L’Eucarestia; la Grazia dell’Antico, il Diritto di non Prendere l’Ostia in Mano.
25 Novembre 2020
Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali, Benedetta De Vito ci fa dono di una sua meditazione, un po’ sognante, ma molto attuale, sulle singolari difficoltà che si possono vivere se non si vuole prendere nelle proprie mani l’eucarestia. Buona lettura.
§§§
Quando l’armonia regnava ancora nel nostro piccolo mondo romano, ogni mattina, all’Istituto Mater Dei, solenne sulla Salita di San Sebastianello, noialtre in divisa bianca e blu, prima di salire in classe, recitavamo, nella raccolta cappella del Buon Pastore, il Santo Rosario. Le piccole, a destra, squillavano l’”Ave”, rispondevano, da sinistra, le grandi nel “Santa Maria”. E tutte con il basco, lui pure blu, a far da rotondo in capo, mentre il pirulicchio sul colmo sembrava allungarsi verso il cielo.
Il venerdì, c’era la Santa Messa, che si traduceva in inglese al primo venerdì del mese. Per ricevere l’Eucarestia, seguivamo l’ordine dell’età: prima le grandi, che circumnavigavano la chiesina per mettersi in coda davanti all’altare, poi le piccole, uscendo una per una dal banco, nel ritmo di una da destra e una da sinistra. Tutte in fila, raccolte, in preghiera, e nessuna di noi avrebbe mai osato allungare le mani a coppa per ricevere l’Ostia nel palmo! Occhi negli occhi con il Sacerdote, immersi nel Mistero della Fede, l’Ostia diventava seme d’amore, nutrimento celeste, Pane di Vita. Né mai io avrei immaginato di vedere, come succede oggi, il sacerdote passeggiare per la Chiesa, nel cri cri chiacchierino delle sue scarpe da ginnastica, distribuendo la Santa Comunione…
Ricordo, ma è nebbiosa la memoria, che, anni dopo, durante la messa in parrocchia, a Santa Marcella, cominciai a veder molti che, giunti nella fila davanti al sacerdote, allungavano il panierino delle loro mani per far da culla al Corpo di Cristo, un “amen” frettoloso, e poi tenuta a pizzico la particola la infilavano in bocca. Rimanevo basita perché a me, bambina, avevano insegnato che il Corpo Santissimo di Nostro Signore, Via, Verità e Vita, non poteva essere toccato da mani non consacrate e, lo sapevo, tutte quelle mani che lo toccavano, in somma superficialità e inconsapevolezza, avevano trafficato con maniglie, banchi, foglietti, fazzoletti da naso, monete, portamonete per non dir altro.
Rimasi, per così dire, a guardare, stupita, finché un giorno – e ne sono pentita e quanto – cominciai anche io ad allungare le mani a coppa, sotto il naso del sacerdote e quello, senza guardarmi neppure, perduto lo sguardo mutuo e parlante che univa al Signore, depositava la particola divenuto pop corn e io me la ficcavo in bocca. Non sapevo, allora, che cosa stavo facendo, perduta nella corrente postconciliare, intontita dagli schitarramenti, inondata di parole che non erano più il sì si e il no no di Nostro Signore! Sì, siamo ciechi, condotti da altri ciechi!
