Ci tengo a spendere qualche riga su un’affermazione apparsa sul sito di Famiglia Cristiana.
La sezione in esame è il Blog del Cardinale Ravasi, “ll Grande Libro del Creato” e il suo articolo apparso da qualche giorno, intitolato “Verranno nuovi cieli e nuova terra” (https://m.famigliacristiana.it/blogpost/verranno-nuovi-cieli-e-nuova-terra.htm).
Tralascio completamente il senso finale dell’articolo, che non è incluso in questa analisi, per soffermarmi, citandola, su una precisa affermazione inclusa nell’articolo in questione.
A) LA TRADIZIONE CI PROTEGGE DALL’ERRORE
Al secondo capoverso Ravasi sostiene:
“…uno scritto posto sotto il patronato di ‘Simon Pietro, servo e apostolo di Gesù Cristo’, ma frutto probabilmente di un autore cristiano che si voleva collocare sotto l’ombrello ideale del principe degli apostoli, anche se posteriore a lui vari anni. Già San Girolamo sottolineava la radicale ‘differenza di stile’ e di linguaggio di questo scritto rispetto alla Prima Lettera di Pietro”.
Ravasi non è il primo ad abbracciare questo filone di pensiero, negando che la Seconda Lettera di Pietro sia stata veramente scritta dal primo Papa.
Un antenato di questa teoria è Martin Lutero.
Ci troviamo, pertanto, di fronte a un assunto protestante che disorienta i fedeli più semplici.
Per questo chiedo a Sua Eminenza, qualora leggesse questo umile blog, di dare una riposta sul perché vengano date per assodate tali prese di posizione e per quale motivo si abbraccino sovente le vie dei protestanti piuttosto che rivolgersi alla Tradizione.
Soprattutto, quale bene possa ricavare un fedele qualsiasi nel ricevere questa errata e non provata informazione nell’ottica complessiva del Suo articolo.
Infatti, era proprio Lutero a puntare sulla differenza di stile e lingua della Seconda Lettera rispetto alla Prima al fine di spacciarla come scritta da autore postumo.
Una messa in discussione, quella portata da Lutero, finalizzata ai suoi intenti: sminuirne i contenuti e sentirsi autorizzato a capovolgerne le interpretazioni. Si legga a proposito il versetto 2Pt 1,20, dove si afferma che la Scrittura non va soggetta a privata interpretazione.
Quel versetto rappresentava il grande dilemma e muro. Un versetto, quello del Primo Papa San Pietro, che sentenziava a priori la condanna a ciò che Lutero invece ha compiuto: inventare un nuovo magistero e introdurre tesi eretiche(libero esame, libera interpretazione della Scrittura, ecc.).
Per il padre degli scismi protestanti, infatti, ogni singolo fedele poteva interpretare la Parola di Dio a suo piacimento e senza il doveroso ricorrere all’interpretazione ufficiale della Chiesa (cfr. Martin Lutero, Discorsi a tavola, Ed.Garzanti).
Ricordiamolo!
…repetita iuvant…
Solo la CHIESA può dare la vera interpretazione della Parola, esattamente come ha ribadito in ultima analisi la DEI VERBUM (1965) al n. 12: “Quanto, infatti, è stato qui detto sul modo di interpretare la Scrittura, è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la Parola di Dio”
(http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651118_dei-verbum_it.html).
E’ interessante porsi un semplice quesito: perché sia ormai (uso un termine rubato all’informatica) “di default” prendere ispirazione dai luterani e non, ad esempio dai Padri della Chiesa.
Torniamo indietro nel tempo e leggiamo cosa viene detto della Seconda Lettera di San Pietro.
1) San Giustino – con estrema chiarezza di attribuzione – (Dialogo con Trifone, 82 = 2Pt 2,1), dice esplicitamente: “La Seconda Lettera è scritta da San Pietro”;
2) Origene, discepolo di Clemente Alessandrino, attribuisce esplicitamente la Seconda Lettera a San Pietro, pur sapendo delle differenze linguistiche rispetto alla prima lettera, teoria appoggiata da altri. (Omelia 4 Sul Levitico: PG 12,437; Commento Lettera ai Romani: PG 14,1179; Omelia 7 su Giosuè: PG 12,857);
3) Sant’Atanasio non ha dubbi (Lettera sulla Pasqua: PG 26,1437). Scrive infatti: “(…) Pietro ne è l’autore”;
[Ho scoperto un testo di San Girolamo dove emerge l’esatto contrario di quanto affermato dal Cardinale Ravasi, in riferimento alla questione della differenza di stile tra la Prima e la Seconda Lettera di Pietro.]
4) San Girolamo si pronuncia in modo forte e deciso (come era il suo carattere) a favore dell’autenticità (Lettera a Paolino, 53,8: PL 22,548; Le vite degli uomini illustri, 1: PL 23,638). Nella Lettera a Paolino , Girolamo scrive: “San Pietro ha scritto la Seconda Lettera. Non ho alcun dubbio”. Si tenga presente che San Girolamo inserirà la Seconda Lettera di Pietro nella Vulgata.
Storicamente le testimonianze a favore dell’autenticità aumentarono a tal punto che nei Concili di Roma (374), di Ippona (393) e di Cartagine (397) si confermò sempre maggiormente l’autenticità della Seconda Lettera di Pietro fino a giungere ad un giudizio unanime.
