Grati per l’attenzione che vorrete riservare a questa richiesta ed in attesa di cortese risposta, porgo distinti saluti.
Maria, Mater Ecclesiae, Ora pro nobis
Maria, Regina Apostolorum, Ora pro nobis
Cav. Salvatore Porro e-mail – elena.salva@alice.it.
Dott. Sandro Apa sandro.apa@libero.it
***
Egregio sig. Porro,
con la sua lettera del 12 gennaio 2021, si è rivolto ai vescovi tedeschi con alcune considerazioni sul “Synodaler Weg” della Chiesa cattolica tedesca. Sono stato incaricato di risponderle.
La ringrazio per la sua lettera e per la sua preoccupazione per la Chiesa tedesca. Lei esprime seri dubbi riguardo ai dibattiti avvenuti finora nell’ambito del “Synodaler Weg” e vede la minaccia di uno scisma.
Riconsiderando tali dibattiti – recentemente anche alla conferenza on-line del 4/5 febbraio 2021 – la posso rassicurare che non viene perseguito un frettoloso adeguamento dell’insegnamento della Chiesa al pensiero dominante.
Le discussioni sono invece caratterizzate da uno sforzo comune, sotto la guida dello Spirito Santo, per il futuro della Chiesa cattolica tedesca per rinnovare quei fattori e quelle strutture, specificatamente cattolici, che favoriscono, nella Chiesa cattolica, i reati di violenza e di abuso relativi alla sfera sessuale.
Questo proposito è profondamente collegato al desiderio di giungere, in comunione con la Sede Apostolica e con la Chiesa universale, ad un approfondimento del Magistero della Chiesa e di percorrere strade credibili nella proclamazione del Vangelo. La ricerca comune di passi per il rafforzamento della testimonianza cristiana e’ fissata quale esigenza fondamentale perfino nello statuto del “Synodaler Weg”.
Per ulteriori informazioni sul “Synodaler Weg” e sui lavori all’interno dei Forum, la rimando alla pagina web www.synodalerweg.de o ai canali di “social media” https://www.facebook.com/DerSynodaleWeg/ oppure https://twitter.com/dersynodaleweg.
Le auguro ogni bene nel vivere questi tempi, così agitati per tutti noi.
Cordialità
Suo Michael Karger
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Tag: cammino sinodale, scisma, vescovi tedeschi
Categoria: Generale
Uao. Che rispostona. Da bravo politicante navigato. Ha detto tutto senza dire niente. Adesso posso dormire sonni tranquilli.
Sento troppo spesso sacerdoti che enfatizzano le parole di S. Paolo: Dio si fece peccato…
Traduzione pessima che può portare a interpretare come un qualcosa di ontologico appartenente all’ incarnazione del Cristo Signore.
Il Figlio dell’uomo è stato trattato da peccatore, il peggiore, perché ha preso su di sé il peccato del mondo, ma era, è e rimane il figlio prediletto, nel quale il Padre si compiace.
Adamo ed Eva sono stati creati con i propri doni preternaturali, che hanno perso con il peccato di origine. E con il peccato si è manifestata la morte.
Anche riguardo alla morte mi capita talora di sentire qualche prete che afferma che l’umanità è stata creata soggetta alla morte.
Ma questa è un’eresia molto grande, che dimostra come l’uomo, anche di chiesa, non abbia più conoscenza della dottrina della Chiesa,.
Il catechismo del 1992, che nulla toglie a quello di S. Pio X, afferma che non conoscere la dottrina del peccato originale, significa non conoscere il senso della redenzione operata da nostro SIGNORE e quindi rendere vana la croce.
Questa è una base fondamentale della fede cattolica. Considerare il Cristo come quasi fosse un peccatore, fa comodo a tutti coloro che in qualche modo vogliono vedere Gesù come uno di noi in tutto e per tutto, magari anche nelle debolezze.
E guarda caso queste debolezze spesso sono quelle di disordine sessuale, che oggi tanto si cerca di giustificare e scusare, perché così si va incontro alle esigenze dell’uomo moderno, così come detto nella risposta nel post sul sinodo della chiesa tedesca.