A quarant’anni, o poco più, ebbi il risveglio, la conversione. Nella grazia del fuoco d’amore che in me bruciava e brucia, facendo del mio cuore una rosa sbocciata, ripresi le antiche abitudini dell’istituto Mater Dei. Chiusi gli occhi, nella santa corrente. Rivedevo Sister Francis, nella persona viva, dolce come era. Guidava, dopo il missa est, la cerimonia solenne della “genuflessione”. Piccola da metterla in tasca, con due occhi di pepe e nocciola e tanto sale in zucca quanto non ne hanno, messi insieme, certi Azzeccagarbugli di oggi e anche di ieri, Sister Francis ci comandava al battere delle nocche sue sul banco sotto l’altare. Toc, e noi tutte giù, il ginocchio nudo (ché allora nessuna di noi portava i collant) a batter contro il marmo, e giù tutta una fila di code e trecce e mezze code e chignon con sul cucuzzolo il basco blu che, all’interno, custodiva la sua bella fodera amaranto. Toc, e tutte in piedi e via, a razzo, a salire le scale di conchiglia che portavano alle aule, in piroetta, sotto il cielo, non prima di aver salutato con un inchinetto l’Immacolatella che splendeva, incoronata di piccoli lumi com’era, di luce all’ingresso…
Ed ora, sul mantello di San Francesco di Paola, che portò lui dalla Sicilia alla Calabria, lasciamo quei tempi lontani ed eccoci all’oggi macchiato dal Covid 19, dove la Santa Comunione distribuita sul palmo delle mani è diventata il pane quotidiano. E io, come tutti, mi sono ritrovata nel vicolo cieco. E come fare e come uscirne? Cominciò così la mia avventura nello slalom dei sì e dei no di tanti sacerdoti che ricordo negli sguardi corrucciati di fronte alla mia “riprovevole” richiesta di ricevere il Signore sulla lingua. Alcuni, come un giovanissimo parroco sardo, mi risposero un bel no sonante e mi girarono la schiena senza altro aggiungere, costringendomi alla resa e alla ritirata. Altri, come un sacerdote che ora è diventato Parroco in una Chiesa del centro di Roma, sminuivano le mie remore, spiegandomi che, in fin dei conti, potevo anche non prendere la Comunione, se per me era tanto complicato accettare le nuove regole. Fu proprio lui, però, a darmi per primo, quando era proibitissimo come rubare ai grandi magazzini, la Santa Comunione sulla lingua e lo ringrazio…
Nella stupenda Chiesa romana, dove per tutta l’estate scorsa andai a messa al mattino presto, ebbi il dono di grazia di ricevere l’ostia sulla lingua. Il cuore palpita nel ringraziamento perché anche, oggi, nella Chiesa che mi vede presente ogni giorno al mattino giovinetto, mi è concessa la grazia dell’antico.
E qualcosa di tutto questo deve essere arrivato anche Oltretevere se è vero come è vero – e me lo ha spiegato un mio amico fiorentino (che qui ringrazio per consigli sacrosanti e correzione di testi) il Cardinale Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Arcivescovo emerito di Conakry in Guinea, ha invitato i sacerdoti ad accontentare chi, come me, non riesce proprio a trattare il Santissimo Corpo di Nostro Signore come qualcosa da passar di mano in mano e che desidera, prima di prendere la particola sulla lingua, adorare in ginocchio Nostro Signore.
Ed ecco il testo con cui l’Alto Prelato, senza sbilanciarsi troppo, in un equilibrio modernista che fa un po’ venire l’orticaria (ma pazienza…) sdogana i “reprobi” come la sottoscritta. “Si riconosce ai fedeli il diritto di ricevere il Corpo di Cristo e di adorare il Signore presente nell’Eucarestia nei modi previsti, senza limitazioni, che vadano addirittura al di là di quanto previsto dalle norme igieniche emanate dalle autorità pubbliche o dai Vescovi”. Commento del mio amico fiorentino. “Come vedi non ha voluto per diplomazia scrivere apertamente che il fedele ha il diritto sacrosanto di ricevere la Comunione sulla lingua, però il senso è quello tanto è vero che raccomanda l’adorazione che certamente non si può fare ricevendo l’Eucarestia sulle mani”.
E così eccoci alla fine, mentre il mattino piano piano si veste di luce e, nella grazia turchina e d’oro che tutto avvolge, sentiamo il respiro di Dio e la mano sua che ci accompagna…
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Tag: benedetta de vito, eucarestia, ostia
Categoria: Generale
Grazie per aver condiviso con noi stilumcuriali ricordi e riflessioni. Un piccolo appunto: la traversata dello Stretto di Messina sul mantello San Francesco di Paola la fece dalla Calabria alla Sicilia, non viceversa 🙂
Bella la testimonianza di Benedetta De Vito, come la precedente della stessa autrice.
