Nagorno Karabakh. Gli Occupanti Azeri – Musulmani – Distruggono il Vino Armeno.
31 Gennaio 2021
Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali nel silenzio quasi totale dei mainstream media gli occupanti azeri della parte di Nagorno Karabagh attribuita a Baku dall’accordo di tregua stanno procedendo alla cancellazione del retaggio culturale armeno in quella regione. Dal Consiglio per la Comunità Armena di Roma riceviamo questo comunicato, che tristemente condividiamo con voi.
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LA DRAMMATICA FINE DELLA CANTINA KATARO IN NAGORNO KARABAKH (ARTSAKH)
La guerra scatenata a fine settembre dall’Azerbaigian contro la repubblica armena de facto del Nagorno Karabakh (Artsakh) non ha lasciato soltanto una scia di sangue e distruzioni dopo 44 giorni di violenti combattimenti e bombardamenti a tappeto sulla popolazione.
Dobbiamo purtroppo segnalare come la prestigiosa cantina Kataro nel villaggio di Togh, ora occupato dalle forze militari dell’Azerbaigian, è andata irrimediabilmente distrutta.
In rete abbiamo dovuto vedere le tristi immagini di soldati azeri che si accaniscono sulle botti che custodivano il pregiato vino, le rovesciano, spaccano bottiglie con l’unico scopo di vandalizzare un prodotto armeno.
Come novelli barbari, non hanno avuto alcun rispetto non solo del patrimonio culturale armeno ma neppure della civiltà del bere.
Lanciamo un appello alla “comunità del vino” in Italia perché condanni senza indugio tale crimine e solidarizzi con i proprietari della cantina che dal nulla, con amore e dedizione, avevano creato un’eccellenza vinicola.
Alziamo i calici!
CONSIGLIO PER LA COMUNITA’ ARMENA DI ROMA
VINO KATARO: AZIENDA VINICOLA IN ARTSAKH
L’Artsakh, è situato nel Caucaso meridionale in Armenia ed è uno dei pochissimi posti sulla terra dove cresce il vitigno Khndoghni. Originario di questa regione, un tempo era usato per il vino fatto in casa.
Aghadjan Avetissyan, bisnonno dell’attuale proprietario, ha prodotto vino da uve Khndoghni per tutta la vita, ma con il crollo dell’URSS, e tutto ciò ne conseguì, la viticoltura fu messa da parte.
Fu solo nel 1996 che Grigory Avetissyan, l’attuale proprietario, decise di far rivivere i vigneti di Khndoghni e, dopo tanta sperimentazione, finalmente inizia nel 2010, i primi vini con il marchio Kataro.
Avetissyan coltiva vigneti di 11 ettari di Khndoghni e 2 ettari di uve Syrah. Questi si trovano a 6/700 metri sopra il livello del mare. Inverni miti ed estati soleggiate, contribuiscono alla maturazione armoniosa delle uve. La raccolta e la scelta a mano consentono di seguire le antiche tradizioni enologiche coniugandole sapientemente con le più moderne tecnologie di vinificazione.
Kataro Rosso
Imbottigliato dopo 12 mesi di invecchiamento. Gusto dominante di bacche rosse e la corniola, con tocco di melograno. Note di amarena matura, e retrogusto speziato medio lungo. Ricco di tannini.
Uve: vitigno autoctono khndoghni. Età media dei vigneti 20 anni.
Servire a 16-18 C, ottimo con carni cotti sulla brace, carne e formaggi forti.
Premi: ProdExpo 2014-2017, Prowein 2015-2016, Medaglia d’oro al Concours Mondiale de Bruxelle 2017, Medaglia d’argento Mundus Vini 2017.
Kataro Rosso Riserva
Invecchia per 18 mesi in botti di rovere del Caucaso delle foreste locali di alta quota. Ricco di tannino, gusto deciso presenta aromi di mirtilli e zucchero filato.
Uve: vitigno autoctono khndoghni. Età media dei vigneti 20 anni.
Servire a 16-18 C, ottimo con piatti di carne e formaggi piccanti.