I tempi possono cambiare, ma Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre. Quello che ha annunciato è sempre verità.
La sostanza non si cambia. Mai.
In questo mondo l’odio
non può porre fine all’odio.
Solo l’amore è capace
di estinguere l’odio.
Questa è la legge eterna.
Chi fa del bene
gioisce in questo mondo e nell’altro.
Gioisce contemplando il bene che ha fatto
e ancora di più gioisce
innalzandosi nella luce.
Chi recita a memoria le scritture,
ma non le mette in pratica,
è come un mandriano
che conta le vacche altrui.
Costui non è partecipe
della vita dello spirito.
Ma se, pur conoscendo solo
una piccola parte delle scritture,
pratichi il dhamma,
abbandoni le passioni, l’odio e le illusioni,
coltivi la saggezza e la serenità,
non hai desideri
né in questo mondo né nell’altro,
allora veramente sei partecipe
della vita dello spirito.
Dhammada (I versi della Legge), sutra del canone buddhista.
Non è anche stupendamente cristiano?
No caro Enrico Nippo: il cristiano e’ colui Che e’ salvato dal sangue versato dall’ ’ Agnello che e’ Gesu’ Cristo Signore . Si rilegga l’ Apocalissi di Giovanni invece che testi buddisti.
I salvati saranno coloro che avranno le vesti bianche , cioe’ quelli purificati dal sangue versato dell’ Agnello.
Basta sincretismo idiota!
“Caro Enrico” e “Basta sincretismo idiota” mi sembrano un pochino in contrasto. A meno che Lei abbia davvero cari anche gli idioti, ciò che andrebbe a grande Suo merito.
Ma, a parte questo, mi permetto di far notare che le “vesti bianche” non saranno purificate dal Sangue dell’Agnello sic et simpliciter, bensì occorrerà che siano come la “veste nuziale” di cui nel Vangelo di Matteo, altrimenti si verrà “legati e gettati fuori nelle tenebre”.
Il testo che ho proposto, come tutti i testi buddhisti, enfatizza necessariamente l’impegno umano senza del quale è vano sperare in un qualsiasi tipo di salvezza.
Nel Cristianesimo non è Cristo che compie tutta l’Opera salvifica bensì è anche l’uomo che ha da corrispondervi per meritarla: “ Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te” (Sant’Agostino, Sermo CLXIX, 13).
Forse non ha letto attentamente: “chi recita a memoria le scritture, ma non le mette in pratica, è come un mandriano che conta le vacche altrui” corrisponde molto da vicino a “chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia”.
Non sempre il sincretismo è idiota. Al contrario, può esserlo un certo tipo di fondamentalismo.
Un cordiale saluto.
concordo con Gian Piero
Tra le attività rischiose che cerco di evitare, c’è quella di misurare l’ altrui Fede Cristiana; ma Lei, Nippo, questa volta passa il segno. “Non desiderare” ?, qui siamo in pieno quietismo, opportunamente condannato da più di tre secoli e mezzo dalla Chiesa. Il grande Bousset riconobbe l’ estremo pericolo nelle dottrine del Fenelon (vescovo ! ) proprio perchè presentate con una retorica assai seducente. Come prevedibile il veleno si diffuse ampiamente tra i “fratelli separati” provocando la catastrofe teologico/filosofica che sappiamo.
A parte che sta scritto “non desiderare la roba d’altri” e “non desiderare la donna d’altri”, ragion per cui il “non desiderare” non dovrebbe apparire così scandaloso, si pensi al vizio capitale dell’avarizia che è un desiderio smodato di accumulare e conservare ricchezza; si pensi al vizio capitale della gola che è un desiderio smodato di cibi e bevande; si pensi al vizio capitale della lussuria che è un desiderio smodato di sesso; si pensi alla virtù cardinale della temperanza quale capacità di controllare e mantenere nei giusti limiti il soddisfacimento degli appetiti naturali; si pensi ad un Evagrio Pontico che dice: “un cadavere non avverte il dolore del fuoco e tantomeno il temperante sente il piacere del desiderio estinto”.