Della prima, ricordo, mi ha colpito il riferimento alla bellezza delle chiese. Siamo esseri umani, e finché viviamo sulla terra e abbiamo il dono dei cinque sensi, amiamo Dio e viviamo anche la fede anche con gli occhi le orecchie e sentendo profumi toccando e gustando. A me piacciono, e non solo mi piacciono, mi danno conforto e raccoglimento e mi fanno sentire a mio agio, le chiese antiche o comunque che hanno uno stile antico. Mi piacciono i canti belli e le tradizioni, le solennità e i simboli, i gesti belli, garbo, fierezza e dignità anche nelle celebrazioni. Vivo sulla terra, adoro un Dio che è stato nella pancia di una mamma, che ha vagito e pianto e sorriso come i bambini fanno, cui nel Getsemani il cuore d’uomo si è spaccato per il male del mondo, che sulla croce dopo le torture ha veramente agonizzato e veramente è morto. Che ha lasciato sul suo Sudario tracce umane benché sovrumane della sua morte e della sua resurrezione (custodiamo la Sindone! Preghiamo per essa! Tremo al pensiero che non sia ben custodita). Che è in Cielo essendo Dio ma anche col suo corpo d’uomo come pure sua Madre è in Cielo col proprio corpo. Quindi per me vanno bene i segni concreti e la bellezza dei luoghi e dei gesti parla di Dio e aiuta l’anima ad essere migliore. L’arte in ogni tempo spiegava la Bibbia, la dottrina e l’esempio dei santi ai fedeli. Le chiese erano la casa l’asilo e l’orgoglio di tutti. E la bella liturgia era il conforto destinato a tutti, ricchissimi e poverissimi.
Durante il lockdown/reclusione… mi ricordo sprazzi, immagini, momenti. Alcune cose devo averle accantonate nella mente che non è poco ferita da quello che è accaduto e che accade. Ricordo lo sconcerto per le chiese sprangate dai capi religiosi (almeno in alcune diocesi) se non sbaglio anticipando gli ordini del governo, ho proprio nella memoria l’immagine di me davanti al portone chiuso. Poi ricordo che le riaprirono per la preghiera. Non si poteva andare in chiese non vicine a casa. Io nelle chiese vicine a casa non ci vado mai, ho eletto due chiese meno vicine a mie ‘parrocchie per scelta’, per i motivi di cui parlavo sopra. Delle chiese vicine alla mia abitazione, una era chiusa quasi sempre (e chiusa come anche prima quasi sempre), l’altra, quella in cui per un paio d’anni cantai gioiosamente col coro (poi, credo per la tradizionalità dei nostri canti, questa esperienza in quella chiesa fu fatta cessare), era aperta più spesso, mi spingeva al di là dei risicati metri per cui era permesso allontanarsi da casa ed entravo sentendomi fuori legge pur capendo benissimo già da allora che troppe cose di queste regole e azioni e parole governative erano fuori posto e anti libertà. Le chiese erano entrambe desolatamente vuote. Una piccola, l’altra grandissima, non c’era mai un sacerdote, un sacrestano. Non voglio mai giudicare, più per senso di giustizia (tante cose non le so) che per partito preso (le opinioni fanno parte della libertà e del raziocinio): non lo so dove fossero, magari a fare del bene, ma avrei voluto qualcuno che facesse del bene a me e che, dalle distanze di regola, scambiasse con me un punto di vista da sacerdote su quello che stava accadendo e mi regalasse qualche parola umana e anche religiosa. Per di più le chiese erano incustodite, come lo sono di solito tantissime chiese con le conseguenze rovinose che sappiamo (ma a qualche disoccupato non si potrebbe dare il lavoro di custode? Possibile che i soldi si trovino solo per altro ? Vabbene, io non so). Vuote, tristi, rimbombava il silenzio.