Con l’avvento del protestantesimo, invece, i dubbi tornarono a crescere.
Lutero ha sempre sostenuto che lo stile “ellenico” della Seconda Lettera implicasse una completa diversità rispetto alla Prima e per questo non fosse attribuibile a San Pietro.
Allo stesso modo questo assunto trovò concorde il mondo protestante e al giorno d’oggi i neo-biblisti in ambito cattolico.
In sostanza fuori! i Padri della Chiesa – autorevoli e cronologicamente più vicini ai fatti -, e dentro! Lutero – padre degli scismi protestanti.
…ça va sans dire…
E’ interessante a questo punto del mio ragionamento citare un passo del Concilio di Trento.
Dal “De canonicis Scripturis” – SESSIONE IV – 8 Aprile 1556 (https://documentacatholicaomnia.eu/03d/1545-1563-,_Concilium_Tridentinum,_Canones_et_Decreta_(Testo_divulgativo),_IT.pdf):
“E poiché il sinodo sa che questa verità e disciplina è contenuta nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte – che raccolte dagli apostoli dalla bocca dello stesso Cristo e dagli stessi apostoli, sotto l’ispirazione dello Spirito santo, tramandate quasi di mano in mano (16), sono giunte fino a noi, — seguendo l’esempio dei padri ortodossi, con uguale pietà e pari riverenza accoglie e venera tutti i libri, sia dell’antico che del nuovo Testamento, – Dio, infatti, è autore dell’uno e dell’altro ed anche le tradizioni stesse, che riguardano la fede e i costumi, poiché le ritiene dettate dallo stesso Cristo oralmente o dallo Spirito santo, e conservate con successione continua nella chiesa cattolica.
E perché nessuno possa dubitare quali siano i libri accettati dallo stesso sinodo come sacri, esso ha creduto opportuno aggiungere a questo decreto l’elenco”.
In questo elenco compare la Seconda Lettera di Pietro e nel capitolo V si decreta la Vulgata di San Girolamo come testo definitivo e ufficiale delle Scritture.
Con il rispetto dovuto a Sua Eminenza, di cui siamo perfettamente a conoscenza della grande preparazione in ambito Biblico, mi sento in dovere di richiamare alla santa prudenza in merito alle parole utilizzate e ai concetti abbracciati nell’articolo su Famiglia Cristiana.
Non è da escludere che abbracciare in modo così certo assunti dei “fratelli separati” possa indurre molti in errore.
B) UN INDIZIO LINGUISTICO CONFERMA LA MIA POSIZIONE: LA SECONDA LETTERA DI SAN PIETRO E’ STATA SCRITTA DA SAN PIETRO E NON DA AUTORI POSTUMI: (2Pt 1,13 – Mc 9,5) LA ‘TENDA DEL CORPO’
Dopo tanto studio, ma soprattutto molta preghiera, senza la quale ogni atto scientifico diventa fine a sé, ho scoperto un PARALLELISMO LINGUISTICO che mi ha fatto sobbalzare dalla sedia e perdere la pipa dalla bocca.
In 2Pt 1,13 l’Apostolo scrive: “Io credo giusto, finché sono in questa tenda del corpo…”.
L’espressione “tenda del corpo” mi ha fornito un’intuizione meravigliosa.
Nel Vangelo di Marco (capitolo nono) si parla della Trasfigurazione di Gesù. L’episodio è presente anche negli altri sinottici.
In quel frangente San Pietro dice una cosa che in anni mi ha sempre riempito di interrogativi: “Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia” (Mc 9,5).
Pietro, Giacomo e Giovanni sono saliti sul Tabor con delle tende? O dei sacchi a pelo? Avevano bisogno di tende? Possibile che San Pietro vedendo Gesù trasfigurato e in spirito Mosè ed Elia, possa dire di costruire delle tende? A cosa sarebbero servite delle tende? A far dormire Mosè ed Elia?
Sarò sincero: ho sempre trovato insensato ciò che afferma Pietro – la questione delle tende -.
Infine, dopo anni, la Seconda Lettera di Pietro mi ha dato LA RISPOSTA che cercavo e del termine ‘tenda’, usato nella Seconda Lettera, con l’espressione ‘tenda del corpo’, ne ho intravisto il ruolo di “l’impronta digitale”, di vera e propria ‘firma’ di San Pietro come autore.
Anzi, la chiamerò proprio “teologia della tenda”, per così dire.
San Pietro esplica il concetto della ‘tenda del corpo’ nella sua Seconda Lettera, dopo averlo già introdotto nell’episodio della Trasfigurazione.
Per “tenda” Pietro intende il “corpo”.
Con l’espressione “facciamo tre tende” (Episodio della Trasfigurazione), l’Apostolo è come se affermasse, parafrasando: “Signore qui è bellissimo. Non andate via, rimanete qui con noi, Tu , Mosè ed Elia”!
Vedendo Gesù, Mosè ed Elia in una forma percepita come spirituale, San Pietro li invita con questa immagine della tenda a rimanere in forma corporale.
Leggiamo il testo greco:
(2Pt 1,18): “δίκαιον δὲ ἡγοῦμαι, ἐφ’ ὅσον εἰμὶ ἐν τούτῳ τῷ σκηνώματι” – “Dikaion dè egoumai, ef òson eìmì èn toùto tò skenomati” – “Io credo giusto, finché sono in questa tendadel corpo” ; [“skenomati” = “tenda” intesa come “corpo” fisico.]