Capito? Non il piacere del desiderio soddisfatto ma del desiderio estinto, e si capisce che qui siamo su un altro piano.
Il “non desiderare” non ha dunque nulla a che vedere con il quietismo (lasciamo perdere i due grandissimi Bossuet e Fenelon). Piuttosto si dovrebbe mettere attenzione alla potenza dilaniante del DESIDERIO, che è l’occulto pilota del vivere umano e che spesso e volentieri, per non dire sempre, non guarda in faccia a nessuno.
Gli è che combattere il desiderio è impresa da leoni.
La propria moglia, va desiderata, o no? (in questa vita); la visione beatifica di Dio, va desiderata, o no? L’ uomo deve desiderare ciò che è buono, non “estinguere” il desiderio.
P.s. Bousset aveva ragione, Fenelon aveva torto.
Parafrasando Giuseppe Giusti:
“che fa il nesci, Immaturo? O non ha letto?”
Perbacco, la “risposta” di Karger è fantastica: il conte Mascetti è stato superato , e di parecchio.
Ve lo immaginate un Discorso della Montagna in cui Gesù, radunata la folla, anzichè “aprire la bocca per ammaestrarli” annunciando le “beatitudini” si rivolgesse alla gente dicendo:- allora di che cosa volete che vi parli ?- Fatemi delle proposte!- ?
Tutto sommato il sinodo non è altro che il trasferimento in ambito ecclesiastico del metodo del lavoro di gruppo. Ma è possibile fare questo in materia di fede e di morale? A parer mio da appartenente all’ordine dei parrocchiani non dovrebbe essere possibile. Però non so…..
14 febbraio 2021. Angelus del Pontefice.
Omelia all’amatriciana e Teologia “de noantri”.
Minuto 12,50:
“… Dio è colui che si contamina…. Ma Padre cosa sta dicendo?… non lo dico io, eh …lo ha detto San Paolo… si è fatto peccato… Lui si è fatto peccato… guarda come si è contaminato Dio…”
E qui… una folata di vento gli sbatte sul volto lo stendardo e lo interrompe.
Lo Spirito Santo – che soffia quando e come vuole – lo ha redarguito un pochetto? Forse non ha gradito la “dottrina” di Dio “peccato”?
-Tre parole che indicano lo stile di Dio: vicinanza, compassione, tenerezza. In questo episodio possiamo vedere due “trasgressioni” che si incontrano: la trasgressione del lebbroso che si avvicina a Gesù – e non poteva farlo –, e Gesù che, mosso a compassione, lo tocca con tenerezza per guarirlo-.
La tenerezza l’ha aggiunta l’evangelista Francesco. E’ il suo metodo: raccontare il Vangelo con parole sue per poi attualizzarlo in un discorso che non ha niente a che vedere col Vangelo.
Carissimi, un po’ di umiltà e di conoscenza teologica non ci farebbe male. Invio, circa le critiche fatte sulle parole di papa Francesco, qualche riflessione presa qua e là e fatta mia per la mia crescita spirituale.
Premetto, caro Stilumcuriale Emerito, una mia brevissima riflessione personale.
“Compatire” significa “soffrire insieme”.
Solo un cuore “tenero”, e non indurito, riesce a “compatire”, senza formalità farisaica. Credo che Gesù avesse un cuore “tenerissimo”, tanto che ci ha amati e ci ama “alla follia”, nonostante la nostra miseria e la “lebbra” che attanaglia e corrode il nostro cuore, e continua a toccarci con la sua grazia nonostante il nostro cuore “indurito” e la nostra “dura cervice”.
Adesso aggiungo un contributo che ci potrebbe essere utile per migliorarci:
Che cosa significano queste parole “Gesù si è fatto peccato per noi”
Quesito
Caro Padre Angelo,
sono Michele Le vorrei chiedere cortesemente se mi può spiegare con la Sua autorevolezza che cosa significa ciò che dice San Paolo: “Gesù si è fatto peccato per noi”.