In seguito sono tornata nelle mie chiese preferite ed entrata in altre, ma non sono tornata alla naturalezza che avevo ritrovato negli ultimi tempi prima del lockdown, quell’entrare frequentemente sentendosi a proprio agio come nelle case di certe amiche quando ero bambina. Troppe cose cambiate. E qui giudico me stessa, ma privatamente. Sulle due parrocchie ‘per scelta’, posso solo dire che finalmente l’altro giorno in una ho trovato nell’acquasantiera un flacone dispensatore di acqua benedetta. Come non ci abbiano pensato (non lo avevo mai visto in nessuna chiesa) in nove mesi, nove mesi senza dare acqua santa (nemmeno ho trovato le palme benedette nelle chiese vicine, a Pasqua) ai fedeli contro il male dell’anima ferita e contro il Male quello malvagio là, non lo so.
Della sera in cui il capo del governo fece il suo primo discorso su reclusione e, da manuale del deep state e altre malvagità, sulla ‘nuova normalità’ e sul ‘cambiare le abitudini’ di essere liberi e possessori di diritti fondamentali, ricordo tutti i posti in cui sono stata prima di tornare a casa, l’ultimo posto è stata la chiesa, c’era la novena a San Giuseppe. Ricordo il Santissimo spostato dalla cappella dell’Adorazione sull’altare della messa e l’atmosfera angosciata e stupefatta da catacomba.
Del lockdown religioso ricordo la persecuzione contro le messe, alcuni bei gesti di sacerdoti, e più di tutto quella piazza San Pietro stralunata, e il Crocifisso antico e sacro della chiesa di San Marcello, che protesse Roma dalla peste, lasciato a gonfiarsi sotto l’acquazzone senza protezione e l’antica vernice a sciogliersi come sangue. Io l’ho presa, quell’incuria su un bene artistico e religioso cui non è stato dato l’onore e il dovere di un semplice riparo dalla pioggia, come un’offesa a Lui e un’offesa alla mia Italia, al suo genio storia e arte. E non ho capito se in attesa di restauro il crocifisso, che dovrebbe proteggere Roma, è rimasto ancora in Vaticano come è stato per mesi anziché tornare nella chiesa romana di San Marcello.
E l’icona “Salus populi romani” ? Ho visto che è stata consegnata ai giovani nei giorni scorsi, ma era l’originale ? E la consegna solo simbolica, spero. La “Salus populi romani” deve proteggere Roma. La Madre di Dio protegge tutti senza bisogno di far girare con tanta disinvoltura le antiche opere d’arte italiane. Questo è il mio pensiero.
Mi sto dilungando troppo, mi scuso. Sulla comunione pure vorrei dire il mio pensiero, ma il mio discorso sarebbe lungo.
Per tutti i lettori ecco l’elenco delle messe Vetus Ordo in Latino in Italia.
http://blog.messainlatino.it/p/elenco-messe-antiche-in-italia.html
Se pensiamo che oggi le mani del Sacerdote devono essere IGIENIZZATE PRIMA CIOÈ RICEVERE UNA SOSTANZA CHIMICA CHE SICURAMENTE AGGREDISCE CHIMICAMENTE LA SACRA PARTICOLA CHE IL SACERDOTE AVRÀ POI IN MANO….
Il Sacerdote che si igienizza le mani prima di somministrare le Ostie consacrate, o non crede alla Transustanziazione (e questo vale anche per i “fedeli” che le ricevono) o lo fa per rispetto umano, che almeno durante la Celebrazione Eucaristica dovrebbe essere messo da parte.
Il Corpo di Cristo non può trasmettere il contagio.
Per i primi 4 secoli (qualcuno dice fino all’ottavo) la Comunione veniva distribuita sicuramente sulla mano, presumo sull’esempio degli apostoli, i quali presumo facessero quello che Gesù aveva fatto con loro nell’Ultima Cena e ubbidendo a quanto lo stesso Gesù aveva detto loro: “Fate questo in memoria di me.”
In seguito, per evitare abusi (c’era qualcuno che portava a casa il pane eucaristico), fu imposta la Comunione sulla lingua.
Da ricordare anche che Gesù diede il pane consacrato anche a Giuda e che l’unico pane in bocca dato da Gesù fu il boccone intinto nel sugo di agnello dato allo stesso Giuda per indicare a Giovanni il traditore.