Premi: : ProdExpo 2015-2017, Prowein 2016-2018, Concours Mondiale de Bruxelle Le grand Medal d’Or 2017, Le grand degustation de Montreal 2018.
Bianco secco
Affinamento in bottiglia per minimo 5 mesi. Elegante e floreale, fresco e minerale con sentori di agrumi e pesca bianca.
Uva: miscela di Queens of Armenian Highlands, varietà Vockehat, colvitata nella regione Vayots Dzor in Armenia, varietà Kangun e Babants di Artsakh. Età media dei vigneti 25 anni.
Servire a 8-10 C. Ideale con formaggio leggeri, pesce di acqua dolce, macedonie e dolci a base di caramello o vaniglia.
Rosé
Fruttato, fresco con note di fragola e frutta, chiude con spiccata mineralità.
Uve: vitigno autoctono Khndoghni. Età media dei vigneti 20 anni.
Affinamento in bottiglia minimo 5 mesi.
Servire a 8-10 C. Ottimo formaggi, insalate, pollo e verdure.
Dove si vende nel mondo: https://kataro.am/contacts
***N. B. Questo comunicato fa parte di iniziative di sensibilizzazione che il Consiglio per la comunità armena di Roma ha messo in atto ed è stato inviato agli operatori specializzati del settore.
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Tag: azeri, kataro, nagorno, vino
Categoria: Generale
Purtroppo di questa tragedia (che gli armeni vivono come il possibile inizio di un nuovo genocidio) non si parla abbastanza nei media. Vi segnalo questo interessante e informativo video (che purtroppo ha solo una ventina di visualizzazioni) ma che sarebbe bene far circolare il piu’ possibile per sensibilizzare il grande pubblico: https://www.youtube.com/watch?v=9Ul0awE9hnc
Egregio Tosatti,
Nell’islam è fatto divieto distruggere gli alberi delle zone contese o da contendere (non così per i prodotti intossicanti), tranne che per talune eccezioni. Quindi se questi sono dei veri musulmani e le cose sono come lei le riporta, allora avrebbero sbagliato, anche perché il vino si può de-alcolizzare.
Ma appunto la cosa che mi fa specie, è questa sua difesa del vino come bevanda inebriante. Gesù disse, io sono la Via, bene perché lei come credente non segue la Via?
Gesù non è riportato in alcun vangelo essersi messo a tavola bevendo bevande alcoliche, ne è riportato essere stato visto brillo o anche poco lucido (si immagini come avrebbe portato saggezza).
Non sarà il caso di riportare la fede e la pratica della stessa alle VERE origini?
Non prendiamocela con Bergoglio poi se i fedeli si perdono (anche perché Bacco impigrisce).
Con rispetto ma fermezza un suo lettore.
Inebriante? Dipende dalla quantità. E mi sembra che a un certo punto nel Vangelo dica di sé Gesù: “Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e peccatori”
(Matteo 11,19.
Vorrei poter dire qualcosa di buono di fronte a questo nuovo atto di barbarie. Ma l’unica cosa che riesco a dire è che l’atto fa parte della tracotanza dei vincitori ,e sopratutto del vincitori musulmani, a cui è proibito bere vino.
Nessuno ha reagito all’articolo, almeno fino a questo momento. Anche questo la dice lunga sulla scarsa sensibilità di noi, cristiani d’Occidente verso i nostri confratelli che vivono come enclave cristiane circondate da territori completamente musulmani. Dovremmo invece aprire bene le orecchie di fronte ad atti vandalici di questo tipo, perché , se aumentasse spropositamente il numero di musulmani ospiti in Italia, e rivendicassero con forza le caratteristiche tipiche della loro cultura , anche i nostri vigneti, dalle Langhe a Pantelleria, sarebbero in pericolo.
E sarebbero in pericolo anche gli allevamenti di maiali e tutta la nostra tradizione gastronomica non solo quella vitivinicola… per non parlare di quella religiosa già profondamente compromessa.
Non si vedono all’orizzonte barlumi di distensione, nonostante gli insistenti appelli alla “fratellanza universale”… Ancora troppo presto per raccogliere i frutti sperati?