La ringrazio. Con affetto
Michele
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Risposta del sacerdote
Caro Michele,
1. l’affermazione che tu hai riportato si trova in 2 Cor 5,21: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio”.
E sta a significare che Dio ha trattato Gesù Cristo come se fosse stato il più grande peccatore di questo mondo. Anzi come se avesse compiuto tutti i peccati degli uomini.
Pertanto come se fosse il peccato in persona.
E proprio per questo sulla croce Gesù ha espiato al posto di tutti noi: “perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio”.
2. Quest’espressione di san Paolo è particolarmente potente e sta a ricordare che Cristo ha compiuto una perfetta espiazione o soddisfazione dei nostri peccati.
L’ha potuta compiere per la perfetta solidarietà che egli ha voluto avere con tutto il genere umano.
I teologi, ma anche il magistero della Chiesa, danno a quest’espiazione un nome particolare. La chiamano soddisfazione vicaria, e cioè fatta al posto nostro.
3. Questo concetto non è presente solo in San Paolo. Lo si trova già nell’Antico Testamento. In Isaia si legge: “Il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti” (Is 53,6).
Il beato Padre Girotti, martire domenicano e insigne biblista, commenta: “L’innocente è stato punito al posto del colpevole perché il colpevole diventasse innocente”.
4. Lo si trova anche in san Pietro: “Egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca… Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti.” (1 Pt 2,22.24).
Gesù non commise alcun peccato né nelle opere né nelle parole. Ma ha portato, e cioè ha espiato, nel suo corpo tutti i nostri peccati perché noi potessimo possedere la vita divina.
5. Questo concetto è ripreso da san Tommaso il quale afferma che “Cristo accettando la passione per carità e per obbedienza offrì a Dio un bene superiore a quello richiesto per compensare tutte le offese del genere umano.
Primo, per la grandezza della carità con la quale volle soffrire.
Secondo, per la nobiltà della sua vita, che era la vita dell’uomo Dio, e che egli offriva come soddisfazione.
Terzo, per l’universalità delle sue sofferenze e per la grandezza dei dolori accettati, di cui sopra abbiamo parlato.
Perciò la passione di Cristo non solo fu sufficiente per i peccati del genere umano, ma addirittura sovrabbondante, secondo le parole di S. Giovanni: “Egli è propiziazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo” (1 Gv 2,2)” (Somma teologica, III, 48, 2).
6. Abbiamo molti motivi per amare Gesù Cristo.
Ma questo, di essersi sostituito – Lui innocente – al posto nostro per espiare i peccati e guadagnarci la vita divina per tutta l’eternità è certamente uno dei più grandi.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo
Anche il compianto arcivescovo di Bologna, Giacomo Biffi, molto amato suo malgrado dai tradizionalisti, pronunciò parole molto simili a quelle di papa Francesco commentando lo stesso brano biblico, senza mai ricevere lo stesso trattamento che oggi subisce il Papa. Il 17 settembre 2000 il card. Biffi disse infatti: «Dice la Sacra Scrittura: “quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame restava in vita” (Nm 21,9). Ebbene, dice Gesù, quel serpente sono io: quel serpente è la figura anticipata di quanto sarebbe avvenuto sul Golgota».
D’altra parte, è San Paolo prima di tutti che afferma nella Scrittura: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio» (2 Cor. 5,18-21). Nella lettera ai Galati definisce Gesù addirittura una “maledizione”: «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo divenuto maledizione per noi» (Gal 3,13). Dio fece Gesù peccato? Cristo divenuto maledizione? I farisei odierni avrebbero ributtato il povero Paolo di Tarso giù da cavallo una seconda volta.