Se pensiamo poi che al giorno d’oggi più che con la spada si offende e si uccide con la lingua, non so quale sia la modalità più appropriata per ricevere l’Eucarestia.
Alcune chiese e santuari delle mie zone rifiutavano categoricamente di distribuire l’ostia consacrata nelle mani spiegando che non raramente veniva sottratta ed utilizzata per pratiche sacrileghe da satanisti. Mi chiedo se questa preoccupazione sia stata archiviata per effetto covid.
Rispetto tutte le ragioni di Benedetta De Vito e dei numerosi lettori che condividono le sue affermazioni.
Ma ringrazio Don Pietro Paolo (ore 14,21) e Stilumcuriale emerito (ore 14,50) per quello che scrivono e che sottoscrivo a due mani.
La particola in bocca non è mai stata negata a nessuno. Soltanto in questo periodo si dispone la particola sulla mano per evidenti (ancorchè opinabili) motivi igienici.
Chi si comunica ricevendo la particola sulle mani e lo fa con la compostezza e la dignità che il sacramento comporta non compie nulla di sconveniente, di inopportuno e tanto meno di sacrilego.
Nel Vetus Ordo non c’è solo la comunione in bocca: la si prende in ginocchio, con un piattino sotto la bocca per raccogliere eventuali frammenti che dovessero cadere, e prima si recita per tre volte “Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum”, e lo recita tre volte anche il celebrante prima di comunicarsi. Inoltre il celebrante, che ha toccato le particole con le dita, se le fa sciacquare con vino e acqua che poi beve. Inutili barocchismi? Ma solo così si trasmette il concetto che si sta facendo qualcosa di molto importante che merita il massimo rispetto.
E’ proprio così!
Perfetto!
Perché non ricominciare da zero ? Come è avvenuta l’istituzione dell’Eucaristia?
Dei quattro autori dei Vangeli canonici, soltanto Luca ha scritto una breve prefazione al suo libro dicendo:
[1] Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi,
[2] come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola,
[3] così ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo,
[4] perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
(Luca 1,1-4)
Bene. Il suo racconto dell’istituzione dell’Eucaristia non potrebbe essere più stringato.
Egli infatti dice:
[19] Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”.
[20] Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi”.
(Luca 22,19-20)
Luca non dice altro, ma nemmeno Matteo e Marco dicono molto di più. E Giovanni nemmeno ne accenna.
Leggendo il racconto di Luca viene da pensare che Gesù abbia spezzato un pane in due metà (non in dodici bocconi) e gli apostoli le abbiano prese e se le siano passate di mano in mano prendendone ciascuno un boccone.
Come, a partire da quel semplice gesto di Gesù, si sia arrivati all’attuale celebrazione dell’Eucaristia, con particole prefabbricate, con la possibilità di conservarle dopo la consacrazione e con tutte le regole e le controregole da seguire per comunicarsi è tutta una storia da ricostruire e forse qualcuno lo avrà anche già fatto. E’ comunque un lavoro da specialisti. Io, da semplice appartenente all’ordine dei parrocchiani ignoranti, non capisco ma mi adeguo.
Da Aldo Maria Valli :
” La messa tridentina non è vera perché bella , è bella perché vera , ecco perché ” non debemus ,non possumus,
non volumus “arrenderci ” ( cit. Gnerri)
https.//www.aldomariavalli.it/2020/11/25
https://www.aldomariavalli/2020/11/25/verita-bellezza-del-rito-antico/
La Messa N.O., purtroppo, è brutta. Brutta non solo perché il testo è frutto di di una brutta traduzione, ma perché questa traduzione è in molti punti errata ed eretica, come tante volte autorevolmente fu dimostrato. Brutta perché sovente mal detta e male seguita. Brutta perché non vera, A partire dal 29 novembre p.v., peraltro, il carico degli errori sarà più determinante, come ben si sa. A fronte delle innovazioni più recenti, la querelle sulla Comunione sembrerebbe quasi meno grave.