(Mc 9,5): “Ῥαββί, καλόν ἐστιν ἡμᾶς ὧδε εἶναι, καὶ ποιήσωμεν ⸂τρεῖς σκηνάς⸃, σοὶ μίαν καὶ Μωϋσεῖ μίαν καὶ Ἠλίᾳ μίαν.” – “Rabbì, kalon èstin emas òde eìnai, kai poiesomen ‘treis skenas’ (…)” – “Maestro è bello per noi stare qui; facciamo tre tende”.
[“skenas” = “tende”, al plurale.]
A me pare lampante che San Pietro non intendesse le “tende” da campeggio, bensì le “tende” dei corpi, e avesse chiesto a Gesù di rimanere insieme a Mosè ed Elia sul Tabor con i “loro” corpi”.
Da qui mi spiego perchè l’evangelista Marco prosegue commentando: “Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento”.
Pietro in quell’occasione comprende che la “tenda” del corpo riguarda solo la vita terrena, mentre il corpo che avremo nella vita eterna sarà un “corpo glorificato”, trasfigurato.
Per questo ho deciso di dare questo appellativo: “teologia della tenda”.
E in essa ho riscontrato la firma diretta di San Pietro in entrambi i testi.
Concludo.
Gent.ma Sua Eminenza Cardinal Ravasi,
la invito a rispondere a questa mia dissertazione, consapevole della Sua grande preparazione sull’argomento.
Le dispute a mio parere sono sempre state uno strumento importante nella Chiesa per comprendere la verità, un cammino a volte arduo, ma finalizzato a una sola mèta: la verità di Gesù Cristo.
[…Non è un caso. Oggi mi ha telefonato uno studente di lettere antiche di nome Duilio. Il numero gli è stato dato da certi amici che conosco dai tempi dei banchi di scuola, i quali conoscono che tipo di ricerche conduco. Aveva la voce da ragazzino e l’urgenza di completare alcuni capitoli di una tesi sul greco nelle Scritture: mi ha promesso in cambio delle mie consulenze una collaborazione sulle mie ricerche…
…Jonah mi ha mandato la sua mossa: pedone c cattura pedone in b7. Di peggio non poteva capitarmi: uno scacco di scoperta. Che poi significa essere fregati in questo caso perché mi mangerà la regina con la torre. ho perso nuovamente...]*
Investigatore Biblico
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A mio avviso è lecito dubitare che la seconda letteria sia effettivamenet stata scritta da Pietro, in quanto lo stile è diverso. Ciò non toglie che sia stata scritta in epoca apostolica da persona di cultura semita, in quanto il tema della tenda è abbastanza diffuso non solo in Pietro, ma anche in Giovanni (e pose la sua tenda tra noi GV 1,14) e Paolo (sappiamo che quando sarà distrutt la nostra tenda 2CR 5,1). Il concetto di corpo come tenda quindi appartiene a tutto l’ambiente giudaico dell’epoca e di conseguenza alla prima comunità apostolica. Usare questo per dire che la lettera è scritta da Pietro in quanto l’idea di tenda/corpo sarebbe una sua caratterisyca esclusiva, mi pare ecessivo. Possimao solo sostenere che la seconda lettera di Pietro proviene dall’ambito della primitiva chiesa di Gerusalemme, ma non possiam andare oltre. Ciò non toglie comunque nulla a tutto il valore di tale lettera che probabilmente Pietro o persone vicino a lui hanno supervisionato e/o approvato, ma non scritto di proprio pugno e neppure dettato.
L’Italia agli italiani? ma quando mai…l’Italia è di chi la vuole depredare, in primis gli islamici afroasiatici… (su ordine di Bergoglio, Conte,&C Ltd) : vedasi http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/storia-e-identita/eurabia-e-civilta-occidentale/9698-l-italia-agli-africani
Ad un passo dal baratro: vedasi http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/contro-informazione/le-grandi-menzogne-editoriali/9699-i-nodi-vengono-al-pettine
Ma com’erano belli gli anni in ci si potevano ascoltare canzoni come queste, altro che i cantanti satanisti odierni:
https://www.youtube.com/watch?v=k1EBhYEmt1M
Penso che Pietro davanti alla trasfigurazione rimasto shockato volesse semplicemente cercare di prolungare quella permanenza celestiale il più a lungo possibile.
In quanto al significato della trasfigurazione lo ritroverei in Mt 5,17-20 “non pensate che io sia venuto per abolire la legge (Mosè) o i profeti (Elia),io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento”.
Visto l’articolo vorrei far notare che ciò che ha detto il Card. Ravasi non è una sua idea o un fatto isolato.
Alle amosissime “Pontifica Università Gregoriana e Lateranense” ( ma a tutte le facoltà del mondo ) a tutti i seminaristi insegnano che “delle lettere di San Paolo presenti nel vangelo più della metà in realtà non sono veramente di San Paolo”, e la cosa più seria di questa questione è che se i docenti durante l’esame ti chiedono se le lettere di San Paolo sono sue oppure no, se gli rispondi che sono sue ti bocciano o ti mettono il voto basso, per passare l’esame devi dire che le lettere non sono di San Paolo.