Il pensiero teologico di Joseph Ratzinger
30 giugno 2016 ·
DIO NON PUÒ PATIRE, MA PUÒ COMPATIRE
…Soffrire con l’altro, per gli altri; soffrire per amore della verità e della giustizia; soffrire a causa dell’amore e per diventare una persona che ama veramente – questi sono elementi fondamentali di umanità, l’abbandono dei quali distruggerebbe l’uomo stesso. Ma ancora una volta sorge la domanda: ne siamo capaci? È l’altro sufficientemente importante, perché per lui io diventi una persona che soffre? È per me la verità tanto importante da ripagare la sofferenza? È così grande la promessa dell’amore da giustificare il dono di me stesso? Alla fede cristiana, nella storia dell’umanità, spetta proprio questo merito di aver suscitato nell’uomo in maniera nuova e a una profondità nuova la capacità di tali modi di soffrire che sono decisivi per la sua umanità. La fede cristiana ci ha mostrato che verità, giustizia, amore non sono semplicemente ideali, ma realtà di grandissima densità. Ci ha mostrato, infatti, che Dio – la Verità e l’Amore in persona – ha voluto soffrire per noi e con noi. Bernardo di Chiaravalle ha coniato la meravigliosa espressione: Impassibilis est Deus, sed non incompassibilis – Dio non può patire, ma può compatire. L’uomo ha per Dio un valore così grande da essersi Egli stesso fatto uomo per poter com-patire con l’uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Passione di Gesù.
Da lì in ogni sofferenza umana è entrato uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; da lì si diffonde in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio e così sorge la stella della speranza. Certo, nelle nostre molteplici sofferenze e prove abbiamo sempre bisogno anche delle nostre piccole o grandi speranze – di una visita benevola, della guarigione da ferite interne ed esterne, della risoluzione positiva di una crisi, e così via. Nelle prove minori questi tipi di speranza possono anche essere sufficienti. Ma nelle prove veramente gravi, nelle quali devo far mia la decisione definitiva di anteporre la verità al benessere, alla carriera, al possesso, la certezza della vera, grande speranza, di cui abbiamo parlato, diventa necessaria. Anche per questo abbiamo bisogno di testimoni, di martiri, che si sono donati totalmente, per farcelo da loro dimostrare – giorno dopo giorno. Ne abbiamo bisogno per preferire, anche nelle piccole alternative della quotidianità, il bene alla comodità – sapendo che proprio così viviamo veramente la vita. Diciamolo ancora una volta: la capacità di soffrire per amore della verità è misura di umanità. Questa capacità di soffrire, tuttavia, dipende dal genere e dalla misura della speranza che portiamo dentro di noi e sulla quale costruiamo. I santi poterono percorrere il grande cammino dell’essere-uomo nel modo in cui Cristo lo ha percorso prima di noi, perché erano ricolmi della grande speranza…
BENEDETTO XVI – dalla Lettera Enciclica “Spe salvi” –
Certo, Gesù al lebbroso, per guarirlo, gli ha dato un bel calcio nel culo… come punizione previa, perché quella lebbra se l’era meritata.
Certo anche, che se dà retta più a Cafazzo che al Papa… poareti noaltri.
«Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature»
Forse più semplicemente conosce la Bibbia. Provi a leggerla 🙂
Vi ringrazio ma tutte queste cose le conoscevo già ma non le ha dette Papa Francesco e pertanto confermo il contenuto e il senso del mio commento.
Appunto, senza senso.
In particolare per Alexis che cita il salmo 145 (Lode al Signore Re) aggiungo alcune osservazioni.
1- Marco 1,40-42 (Il brano evangelico che Sua Santità voleva commentare) non contiene alcun riferimeno al Salmo 145. La tenerezza ce l’ha messa lui. Il Vangelo dice:- Gesù stese la mano , lo toccò e gli disse :- Sì lo voglio sii mondato!– …. Quindi con tono severo lo mandò via dicendogli…. ecc. ecc.