Unica soluzione, rimanere fedeli alle sedi dove si celebra in Rito Antico.
Wisteria,
Potrebbe, per grazia, indicarmi quali sono i punti eretici della S. MESSA del cosiddetto N. O. e quale “autorità” e con quale autorità li ha ritenuti tali? Grazie. Se qualche traduzione non è letterale ma interpretativa, convengo con lei e quindi può essere anche oggetto di discussione. Per quanto riguarda il definire “brutta” la S. Messa, mi dispiace dirlo, ma una persona che dice cose del genere o è blasfema o è ignorante in quanto non sa cosa sia la Messa.
Chi sono io per spiegare a Lei?
E chi è Lei per chiedere a me?
Sed de hoc satis.
Non risponderò ad ulteriori osservazioni per non nutrure sterili polemiche.
Che il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere il valore immenso che ha la S.Messa, ogni Santa Messa, e la bellezza nativa che le è propria. Se una persona è bella, lo è non perché veste o si acconcia in un determinato modo. È bella sia quando mette vesti sontuosi sia quando indossa vesti semplici. Anzi , anche se le vesti sontuose non offuscano la sua bellezza, rischia di essere ammirata dagli altri non tanto per quella che ella è, ma per quello con cui si adorna. Caro Gnerre, non è lei a stabilire qual’ è la Messa “vera”. La Messa è di Cristo e della Chiesa ed è bella sempre per quello che è. La preferenza a un Rito particolare appartiene al singolo individuo, “de gustibus”. Tanti sono i riti, ma la Messa è unica. Per cui, da buoni cattolici, non debemus, non possumus, non volumus che chiunque disprezzi il Dono più grande che Dio ci ha dato , la S. Messa, e con la quale adoro, ringrazio e mi unisco a Lui in Cristo Gesù Signore.
Non riesco proprio ad immaginare il mio parroco modernista,bergogliano e governativo darmi la Comunione in bocca anche perché verrei immediatamente sgridata dal servizio d’ordine con piglio militaresco.
Andate alla Messa in latino, Comunione solo in bocca, infatti gl’infami brigano per vietarle
http://www.summorumpontificum.org/le-sante-messe-in-italia/
“Messa in latino” è una dicitura ambigua, meglio “Messa tridentina”. Anche il “novus ordo” è “celebrato” in latino (quando e dove “conviene”).
Giustissima l’osservazione sulla Messa Vetus Ordo, della quale l’ultima caratteristica, per ordine di importanza, è proprio la lingua latina: la cosa più importante è di gran lunga la liturgia, che molto meglio del Novus Ordo esprime il carattere di sacrificio della Messa.
E si badi bene: NON c’è chiesa in Roma, in cui si celebri in Vetus Ordo, dove si distribuisca l’ostia sulla mano! Quindi è inutile lamentarsi su questo tema, si faccia qualche chilometro in più e si assista alla Messa di sempre!
Grazie, sono shockato:
1) non sapevo che ci fosse il novus ordo in latino
2) non c’è a Roma alcuna chiesa con celebrazioni tridentine?
Onde evitare equivoci mi confermate che la Messa con l’altare “a muro” è quella tridentina? E quelle del sito riportato non sono tutte tridentine? Dico anche quelle 4 di Roma…
Grazie in anticipo della risposta
Basilica dei SS Celso e Giuliano
Via del Banco di Santo Spirito, 5
Roma
Domenica e feste
Rosario e Confessioni alle ore 9.30,
Santa Messa alle ore 10
Parrocchia SS. Trinità dei Pellegrini,
Via dei Pettinari 36/A – 00186 Roma (RM)
S. Messe domenicali alle ore 9:00, 11:00 (solenne) e 18:30
A luglio e agosto, la S. Messa delle 11:00 è abitualmente una Messa bassa.
A motivo delle disposizioni particolari legate all’attuale situazione sanitaria, è fortemente consigliato prenotare la propria presenza per le Messe domenicali.