Ma è un problema che va avanti tantissimi anni, addirittura da 60 anni, è una questione che va avanti addirittura prima del Concilio, quindi non è post concilio e quindi non riconducibile solo agli ultimi pontificati o Concilio.
Quindi anche gli stessi Viganò,Burke,Muller,Bux hanno Passato gli esami affermando che le lettere di Paolo in realtà non erano le sue. ( tanto per mettere le cose in chiaro, prima che si parta con le accuse alla cieca puntando il dito solo verso le antipatie politiche o fazioni avverse )
Erano mesi che non entravo nel Blog perché ormai non mi riconoscevo nella politica pro-lefevriana scismatica che stava abbracciando il blog e alla palese moderazione che ormai era troppo di parte e spesso incoerente. ( in stile dibattito elettorale di Cettolaqualunque nel film “qualunquemente” )
https://youtu.be/Ax-n0kyCJFQ
Tutto questo non significa che i biblisti abbiano ragione.
Chissene frega del voto basso.
Importante è non tradire la verità.
Anche io sono dell’idea che i biblisti non abbiano ragione e che se la Chiesa in un Concilio ci ha ordinato di credere che quelle lettere sono di San Paolo per “verità di fede” vincolata dogmaticamente con l’infallibilità papale lo devo credere e non contraddire, sotto pena di scomunica.
però ho tenuto a precisare che è da prima del Concilio che va avanti questo insegnamento nelle facolta’ Pontificie per non dare modo ai Lefevbriani di incominciare con il loro solito mantra e spot sentito e risentito fino alla nausea.
Direi dalla fine dell’ottocento
I testi biblici relativi a Giuseppe, lo sposo di Maria e padre legale di Gesù, sono piuttosto scarsi, a prima vista quasi lacunosi, e ciò spiega l’abbondanza di letteratura apocrifa sul personaggio, tra cui si segnala in particolare il Protovangelo di Giacomo. Nondimeno, scavando con attenzione nei dati neotestamentari, emerge una figura interessante, capace di interpellare anche il lettore odierno. L’evangelista Marco non parla mai di Giuseppe, ma si limita a riportare quanto dicono i nazareni, allorché affermano che Gesù è il figlio di Maria, e che fa il carpentiere. È invece da Matteo e da Luca che conosciamo il nome del padre legale di Gesù e sposo di Maria. Per quanto riguarda l’attività di Giuseppe, bisogna riferirsi a Matteo 13, 55, versetto in cui Gesù viene definito come “il figlio del carpentiere”. Il termine greco téktôn, che si traduce solitamente con “carpentiere”, corrisponde al latino faber e indica un artigiano che lavora il legno o la pietra. “Concretamente si può pensare al lavoro del carraio, o del fabbricante di aratri e di strumenti per l’agricoltura, nonché a uno che tratta genericamente il legno, il classico falegname, o ancora al carpentiere che provvede alle strutture in legno necessarie all’edilizia ; questa era in quei tempi assai fiorente nella regione della Galilea, a causa della costruzione di nuove città. Ciò significa che Gesù ha imparato il mestiere da Giuseppe e ne deve aver rilevato l’attività alla sua morte…” (G. Ravasi)
il Cristo Figlio di Dio? …ma vogliamo scherzare! Gesù era solo un buon carpentiere!
Saluti
https://m.famigliacristiana.it/articolo/storia-di-giuseppe-il-falegname.htm
Da leggerlo dall’inizio alla fine senza perderne una virgola, trasuda di fede a cominciare dal titolo…sembra scritto da Sant’Agostino o da San Tommaso d’Aquino.
Ma a Lei, quando andava a scuola, hanno insegnato a “stare in tema”? O se Le davano un tema su Foscolo, Lei parlava di Garibaldi? Se il tema del discorso è san Giuseppe e il suo mestiere, cosa c’entra che Gesù era Figlio di Dio? A parte il fatto che Ravasi specifica più volte che Giuseppe era il padre “legale” di Gesù (il che vuol dire che Ravasi dà per scontato che non fosse il padre biologico, come qualunque lettore minimamente acculturato dovrebbe sapere), se il tema riguarda le notizie che si hanno di Giuseppe nei vangeli canonici e apocrifi, non c’è alcun bisogno di parlare della figliolanza divina di Cristo, che non c’entra un tubo col tema trattato. Se invece di chiedere a Ravasi di parlare di san Giuseppe gli avessero chiesto di parlare dell’Annunciazione, dell’Incarnazione e quant’altro, avrebbe detto che Gesù è il Figlio di Dio. Non è che ogni volta che si parla di un tema specifico della Bibbia bisogna recitare e commentare tutto il Credo.
Tutto il nuovo testamento è stato scritto anteriormente alla distruzione del tempio di Gerusalemme, nell’estate del 70 dopo Cristo.
Pietro e Paolo sono stati martirizzati nell’ambito delle persecuzioni seguite all’incendio di Roma nel luglio del 64 e prima della morte di Nerone (giugno 68).
Gli Atti si concludono dando per terminata la detenzione di Paolo (anno 61) e senza nominare la morte di Giacomo a Gerusalemme (anno 61 o 62).
La lettera ai Colossesi è inviata durante la detenzione di Paolo a Roma ed è prima del terremoto catastrofico che distrusse la città nel 61, poiché non ne fa menzione. Nella lettera ai Colossesi è chiaro il riferimento al celeberrimo prologo del quarto vangelo.