2- Sant’Agostino, commentando il Salmo 145 non dà alcun risalto al versetto 9 (quello citato da Alexis) mentre si sofferma a lungo sul versetto 3 : – Grande è il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare–, dicendo: “Vuol celebrare le tue lodi quella piccola parte della tua creazione che è l’uomo, l’uomo che si porta dentro la sua precarietà, la testimonianza del suo peccato e della tua volontà di resistere ai superbi e che tuttavia , piccola parte della tua creazione, vuol celebrare le tue lodi. Sei tu che susciti in lui questo desiderio, perchè tu ci hai fatti per te e il nostro cuore non ha pace finchè non riposa in te. Dammi, Signore, di conoscere e capire se si debba prima invocarti o celebrarti, prima conoscerti o invocarti. Ma chi potrebbe invocarti senza prima conoscerti? CHI NON TI CONOSCE PUO’ ESSERE INDOTTO A INVOCARE ALTRI. O forse per conoscerti, bisogna invocarti.
«E chiunque scandalizzerà uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse legata intorno al collo una pietra da mulino e che fosse gettato in mare”.
Capire Dio è difficile. Quasi impossibile.
Forse fa male chi insiste nel riferire (tra l’altro qui fuori tema) la topica di Bergoglio su “Gesù che si fece peccato”, oltre tutto non tra le peggiori; ma ancora peggio fanno coloro che si affannano ad offrire le pezze che, anziché tappare il buco, lo peggiorano. Questa ansia dovrebbero averla per ben altre “uscite” di Bergoglio (p. es. pachamama)
L’uscita inopportuna di Bergoglio non consiste nella citazione del passo biblico, anche se non proprio alla lettera (2 Cor 5, 21: «Dio lo fece peccato» sembra essere la versione dell’ultima edizione CEI; la precedente versione CEI, ancora nel sito del Vaticano, riporta: «Dio lo trattò da peccato»). Ammettiamo che la citazione di Bergoglio sia precisa; è la spiegazione che ne dà ed il contesto in cui l’afferma che sono del tutto fuori luogo.
Se l’avesse detto durante un discorso ai Vescovi o ai sacerdoti o ad un’associazione cattolica (dando per scontato che i membri siano “cattolicamente istruiti” [!]), non ci sarebbe stato neanche bisogno che lo avesse accompagnato con un commento. Ma a chi si rivolgeva Bergoglio? Al popolo di Piazza San Pietro, cioè ad un gruppo di persone che – purtroppo è la realtà di oggi – anche se formalmente “cattoliche” in quanto ad istruzione cattolica (ed in particolare biblica) ne ha ricevuta ben poca (a parte il fatto che gli attuali “seguaci” di Bergoglio sembrano essere più tra gli anticattolici che tra i cattolici: basti vedere come ne parlano le emittenti TV e i giornali anticattolici, cioè quasi tutti).
A questo si aggiunga il contesto in cui ha inserito la frase e il commento che ne ha fatto. Chi si è preoccupato di porgere le “pezze” giustificatorie ha citato diverse degne e sante persone: Padre Angelo, il Cardinale Biffi, Ratzinger, e lo stesso San Paolo. Ma Angelo, Biffi, Ratzinger e San Paolo non l’hanno spiegato come l’ha fatto Bergoglio. Il quale ha detto:
«”Ma padre, cosa sta dicendo? Che Dio si contamina?”. Non lo dico io, lo ha detto San Paolo: si è fatto peccato (cfr 2 Cor 5,21). Lui che non è peccatore, che non può peccare, si è fatto peccato. Guarda come si è contaminato Dio per avvicinarsi a noi, per avere compassione e per far capire la sua tenerezza».
A parte il fatto che vi è una evidente “traslazione di significato” (che la precedente versione CEI ha colto in pieno: «Dio lo trattò da peccato», e lo stesso San Paolo chiarisce quando afferma: «essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato» – Eb 4,15; ed anche: «mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato» – Rom 8,3); a parte questo, Bergoglio ha collegato questo fondamentale passo della Scrittura alla “tenerezza” di Dio.