Dal lunedì al sabato
Ore 7:15 (eccetto luglio e agosto)
Ore 18:30
COMUNIONE NELLE MANI? …NO!
Maria Rosa Mistica, Mercoledì 27 Gennaio 2016
Già durante gli anni del Concilio Vaticano II, la Comunione nelle mani era una pratica che NON era approvata dalla stragrande maggioranza dei Vescovi, e fu così che a tal proposito, Papa Paolo VI volle un’inchiesta mondiale all’interno dell’Episcopato, la quale si svolse nel marzo del 1969 e fu inclusa anche la seguente domanda:
“Si deve accogliere il desiderio che, oltre al modo tradizionale, si permetta pure il rito di ricevere la Sacra Comunione nella mano?”
Il documento finale dice:
“Secondo i risultati è molto chiaro che la maggioranza dei vescovi crede che la disciplina presente non debba essere cambiata e nel caso opposto il cambiamento sarebbe oltraggioso per i sentimenti e per la cultura di questi vescovi e molti fedeli.”
Il 19 luglio 1989 la Conferenza Episcopale Italiana votò (con un solo voto in più del minimo indispensabile) l’introduzione della deprecabile prassi della “Comunione sulla mano”, in deroga a quanto stabilisce il Messale Romano (che ancor oggi non la prevede) e ad imitazione di altre conferenze episcopali.
L’Istruzione della CEI non dice nulla su come evitare la caduta dei frammenti, né spiega precisamente quali sarebbero le ragioni di convenienza, e non lo spiegano nemmeno i vari passi dei Padri della Chiesa (citati nella sua nota 24 senza contare il fatto che il più recente è del V secolo). A questo punto ci chiediamo cosa vorrebbe intendere l’Istruzione quando conferma che la prassi tradizionale della Comunione “sulla bocca” sarebbe “del tutto conveniente”…
Lo stesso Concilio Vaticano II non si pronunciò riguardo alla Comunione nelle mani e che fu dopo un periodo d’abusi liturgici, che Papa Giovanni Paolo II chiese perdono con la lettera “Dominicae Cenae”
del 24 Febbraio 1980.
Papa Benedetto XVI ha riconsiderato l’indulto della Comunione sulla mano, revocandolo nelle Messe papali a partire dalla Messa della Notte di Natale 2010.
In conclusione, è bene ricordare che per ricevere la santa Comunione:
L’unico modo è previsto dal Messale di Paolo VI e che si deve ricevere la Comunione sulla bocca.
La possibilità alternativa di ricevere sulle mani è regolata da un INDULTO che può essere messo in vigore in alcuni luoghi (e ritirato) da alcuni vescovi (e non da altri).
…
Avola, 2 Giugno 2002 – Signore Gesù:
“Vi avverto che Io e il Padre siamo molto scontenti per la Comunione nelle mani! Solo voi che avete le mani consacrate, dovete amministrare questo Sacramento, che è il Corpo e il Sangue di Cristo Dio”.
Avola, 5 Giugno 2008 – Signore Gesù:
“Andate in chiesa con la consapevolezza di volere ricevere sulla lingua e non sulle vostre mani il Salvatore Redentore, Gesù Eucaristia. Tutto il Divino Gesù viene attraverso il sacerdote che viene santificato attraverso la liturgia Cristiana della Santa Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, il rito che trasforma santificando un’ostia di pane in Corpo Santo, dove voi mangiate e metabolizzate la Santità di Dio.
…Quando si partecipa al convito nuovamente col Mio Gesù per ricevere sulla lingua, nella bocca, il Suo Santissimo e Divino Corpo”.
Avola, sabato 16 Luglio 2011 – Signore Gesù:
“Sacerdote del Mio santo Sacerdozio, tu solo puoi offrirMi ai Miei figli che Mi cercano qui in terra, poiché tu solo hai ricevuto questo dono inestimabile del divino Sacerdozio. Non nelle mani altrui, …tu Mi depositerai sulla lingua di chi Mi riceve e non nelle mani sporche che non sono consacrate…”
Se vuoi leggete tutto:
https://reginadelcielo.wordpress.com/2019/12/01/le-incredibili-rivelazioni-della-madonna-del-pino/
Il cattolico vero non è tenuto a credere alle “rivelazioni private”. Per di più, anche se uno volesse attenersi al detto dell’apostolo di non disprezzare le profezie (cfr 1 Te 5,16), le cosiddette “rivelazioni” qui riportate , per chi conosce un po’ teologia, si commentano da sole: non possono provenire dallo Spirito Santo. E mi fermo qui.