L’Apocalisse non menziona la distruzione di Gerusalemme, ma si rivolge a Laodicea, anch’essa distrutta nel terremoto che riguardò Colossi.
La lettera ai Filippesi, scritta all’epoca della prigionia di Paolo agli arresti domiciliari a Roma, dice che Timoteo è con Paolo. Ai cristiani di Filippi Paolo parla di una prossima liberazione di Timoteo, mentre agli Ebrei dice che Timoteo è libero.
Anche la lettera agli Ebrei è dello stesso periodo e non menziona la morte di Giacomo, che sarebbe stata una “notiziona”. I finali della lettera agli Ebrei e ai Filippesi sono simili.
Nello stesso periodo ci sono la lettera a Filemone e a Tito. Quelle a Timoteo sono anteriori.
Anche nelle lettere di Pietro ricorre il tema dei falsi profeti, un problema che serpeggiò tra i cristiani tra il 55 e il 65 (negli scritti precedenti non se ne trova un’eco così esplicita). San Pietro mostra di essere al corrente degli scritti di Paolo.
Tutte le lettere cattoliche (di Pietro, Giovanni e Giuda), trattano più o meno lo stesso tema: i falsi maestri (gnostici, nicolaiti, ebioniti) propalano nuovi messianismi. Anche le lettere alle sette chiese dell’Apocalisse trattano l’argomento. E il tempio di Gerusalemme è più bello che mai, quasi al termine dei lavori (che finirono nel 64).
Pietro scrive di Paolo dicendo le stesse cose ai destinatari (2 Pt 3,15-16), mettendo in guardia dai medesimi rischi (le eresie e l’impazienza…). Pietro scrive agli ebrei della diaspora la prima lettera ed a quelli di Gerusalemme la seconda, sempre avendo in mente ebioniti, nicolaiti e sette varie che discreditano gli apostoli con l’argomento del mancato ritorno di Cristo. E Pietro è così umile da riferirsi a quello che ha già scritto Paolo (2 Pt 3,15) riconoscendolo superiore a lui per dottrina!
Pietro nella sua seconda lettera avverte che, già allora, c’era chi interpretava a casaccio le Scritture (esemplare il capitolo 3).
Chi dice che non è Pietro ad aver scritto la lettera di Pietro… Eh già: Paolo non ha scritto, Pietro non ha scritto… Resta solo chi ne scrive. W Martin Lutero.
Già la prima delle sue affermazioni è sbagliata. Quindi il resto è inutile leggerlo.
Con chi ha pregiudizi è inutile ragionare, men che meno è possibile convincerlo…
Egregio Miserere, per me non si tratta di pregiudizi.
Non sono uno storico, quindi non sono in grado di fare ricerche personali ma in passato (parlo di vent’anni fa) ho avuto occasione di avere tra le mani studi autorevoli dai quali risulterebbe che Giuda, le tre Lettere di Giovanni, il Vangelo di Giovanni, Atti, 2 Pietro e Apocalisse sono posteriori alla distruzione di Gerusalemme. Se poi non è vero, come lei sostiene, a me non cambia la vita.
Perchè la prima affermazione sarebbe sbagliata? L’unico che libro che forse è stato scritto in tutto o in parte dopo il 70 è l’Apocalisse. Gli altri sono tutti precedenti.
OT
Segnalo questo pessimo segno dei tempi che ci aspettano:
https://www.lanuovabq.it/it/lomelia-la-decide-la-durso-prete-alla-gogna-se-parla-di-gay-e-aborto
Ma c’è ancora qualcuno che guarda la D’Urso?
Lì vige la legge dello “sfuocamento” perpetuo.
Lei si fa sfuocare al limite del riconoscibile, per mascherare rughe e magagne.
Il set è circondato da squadre di pompieri pronti a sfuocare le risse infernali, montate ad arte per soddisfare istinti repressi di eros e violenza.
La morale è volutamente sfuocata per non rischiare il rogo dell’audience.
Io proporrei invece di dar fuoco a tutto, sperando nella distrazione dei pompieri.
Pietro potrebbe anche non aver scritto materialmente la lettera, ma averla dettata, per così dire, anche solo nei concetti e poi verificata. È quindi da attribuire a Pietro e alla sua predicazione, come fin dall’antichità è stato stabilito.
Si sa benissimo che oggi i biblisti fanno a gara a chi propone, con una certa argomentazione, che quello scritto è in realtà stato scritto da un altro.
Ad esempio: Giovanni non sarebbe l’autore dell’apocalisse.
Ma lasciamo queste esternazioni a questi cosiddetti professionisti della scrittura, sono beghe che al popolo cristiano non interessano nulla.
Segnalo che anche Benedetto XVI nel primo libro Gesù di Nazareth indicò il metodo storico critico come un ausilio, il cui proficuo valore arrivava però fino ad un certo punto. Sapendo di dire cose molto invise ai biblisti, pubblicò il libro come cardinale Ratzinger, cioè con lo scopo di dire finalmente il suo pensiero senza essere criticato e tirato in ballo come Papa.
Ma la grande ostilità dei teologi e progressisti non si è certo fermata, e anzi è progredita a tal punto da costringere Benedetto XVI ad andarsene, tanto non gli obbedivano.
Ma non era stato mandato via da Obama insieme alla mafia di San Gallo e McCarrick?
I lupi che gli stavano addosso erano certo un grande numero.
Per tutti i lettori di Stilum Curiae ecco l’elenco delle messe Vetus Ordo in Latino in Italia.
http://blog.messainlatino.it/p/elenco-messe-antiche-in-italia.html
La questione non è Vetus o Novus Ordu, ma con chi si è in comunione quando si celebra. Ossia si è in comunione con il Papa regnante BENEDETTO XVI o con l’anti papa Bergoglio? E’ questo che fa valida la celebrazione si è con Cristo e il Suo Vicario o con il vicario di satana? Sia Lodato Gesù Cristo.
A propos des tentes du récit de la Transfiguration de Jésus.
Cet événement a été parfois mise en rapport avec la Fête juive des Tabernacles (des Tentes) [Lv, XXIII,33-36], elle même dérivée par certains d’une fête primitive des vendanges ou de récolte de fruits, mais tout cela est controversé. Toutefois, les mots de Pierre sont présentés dans les Evangiles comme inappropriés, ce qui pose un problème à ce rapprochement.
Sur les connotations bibliques de la Transfiguration, on peut lire avec profit une courte étude récente de caractère synthétique, en français : https://www.persee.fr/doc/thlou_0080-2654_1993_num_24_2_2621
Merci pour cette belle lecture du motif de la tente = demeure (passagère) de Dieu parmi les hommes.
….e il Padre Nostro chi l’avrà scritto?
Gesù parlava in aramaico… e a quei tempi, purtroppo non c’erano i registratori.
Con il nuovo messale ci sarà da ridere (o da piangere, secondo la categoria).
SANTA DOMENICA A TUTTI
Gesù non parlava Aramaico.
Gesù parlava “un dialetto Aramaico”, che è ben diverso.
È come dire che un Lombardo e un Sardo parlano la stessa lingua.
Per fare un esempio userò la parola “babbo”, al centro/nord babbo significa padre, al sud babbo è un offesa tipo scemo.
Gesù parlava un dialetto Aramaico, quindi bisogna prima sapere quale tipo di dialetto si parlava nella sua regione.
Alessandro DS, lei conosce il dialetto aramaico che parlava Gesù? Se sì, ci illumini, se no, taccia per sempre.😜
Si, in Galilea ai tempi di Gesù si parlava il dialetto che gli studiosi chiamano “Aramaico Occidentale”. Credo che “l’investigatore biblico può confermare”, anche se dai suoi commenti ho capito che è palesemente Lefevbriano.
Molte parole di Aramaico in dialetto Occidentale sono diverse, cioè si scrivono allo stesso modo, si pronunciano allo stesso modo, ma hanno significati totalmente diversi, per questo ho fatto l’esempuo con la parola “babbo” in italuano del nord e del sud.
Nippo ancora non ti sei convertito e pentito? Spero che prima o poi ti ravvedi e che torni in comunione con la chiesa cattolica, spero tu non voglia lasciare questo mondo da scomunicato 😁
Non mi ha risposto: le ho chiesto se conosce il dialetto aramaico che parlava Gesù, non le informazioni che lei ha dato.
E lasci perdere i lefebvriani. Pensi piuttosto alla sua, di anima, ingabbiata e ossessionata com’è dalle “regole”. 😈
Le ho già detto che il sialetto aramaico di Gesù si chiama “aramaico orientale” cosa non capisce?
Vuole sapere se io personalmente parlo aramaico? Ovviamente no, solo piche persone al mondo parlano aramaico, e questo lo sanno anche i bambini, però grazie alle loro i informazioni piano piano si stanno delineando aspetti intetessanti.
Cosa c’è che non capisce di ciò? Eppure a me sembra lingua italiana scritta correttamente…mah…
Il vero problema è che quando si cerca in tutti i modi di dare addosso a una persona per cercare di sminuirla, senza avere il modo di poterlo fare, spesso si cade a dire cose senza senso al limite del grottesco.
Carissimo Alessandro, non è che io voglia polemizzare con te, però ti faccio presente che un lombardo, un sardo o anche un siciliano (vedi Don Minutella) d’italiano qualcosa ne capiscono.
e Gesù … nisba!
Ringrazio investigatore biblico per aver lanciato questi temi. Mi correggo con Enrico Nippo pure io penso che gli studi umani siano fallaci. Ma son comunque interessanti. Almeno se uno ha la fede. Se uno ha la fede la sente nel cuore.
Forse la soluzione si trova nella tradizione popolare da una certa interpretazione Siracide 48, 11, dove è nata l’dea che chiunque vedesse il Profeta Elia, salito vivente al cielo (2 Re 2, 11), non morirebbe fisicamente, il che spiegarebbe il sarcasmo degli Giudei sotto la Croce quando Gesù recita il Salmo 21/22, 1: “Eloí, Eloí…..,(Mc 15, 34), insinuando che sta chiamando Elia perché lo salvasse dalla morte fisica (vv. 35-36). Si capisce quindi che, in vista di una protratta attesa della venuta in questo mondo del regno messianico, Pietro prevede che bisogna preparare tre tende dove vivere, in quanto egli non credeva ancora nella risurrezione (Mc. 8, 31-33) del Figlio dell’Uomo davidico (Dan. 7, 13-14), come del resto gli Ebrei in genere (Giov. 12,34). Queste tre tende sarebbero quindi indispensabili per la traversata di questo deserto “spirituale”, nelle quali Pietro, il capo degli Apostoli dormirebbe certamente con Gesù, il legalista Giacomo con Mosè e Giovanni senz’altro con Elia. Secondo me, questo spiegarebbe perché Pietro parlava di TENDE di viaggio/pellegrinaggio verso la Terra Promessa, e non di CASE di residenza fissa nel deserto di questa vita mortale (Ebr. 13, 14), a concept dear to Paul (1 Cor. 15, 53).
Sia la Bibbia di Gerusalemme che la Tob pongono dubbi sull’autore di 2Pietro, sarebbe bene avere un po’ di rispetto per tutti quegli illustri studiosi, a meno che non si voglia credere che siano tutti dei complottisti che chissà perché vorrebbero arbitrariamente togliere a Pietro la paternità di una lettera. I dubbi c’erano già nell’antichità. E comunque è una questione di lana caprina, perché da chiunque sia stata scritta fa parte del Canone ed è Parola di Dio, il fatto di essere scritta da Pietro non le conferirebbe maggiore autorità che se fosse opera di qualcun altro.
E invece secondo me si sbaglia. È proprio il fatto di essere stata scritta da San Pietro apostolo e primo Papa che gli conferisce quella grande autorevolezza che diversamente non gli sarebbe riconosciuta. Ricordiamoci sempre una cosa, lo dico sommessamente, quando siamo nel dubbio, nostro o indotto da altri, l’unico modo per ritrovare certezza e serenità è quella di affidarci alla tradizione, non fosse altro perché affonda la conoscenza alla radice temporale di quegli eventi tramandati che sono oggetto di dubbio. È un po’ come quando lo schiavo deportato sulla Amistad approdata in nord America e oggetto di rivendicazione dei negrieri spagnoli, fa dire al suo patrocinante davanti alla Corte Suprema che nei momenti decisivi era usanza della sua gente richiamare i loro avi e la loro tradizione invocandone l’aiuto. Per cui era proprio questo che li identificava in quel momento in ciò che erano stati. E questo vale in ogni campo anche in materia di dottrina e di Fede. La sostanza non cambia: San Pietro fu riconosciuto l’autore di quell’epistola dai primi cristiani molto vicini al suo tempo e così è sempre stato in seguito fino ad oggi per cui noi oggi siamo ciò che i nostri Padri furono agli albori del cattolicesimo, cioè noi siamo ciò che eravamo. Nessun dubbio. Quanto al Ravasi, ebbro della sua saccenza e del suo sapere, comunque effimero, è sempre quel Ravasi che neanche venti giorni fa ha avuto l’ardire di mettere in dubbio che Gesù Cristo sapesse scrivere in una intervista pubblicata sul corriere della Sera. Pensate lo stesso Gesù che nella sinagoga apri il Rotolo nel punto in cui il Profeta annunziava la sua missione e dopo averlo letto dichiarò che in quel giorno si era adempiuto quella profezia. Evidentemente per il Ravasi sapeva leggere ma non sapeva scrivere, come se le due cose non andassero di pari passo.
pietro era un pescatore analfabeta,come poteva scriverla in latino?
In greco😩
A parte il fatto che è tutto da verificare se Pietro era analfabeta, ma cos ac’entra il latino? Semmai il greco.
Pietro forse era analfabeta ma il Vangelo che è Parola di Dio ci dice che dopo la discesa dello Spirito Santo su di lui e tutti i suoi confratelli apostoli e la Santa Vergine ebbero tutti molti carismi fra cui la conoscenza di molte lingue. Io non so se fosse analfabeta ma so che operò molti miracoli davanti ai quali il vero o presunto suo analfabetismo si annulla. E le sue epistole, a prescindere che le abbia materialmente scritte di suo pugno o semplicemente dettate a uno scriba lo dimostra.
Da dove si evince con certezza che Pietro era analfabeta?
Chi dice che è stata scritta in latino?
Tutti gli scritti ci sono giunti in greco e ebraico/ aramaico, poi tradotti dal grande Girolamo.
Affidiamoci sempre alla Santa Tradizione, altrimenti cadiamo in una sorta di relativismo e conflittualità devastanti.
Se con “tutti gli scritti” si riferisce aquelli del Nuovo Testamento, devo precisare che nessuno di essi ci è giunto in ebraico/aramaico, ma solo in greco. Taluni sostengono vi fosse un originario Vangelo di Matteo in aramaico, ma francamente mi sembra molto dubbio.
“Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro cinque lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi” (At 2, 1-4).
Purtroppo sembra prevalere il pensiero che con il metodo storico critico si sappia di più oggi che non ciò che è stato trasmesso dalla sacra Tradizione.
Così prospera allegramente il relativismo e l’errore.
Bravo lucky. La fede, a mio avviso, non si basa sull’,esegesi, sui miracoli. La fede puo’ diventare pure assurda, in casi estremi. La fede e’ un dono. Se uno ce l’ha difficilmente gliela strappano. Credo anche se e’ assurdo. Viceversa i miracoli possono confermare la fede. Ma la fede e’ il centro. L’abbia scritta Pietro o un’altro, la veneriamo come parola di Dio.
La crisi attuale della Chiesa Cattolica è dovuta anche al fatto che i teologi da gran tempo sono divisi anche sulle questioni più basilari.
Cfr. https://gloria.tv/post/3xmvJrhNyAXEDat3hQWat6JN6
Ma questa interpretazione della tenda è approvata dalla Chiesa o è una libera interpretazione individuale?
Per me quanto affermato dal Card.Ravasi non è affatto una novità. Forse è un po’ nuovo il modo di affermarlo, ma che la paternità della 2Pietro sia stata oggetto di controversie l’ho sempre saputo. E non è affatto una trovata di Lutero (XVI sec. d.C.) se già Eusebio di Cesarea (III-IV sec. d.C.) nella Historia Ecclesiae o Ecclesiastica scrisse:–Di Pietro una sola lettera, la prima è riconosciuta autentica…. La cosiddetta seconda,invece, abbiamo appreso che non è testamentaria.–
Sembra più valida l’ipotesi che l’autore della lettera sia un discepolo di Pietro, che si è avvalso del nome del suo maestro per dare più autorevolezza al suo scritto. Scritto che, indipendentemente dalla conoscenza di chi sia il vero autore, rimane uno scritto canonico di notevole importanza.
Concordo con S.E.
L’importanza di questa lettera, come per le deutoropaoline, Ebrei ed Apocalisse …, è dovuta al fatto che la Chiesa l’ha ritenuta ispirata e quindi l’ha inserita nel canone come Parola di Dio. Per cui, il resto è tutto chiacchere
Ma questo i fanatici non lo vogliono capire, il fanatismo è direttamente proporzionale all’ignoranza.
Mi accodo, “a rimorchio”, all’intuizione di Investigatore Biblico ed illustrata in maniera eccellente.
C’è però un’affermazione che mi lascia perplesso:
“Le dispute a mio parere sono sempre state uno strumento importante nella Chiesa per comprendere la verità, un cammino a volte arduo, ma finalizzato a una sola mèta: la verità di Gesù Cristo”.
L’affermazione secondo cui le dispute sono utili alla conoscenza della verità di Gesù Cristo non mi sembra plausibile. Le dispute (e anche di questi tempi mi sembra ce ne siano a non finire) si alimentano di pensieri contrastanti, ed è ben difficile, per non dire impossibile, che la verità venga raggiunta grazie al confronto, anzi allo scontro fra pensieri eterogenei, il quale, sia detto per inciso, è ciò che alimenta il metodo democratico, drammaticamente orfano della verità.
In altri termini, le dispute sono dovute alla natura umana e quindi restano circoscritte nel cerchio dei limiti umani, dal quale meno che mai si potrebbe evadere per raggiungere la verità di Gesù Cristo.
Molto interessante il richiamo alla ” tenda del corpo ” .
Ma così il Card.Ravasi rischia di immalinconirsi seriamente ripensando al Met Gala 18 e alla tenda della papessa Rihanna .
Veramente l’attribuzione di uno scritto ad un autore materiale piuttosto che ad un discepolo non c’entra nulla con libero esame o teologia protestante.
Pregasi l’investigatore di studiare meglio.
Ogni investigazione non può essere solo deduttiva: non scoprirebbe niente. Si deve affidare anche agli indizi, contenuti in questo caso nella lettera stessa, nonché ad ipotesi e congetture, per mettere in luce aspetti della realtà, correggere teorie e migliorare il sapere. È il metodo “abduttivo”.
Lei è un funzionario della Agenzie delle Entrate ? O un ufficiale della Guardia di Finanza ?
Magari… aspirante cantautore e/o insegnante stonato e disoccupato, inquieto e cerchiobottista. Leggo ed apprezzo i Suoi commenti, sinceri e sempre edificanti. Sedotto dall’antimiitarismo militante, non ho seguito una vocazione burocratico-esecutiva che Lei (perdoni le maiuscole) ha intravisto! Onoratissimo
Insomma, investigatore biblico si rivela più maestro di Fede di chi si paluda col rosso dei Martiri, per ammantarsi di cooltura, e sparare eresie.
D’altra parte qualcuno più famoso di noi ricordava che le posizioni eretiche e quelle erotiche si assomigliano: poche e ripetitive.
Più seriamente: il confronto tra l’ex “prefetto” ambrosiano e l’investigatore pipato mi ha illuminato sul famoso passo evangelico Mc. 1-22 incrociato con Mt 13, 52. Senza dimenticare Mt 11, 25.
Chiedersi da chi sia stato scritto un libro biblico non è eresia, sarebbe bene imparare ad usare le parole. I libri della Bibbia anche se ispirati da Dio sono stati scritti da uomini e possono e devono essere oggetto di studi storici, filologici, letterari come tutti gli altri libri antichi: la si pensa così già dai tempi di Leone XIII.
Nel momento in cui si avalla una tesi propugnata da Lutero (tacendo gli eventuali Padri del primo millennio che avrebbero detto la stessa cosa), si propagandano teorie di un eretico. Questo almeno dai tempi di Gregorio XIII (1572-1585).
Come giustamente scrive l’investigatore biblico, io ci starei attento a mettere in difficoltà i semplici fedeli, e a difendere chi li mette in difficoltà. Questo almeno da Trento, ma la Chiesa aveva parlato molto prima (di nuovo, mi rifaccio all’articolo pipato).
bravissimo!