Ora, che uno degli attributi che si riferiscono a Dio è la Tenerezza, ma in modo più corretto dovremmo dire la Misericordia (mai disgiunta dalla Giustizia altrimenti non sarebbe Misericordia ma connivenza, il che sarebbe una bestemmia), è una cosa talmente ovvia che il più ignorante cattolico non ignora, e non c’è bisogno di confermarlo con passi biblici; ma il passo non si riferisce alla “tenerezza” di Dio, bensì alla salvezza degli uomini. E sarebbe stato sufficiente citare l’intero verso di 2Cor 5, 21: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio». Cioè giustificati dal peccato (originale, e quindi salvati… ma non ancora salvi, questo dipende da noi).
Insomma è la solita storia, una cosa che nessun laico cattolico dovrebbe fare: quella di citare un passo biblico parzialmente e fuori contesto per giustificare una propria idea, o cos’altro. E che ancor meno dovrebbe fare un consacrato.
Dalle pagine ormai ingiallite de “Le Lettere di San Paolo” tradotte e commentate dall’Abate Giuseppe Ricciotti recupero la sua traduzione e il suo commento del versetto 2Cor 5,21.
Traduzione : –Colui che non conosceva peccato , in pro nostro Iddio lo rese peccato, affinchè noi diventassimo giustizia di Dio in lui.–
Commento: Iddio rese il Cristo peccato , che è il contrapposto al seguente diventassimo giustizia. Perciò, a rigore, peccato non significa qui “vittima del peccato” (questo potrà essere un significato conseguente) ma indica piuttosto la condizione giuridica di chi ha commesso il peccato (cfr. maledizione, in Galati 3,13).
Ma in tempo di pandemia le parole trasgressione, vicinanza, contaminazione hanno un sicuro effetto …..
La salvezza degli uomini è elargita per misericordia (tenerezza). Le acrobazie per sbertucciare il Papa su una cosa che capisce chiunque fanno sorridere.
Suggerisco un corso di catechismo per terze elementari.
“E sarebbe stato sufficiente citare l’intero verso di 2Cor 5, 21: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio». Cioè giustificati dal peccato (originale, e quindi sallvati… ma non ancora salvi, questo dipende da noi).
Lui (il Papa) non lo cita per INTERO perché non fa comodo al “suo” vangelo “onusiano”.
Pertanto congratulazioni per aver messo in riga questa pletora di sputa-citazioni ed aver evidenziato che questo Papa “strumentalizza” il Vangelo e lo smozzica a “suo” piacimento suscitando una canaio SOLO per “far parlare” di sé in una piazza SanPietro vuota e un “popolo di Dio” ridotto all’osso perché lui e la sua corte è “salvificamente insignificante”.
Signor rev.ssimo Michael Karger, in conseguenza della sua petizione il cardinale Bergoglio ha fatto applaudire dai quattro gatti in piazza San Pietro e dagli sprovveduti in tv i preti trasgressori che seguono il “contaminato” , riguardo a chi possono essere questi preti trasgressori, ascolti l’interpretazione magistrale del picciotto di Dio.
https://m.youtube.com/watch?v=ops16krv7rs
Chissà che non dovremmo incominciare a riflettere sulla proposta avanzata dal papa, il 30 gennaio scorso ai partecipanti all’Incontro promosso dall’Ufficio Catechistico nazionale della Conferenza Episcopale Italiana, di avviare nel nostro Paese un processo sinodale nazionale «comunità per comunità, diocesi per diocesi». Proposta caldeggiata da tempo dai gesuiti, attraverso “La Civiltà Cattolica” e lanciata al Convegno di Firenze nel 2015, ma che non era stata recepita dai vescovi italiani e che non ha suscitato il loro entusiasmo nemmeno nell’ ultima riproposizione, constatata la mancanza di ufficiali comunicazioni a riguardo, ad eccezione di un accenno da parte del card. Betori in una recente intervista.
Il vaticanista Giuseppe Rusconi, animatore del blog rossoporpora.org , la esamina in un colloquio per il “Il Giornale”, lasciando balenare il rischio che «la spinta propulsiva tedesca finisca con il coinvolgere anche l’episcopato del Belpaese».
https://www.ilgiornale.it/news/cronache/cos-papa-vuole-cambiare-sempre-chiesa-italiana-1922597.html