Chiunque sia andato a messa negli ultimi 40 anni sa perfettamente che se vuole riceve sulla lingua nessuno lo guarda male né glielo nega. Resoconto fasullo o scritto da una che a messa non vi va.
Credo che lei stia abusando del diritto a scrivere che le ha garantito la scuola primaria. Entrambe le sue affermazioni sono false. O forse è, semplicemente, un provocatore.
Tutto concorre per fare proselitismo…mah.
Credo che bisogna specificare che la S. Comunione è negata sulla bocca solo ora, in questo periodo di pandemia. Ma bisogna anche dire che dopo il Concilio a nessuno veniva negata sulla bocca, quindi ha ragione Claudio.
Ribadisco quello che ho sempre scritto in altri miei interventi: bisogna rispettare il pensiero e i sentimenti degli altri. Chi vuole comunicarsi ricevendo l’Eucarestia sulla bocca ne ha tutto il diritto, ovviamente rispettando tutte le norme, comprese quelle igieniche che la Chiesa e il momento impone. La cosa che più indispettisce è il giudizio negativo che viene riservato a coloro che invece ricevono l’Eucarestia sulle mani che vengono quasi considerati sacrileghi e dissacratori. Visto che io non vedo nulla di male nell’amministrare la S. Eucarestia dandola nelle mani, mi ferisce il pensare o il sentire che qualcuno mi ritenga un dissacratore o un sacrilego. Per quanto mi riguarda, non esiste nessun diniego scritturale e teologico alla distribuzione dell’Eucarestia sulla mano, anzi… inoltre, La Chiesa lo permette. Il concederla sulla bocca appartiene alla prassi della Chiesa medievale che è arrivata fino agli anni 60. La prassi, che ancora viene mantenuta ad libitum, non è l’unica che la Chiesa offe. La legge divina non può essere cambiata mai, neanche dalla Chiesa. Le leggi e le norme che la Chiesa ha redatto, come le ha fatte le può cancellare, rivedere, rinnovare adattandole ai tempi del presente.
“La cosa che più indispettisce” è il consueto voler dare un colpo al cerchio e uno alla botte. 😒
Signor Claudio,
perché non presentarsi anche con il cognome come l’autrice dello scritto?
Benedetta, la ringrazio di cuore per il suo contributo.
Gilda Furlan
E che dire dal punto di vista teologico sull’ultima cena, quando Gesù spezzando il pane lo condivise con i suoi distribuendolo
Nelle mani ?
deve essere il fratello di Mario
Non e vero.
Specialmente ora, è proibito ricevere in bocca la Santa Eucaristia.
Non so dove lei vive.
Condivido lo spirito dell’intervento di Benedetta De Vito e ritengo un diritto sacrosanto ricevere l’Ostia in bocca e non in mano. Io, finché ho potuto, ho sempre preso l’Ostia in bocca.
Quando questa modalità è stata vietata (tralascio di commentare l’atteggiamento incomprensibile dei vescovi che non si sono opposti), ho dovuto, mio malgrado e con un qualche dispiacere, prendere l’Ostia in mano. E qui, almeno per me, è successa una cosa imprevedibile: mi sono trovato Gesù tra le mani e l’ho guardato per un po’ prima di mettere l’Ostia consacrata in bocca. Lui era lì, nelle mie mani ed io a guardarlo come non avevo mai fatto: mi sono commosso.
Nell’attesa di poter prendere nuovamente l’Ostia in bocca, io guardo sempre il Santissimo che ho tra le mie mani e provo un senso di conforto e di pace: Gesù mio io credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento.