LE RESPONSABILITÀ DOLOSE – O COLPOSE – DI CONTE. UNA DENUNCIA.

7 Novembre 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, dopo l’articolo che Paolo Deotto ha scritto ieri per Stilum Curiae, in concomitanza con le nuove misure decise dal Governo in tema di limitazioni di libertà personali, un amico del nostro sito, Giorgio Vigni, ci ha inviato questo documento, redatto dall’avv. Fusillo di Roma, che è allo stesso tempo una disamina lucida e obiettiva del comportamento dei responsabili del Governo, e un atto di denuncia nei loro confronti da utilizzare da parte di cittadini che vogliano adire le vie legali. Buona lettura. 

 

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PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PENALE DI …

DENUNCIA-QUERELA

Del/la Signor/a …, nato/a a …, il … e residente in …, codice fiscale …, numero di telefono …, e-mail …, pec …

FATTO

La presente denuncia ha per oggetto il più grave attacco alla libertà, alla sicurezza e all’incolumità dei cittadini italiani verificatosi a far data dalla caduta del fascismo.

Responsabili ne sono anzitutto, in concorso tra loro, i membri del governo della Repubblica Italiana che possono essere sin d’ora indicati principalmente ma non esclusivamente nelle persone del Presidente del Consiglio dei ministri GIUSEPPE CONTE, il Ministro della Salute ROBERTO SPERANZA, il Ministro dell’Interno LUCIANA LAMORGESE, il Ministro dell’Istruzione LUCIA AZZOLINA nonché il Direttore del Dipartimento della Protezione Civile ANGELO BORRELLI e il Commissario Straordinario DOMENICO ARCURI, tutti domiciliati presso le rispettive sedi di servizio, salvo gli altri concorrenti nel reato e soci del pactum sceleris che saranno accertati dalla Procura della Repubblica.

In secondo luogo è responsabile il Presidente della Giunta Regionale della regione […] per l’adozione delle misure di coprifuoco costituenti ulteriore e inammissibile violazione della libertà personale.

Appare ovviamente necessario che la Procura svolga ulteriori indagini al fine di individuare tutti i responsabili ed esercitare nei loro confronti l’azione penale. La responsabilità discende poi lungo la catena gerarchica per coinvolgere il Prefetto della Provincia di […] nonché i singoli Ufficiali di Polizia che materialmente ebbero ad attuare i provvedimenti governativi con la violenza o la minaccia dell’uso della stessa.

Il denunziante si riserva di integrare la presente denuncia al fine di indicare anche ulteriori funzionari elettivi e non elettivi della Regione e del Comune che hanno partecipato alla commissione dei medesimi reati. Il numero delle persone coinvolte, il lavoro sistematico richiesto, l’uso della minaccia della forza mediante i vari corpi di polizia ed il controllo capillare sull’intera macchina statale la cui finalità è stata sviata alla fine della commissione di reati gravissimi lascia ritenere che si tratti di una vera e propria organizzazione criminale, onde l’estensione della denuncia anche al reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei reati-fine che in seguito indicheremo, salvo la valutazione che vorrà farne la Procura della Repubblica.

Premessa

Lo svolgimento dei fatti criminosi di cui alla presente denuncia può essere suddivisa in quattro fasi, caratterizzate da diversi fini e differenti modalità di commissione e organizzazione delle attività delittuose, sebbene tutte concorrenti al medesimo scopo principale, ossia l’eversione dell’ordinamento costituzionale italiano attuata con modalità terroristiche e prive di scrupoli. I soggetti qui denunciati non hanno esitato a commettere i reati di epidemia, procurato allarme, sequestro di persona e strage pur di riuscire nel loro intento di sovvertire l’ordinamento democratico per come delineato dalla nostra carta costituzionale. Il tutto con l’utilizzo della paura al fine di indurre i cittadini ad adottare le gravi limitazioni dei loro diritti fondamentali e sotto le mentite spoglie della presunta necessità di tutelare la salute.

Le quattro fasi in cui si è articolata l’azione criminale sono le seguenti:

  • sottovalutazione del pericolo derivante dall’epidemia di Covid-19 e conseguenti omissioni finalizzate alla diffusione per quanto possibile ampia del coronavirus;
  • adozione di protocolli di cura e prassi mediche volutamente errate allo scopo di aumentare la diffusione del contagio e gli effetti letali del virus;
  • creazione di un clima di terrore finalizzato all’adozione di misure aventi lo scopo di sospendere moltissime libertà fondamentali previste dalla Costituzione italiana;
  • eliminazione delle prerogative del parlamento ed instaurazione di un regime dittatoriale fondato sull’emergenza sanitaria connesso al tentativo di danneggiare in modo permanente l’economia nazionale, la salute fisica e mentale dei cittadini con particolare riguardo a quella dei bambini ed adolescenti in età scolare.

Le fasi non vanno lette in senso meramente cronologico, ma più che altro logico, giacché i comportamenti riconducibili alle quattro fasi si sovrappongono sovente nel tempo.

  • I Fase – Sottovalutazione e diffusione del contagio

Occorre premettere che i fatti qui denunciati non costituiscono una particolarità italiana, ma appaiono come un attacco concertato a livello internazionale contro la libertà e l’incolumità di tutti. La circostanza, però, che anche altri governi abbiano adottato misure simili o peggiori in una sorta di gara a chi opprimeva di più i propri cittadini non può togliere che si tratti di azioni criminali gravissime contro i quali i singoli ed i magistrati hanno il dovere di insorgere a difesa della libertà in cui consiste lo stato di cittadino. Né la constatazione del fatto che si tratti di reati diffusi mascherati da molti stati sotto le mentite spoglie della legalità può assolvere la magistratura dal dovere di indagare e perseguire i reati. La storia insegna che i peggiori crimini dell’umanità sono stati commessi in condizioni di perfetta legalità.

Il mezzo utilizzato per portare a termine questo piano criminale è stata l’utilizzazione a fini terroristici dell’influenza stagionale. L’influenza è una patologia ricorrente che torna a manifestarsi ogni inverno per attenuarsi e scomparire quasi del tutto con il caldo estivo e ritornare d’autunno. Si tratta di una malattia che ha accompagnato l’umanità per decine di millenni e che, sebbene nella grandissima maggioranza dei casi abbia uno svolgimento ed una conclusione benigni, non è priva di profili di notevole pericolosità soprattutto per soggetti già deboli per altre ragioni (malattie precedenti, c.d. comorbidità, età avanzata, immunodeficienza, cattiva qualità dell’aria, organismo defedato e indebolito a causa della somministrazione di farmaci). Senza risalire alle epidemie di influenza portate dai conquistadores castigliani in America, si ricordano i casi relativamente recenti dell’influenza spagnola e delle varie influenze asiatiche che hanno mietuto milioni di morti in tutto il mondo. Il denunziante, pertanto, rifiuta l’epiteto e l’incasellamento nella cosiddetta categoria dei negazionisti. L’influenza è una malattia da non sottovalutare e da curare nel modo adeguato, ma questo non ha nulla a che vedere con le azioni poste in essere dal governo italiano. Orbene, l’esame delle recenti statistiche epidemiologiche mostra come in Italia ogni inverno vi sia un numero consistente di morti riconducibili eziologicamente alle varie influenze stagionali che nella stragrande maggioranza dei casi hanno origine in Asia, specialmente in Cina, per diffondersi poi in tutto il mondo. Nessuna di queste epidemie, anche ben più gravi del Covid-19, ha mai dato luogo ad una reazione nemmeno paragonabile a quella adottata dai denunciati.

  • L’allarme coronavirus diffuso dall’OMS e la colpevole inerzia del governo

Nel mese di dicembre 2019 l’OMS ha diffuso vari bollettini di allarme in considerazione della situazione della provincia di Wuhan in Cina dove il Covid-19 probabilmente circolava già da mesi e stava determinando una grave situazione epidemiologica. È noto che la Cina è una dittatura particolarmente sanguinaria (basti ricordare i fatti di Piazza Tienanmen, il diffuso utilizzo dei campi di concentramento a fini di pulizia etnica contro popolazioni sgradite come i mongoli o gli uiguri o la soppressione morale e fisica dei dissidenti) sicché le notizie provenienti dall’Impero di Mezzo avrebbero dovuto essere accolte con estrema cautela da parte dei governi occidentali.

Sta di fatto che il governo italiano, al più tardi il 30 gennaio 2020, ebbe a prendere conoscenza della dichiarazione di emergenza internazionale proclamata dall’OMS, sebbene sia ragionevole ritenere, se il Ministero della Salute è in grado di svolgere i suoi compiti, che il governo sapesse della situazione di allarme ben prima del 30 gennaio 2020, anche dalla semplice lettura dei quotidiani. Il 31 gennaio 2020, con delibera del Consiglio dei ministri pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1° febbraio 2020, il governo dichiarava per la durata di sei mesi lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.

È opportuno ricordare che all’epoca (prime settimane di febbraio 2020) le notizie disponibili sul coronavirus erano alquanto scarse. In particolare, circolava la tesi che si trattasse non di un’influenza stagionale, eventualmente più forte di altre come nel caso della stagione invernale 2013/2014, ma di un virus nuovo, particolarmente contagioso e potenzialmente letale in un numero di casi ben superiori a quelli normali. Tuttavia, non solo la dichiarazione dello stato di emergenza non fu diffusa con la necessaria enfasi da parte del governo – che pure nei mesi successivi avrebbe dimostrato di poter disporre con grande facilità ed efficacia della totalità dei mezzi di informazione di massa con conferenze stampa quotidiane diffuse a reti unificate – ma fu dedicata una particolare cura alla creazione di una narrativa pubblica tranquillizzante secondo le seguenti linee: – la diffusione del virus in Italia è altamente improbabile se non impossibile, – non c’è bisogno di adottare alcuna misura preventiva cautelare come: (i) la chiusura delle frontiere con i viaggiatori provenienti dalla Cina o l’assoggettamento di questi ultimi alla quarantena (come sempre avvenuto nella storia recente ed antica da quando la Serenissima Repubblica di Venezia inventò la quarantena), (ii) l’approntamento di posti ospedalieri per la possibile necessità di cure per i malati più gravi, (iii) l’acquisto di presidi come saponi e gel disinfettanti. Mentre il governo ometteva ogni azione che elementari regole di cautela avrebbero suggerito, il 30 gennaio 2020 il Presidente del Consiglio dichiarava alla trasmissione televisiva Otto e Mezzo che l’Italia aveva adottato misure cautelative all’avanguardia e che il governo era preparatissimo ad affrontare l’eventuale epidemia (https://www.youtube.com/watch?v=PSSLq5_fmMk).

Nel mentre i frequenti contatti commerciali con la Cina facevano sì che la diffusione del virus avvenisse senza alcun controllo sanitario. Numerosi personaggi della politica, di contro, esortavano pubblicamente a non avere timori, ad “abbracciare i cinesi” e a continuare con una vita sociale priva di limitazioni perché altrimenti l’economia italiana ne avrebbe sofferto.

Nel frattempo, grazie alla totale inazione del governo, il virus si diffondeva molto, soprattutto in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna.

  • L’istituzione delle zone rosse e la diffusione del contagio in tutto il territorio nazionale

Allorché, intorno al 20 febbraio 2020, non era più possibile negare l’evidenza, il governo corse tardivamente e male ai ripari. Tanto male da avvalorare la tesi che lo scopo in realtà non fosse tanto quello di prevenire ed evitare il contagio, ma di assicurare una diffusione per quanto possibile ampia del virus dando però l’impressione che il governo stesse reagendo nell’interesse dei cittadini. Il tutto allo scopo delle successive violazioni dell’ordinamento costituzionale cui la creazione di una situazione di allarme era preordinata.

Il 23 febbraio 2020 viene introdotta una inusitata e bizzarra modalità di adozione dei provvedimenti emergenziali in totale contrasto con le norme costituzionali in materia di fonti normative. Infatti, con decreto-legge n. 6/2020, il governo delegava il proprio Presidente del Consiglio ad assumere a sua discrezione una serie di misure in danno della popolazione quali:

  • Il divieto di allontanamento dal comune o dall’area interessata da parte di tutti gli individui comunque presenti nel comune o nell’area,
  • Il divieto di accesso al comune o all’area interessata,
  • La sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura comprese quelle svolte in luogo privato e di carattere religioso,
  • La sospensione di tutte le attività didattiche,
  • La chiusura di tutte le attività commerciali e degli uffici pubblici,
  • La sospensione del trasporto di merci e di persone,
  • La sospensione delle attività lavorative.

Il Presidente del Consiglio, con il DPCM del 23 febbraio 2020, applicava le misure predette ad una serie di comuni della Lombardia e del Veneto. Le misure restrittive della libertà personale dei cittadini, non solo nelle Regioni in questione, ma anche in Liguria, Piemonte, Emilia-Romagna e Marche (con il progressivo ampliamento delle c.d. “zone rosse”) venivano successivamente inasprite, sempre a discrezione del Presidente del Consiglio, con i DPCM del 25.02.2020, 1.03.2020 e 8.03.2020. L’8 marzo 2020 fu fatta filtrare la notizia che il divieto di spostamento sarebbe stato a breve esteso a tutto il territorio nazionale. Ciò determinò, comprensibilmente, una vera e propria fuga dalle zone dell’Italia settentrionale non ancora assoggettate alle regole della “zona rossa” ed in particolare dalla città di Milano dove risiedono per ragioni di lavoro moltissime persone che hanno la famiglia e gli affetti in altre località d’Italia. Il tutto agevolando la diffusione del contagio in tutto il territorio nazionale. Con DPCM del 9.03.2020 la misura generalizzata della quarantena era estesa a tutto il territorio nazionale.

  • II Fase – adozione di protocolli di cura e prassi mediche volutamente errate con l’effetto di aumentare la diffusione del contagio e gli effetti letali del virus

La gestione sanitaria del virus da parte del governo è stata a dir poco scellerata. L’azione svolta si è snodata lungo le seguenti linee direttrici: a) limitazioni od ostacoli alla ricerca scientifica medica per l’individuazione degli effetti del virus e delle sue possibili cure, b) diffusione di una versione unica tesa ad affermare che il virus causava polmonite interstiziale bilaterale virale con la conseguente necessità, quale cura unica, dell’intubazione dei pazienti gravi nei reparti di terapia intensiva, c) esagerazione delle notizie sulle morti da Covid-19 impedendo l’accertamento delle comorbidità e la diffusione delle relative notizie allo scopo di diffondere un clima di terrore finalizzato all’accettazione da parte dei cittadini di misure dittatoriali di sospensione delle libertà fondamentali costituzionali.

Gli ostacoli frapposti alla ricerca medica – la vicenda delle autopsie e il mancato accertamento delle cause delle morti attribuite al Covid-19

Come pubblicato il 10 maggio 2020, sulla testata “Affari Italiani” (“Covid 19, le autopsie non vanno fatte. Ordine del Ministero della Salute” di Angelo Maria Perrina pubblicato su https://www.affaritaliani.it/blog/cose-nostre/covid-19-le-autopsie-non-vanno-fatte-ordine-del-ministero-della-salute-671347.html?refresh_ce) il Ministero della Salute, con circolari dell’8 aprile e del 2 maggio 2020 della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria- ufficio 4, firmate dal segretario generale GIUSEPPE RUOCCO e dal Direttore generale CLAUDIO D’AMARIO e inviate a tutti i destinatari competenti, dalla Protezione civile, all’associazione dei Comuni, dagli ordini dei medici e delle professioni infermieristiche e dei farmacisti alle Regioni disponeva: “Per l’intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di Covid 19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio”. E al punto 2 si prescrive: “L’autorità giudiziaria potrà valutare, nella propria autonomia, la possibilità di limitare l’accertamento alla sola ispezione esterna del cadavere in tutti i casi in cui l’autopsia non sia strettamente necessaria. Analogamente le Direzioni sanitarie di ciascuna regione daranno indicazioni finalizzate a limitare l’esecuzione dei riscontri diagnostici ai soli casi volti alla diagnosi di causa del decesso, limitando allo stretto necessario quelli da eseguire per motivi di studio e approfondimento”. Si suggeriva, pertanto, anche agli stessi magistrati, ove possibile, di astenersi dall’ordinare le autopsie, quasi che vi fosse il timore di un’indagine scientifica approfondita sulla malattia. L’oggetto della circolare è: “Indicazioni emergenziali connesse ad epidemia Covid-19 riguardanti il settore funebre, cimiteriale e di cremazione”.

Le indicazioni contrarie all’effettuazione delle autopsie sono direttamente connesse ai numerosi casi di morte per Covid-19. Morti, è bene sottolineare, che si sarebbero potute e dovute evitare e che ricadono direttamente nella responsabilità del governo, salvo l’accertamento se il titolo del reato debba essere ascritto a condotte dolose o colpose.

Infatti, come appartiene al notorio, la narrazione ufficiale proveniente da fonti governativi ebbe a diffondere sin dall’inizio la versione secondo cui il virus attaccava i polmoni causando una polmonite interstiziale bilaterale con la conseguente necessità di intubare i pazienti, assoggettandoli alla respirazione artificiale (si vedano in proposito i documenti del 13.03.2020 e del 27.05.2020 redatti dall’OMS e contenenti l’indicazione di curare i pazienti con l’intubazione e la somministrazione di ossigeno).

Questa la giustificazione asseritamente “scientifica” delle misure di quarantena generalizzata dell’intera popolazione italiana: – non vi sono posti sufficienti nei reparti di terapia intensiva degli ospedali italiani, – l’intubazione dei pazienti Covid è l’unica cura possibile, – pertanto, il solo rimedio è quello di “appiattire la curva” di diffusione del contagio: anziché consentire che il contagio si diffondesse in breve tempo, con la conseguente creazione di picchi e la richiesta eccessiva di posti di terapia intensiva, il divieto di circolazione e il sequestro degli italiani nelle loro abitazioni avrebbe modificato la curva di diffusione del contagio senza un picco massimo, affinché i reparti ospedalieri potessero gestire le esigenze di ricovero e intubazione dei pazienti gravi.

Senonché la “diagnosi ufficiale” di polmonite interstiziale bilaterale virale e la cura suggerita dell’intubazione e respirazione artificiale si sono rivelate clamorosamente errate.

Moltissimi pazienti, se non fossero stati assoggettati alle cure errate suggerite dalle fonti ufficiali, si sarebbero potuti salvare anziché morire in modo disumano e terribile, senza contatto umano, attaccati ad un respiratore. Come si legge nell’articolo di Perrina, sopra citato, “la svolta nella lotta al Coronavirus è arrivata quando qualche medico ospedaliero si è preso la briga di fare le autopsie sui cadaveri dei pazienti deceduti durante la pandemia. Grazie a queste autopsie si è potuto così scoprire che il primo effetto del Covid 19 è la CID, Coagulazione Intravascolare Disseminata. Cioè la formazione di grumi nel sangue e di trombosi. Solo in seguito e nei casi resistenti alle cure antitrombosi arrivava la polmonite interstiziale doppia. Pertanto, i trattamenti fin lì seguiti negli ospedali, basati sulla ventilazione meccanica nelle terapie intensive, erano controindicati. Si può dunque dedurre che fino alla scoperta rivelatrice fatta dopo l’effettuazione di alcune autopsie, le complicanze da Covid sono state prodotte da errate diagnosi e, conseguente, inadeguata terapia.

“Oggi, grazie alle scoperte scaturite dalle autopsie, al primo sintomo si interviene sui pazienti contagiati anzitutto con i fluidificanti del sangue. Cure semplici, effettuabili anche a domicilio. E queste terapie, finalmente idonee, se fatte subito ora consentono di evitare di arrivare alla mutazione della patologia, che da influenza diventa trombosi. E l’epidemia è così gestibile e sotto controllo, mentre le terapie intensive sono decongestionate e chiudono. Ma le nostre autorità sanitarie hanno seguito la strada della Cina, dove di autopsie ne hanno fatte pochissime. E il bilancio sanitario è stato devastante. Ma perché in Italia non sono state fatte sin dall’inizio le autopsie? Perché i cadaveri venivano immediatamente inviati alle cremazioni privando così gli esperti di elementi conoscitivi fondamentali?”

La responsabilità diretta per le inutili morti dovute ad errore di diagnosi e di terapia connesso al divieto di effettuare autopsie va attribuito al Ministro della Salute ROBERTO SPERANZA nonché ad eventuali concorrenti nel reato da individuare ed accertare, tra i quali il citato Segretario Generale GIUSEPPE RUOCCO e il Direttore Generale CLAUDIO D’AMICO autori delle circolari sopra citate.

La colpa grave (o il dolo) dei responsabili della sanità appare imperdonabile in considerazione del fatto che più di uno scienziato aveva invano tentato di mettere in guardia il governo dei gravi errori compiuti in relazione al Covid-19. Tra costoro Giulio Tarro (https://www.youtube.com/watch?v=ypY4tHw0Xqw), Didier Raoult, secondo l’indice Hirsch il miglior virologo al mondo (https://www.youtube.com/watch?v=1uo2m9caFoU), il dottor Samuele Ceruti, primario di rianimazione all’ospedale di Lugano (https://www.youtube.com/watch?v=AEAcPZuKyx8), ma finanche medici di base di buon senso come Carlo Alberto Zaccagna (https://www.youtube.com/watch?v=QSnN8CO9cFc) e molti altri ancora, sia in Italia, che in Europa, che oltreoceano (https://yournews.com/2020/04/20/1576954/ron-paul-what-if-the-lockdown-was-all-a-big/, https://www.bitchute.com/video/WLp53rpj2B7i/, https://www.thegatewaypundit.com/2020/05/shocking-medrx-study-finds-western-europes-draconian-lockdowns-may-not-saved-lives-compared-less-restrictive-measures/, https://www.youtube.com/watch?v=c8czMPZdAU8).

Tra i medici che hanno studiato il Covid-19 con modalità scientifiche occorre citare il dottor PASQUALE BACCO di cui si chiede l’escussione come persona informata dei fatti unitamente agli altri medici e ricercatori che citeremo appresso. Medico, specialista in medicina legale e manager per lo sviluppo di Meleam, una società per azioni con sede legale a Roma, docente di Igiene del lavoro presso la facoltà di Economia e Commercio, Bacco durante un’intervista su un canale Youtube molto popolare ha fatto affermazioni perentorie in merito a come sia stata gestita tutta la vicenda del Coronavirus, ben prima che venisse scoperto il famoso “paziente 1” in quel di Codogno. Riassumiamo i passaggi più importanti

  • Ad inizio febbraio abbiamo esaminato il sangue di 7038 persone in tutta Italia ed abbiamo riscontrato la presenza di una enorme quantità di soggetti positivi al Covid. A Brescia, ad esempio, lo era il 49% delle persone testate, tra le quali il 74% mostrava la presenza di immunoglobuline G come memoria immunitaria, il che significa che non erano infezioni recenti, ma che risalivano ad almeno tre mesi e mezzo prima.
  • I primi casi sono con certezza di ottobre. Per chi vuole approfondire, lo studio è a disposizione di chiunque sul sito. Abbiamo utilizzato tre test: uno italiano, uno cinese ed uno canadese.
  • Il noto virologo che vedete tutti in televisione, quando lo incontrai e gli mostrai i dati, mi disse che no, secondo loro a Brescia i dati dicevano che le infezioni erano al 2%. A distanza di mesi i nostri dati si stanno confermando tutti e ora abbiamo iniziato a collaborare con le Università di Napoli, Bari e Milano perché a settembre faremo altri studi.
  • Questo virus è un virus estremamente banale, che non ha capacità di uccidere soggetti che non abbiano già delle condizioni particolari.
  • Io faccio esami autoptici, lavoro su virus forti come l’HIV, ecco perché le dico che il numero dei morti che viene dato è tutto falso. Se c’è qualcuno che non la pensa così me lo dimostri, mi quereli pure.
  • Tutti parlano di vaccino, ma sia il nostro laboratorio che tutti gli altri laboratori sanno che il virus è già mutato. Vi chiedo: ma voi ve lo fareste il vaccino a giugno per il Covid, visto che è già mutato, come succede annualmente coi virus influenzali?
  • Prendiamo Brescia, la mortalità è ben inferiore al 4%, perché nei conteggi che voi fate contate morti che non sono da Covid, ma da altre patologie con anche il coronavirus in aggiunta.
  • Questo virus, come tutti i coronavirus, muore con il caldo. Il coronavirus crea immunità.
  • Il virus ha trovato in Lombardia il clima ideale per svilupparsi. Ciò che ritengo inaccettabile è che molti medici abbiano diffuso e avvalorato i numeri che stanno dando sui morti, sono falsi.
  • Sono andato a fare personalmente l’esame autoptico ad un ragazzo di 36 anni, insieme ad altri due medici, che mi riportavano essere deceduto per Covid e anche i giornali, lo trovate su Repubblica e Corriere della Sera, lo definivano in buona salute. Ebbene era dializzato, paraplegico e diabetico. Questi sono i soggetti che vengono identificati come morti per Covid.

Un altro medico che è stato completamente ignorato è il Dott. LUIGI CAVANNA, primario di Oncologia, oggi conosciuto come il padre del “metodo Piacenza” (cfr. Il Giornale: “Coronavirus, il metodo che evita la strage: Nessun paziente è morto”; https://www.ilgiornale.it/news/cronache/coronavirus-metodo-che-evita-strage-nessun-paziente-morto-1861189.html).

Il Dott. Cavanna ha elaborato un protocollo di cura domiciliare precoce basato sull’utilizzazione di un antivirale e di idrossiclorochina (un antimalarico già utilizzato con successo nella cura della SARS). Su 250 pazienti curati a domicilio il Dott. Cavanna ha registrato la recessione della malattia nel 100% dei casi.

È opportuno far presente che l’AIFA autorizza e rimborsa l’idrossiclorochina solo nell’ambito di test clinici e esclude altrimenti la sua rimborsabilità e prescrivibilità c.d. “off label” ossia per patologie non direttamente previste nel foglietto informativo come necessariamente per il Covid-19: si veda il documento dell’AIFA scaricabile da:

https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1123276/idrossiclorochina_22.07.2020.pdf/764add8f-f08f-0e26-df75-952986e54b8b

dove si legge testualmente: “l’ uso off label di HCQ e CQ al di fuori di sperimentazioni cliniche non è né autorizzato né rimborsato dal SSN.”

Peraltro, come è stato dimostrato da vari studi clinici (v. https://www.affaritaliani.it/cronache/idrossicolorochina-oms-coronavirus-studio.html?fbclid=IwAR1dj6hNUu0QiIoH3gEgc89crMvS8koKZKMIhIL1qLXTTMckiGTNlIiEwVc ) l’idrossiclorochina è un farmaco molto efficace per la cura del Covid-19 purché la sua utilizzazione avvenga in fase precoce prime che i sintomi si diffondano attaccando l’organismo.

Il tutto, è bene sottolinearlo, mentre il SSN paga a spese della collettività i farmaci per le cure ormonali dei transessuali:

https://www.repubblica.it/cronaca/2020/10/01/news/diritti_la_delibera_dell_emilia_romagna_gratuiti_i_farmaci_per_la_terapia_ormonale_delle_persone_trans_-269098350/?fbclid=IwAR29ZoM8Bwb1oSbQy2-CYJzi8RJkKns7lX4AJqm-b283V01rkSuvLEPaLzc

Sull’uso dei farmaci di cui sopra, peraltro, anche il professor PIERLUIGI VIALE, dell’Università di Bologna, aveva suggerito ai medici di farne uso, seppur quella fosse una fase da considerarsi sperimentale (https://youtu.be/mVBfCzDWxPQ).

Il dottor STEFANO MANERA, medico chirurgo e specialista in anestesia e rianimazione dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (https://www.youtube.com/watch?v=96UWeynZtow) in un’intervista a Massimo Mazzucco afferma quanto segue: “Purtroppo è mancata la medicina del territorio, ovvero l’apporto dei medici di base nel gestire i pazienti con i sintomi da Covid […]Visto il numero di infettati, possiamo affermare che il Covid ha comunque una mortalità molto bassa […] Oggi è possibile implementare una terapia domiciliare, oggi noi sappiamo che per evitare che i pazienti arrivino in ospedale nella fase ultima del contagio si può fare uso della famosissima Idroclorochina (Plaquenil), ovvero un farmaco che costa pochissimo ma che ha avuto ottimi risultati; abbiamo l’eparina a basso peso molecolare che è determinante per evitare la disfunzione entodiale ed evita la coagulazione intravasale disseminata e interagisce in maniera sinergica con l’antivirale e anche con il Plachenil. In questo modo, noi riusciamo a curare le persone a casa e a fare in modo che le persone che poi arrivano in ospedale siano un numero decisamente più ridotto.”

Altra cura molto efficace sulla quale è calato il silenzio della versione ufficiale favorevole alla sola intubazione è la “plasma-terapia” elaborata dal dottor GIUSEPPE DE DONNO aspramente criticata dal dottor Burioni, consulente governativo sin dall’inizio (https://youtu.be/RbIHFA8IGPQ).

Il protocollo adottato da De Donno è non solo stato utilizzato in molti altri Stati, tra i quali gli Stati Uniti d’America, ma ha ricevuto l’approvazione delle Nazioni Unite.

Gli ostacoli frapposti all’effettuazione delle autopsie e all’elaborazione di terapie alternative rispetto all’intubazione dei pazienti più gravi ha causato in modo diretto ed immediato la morte di migliaia di persone.

  • III Fase: La strategia del terrore: diffusione di notizie allarmistiche ed il mancato accertamento mediante autopsia delle reali cause delle morti attribuite al Covid-19

Sempre con l’avvertenza che occorrerà accertare la natura dolosa o colposa delle condotte qui denunciate, occorre sottolineare che a far data dai primi giorni di marzo del 2020 lo sforzo del governo e delle amministrazioni facenti capo soprattutto alla presidenza del Consiglio dei ministri come il Dipartimento della Protezione civile si concentravano sulla diffusione di un clima di terrore, soprattutto mediante l’uso della televisione. Nel corso di una conferenza stampa giornaliera il direttore della Protezione Civile Borrelli, coadiuvato di volta in volta da vari sedicenti esperti del Comitato Tecnico Scientifico nominato dallo stesso direttore diffondevano i dati giornalieri degli infettati e dei morti evitando accuratamente di mettere detti dati nell’ambito di una doverosa prospettiva statistica. Negli anni tra il 2015 e il 2019 i morti annuali oscillano tra i 615.000 e i 647.000 circa per una media giornaliera di circa 1.750 morti. Nessuno dei presunti esperti che quotidianamente comparivano in televisione ha mai comparato i dati dei morti per Covid con i “normali” morti per complicanze influenzali né ha mai fatto notare che i morti totali per Covid ammontano a circa il 5% dei morti annuali per tutte le cause. Nemmeno si è ricordato che, ad esempio, a marzo 2017 LaRepubblica riportava un incremento nelle morti degli anziani, legate all’influenza, di 20.000 unità:

https://www.repubblica.it/salute/2017/03/18/news/l_anno_nero_dell_influenza_morti_ventimila_anziani_in_piu_-160814115/

Difficile, come detto, stabilire se ciò è il frutto di una dolosa preordinazione o di semplice dolo dovuto ad ignoranza o incapacità, ma è certo che le modalità di diffusione delle notizie sembravano finalizzate alla diffusione di un clima di terrore. Ecco il messaggio ripetuto con insistenza martellante: – il virus è pericolosissimo e letale, chi si infetta morirà tra sofferenze atroci intubato ed attaccato ai respiratori artificiali, – il virus è estremamente contagioso, basta un minimo contatto con un’altra persona per ammalarsi, – il virus miete moltissime vittime al giorno, molte più di quelle che ci sarebbero state altrimenti, – le terapie intensive sono al collasso, – la salvezza è da ricercarsi nell’obbedienza cieca e incondizionata alle disposizioni dettate dal governo e dai suoi esperti, scienziati di fama indiscussa in grado di stabilire le norme necessarie per proteggersi, – chiunque osi mettere in discussione la versione dei fatti proveniente dal governo e dai suoi esperti è un irresponsabile.

Nel mentre, e nel silenzio dei mezzi di comunicazione di massa, il professor Klaus Püschel dell’istituto di medicina forense dell’università di Amburgo aveva riportato le conclusioni delle autopsie svolte da lui e dal suo gruppo di ricercatori medici. I risultati sono sorprendenti e confermano che tutte le persone esaminate dai medici tedeschi avevano già altre gravi patologie e non sarebbero morte in seguito all’infezione da Coronavirus. In altre parole, il quadro clinico dei morti con Covid era già largamente compromesso e queste persone sarebbero morte comunque per il loro stato di salute già gravemente debilitato. Questa ricerca è stata completamente ignorata dal governo e dal comitato tecnico-scientifico incaricato della consulenza. Infatti, tutto lo sforzo della macchina governativa è stato finalizzato solo alla descrizione con toni terroristici della presunta letalità del coronavirus, spaventando la gente che ha cominciato ad uscire dalle proprie case dopo due mesi di reclusione forzata. Ma i medici che hanno condotto esami autoptici sulle persone considerate morte per il Covid, stanno dicendo che in realtà il virus non avrebbe avuto un ruolo preponderante nelle cause dei loro decessi.

https://www.mopo.de/hamburg/rechtsmediziner–ohne-vorerkrankung-ist-in-hamburg-an-covid-19-noch-keiner-gestorben–36508928.

Ribadiamo: facendo da subito le autopsie (in Cina in primis), non si sarebbe forse scoperto, con grande anticipo, che la causa di morte erano i trombi e non le insufficienze respiratorie da polmonite, così da intervenire da subito con quei farmaci che si sono dimostrati veri e propri salvavita, anziché stipare le terapie intensive?

Lo scopo evidente era quello di attribuire al Covid-19 un numero quanto più possibile alto di decessi (opportunamente diffusi quotidianamente con toni da bollettino di guerra) ignorando quanto molti professionisti stavano giustamente mettendo in evidenza. Ad esempio il presidente dell’Ordine dei medici della Liguria, in una intervista a Primocanale, affermava: “C’è una problematica che riguarda tutto il nostro Paese – ha detto Alessandro Bonsignore – collegata al fatto che si è deciso di inserire nel numero dei decessi da coronavirus tutti i casi di coloro che sono stati scoperti positivi al covid-19, durante la propria vita o addirittura nel post-mortem.”

Continua: “Noi stiamo praticamente azzerando quella che è la mortalità per qualsiasi patologia naturale che sarebbe occorsa anche in assenza del virus”. E precisa: “Le dico questo con cognizione di causa, lavorando in quello che è l’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Genova dove abbiamo contezza che all’obitorio comunale di Genova i decessi per patologie non covid sono praticamente scomparsi.” https://www.oltre.tv/presidente-ordine-medici-liguria-verita-diretta/?fbclid=IwAR2rXBbR5L2jUAcrgskDgTg-vtEp2Smy8sig1-YRQWJ5ras8aeeYLrlmr-E.

Il comportamento del governo rientra appieno nella fattispecie del procurato allarme. Infatti, a fronte di una patologia certamente da non sottovalutare, come per tutte le influenze, ma da trattare con equanimità e serenità atteso il tasso di letalità molto basso e il rischio limitato solo a poche categorie di soggetti deboli, il governo ha invece utilizzato la situazione per terrorizzare la popolazione e prepararla alla sospensione totale di tutte le libertà. Appartiene al notorio la memoria delle persone che denunciavano coloro che andavano a correre soli nei parchi o in spiaggia o che denunziavano chi usciva a portare a passeggio il cane. Ciò è il risultato diretto dell’instaurazione di una nuova strategia del terrore sanitario.

  • IV FASE: La sospensione delle garanzie e delle libertà costituzionali, attentato alla costituzione

Il Presidente del Consiglio, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’Interno hanno emanato una serie di decreti e provvedimenti i quali hanno natura di atti amministrativi e contengono la limitazione e l’annullamento di una serie di diritti inviolabili consacrati dalla Carta costituzionale. Gli atti in questione sono stati emanati sulla base di due decreti-legge, il n. 6 del 23 febbraio 2020 (poi abrogato) e il n. 19 del 25 marzo 2020 strutturati in modo sostanzialmente analogo. All’art. 1 entrambi i decreti prevedono la possibilità, demandata nel primo caso alle “autorità competenti” nel secondo ad un soggetto innominato – che tutti e due i decreti palesano, rispettivamente, all’art. 3 e all’art. 2 essere il Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della Salute – di adottare una serie di provvedimenti tanto indeterminati quanto drasticamente lesivi delle fondamentali libertà previste dalla costituzione. L’elenco delle attività vietabili da parte del primo ministro è tanto lungo che, esaurito l’alfabeto, il d.l. 19/2020 è dovuto giungere sino alla lettera hh ma successivi provvedimenti sono andati anche oltre nell’ambito di una legislazione caotica, alluvionale, stratificata tra vari livelli (statale, regionale e comunale) rendendo quasi impossibile al comune cittadino, e sovente anche ai professionisti del diritto, la semplice conoscenza delle molteplici regole. Il potere delegato al Presidente del Consiglio, inoltre, è amplissimo e discrezionale tanto che si prevede la libera graduabilità dei provvedimenti “in aumento o in diminuzione” in una sorta di moderna riedizione del senatus consultum ultimum che consentiva ai consoli di coercere omnibus modis socios atque civis, domi militiaeque imperium atque iudicium summum habere ne quid res publica detrimenti capiat. È noto che le buone intenzioni di cui erano lastricate siffatte decisioni del senato romano condussero la repubblica alla dittatura.

  1. I provvedimenti adottati non sono atti politici ai sensi dell’art. 7, comma 1, c.p.a.

Secondo consolidata giurisprudenza (v. Consiglio di Stato, V, 23 gennaio 2007, n. 209) “gli atti politici costituiscono espressione della libertà (politica) commessa dalla Costituzione ai supremi organi decisionali dello Stato per la soddisfazione di esigenze unitarie ed indivisibili a questo inerenti e sono liberi nella scelta dei fini, mentre gli atti amministrativi, anche quando sono espressione di ampia discrezionalità, sono comunque legati ai fini posti dalla legge; gli atti amministrativi sono pertanto caratterizzati da due profili, l’uno soggettivo, dovendo provenire l’atto da organo di pubblica amministrazione, seppure preposto in modo funzionale e, nella specifica vicenda, all’indirizzo e alla direzione al massimo livello della cosa pubblica, e l’altro oggettivo, dovendo riguardare la costituzione, la salvaguardia e il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione.”

Nello stesso senso TAR Lazio, Roma, sez. II, 15 dicembre 2007, n. 13361, in Foro Amm. TAR, 2007, 12, 3787, secondo cui: “l’atto politico deve presentare due requisiti: l’uno di carattere soggettivo, in quanto deve trattarsi di atto emanato dal Governo o, comunque, all’autorità cui compete la funzione d’indirizzo politico e di direzione al massimo livello dei pubblici poteri; l’altro di carattere oggettivo, in quanto deve trattarsi d’un atto o d’un procedimento emanato nell’esercizio del potere politico, non già di un’attività meramente amministrativa. Non sono quindi, per i loro caratteri intrinseci, soggetti a controllo giurisdizionale solo gli atti con cui si realizzano scelte di specifico rilievo costituzionale e politico, ossia quelli che non si possono qualificare o non sono identificabili come amministrativi e in ordine ai quali l’intervento del Giudice amministrativo determinerebbe un’interferenza del potere giudiziario nell’ambito di altri poteri”. Conformi TAR Lazio, Roma, sez. III, 16 novembre 2007, n. 11271, in Foro Amm. TAR, 2007, 11, 3494; TAR Veneto, Venezia, sez. II, 5 marzo 2004, n. 527; TAR Abruzzo, L’Aquila, 7 ottobre 2003, n. 839, in Comuni Italia, 2003, 12, 110; Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2001, n. 1397; TAR Puglia, Bari, sez. I, 19 dicembre 1998, n. 930.

Inoltre, TAR Lazio, Roma, sez. II, 12 marzo 2002, n. 1897, in Foro Amm. TAR, 2002, 938, 525 ha statuito che: “La categoria degli atti politici risulta ristretta a quegli atti palesemente estranei alla funzione amministrativa, in quanto espressione di una potestà costituzionale e di governo. Trattasi, pertanto, di atti di pregnante necessità per il funzionamento del nostro sistema costituzionale, inidonei ad incidere negativamente, in via diretta, sugli interessi individuali e, per tali ragioni, insuscettibili di essere assoggettati al sindacato giurisdizionale.”

Nel caso in esame ricorre proprio quanto evidenziato dalla sentenza testé citata del TAR Lazio e cioè la diretta e immediata incisione in diritti individuali dei cittadini, incisione che non può essere sottratta al controllo giurisdizionale sia in ambito amministrativo, dove le questioni qui svolte sono state già proposte, sia in sede penale.

  1. Violazione delle libertà e dei diritti fondamentali della Costituzione

Il comportamento del governo rientra in un disegno sostanzialmente eversivo dell’ordine costituzionale italiano con l’esautoramento del parlamento e del governo e con la sospensione per ragioni emergenziali di tutte le libertà e i diritti fondamentali dei cittadini.

I diritti fondamentali (art. 2) che gli atti del governo violano sono: il diritto al lavoro (art. 1, 4, 35, 36 e 41), la libertà personale (art. 13), la libertà di movimento (art. 16), il diritto di riunione (art. 17), il diritto di culto (art. 19), il diritto alla libera manifestazione del pensiero (art. 21), il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24), il diritto a non essere assoggettati a trattamenti sanitari obbligatori (art. 32) e il diritto allo studio (art. 34).

La Costituzione italiana fonda l’intero impianto della repubblica sul lavoro (art. 1) che è definito un diritto e un dovere per ciascun cittadino (art. 4) ed è fatto oggetto di speciale tutela da parte dell’ordinamento (art. 35). Solo attraverso il lavoro si può conseguire, infatti, la fondamentale esigenza umana di un’esistenza libera e dignitosa (art. 36). Il lavoro, inoltre, è la principale manifestazione del diritto di iniziativa economica consacrato dall’art. 41, sia che si prenda in considerazione il lavoro autonomo dell’imprenditore, sia che l’accento venga posto su quello dei suoi collaboratori e dipendenti. Gli atti amministrativi del Presidente del Consiglio materialmente impediscono alla grande maggioranza dei cittadini italiani di svolgere la propria attività lavorativa determinando in tal modo il blocco pressoché totale dell’economia del paese già appesantita da un livello di tassazione elevatissimo e soffocata dal gravame rappresentato da un debito pubblico pari a poco meno di 2.400 miliardi di euro. Il tutto nell’ambito di un sistema monetario, caratterizzato dall’appartenenza dell’Italia all’Eurosistema, nell’ambito del quale la soluzione inflazionistica tradizionale della stampa di moneta – a prescindere dalla sua riconosciuta inutilità e dannosità – non è più possibile giacché l’Italia non ha sovranità monetaria. Il blocco pressoché totale delle attività lavorative consegna l’Italia a mesi e probabilmente anni di depressione economica e di miseria, i cui effetti anche sulla vita e sulla salute dei cittadini non sono stati tenuti nel benché minimo conto dai provvedimenti del governo. Proprio per tale ragione i padri costituenti avevano ritenuto di indicare la centralità e inviolabilità del lavoro come elemento fondante della repubblica.

La tutela della salute costituisce anch’essa uno dei principi fondamentali della costituzione, ma non fa parte delle libertà fondamentali di cui all’art. 2, risolvendosi in sostanza nell’obbligo della repubblica di mettere a disposizione dei cittadini un sistema sanitario in grado di fornire loro le cure necessarie. Infatti, la salute è definita come un dirittodell’individuo di accedere alle cure mediche messe a disposizione dalla repubblica, ma come un mero interesse della collettività: la cosiddetta salute pubblica è, pertanto, una situazione soggettiva di grado minore e di minore importanza rispetto al diritto dell’individuo di ricevere e di rifiutare le cure mediche. Con la precisazione che la decisione se valersi delle cure è sempre e comunque rimessa al paziente che può rifiutare anche le cure che appaiano indispensabili per garantirne la sopravvivenza. Si veda in proposito Corte cost. 9.07.1996, n. 238 secondo cui anche in materia di trattamenti sanitari la libertà personale è “un diritto inviolabile rientrante tra i valori supremi, quale indefettibile nucleo essenziale dell’individuo, non diversamente dal contiguo e connesso diritto alla vita e all’integrità fisica, con il quale concorre a costituire la matrice prima di ogni altro diritto, costituzionalmente protetto, della persona.”

Il diritto alla salute è, dunque, il diritto a ricevere le cure, ma anche il diritto a rifiutarle nell’ambito del principio della libera e intangibile disposizione del proprio corpo. Non è, di converso, il diritto alla salute pubblica. Qui il principio costituzionale degrada a mero interesse. D’altro canto, i diritti fondamentali, che la Repubblica italiana riconosce in quanto diritti che preesistono alla formazione degli stati sono diritti necessariamente individuali, guarentigie irrinunciabili della persona, affinché l’organizzazione collettiva sia l’ambito entro il quale la libertà si realizza e non una struttura di oppressione della stessa.

In secondo luogo, nessuna parte della costituzione consente di interpretare il c.d. “diritto alla salute” come bene supremo o prevalente rispetto a tutti gli altri. Tale posizione spetterebbe, se mai, al lavoro e in ogni caso l’autorità amministrativa, posta dinanzi alla scelta del possibile sacrificio di più diritti fondamentali, dovrebbe operare, previa istruttoria e fermo l’obbligo di motivazione, un bilanciamento tra i vari interessi in gioco, non essendo ammissibile il totale sacrificio di tutti i diritti fondamentali a favore di uno solo degli altri.

Il lungo elenco dei diritti lesi dimostra peraltro come alla pretesa tutela della salute si sia deciso di sacrificare tutte o quasi le libertà fondamentali dei cittadini italiani, nell’ambito del più grave attacco alle garanzie basilari dello stato di diritto che si sia mai registrato a far data dalla fondazione della repubblica.

Le alquanto arbitrarie eccezioni al divieto generalizzato di lavoro, istituite dal DPCM dell’11.03.2020 e proseguite – con varie differenziazioni che hanno contribuito solamente alla confusione circa le regole da seguire – nei DPCM che si sono susseguiti successivamente costituiscono, d’altro canto, una manifesta violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione. Non è dato comprendere, per fare un esempio, perché le tabaccherie siano state ritenute esercizi di vendita di generi di prima necessità, specie in considerazione della ritenuta suprema preoccupazione del governo per la salute dei cittadini, sicuramente minata dal vizio del fumo, in grado di indebolire proprio i polmoni che sembrano essere la parte del corpo attaccata in modo letale dal Covid-19. Peraltro, non è dato comprendere per quale ragione le modalità di accesso ad alcuni servizi reputati essenziali come, ad esempio, i negozi di vendita di alimenti non possano semplicemente essere estese anche ad altri settori evitando il blocco quasi totale dell’economia. Né maggior ragionevolezza ha la disposizione che ha consentito la riapertura dei negozi di vendita di abbigliamento per bambini ma non di quelli di abbigliamento per adulti o dei negozi di commercio al dettaglio di piccoli animali (piccoli quanto?, verrebbe da chiedersi) ma non delle tintorie, nemmeno di quelle industriali. Insomma, la discrezionalità assoluta garantita dai decreti-legge all’autorità amministrativa ha determinato un esercizio arbitrario del potere, al di fuori da ogni canone di ragionevolezza e con grave lesione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione che si riflette, per quanto attiene all’azione amministrativa nei principi di buon andamento e di imparzialità, principi che i provvedimenti del governo e del Presidente del consiglio dimostrano di aver leso in modo grave e inammissibile.

La violazione più grave è quella della libertà personale di cui all’art. 13 della Costituzione. Questa è stata definita da C. cost. n. 180/2018 un valore unitario e indivisibile, che non può subire deroghe o eccezioni.” In violazione della carta fondamentale, la Presidenza del Consiglio ha sostanzialmente sottoposto tutta la popolazione italiana alla misura degli arresti domiciliari, mentre una siffatta restrizione della libertà individuale richiederebbe un processo, un’accusa (trattandosi di una misura afflittiva e punitiva) e un provvedimento giurisdizionale individuale. È bene sottolineare che la libertà personale è garantita da una doppia riserva, di legge e di giurisdizione, giacché è sempre necessaria una legge che ne disponga la limitazione – perché il giudice non può intervenire se non nell’applicazione di una legge – e l’intervento di un magistrato terzo e indipendente. Inoltre, si tratta di una misura che può essere imposta ai cittadini solo nell’ambito di un procedimento con le garanzie del giusto processo di cui all’art. 111 cost. rafforzate dalle disposizioni in materia della CEDU. E infatti, Corte cost., 29.05.1968, n. 53 stabilì che l’incisione sulla libertà personale, indipendentemente dalla natura giurisdizionale o amministrativa del procedimento finalizzato a limitare tale diritto fondamentale, richiedesse sempre il riconoscimento al soggetto interessato del diritto alla difesa. È chiaro, invece, che nel caso in esame la limitazione della libertà personale è stata disposta, proprio per la sua natura generalizzata e omnicomprensiva, senza alcuna possibilità per gli interessati di far valere qualsiasi considerazione individuale e comunque con un provvedimento globale e omnicomprensivo che rimette, al più, la valutazione delle esigenze individuali agli organi di polizia, costretti ad agire in assenza di linee guida chiare.

Da ultimo occorre ricordare che secondo la sentenza n. 26 del 27.05.1961, dettata dalla Consulta in materia di ordinanze contingibili e urgenti, “nei casi in cui la Costituzione stabilisce che la legge provveda direttamente a disciplinare una determinata materia (per esempio, art. 13, terzo comma), non può concepirsi che nella materia stessa l’art. 2 [del TULPS nel testo allora vigente] permetta la emanazione di atti amministrativi che dispongano in difformità alla legge prevista dalla Costituzione.” La limitazione per atto amministrativo, quindi, della libertà personale è sempre e comunque inammissibile, se non nei ristretti limiti previsti dall’art. 13 e coincidenti con il fermo di polizia.

Quanto alla già richiamata questione del bilanciamento con il diritto alla salute è opportuno ricordare che secondo C. Cost. n. 85/2013 “tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona.”

Risulta violata altresì la libertà di movimento di cui all’art. 16 che è garantita da una riserva di legge rafforzata. Non solo, infatti, è necessaria una legge, ma questa deve essere anche disposta in via generale e deve essere motivata da ragioni di sanità. La violazione della libertà di movimento è stata disposta con modalità senza precedenti nella storia dell’umanità ed ha riguardato non già i malati a rischio di contagiare tutti gli altri – che potrebbero essere destinatari di un provvedimento specifico e individualizzato –, ma i sani, con una singolare inversione del normale concetto di quarantena. La riserva di legge è stata palesemente violata dai decreti-legge che si sono susseguiti giacché le limitazioni alla libertà di movimento sono state adottate non per legge, ma con una delega al Presidente del Consiglio dei ministri e, dunque, con un vero e proprio aggiramento del dettato costituzionale che vuole rimessa una simile legge alla discussione parlamentare.

Altro diritto fondamentale sul quale si è inciso in modo illegittimo ed al di fuori dei poteri che possano spettare a qualsiasi potere pubblico nella Repubblica Italiana è quello della libertà di riunione in luoghi privati (art. 17). Il potere amministrativo può vietare solo le riunioni in luoghi pubblici delle quali non sia stato dato previo avviso – ed in tal caso per soli motivi di sicurezza e incolumità pubblica, ossia non per ragioni di salute – ma non ha alcun potere di incidere sulle riunioni pacifiche e senza armi in luoghi privati.

Peraltro, il divieto di riunione in luogo pubblico incide sulla possibilità di manifestare, ai sensi dell’art. 21 cost., il proprio pensiero. Ciò appare particolarmente grave sol che si tenga in considerazione il fatto che la cosiddetta pubblica opinione, abbandonata da tempo la sua funzione di controllo sui pubblici poteri, si è esibita nell’unanime e incondizionata approvazione dei provvedimenti del governo in un unisono mediatico che avrebbe fatto invidia all’Unione Sovietica. Gli unici mezzi per far valere il dissenso sarebbero delle pubbliche e pacifiche manifestazioni che, tuttavia, il Presidente del Consiglio ha vietato.

Proseguendo nel lungo catalogo delle violazioni perpetrate, vi è la lesione della libertà religiosa e di culto (art. 19) che è stato ritenuto un diritto fondamentale primario non limitabile dall’autorità amministrativa (Corte cost. 18/03/1957, n. 45.) Il governo o qualsiasi autorità amministrativa non hanno il potere di impedire il libero esercizio del culto religioso, per qualsiasi motivo, salvo il limite dei riti contrari al buon costume. Nella misura in cui, in particolare, si tratta qui di vietare la legittima aspirazione alla trascendenza spirituale, si tratta di un divieto particolarmente odioso e inammissibile in considerazione del fatto che le religioni offrono alle persone un conforto che va oltre l’esistenza terrena e che queste impongono precetti che si pongono al di sopra e al di fuori della pur rispettabile pretesa di mantenere la salute. Proprio di fronte al rischio rappresentato dalla malattia, la religione sarebbe in grado di offrire un conforto ultraterreno, ma, ancora una volta, il regime dittatoriale instaurato ha inteso vietare anche questo.

Gli atti amministrativi del governo, nella misura in cui sospendono quasi tutta l’attività giurisdizionale incidono, annullandolo, il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24) e violano, ancora una volta, l’art. 3 giacché individuano in modo del tutto arbitrario i pochi ambiti della giurisdizione penale e civile esclusi dalla sospensione generalizzata.

La quarantena dei sani, inoltre, misura inusitata e mai vista nella lunga storia della lotta del genere umano alle malattie infettive, costituisce una sorta di trattamento sanitario forzoso imposto per atto amministrativo che viola in modo palese e patente l’art. 32 della costituzione. Stesse considerazioni valgono per l’obbligo di sottoporsi al tampone previsto per varie categorie di persone (viaggiatori provenienti da varie zone del mondo, bambini entrati in contatto con soggetti risultati positivi al virus, soggetti messi agli arresti domiciliari anche se asintomatici perché risultati positivi al test e che potranno riottenere la libertà solo alla presentazione di un doppio tampone negativo).

Sul punto è appena il caso di ricordare che secondo Corte cost., Ord., 16.11.2018 n. 207 addirittura “la decisione di lasciarsi morire potrebbe essere già presa dal malato, sulla base della legislazione vigente, con effetti vincolanti nei confronti dei terzi, a mezzo della richiesta di interruzione dei trattamenti di sostegno vitale in atto e di contestuale sottoposizione a sedazione profonda continua. Ciò, segnatamente in forza della recente l. 22 dicembre 2017 n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento): legge che si autodichiara finalizzata alla tutela del diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona, nel rispetto dei principi di cui agli artt. 2, 13 e 32 Cost e degli artt. 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 1, comma 1).

La disciplina da essa recata, (…), recepisce e sviluppa, nella sostanza, le conclusioni alle quali era già pervenuta all’epoca la giurisprudenza ordinaria – in particolare a seguito delle sentenze sui casi W. (Tribunale ordinario di Roma, 17 ottobre 2007, n. 2049) ed E. (Corte di cassazione, sezione prima civile, 16 ottobre 2007, n. 21748) – nonché le indicazioni di questa Corte riguardo al valore costituzionale del principio del consenso informato del paziente al trattamento sanitario proposto dal medico: principio qualificabile come “vero e proprio diritto della persona”, che “trova fondamento nei principi espressi nell’art. 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che “la libertà personale è inviolabile”, e che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”“ (sentenza n. 438 del 2008), svolgendo, in pratica, una “funzione di sintesi” tra il diritto all’autodeterminazione e quello alla salute (sentenza n. 253 del 2009).

In quest’ottica, la citata l. n. 219 del 2017 riconosce ad ogni persona “capace di agire” il diritto di rifiutare o interrompere qualsiasi trattamento sanitario, ancorché necessario alla propria sopravvivenza (…). In ogni caso, il medico “è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo”, rimanendo, “in conseguenza di ciò, … esente da responsabilità civile o penale” (art. 1, comma 6).”L’ordinanza in questione interpreta, dunque, il diritto alla libertà personale e la libertà di cura come beni superiori a quello della salute con la conseguenza che ciascuno deve poter essere in grado di prendere decisioni anche in contrasto con l’interesse alla cura e alla conservazione della propria salute, giacché i diritti di libertà individuale sono posti al di sopra di ogni valutazione medica.

Da ultimo, la chiusura generalizzata delle scuole e delle università, salvo il simulacro di insegnamento attuato attraverso le forme di collegamento telematico, costituisce una chiara violazione del diritto allo studio che l’art. 34 non subordina ad alcun altro interesse stabilendo il dovere della repubblica di mettere a disposizione l’istruzione, compresa quella superiore, a tutti e di promuovere l’accesso dei capaci e meritevoli ai più alti gradi dell’istruzione, indipendentemente dalle loro condizioni economiche.

La temporaneità delle misure adottate non è ragione sufficiente per affermarne la conformità alla costituzione sulla base di un vero o presunto stato di emergenza. Infatti, i diritti fondamentali sono così definiti in ragione dell’impossibilità di violarli anche per un breve periodo di tempo. Tra l’altro l’art. 13 Cost. chiaramente indica in quattro giorni il periodo massimo di lesione della libertà personale per ragioni di giustizia senza la garanzia rappresentata dall’intervento del magistrato. Di contro, il governo ha ancorato i propri poteri di emergenza alla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili) che, adottata ai sensi del c.d. degli artt. 7 e 24 del d.lgs. 1/2018 (codice della protezione civile), prefigura la sua proroga sino a 12 mesi ulteriormente estensibili di altri 12 mesi. In altri termini, stando all’impostazione data dal governo, i poteri di emergenza che l’esecutivo si è auto-attribuiti rischiano un’estensione sine die, dipendente oltretutto dalle decisioni dei vari comitati di esperti nominati dal governo stesso che agiscono al di fuori di qualsiasi controllo democratico ed alle cui indicazioni il governo ha più volte indicato di volersi attenere con una sostanziale delega dei poteri di decisione politica e presunti scienziati. In altri termini, l’esistenza di un’emergenza sanitaria è stata utilizzata dal governo allo scopo di attribuirsi poteri pressoché dittatoriali, di impedire o limitare l’esercizio dei diritti fondamentali da parte di tutti i cittadini nell’ambito di una situazione di allarme apparentemente limitata nel tempo ma sostanzialmente estensibile ad libitum.

Gli atti del governo violano non solo la Costituzione, ma anche la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ratificata in Italia con la legge n. 848 del 4.08.1955 ed al cui rispetto l’Italia è tenuta in forza dell’art. 10 della Costituzione. Si tratta, segnatamente, dei seguenti articoli: 5 (diritto alla libertà personale), 9 (libertà religiosa e di culto) e 11 (libertà di riunione). È chiaro, infatti, che le misure adottate dal governo italiano costituiscono non solo un sovvertimento dell’ordine costituzionale nazionale, ma turbano anche la sensibilità giuridica comune a quasi tutti i paesi del mondo. I regimi in cui i diritti fondamentali sono calpestati come è avvenuto nelle ultime settimane in Italia sono il retaggio di totalitarismi e concezioni autoritarie dello stato che l’Italia, forse erroneamente, pensava di aver definitivamente abbandonato dopo la liberazione dal nazi-fascismo. E non potrà valere come giustificazione della negazione dei diritti fondamentali dell’uomo l’intento di garantire la salute. Altre misure, probabilmente più efficaci e comunque mirate, avrebbero potuto essere adottate. A partire dalla chiusura degli arrivi dalla Cina prima che l’epidemia dilagasse, alla predisposizione di attrezzature per ospedali ed RSA, sino all’attuazione di misure di cautela da adottare nella vita pubblica come la messa a disposizione di mascherine protettive, guanti e disinfettanti. In altri termini, di tutte le possibili reazioni il governo ha scelto di sospendere i diritti fondamentali recludendo agli arresti domiciliari una nazione intera ed impedendo a quasi tutti gli italiani l’esercizio del diritto al lavoro il cui svolgimento è l’unico mezzo di sostentamento dei cittadini stessi e della repubblica che non produce nulla ma che trae i mezzi per le sue non indifferenti spese solo dal gettito fiscale che, come appare manifesto, senza lavoro non vi sarà.

Da ultimo, gli atti del governo violano anche la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo rispetto alla quale il governo non ha adottato la procedura di sospensione che sarebbe necessaria con la conseguente piena vigenza della CEDU.

  1. Incostituzionalità dei decreti-legge adottati dal governo

Il governo ritiene di poter agire al riparo dei seguenti atti normativi: decreto-legge 23.02.2020 n. 6, legge 5.03.2020 n. 13, decreto-legge 8.03.2020 n. 11, decreto-legge 25.03.2020 n. 19, decreto-legge 8.04.2020 n. 22, decreto-legge 8.04.2020 n. 23, decreto-legge 20.04.2020 n. 26, decreto-legge 10.05.2020 n. 30, decreto-legge 30.05.2020 n. 33, decreto-legge 30.07.2020 n. 83, decreto-legge 14.08.2020 n. 103, decreto-legge 7.10.2020 n. 125, che tuttavia sono tutti incostituzionali, come potrà essere accertato in sede dibattimentale, laddove il Tribunale lo ritenga opportuno. E’ certo che anche i provvedimenti legislativi in questione rientrano a pieno titolo nel disegno eversivo dell’ordine costituzionale italiano che con la presente denuncia siamo a portare all’attenzione della Procura della Repubblica.

Gli atti normativi indicati sono censurabili sotto il profilo della loro conformità alla costituzione (artt. 1, 2, 3, 4, 10, 13, 16, 17, 19, 21, 24, 32, 34, 35, 36, e 41) sotto due distinti profili. Anzitutto vi è il diretto attacco a una serie di diritti fondamentali quali il lavoro, la libertà personale, la libertà di culto e di riunione e il diritto allo studio, che non possono essere incisi da una legge ordinaria. Si tratta di principi fondanti l’ordinamento giuridico della repubblica che nessun governo e nessun parlamento potrebbero mettere in discussione essendo necessaria, a tal fine, una modifica della costituzione, ammesso che il legislatore costituzionale, il che è dubbio, possa incidere sui diritti in questione. L’unica libertà suscettibile, in via ipotetica, di una limitazione per legge è la libertà di movimento. In relazione a tale diritto, tuttavia, la costituzione consente una limitazione e non la totale esclusione, come è avvenuto ad opera delle norme censurate, e per giunta la limitazione dovrebbe essere disposta in via generale e non può essere delegata ad un organo amministrativo.

L’altra questione meritevole di scrutinio costituzionale è il sostanziale aggiramento della riserva di legge attuato mediante il sistema della delega al governo con la conseguente, grave violazione degli articoli 70, 76, 77 e 78 della Costituzione. È appena il caso di rilevare, peraltro, come la delega avvenga, in modo alquanto bizzarro, con il governo che delega il suo presidente mediante lo strumento del decreto-legge. Vi è, di fatto, un sostanziale quanto preoccupante svuotamento della funzione legislativa tanto più che il parlamento, non da ora, è sostanzialmente sotto scacco sia per l’abuso dello strumento della questione di fiducia sia per il dominio totale sui parlamentari di cui godono i capi politici dei partiti, alcuni dei quali mai eletti. Il significato della riserva di legge sarebbe quello di evitare che certi diritti ed interessi possano essere incisi dal potere esecutivo, avendo ritenuto il legislatore costituente che la somma garanzia degli stessi dovesse essere affidata al parlamento e, in via successiva, allo scrutinio di costituzionalità della Consulta. Nel caso in esame, invece, non solo vi è la delega, peraltro al solo Presidente del Consiglio dei Ministri, ma vi è l’attribuzione al capo del governo di una ampia discrezionalità, sia quanto alla scelta dei provvedimenti sia quanto alla loro maggiore o minore severità, essendo prevista la possibilità di graduarli in aumento o in diminuzione a seconda delle circostanze, con modalità di esercizio del potere in solitaria che non si erano viste nel nostro paese dai tempi del fascismo. Si tratta, quindi di una sostanziale abdicazione di ogni garanzia rappresentata dalla discussione parlamentare, oltretutto con l’attribuzione del potere nemmeno al Consiglio dei ministri, che avrebbe potuto assicurare almeno una discussione collegiale, ma ad un solo soggetto, e cioè al primo ministro rispetto alle cui decisioni non vi sarebbe altro che un onere di proposta da parte del Ministro della Salute e un obbligo di sentire altri ministri. Di fatto, però, la decisione appartiene in via solitaria al Presidente del Consiglio. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, oltretutto, non è dotato nemmeno della garanzia rappresentata dalla promulgazione da parte del Presidente della Repubblica con il connesso potere di rinvio alle camere.

Insomma, il sistema delineato dai decreti-legge in parola sovverte i principi di cui all’art. 95 della Costituzione, attuato dalla legge 400/1988, attribuendo al primo ministro delle competenze che gli sono normalmente estranee ed espropriando il Consiglio dei ministri di quelle che gli sono proprie, ad esempio in materia di rapporti tra lo Stato e la Chiesa, incisi in modo molto pesante dal divieto di celebrare cerimonie religiose, che l’art. 2 della legge 400/1988 riserva al Consiglio nella sua composizione collegiale. Infatti, le funzioni del Presidente del Consiglio dei ministri sono limitate alla direzione della politica generale del Governo nonché al mantenimento dell’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l’attività dei ministri: non sono previsti poteri esecutivi e legislativi diretti del Presidente del Consiglio proprio perché la carta fondamentale vuole evitare che si concentri tutto il potere nelle mani di un solo uomo, avendo disegnato, invece, i padri costituenti un sistema di pesi e contrappesi. Di fatto i decreti-legge in questione disegnano con legge ordinaria un nuovo e diverso assetto costituzionale, trasformando la figura del Presidente del consiglio in una sorta di dittatore di memoria romanistica e stravolgendo il sistema di equilibrio voluto dai costituenti proprio per evitare il governo dell’uomo forte che tanti indicibili mali ha causato al nostro paese.

Inoltre i decreti-legge di cui trattasi contravvengono anche al divieto di cui all’art. 15 della legge 400/1988 che non consente l’utilizzo dello strumento del decreto al fine di consentire deleghe legislative, come avvenuto con l’attribuzione del potere di emanazione dei DPCM al Presidente del Consiglio. Anche il procedimento per l’emanazione dei regolamenti, delineato dall’art. 17 della legge 400/1988, è stato violato dal governo. Non solo, infatti, i regolamenti delegati devono essere previsti da una legge e non da un decreto-legge, ma non è stato osservato il dovere di sentire il parere delle commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato. Il procedimento legislativo delineato dal nostro ordinamento non prevede la possibilità di adozione di norme da parte di un organo monocratico perché il principio democratico vuole l’adozione collegiale delle norme. E molto saggiamente, verrebbe da aggiungere, perché probabilmente la presenza di più persone, e soprattutto la consulenza del Consiglio di Stato, eviterebbe l’adozione di norme manifestamente incostituzionali.

Ma non basta. I decreti-legge di cui si afferma l’incostituzionalità violano altresì l’art. 81 cost. Questo prevede, infatti, che deve essere garantito l’equilibrio di bilancio e che il ricorso all’indebitamento può essere deliberato solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. I decreti-legge determinano necessariamente l’indebitamento ulteriore della repubblica italiana nella misura in cui, impedendo il lavoro, prefigurano una drastica riduzione del gettito fiscale nel corso dell’esercizio 2020. Una decisione del genere non può essere adottata per decreto-legge, ma richiede necessariamente la discussione parlamentare nonché la maggioranza qualificata.

  1. Abuso della credulità popolare – la giustificazione pseudoscientifica dei provvedimenti adottati

Il fondamento “scientifico” delle misure adottate dal governo riposerebbe sulla saggezza di un comitato tecnico-scientifico nominato sin dal principio della cosiddetta pandemia ed alle cui decisioni il governo ha più volte rimesso la motivazione dei propri provvedimenti. Senonché, in disparte ogni giudizio in merito al valore scientifico dei personaggi nominati quali membri del comitato in questione, la recente, parziale pubblicazione dei verbali del comitato ha dimostrato che gli stessi esperti consulenti del governo avevano formulato ipotesi basate su supposizioni ed indicato al governo le proprie conclusioni in forma alquanto dubitativa. Peraltro, i membri del comitato sono in larga misura medici che hanno svolto buona parte delle loro carriere nell’ambito di strutture pubbliche. Non vi era tra costoro nemmeno uno statistico e nemmeno un solo matematico esperto nella materia del calcolo delle probabilità, per non parlare dell’opportunità di integrare con dei giuristi il comitato, in considerazione del fatto che si trattava qui di dare consulenza al governo in materia di adozione di norme di diritto. Tutto ciò rende alquanto dubbia la pretesa scientificità delle conclusioni del comitato. I suoi membri avranno senz’altro avuto ben chiara la situazione clinica, ma non vi è nessuna garanzia che essi abbiano potuto apprezzare in modo chiaro l’aspetto statistico della diffusione del virus. In particolare, sembra che il comitato abbia del tutto omesso di considerare la diversa incidenza del Covid-19 sulle diverse fasce di età raccomandando misure uguali per i bambini ed i vegliardi come se il rischio fosse uguale per tutti.

Tutto ciò senza considerare che mentre il Covid-19 è una malattia molto meno pericolosa di simili epidemie di influenza che si sono avute nel passato, nondimeno il governo non ha esitato ad adottare provvedimenti mai visti nella storia dell’umanità (compresa la peste nera) come la misura folle della generalizzata quarantena dei sani con la conseguente definitiva distruzione dell’economia italiana o l’uso perfettamente inutile delle mascherine chirurgiche che, oltre all’effetto di privare ciascuno della propria immagine e, quindi, dell’identità, non hanno alcuna utilità per frenare o rallentare la diffusione del virus. È significativo a tale proposito il passaggio del verbale n. 57 del comitato tecnico-scientifico in cui gli stessi esperti danno atto dell’inesistenza di una letteratura scientifica in grado di dimostrare l’utilità delle mascherine, ma tuttavia le raccomandano perché altri autorevoli organismi come la CDC o l’OMS le avevano raccomandate. Un argomento, questo, sulla cui mancanza di logica e di scientificità c’è davvero ben poco da dire.

La mascherina chirurgica, come è stato confermato da numerose voci scientifiche, ha una limitata utilità al solo fine di limitare la diffusione del virus da parte di persone che siano effettivamente ammalate e sintomatiche (https://www.oltre.tv/mascherine-non-servono-causare-conseguenze-indesiderate/, https://www.notizie.it/cronaca/2020/08/18/coronavirus-tarro-mascherine-aperto/). Di contro la mascherina chirurgica, specie se portata per ore di seguito, può causare infezioni, ipercapnia e difficoltà respiratorie.

La privazione del lavoro, degli affetti, della possibilità di muoversi liberamente, del diritto alla propria immagine non hanno alcuna giustificazione scientifica, ma i provvedimenti che hanno imposto codeste misure liberticide e dittatoriali sono stati presentati al pubblico sotto le mentite spoglie di una gestione scientifica della presunta epidemia che alla prova dei fatti non è stata più grave di una qualsiasi stagione influenzale.

La tecnica utilizzata per ottenere da parte del grande pubblico l’accettazione della fine di tutte le libertà fondamentali si basa su due elementi. Da un lato, la diffusione di notizie terroristiche sotto forma del bollettino quotidiano dei morti e degli infetti affidato all’immagine allarmante ed autorevole del direttore della Protezione Civile, solitamente associato a terremoti, alluvioni e disgrazie. Ora, in disparte, anche qui, la grande confusione tra infetti, ricoverati e guariti, sul punto è opportuno sottolineare che, statistiche alla mano, in Italia muoiono circa 1.700 persone al giorno per un totale di circa 620.000 morti annui. Circostanza certamente triste, ma inevitabile, giacché siamo tutti mortali. Le cause di morte più importanti sono quelle che vengono in mente spontaneamente: malattie cardiocircolatorie e tumori che nel 2019, ad esempio, sono state la causa di quasi il 65% dei decessi totali, cioè circa 1.200 persone al giorno. Si tratta di numeri di interesse per gli statistici e certamente poco noti al grande pubblico, tant’è che non vengono normalmente diffusi e certo non durante i telegiornali della prima serata. I morti per Covid-19 (ammesso che il Coronavirus sia effettivamente la causa di morte), che al 30.09.2020 sommano circa 35.000 persone rientrano nella triste media delle circa 50.000 persone all’anno che muoiono di malattie del sistema respiratorio. Ciò posto, il bollettino quotidiano dei defunti non aveva altro scopo se non quello di seminare il panico giacché a fronte di numeri normali il governo avrebbe potuto e dovuto dare un’informazione equilibrata e tale da consentire ai meno informati di farsi un’idea non distorta da un sistema di comunicazione terroristico.

L’altro elemento propagandistico utilizzato è quello della comunicazione ossessiva del messaggio che, pur se a fronte della nuova peste nera, il governo aveva dalla sua scienziati di valore indubitabile i quali non solo conoscevano la cura (l’intubazione nei reparti di terapia intensiva), ma anche i mezzi per salvare i sani dal contagio. Tali mezzi prevedevano il sacrificio di tutte le libertà per garantire la nuda sopravvivenza, messa in pericolo dal Covid-19 che, è bene ricordarlo ha un tasso di sopravvivenza medio attorno al 99.5%. E la salvezza è stata affidata a provvedimenti disumani e contrari alle più elementari libertà come gli arresti domiciliari comminati a tutti gli italiani o l’obbligo di rinunciare alla propria immagine attraverso le mascherine.

Le misure adottate dal governo sono fondate su di un’istruttoria scientifica che appare, anche al semplice occhio di un giurista, manifestamente carente. La motivazione inserita nel preambolo di tutti, o quasi, gli atti governativi è la seguente: “considerati l’evolversi della situazione epidemiologica, il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia e l’incremento dei casi sul territorio nazionale.” Si tratta di un mero simulacro di motivazione, specie considerando il sacrificio di quasi tutte le libertà fondamentali pretesa dagli atti amministrativi adottati, sacrificio che avrebbe preteso l’allegazione di studi scientifici, statistiche, ascolto di diversi esperti, anche di opinione contraria alla misura della quarantena, insomma, un serio e approfondito esame delle origini e della diffusione del morbo e delle diverse misure concretamente adottabili. In ogni caso, dalle fonti pubbliche accessibili a chiunque, sembra che l’istruttoria scientifica del governo sia stata carente. Infatti, le statistiche pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità rendono più che lecito qualche dubbio. Stando all’ISS, circa la metà dei casi di contagio si sarebbero verificati in residenze sanitarie assistenziali. Sembra che in tutte queste ipotesi la diffusione dell’epidemia sia dovuta non già a cause naturali ma alla decisione di ricoverare i malati nelle RSA, in carenza di posti sufficienti negli ospedali, ed al mancato riconoscimento della nozione di comune esperienza che i soggetti più vulnerabili alle influenze ed alle loro complicazioni, specie polmonari, sono proprio gli anziani che non a caso sono la stragrande maggioranza delle vittime del Covid-19. In altri termini, una linea di condotta prudente e saggia sarebbe stata non già quella di rinchiudere in casa la quasi totalità della popolazione italiana che comunque correva un rischio molto limitato, ma di proteggere dal contagio gli anziani almeno evitando di metter loro vicini i malati nelle RSA. Un quarto dei contagi sarebbe avvenuto, sempre stando all’ISS in ambito familiare e, dunque, proprio a causa dei provvedimenti di confinamento domiciliare che hanno indotto tutti ad una convivenza forzosa e continuativa che ha aggravato la diffusione del virus. Un altro 10% dei casi si sarebbe verificato negli stessi ospedali. In altri termini, il contagio non è quasi mai avvenuto sui posti di lavoro e men che meno all’aria aperta, nei negozi, nei ristoranti, nei bar, nei parchi e nelle altre zone che il governo ha ritenuto inutilmente di interdire alla popolazione italiana.

Ma non basta. Gli atti del comitato tecnico-scientifico, nominato con ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile del 3.02.2020 n. 630, e in particolare i verbali nn. 57 e 59 del 22.04.2020 e del 24-25.04.2020, sono stati resi pubblicamente accessibili solo in seguito al ricorso al TAR della Fondazione Einaudi. L’iter che ha condotto all’adozione dei provvedimenti in questione e, in particolare, il DPCM 26.04.2020 è opaco e inaccessibile. Inoltre, sebbene il governo dichiari di fondare le proprie decisioni sulle raccomandazioni dell’OMS, non sembra che ne abbia fatto tesoro o che ne abbia compreso il significato. In un ampio studio dell’OMS, pubblicato nel 2019 e dedicato specificamente alle misure da adottare in caso di pandemia influenzale, emerge chiaramente come non sia raccomandata alcuna quarantena o chiusura se non la protezione degli individui vulnerabili e l’isolamento di quelli sicuramente malati. L’unica misura effettivamente consigliata dall’OMS è quella di un miglioramento dell’igiene delle mani e dell’adozione delle mascherine protettive. Tutto il resto, e in particolare le restrizioni alla libertà di movimento e la quarantena dei sani non sono misure raccomandate dall’OMS.

Infine, da uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità sembrerebbe, inoltre, che il Covid-19 solo nell’1% dei casi circa possa essere considerato la causa diretta della morte, mentre nella quasi totalità degli altri casi la morte sarebbe sì sopraggiunta per pazienti che avevano contratto il morbo, ma che erano affetti da altre patologie pregresse molto gravi come il diabete, la demenza senile, varie patologie cardiocircolatorie, tumori allo stato terminale, cioè malattie da sole idonee a provocare la morte, onde i seri e motivati dubbi sulla ricostruzione eziologica, specie in mancanza di autopsie.

Il Covid-19 ha causato ad oggi circa 35.000 decessi. Il che ovviamente è tragico perché ogni vita ha un valore insostituibile. Tuttavia, non si può fare a meno di notare che si tratta di una percentuale sulla popolazione italiana inferiore allo 0,05%. La sola valutazione medica sembrerebbe, pertanto, insufficiente ed avrebbe dovuto essere integrata con altre valutazioni, soprattutto economiche. Le stime attuali prevedono una riduzione del PIL tra l’8% e il 10% e vi è il fondato timore che si tratti di previsioni caute. Ciò comporterà una crisi economica senza precedenti e una riduzione del gettito fiscale drastica. Il che, tra l’altro, è la ragione per cui abbiamo individuato il Ministero dell’Economia e delle Finanze quale possibile controinteressato. La depressione economica sarà causa di disoccupazione, suicidi, altre malattie, violenze domestiche. Ad esempio, ci sono studi scientifici sul rapporto diretto tra i suicidi e la disoccupazione.

Ad un esame sommario sembra, quindi, che la reazione del governo sia stata eccessiva e non fondata su una adeguata ponderazione dei dati statistici disponibili e, soprattutto, sul bilanciamento degli interessi in gioco.

  1. L’attentato alla Costituzione

Con la fine della quarantena il governo avrebbe potuto e dovuto dismettere i poteri che si era abusivamente arrogato. Ma ciò non è avvenuto. Le modalità di produzione delle norme di diritto adottate durante la fase emergenziale si sono consolidate e non è chiaro se e quando il governo vorrà far rientrare la propria attività nell’alveo dello stato di diritto che l’Italia è stata sino a marzo del 2020.

Con delibera del Consiglio dei ministri del 29 luglio 2020 il governo ha prorogato lo stato di emergenza sino al 31.10.2020, sebbene l’emergenza fosse cessata da tempo e con successiva delibera del 7 ottobre la proroga è stata ulteriormente estesa al 31.01.2021. Il decreto-legge n. 83 del 30.07.2020 ha, immediatamente dopo, esteso i poteri abusivamente attribuiti al Presidente del Consiglio dei ministri rinnovandogli le deleghe ad operare attraverso i DPCM che sono meri atti amministrativi e che non potrebbero e non dovrebbero avere alcun valore di legge. Il dittatore autonominatosi ha fatto uso dei poteri che così il suo governo gli aveva delegato adottando i DPCM del 14.07., 7.08. e 7.09.2020. Codesti provvedimenti, oltre a limitare in modo deciso una serie di diritti fondamentali come la libertà di movimento, la libertà personale, il diritto allo studio e al lavoro, non lo fanno nemmeno in via diretta, ma adottano le norme attraverso l’allegazione al decreto di una serie di “protocolli” adottati da non meglio definite “parti sociali”.

Per riassumere la situazione: il governo per decreto-legge delega i poteri legislativi al suo presidente, costui fa uso della delega derogando non solo alle leggi, ma anche alla stessa carta costituzionale e ciò non avviene direttamente, ma mercé l’assunzione quali atti aventi forza di legge di una serie di protocolli.

Il tutto potendo contare su di un parlamento la cui maggioranza, come è stato dimostrato dalle recenti elezioni amministrative non coincide più con la volontà degli elettori con la conseguenza che, posti di fronte allo spauracchio di una crisi di governo e di possibili elezioni anticipate, i parlamentari sono disposti ad approvare qualsiasi provvedimento venga loro proposto dal governo spesso abusando dell’arma di ricatto della questione di fiducia.

Appare evidente come nella situazione attuale la natura di repubblica parlamentare che il nostro paese aveva è un lontano ricordo. Il paese è in mano ad un direttorio costituito dal suo governo, ormai sottratto a qualsiasi controllo parlamentare, ed in particolare al suo presidente che si è arrogato funzioni e poteri dittatoriali approfittando dell’emergenza del Covid-19, coadiuvato da un comitato di presunti scienziati, nominati con provvedimento discrezionale del direttore del Dipartimento della Protezione Civile.

L’attentato all’ordinamento costituzionale perpetrato dal governo e dal suo presidente viene attuato con l’uso della forza e della minaccia. Infatti, l’esecuzione delle misure adottate (quarantene, obbligo di mascherine, divieto di spostamento ecc.) avviene mediante l’uso delle forze di polizia sottoposte ad un vero e proprio sviamento delle funzioni giacché invece che tutori della legge e della costituzione gli ufficiali e agenti di polizia sono stati costretti a farsi esecutori di provvedimenti illegali ed illegittimi come i DPCM in questione.

Il sistema instaurato ha altresì condotto ad una grave alterazione dello stesso principio democratico. Infatti, in occasione della celebrazione del referendum costituzionale e delle elezioni amministrative un numero non accertabile di elettori è stato impedito nell’esercizio del proprio diritto di voto a causa del divieto di accedere ai seggi senza mascherina chirurgica. In altri termini le recenti elezioni si sono svolte senza che i presidenti di seggio potessero riconoscere effettivamente chi si recava a votare, poiché vi era l’obbligo di recarsi mascherati e irriconoscibili al seggio e molti elettori non sono stati fatti entrare per votare perché rifiutavano giustamente di obbedire all’imposizione incostituzionale della mascherina che costituisce l’ennesima violazione della libertà personale perpetrata dal governo.

Lo svolgimento irregolare delle elezioni costituisce l’ultimo tassello nell’ambito di un disegno eversivo cui occorre mettere fine e cui solo la magistratura potrà porre rimedio esercitando la sua funzione di tutore della legalità anzitutto costituzionale.

L’impedimento al regolare svolgimento delle elezioni fa il paio con la pressoché totale chiusura del parlamento dove, nemmeno i deputati e i senatori possono più esercitare regolarmente le proprie funzioni giacché la discussione parlamentare è impedita dall’obbligo generalizzato di indossare la mascherina.

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Nei fatti come sopra descritti sommariamente è agevole scorgere la commissione di numerosi gravi reati che qui di seguito elenchiamo:

  1. Associazione per delinquere (art. 416 c.p.) finalizzata al compimento di una serie di reati fine quali:
  2. Attentato alla costituzione (art. 283 c.p.): per il sostanziale snaturamento del procedimento descritto dalla costituzione per la produzione delle fonti di diritti e l’arrogazione in capo al presidente del consiglio di poteri che non gli sono propri;
  3. Strage (art. 285 c.p.): per la diffusione di protocolli di cura errati e dannosi (intubazione dei pazienti che avrebbero potuto essere curati con normali terapie a base di antinfiammatori e cortisone) causando la morte di decine di migliaia di persone;
  4. Usurpazione di potere politico (art. 287 c.p.): per l’arrogazione in capo al presidente del consiglio dei poteri congiunti del governo, del presidente della repubblica e del parlamento con la creazione di un nuovo organo costituzionale dittatoriale munito di tutti i poteri legislativi ed esecutivi;
  5. Attentato contro gli organi costituzionali (art. 289 c.p.): per l’impedimento al regolare svolgimento delle funzioni del parlamento;
  6. Attentato contro i diritti politici dei cittadini (art. 294 c.p.): per l’irregolare svolgimento delle elezioni (impossibilità di riconoscimento degli elettori mascherati e rifiuto di far votare chi non indossava la mascherina);
  7. Interruzione di pubblico servizio (art. 331 c.p.): per il blocco di tutte le attività degli uffici pubblici durante la quarantena;
  8. Epidemia (art. 438 c.p.): per la diffusione indisturbata del contagio da gennaio a marzo 2020 senza l’adozione di alcuna misura di cautela;
  9. Turbata libertà dell’industria o del commercio (art. 513 c.p.): per il blocco di quasi tutte le attività lavorative durante la quarantena con la conseguente distruzione dell’economia italiana;
  10. Lesioni personali (art. 582 c.p.): per i danni fisici subiti da tutti coloro che sono stati curati con protocolli terapeutici errati a causa delle indicazioni del Ministero della salute e del divieto di svolgere le autopsie;
  11. Omicidio (art. 575 c.p.): per la morte cagionata a tutti coloro che sono stati curati con protocolli terapeutici errati a causa delle indicazioni del Ministero della salute e del divieto di svolgere le autopsie;
  12. Istigazione al suicidio (art. 580 c.p.): per il suicidio delle numerose persone trovatesi sole, senza lavoro e senza possibilità di muoversi nel territorio della repubblica che hanno inteso porre fine alla propria vita per la depressione e disperazione causata dalla quarantena;
  13. Sequestro di persona (art. 605 c.p.): per il divieto di allontanarsi dal proprio domicilio durante il periodo di quarantena;
  14. Violenza privata (610 c.p.) per l’imposizione delle violazioni della costituzione con la violenza attuata dagli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria o la minaccia di un male ingiusto costituito dalle multe per le violazioni dei DPCM;
  15. Minaccia (art. 612 c.p.) per la minaccia di irrogazione di un male ingiusto (le multe) in caso di esercizio di diritti costituzionalmente garantiti come il diritto al lavoro, la libertà personale, di riunione, di culto, di libera circolazione;
  16. Atti persecutori (art. 612-bis c.p.) per la reiterazione delle minacce e dei divieti in modo tale (a causa della comunicazione quotidiana del bollettino dei morti) da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella maggioranza della popolazione italiana;
  17. Procurato allarme (art. 658 c.p.): per la diffusione di notizie allarmistiche sulla pericolosità del Coronavirus;
  18. Abuso della credulità popolare (661 c.p.): per l’induzione in errore della generalità del pubblico in relazione alla contagiosità, alle cure ed ai rimedi contro il Covid-19.

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5) I fatti successivi al 7.09.2020

  1. Aggravamento della situazione successivamente alla denuncia dell’8.10.2020 – reiterazione dei reati denunciati

I gravi reati di attentato alla costituzione (art. 283 c.p.), usurpazione di potere politico (art. 287 c.p.), attentato contro gli organi costituzionali (art. 289 c.p.), interruzione di pubblico servizio (art. 331 c.p.), turbata libertà dell’industria o del commercio (art. 513 c.p.), violenza privata (art. 610 c.p.), minaccia (art. 612 c.p.), atti persecutori (art. 612-bis c.p.) procurato allarme (art. 658 c.p.) e abuso della credulità popolare (661 c.p.) sono continuati in seguito alla presentazione della denuncia in data 8.10.2020.

La situazione descritta sopra e già denunciata presso molte Procure della Repubblica è cristallizzata al DPCM del 7.09.2020. Nelle more i soggetti denunciati hanno proseguito l’attività criminosa aggravandone gli effetti.

Infatti, si sono verificati i seguenti ulteriori fatti:

  • Adozione da parte del governo della delibera del 7.10.2020 di proroga dello stato di emergenza sino al 31 gennaio 2021;
  • Adozione dell’ordinanza del 7.10.2020 del Ministero della Salute
  • Adozione del DPCM 13.10.2020 con i relativi allegati;
  • Adozione del DPCM 18.10.2020
  • Adozione del DPCM del 24.10.2020 (tuttora in bozza)

I provvedimenti adottati costituiscono l’ennesima grave violazione di una serie di diritti fondamentali costituzionali e precisamente:

  • Gli articoli 1, 2, 4, 35 e 36 nella misura in cui impediscono o rendono sommamente difficoltoso l’esercizio del diritto allo svolgimento di un’attività lavorativa, mediante l’imposizione di una serie di obbligazioni (misurazione della temperatura, sanificazione, obbligo di utilizzo delle mascherine chirurgiche o di comunità, introduzione di orari obbligatori di chiusura) che mortificano ogni tipo di lavoro bloccando di fatto l’acquisizione del benessere materiale e morale del paese che è stato precipitato, a causa delle disposizioni governative, in una crisi economica senza precedenti. L’ultima versione del DPCM prevede la sostanziale imposizione di un coprifuoco con l’obbligo per i ristoranti ed i pubblici esercizi di chiudere alle ore 18;
  • l’art. 13 nella misura in cui gli atti di cui sopra impongono a chicchessia l’uso, anche all’aperto, delle mascherine di protezione del naso e della bocca. I provvedimenti sopra citati costituiscono una grave violazione del diritto fondamentale, costituzionalmente tutelato, della libertà personale le cui limitazioni sono ammesse solo in forma individuale e con la doppia garanzia della riserva di legge e dell’intervento del magistrato. Infatti, l’art. 13 Cost. prevede: “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale né qualsiasi altra restrizione della libertà personale se non per atto motivato dall’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.”

Apparentemente il Presidente del consiglio e il Ministro della Salute hanno ritenuto di agire in applicazione dell’art. 32 della legge 833/78 il quale istituisce il potere di ordinanza contingibile e urgente in materia di sanità, ma l’imposizione dell’uso all’aperto delle mascherine chirurgiche non può rientrare nel concetto di ordinanza contingibile e urgente. Infatti, come stabilito dalle due decisioni fondamentali della Consulta in tema di ordinanze contingibili e urgenti (C. cost. sent. n. 8 del 20 luglio 1956 e C. Cost. sent. n. 26 del 27 maggio 1961) siffatto potere non può estendersi alle materie tutelate dalla riserva di legge costituzionale in quanto incidenti sui diritti fondamentali: “nei casi in cui la Costituzione stabilisce che la legge provveda direttamente a disciplinare una determinata materia (per esempio, art. 13, terzo comma), non può concepirsi che nella materia stessa l’art. 2 [del TULPS nel testo allora vigente] permetta la emanazione di atti amministrativi che dispongano in difformità alla legge prevista dalla Costituzione.”

Pertanto, il presunto potere di ordinanza contingibile e urgente è stato esercitato in modo illegittimo e illegale. Il motivo addotto per costringere chiunque a portare la mascherina, anche all’aperto sarebbe l’aumento dei “casi”. I “casi” sono le persone sane, sottoposte a test per il Coronavirus che risultino positive pur senza alcun sintomo. I provvedimenti adottati non indicano alcuna ragione scientifica o istruttoria amministrativa per l’adozione di una misura del genere limitandosi a rinviare a taluni verbali del Comitato Tecnico-Scientifico di cui solo il n. 106 è disponibile sul sito della Protezione Civile. I verbali successivi a tutt’oggi non sono disponibili e se ne chiede l’acquisizione da parte del Pubblico Ministero.

L’obbligo di uso generalizzato delle mascherine è stato introdotto mediante la modificazione del decreto-legge n. 19 del 25.03.2020 ad opera del decreto-legge n. 125 del 7.10.2020 che introduce all’art. 1 del predetto d.l. 19/2020 una lettera hh-bis) del seguente tenore: “obbligo di avere sempre con sé dispositivi di protezione delle vie respiratorie, con possibilità di prevederne l’obbligatorietà dell’utilizzo nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all’aperto a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi, e comunque con salvezza dei protocolli e delle linee guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali, nonché delle linee guida per il consumo di cibi e bevande, restando esclusi da detti obblighi:

1)  i soggetti che stanno svolgendo attività sportiva;

2)  i bambini di età inferiore ai sei anni;

3)  i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina, nonché coloro che per interagire con i predetti versino nella stessa incompatibilità.”

L’introduzione dell’obbligo in parola è rimessa non al legislatore, ma con le consuete modalità che sovvertono il procedimento legislativo e la gerarchia delle fonti del diritto nell’ordinamento italiano, ad un atto amministrativo emanato da un organo monocratico e cioè il Presidente del Consiglio dei Ministri.

L’obbligo di indossare una mascherina è sanzionato molto severamente con l’utilizzazione delle sanzioni amministrative di cui al decreto-legge 19/2020 stabilite nell’importo da Euro 400,00 a Euro 1.000,00, importi molto elevati, in grado di impensierire seriamente qualsiasi famiglia di lavoratori, specie nell’attuale situazione di crisi economica indotta dai provvedimenti del governo. Pertanto, l’operare congiunto dell’obbligo introdotto dal DPCM e delle sanzioni amministrative costituisce la minaccia di un male ingiusto sostenuta dall’apparato poliziesco a disposizione dello Stato. L’obbligo delle mascherine viene, inoltre, sistematicamente perseguito attraverso la creazione di un clima di terrore. Lo scopo evidente è quello di convincere la popolazione dell’esistenza di un rischio gravissimo, che dati alla mano non sussiste, allo scopo di indurre tutti ad azioni inutili e dannose con la sola finalità del calcolo politico e della istituzione di figure carismatiche il cui scopo è quello di presentarsi, senza alcuna giustificazione, come salvatori della salute pubblica.

La giustificazione “scientifica” per l’imposizione di una grave limitazione della libertà personale nonché per il divieto di circolare in pubblico mostrando il proprio viso, cioè la propria identità di persona, deriverebbe da un lato dalla presunta esistenza di studi che dimostrerebbero l’utilità delle mascherine al fine di impedire o limitare la trasmissione di virus respiratori per via aerea, dall’altro dall’aumento di quelli che ora vengono definiti “casi”, cioè la raccolta a fini statistici di tutti coloro che risultino positivi al test del tampone naso-faringeo PCR, indipendentemente dal fatto che presentino o no dei sintomi influenzali.

In disparte la questione assorbente che considerazioni scientifiche non possono valere per annullare o sospendere il diritto di libertà personale, entrambe le giustificazioni sono fallaci.

Secondo due studi (liberamente consultabili su https://corona-ausschuss.de/dokumente/), uno del Dr. Denis G. Rancourt e l’altro della Prof. Ines Kappstein, medico primario ospedaliero e docente di immunologia, igiene e virologia, le mascherine sono l’inefficaci per mere ragioni dimensionali delle goccioline di vapore acqueo disperse con la respirazione e la conversazione. Dette goccioline hanno una dimensione tale da consentirne il passaggio attraverso la mascherina e comunque dai lati aperti della stessa con la conclusione della totale inutilità dei dispositivi di protezione sia per proteggere chi li usa sia per tutelare le altre persone.

In relazione ai tamponi nasofaringei PCR (polymerase chain reaction) si tratta, per dichiarazione stessa del loro inventore Kary Mullis, di strumenti utili al fine di replicare delle sequenze di DNA o di RNA, ma perfettamente inutili a fini diagnostici giacché il sistema adottato snatura le sequenze genetiche mediante il loro riscaldamento a temperature molto elevate (95°C) e genera una riproduzione artificiale della sequenza, amplificabile per decine di volte laddove il segnale (la sequenza cercata) sia presente in forma debole, ossia quantitativamente scarsa. Presupposto per l’efficacia del test è la conoscenza del genoma che si sta cercando, ossia che il virus (o la sequenza di RNA o DNA) che si sta cercando sia stata preventivamente isolata. Non solo quest’ultimo presupposto è altamente controverso nella comunità scientifica ma è altresì noto che il primo tampone PCR messo a punto dal Prof. Drosten dell’ospedale Charitè di Berlino era stato elaborato nel gennaio del 2020 non sulla base dell’isolamento in laboratorio della sequenza del Covid, ma delle informazioni pervenute dalla Cina. Ma l’elemento di maggior dubbio che aduggia l’applicazione della tecnologia PCR – ed è la ragione per cui saggiamente Mullis aveva indicato l’inutilità del test a fini diagnostici o terapeutici – è che l’oggetto dell’indagine è la ricerca di un filamento di RNA virale, ma non il virus in sé. I virus, come pure è noto, sono delle membrane di grasso – ragione per cui il sapone e l’alcool che sciolgono la membrana di grasso hanno un effetto disinfettante – contenenti un filamento di DNA o RNA. Essi possono infettare un organismo vivente nella misura in cui le caratteristiche della membrana consentano al virus di agganciarsi alla parete della cellula e di rilasciare al suo interno il filamento di DNA o RNA che, giunto al nucleo della cellula, fa sì che questa replichi il virus determinando in questo modo il propagarsi e l’aggravarsi della malattia all’interno dell’organismo ospite. Il corpo si difende dalle cellule infettate dal virus mediante i leucociti (globuli bianchi) che le distruggono. Il risultato di tale attacco alle cellule infettate può essere quello che rimangano all’interno dell’organismo ospite frammenti – ormai inerti – dell’RNA virale, non più attivo perché privo della membrana esterna. Il test PCR, atteso che è finalizzato solo alla ricerca del filamento di RNA o DNA, è per definizione incapace di accertare l’esistenza di un virus attivo all’interno del corpo del paziente esaminato. Pertanto, un soggetto che risulti positivo al test PCR potrebbe essere infettato dal virus attivo, ma potrebbe anche essere un soggetto che abbia avuto il virus in passato e che, superato l’attacco virale attraverso il proprio sistema immunitario, abbia dei residui filamenti di RNA virale nel proprio corpo. Il che sembrerebbe confermato dalla grande mole di persone asintomatiche cioè sane.

Ciò posto, i “casi”, cioè le persone trovate positive al test PCR, sono un dato in sé neutro o irrilevante e, fermo restando che le considerazioni mediche sono inconferenti laddove si tratti di valutare la violazione dei diritti fondamentali costituzionali, non legittimano alcuno degli interventi adottati dalle persone denunciate nemmeno da un punto di vista scientifico.

  • Violato è altresì l’art. 32 Cost. da tutte le disposizioni del governo e del Ministro della Salute che prevedono l’uso obbligatorio delle mascherine chirurgiche e la sottoposizione obbligatoria al tampone naso-faringeo PCR, come ad esempio per il caso di chi faccia ritorno nel territorio della Repubblica Italiana proveniente dall’estero. La norma costituzionale in questione, che ha trovato pratica attuazione nel dettato legislativo della Convenzione di Oviedo (legge 145/2001) e nella legge 219/2017, vieta l’attuazione di qualsiasi procedura medica e diagnostica se non su base volontaria stabilendo altresì la necessità che l’operatore medico informi in modo completo ed esaustivo il paziente che ha diritto di conoscere su base individuale la natura del trattamento, le indicazioni terapeutiche, gli effetti collaterali ed indesiderati, i rischi e i benefici della terapia proposta. Non sono ipotizzabili né ammissibili in uno stato di diritto una terapia medica, un trattamento diagnostico o un presidio sanitario prescritti per atto amministrativo alla generalità dei cittadini poiché ciò viola in modo inammissibile le garanzie costituzionali che integrano lo stato di cittadino a differenza di quello di suddito esposto ai capricci del sovrano o dei suoi consulenti.
  • Violazione della libertà di riunione (art. 17 Cost.). L’art. 1, comma 6, lett. n) del DPCM 13.10.2020 vieta feste, sagre e fiere. Ciò costituisce una evidente violazione della norma costituzionale che garantisce a tutti i cittadini la libertà di riunirsi. E’ bene ricordare che l’art. 2 Cost. riconosce (come diritti naturali innati che precedono lo stato) i diritti fondamentali sia nella loro dimensione individuale (libertà personale) sia in quella collettiva (le formazioni sociali dove si svolge la personalità dei cittadini). La libertà di incontrare e vedere altre persone è dunque parte integrante e sostanziale di uno statuto di libertà collettivo ed impedirne lo svolgimento significa istituire uno stato totalitario in cui il cittadino è solo di fronte al potere, isolato come vittima e paziente di un’organizzazione politico-terapeutica che pretende di regolamentarne la vita sin nei minimi dettagli negandogli lo status di uomo libero in cui la condizione di cittadino di una democrazia parlamentare dovrebbe consistere. Infatti, ciò che dovrebbe caratterizzare le moderne democrazie occidentali dopo il superamento dei totalitarismi comunisti e nazi-fascisti non è tanto e non solo il metodo democratico quanto l’esistenza di limiti invalicabili alle potestà del governo, pur se democraticamente eletto.
  • Violazione degli artt. 7 (indipendenza della chiesa cattolica) e 19 Cost. (libertà di culto). Con la sconcertante complicità della Conferenza Episcopale Italiana il governo ha ritenuto di coartare anche la libertà di culto dettando minuziose disposizioni in merito alla modalità di somministrazione dei sacramenti, alla sospensione di alcuni di essi, alla raccomandazione di dispensa dal precetto di santificare la domenica. Una simile invasione delle competenze esclusive della chiesa non si era vista dai tempi delle dittature comuniste e nessuno dei pur pessimi governanti che si sono susseguiti a martoriare la nostra sfortunata penisola si era mai spinto fino a tal segno. Potrà essere che la chiesa cattolica abbia ormai abdicato al suo ruolo di tutela dei suoi fedeli, ma fortunatamente la costituzione vieta un simile intervento dello stato negli affari religiosi che devono essere liberi da ogni ingerenza statale.
  • Violazione degli artt. 33 e 34 Cost. (diritto allo studio).

I “protocolli” – la nuova fonte di diritto inventata dal Presidente del Consiglio – prevedono per gli alunni delle scuole e delle università l’obbligo di quarantena laddove uno di essi sia colto positivo al tampone, ovviamente indipendentemente dall’esistenza di una sintomatologia e subordinano il rientro a scuola o nelle aule universitarie alla decisione del Dipartimento di Prevenzione della locale azienda sanitaria. Con la conseguenza che l’esercizio di un altro diritto costituzionale è rimesso alla decisione di un organo amministrativo a ciò delegato da un altro organo amministrativo.

  1. Istigazione a delinquere

L’obbligo di mascherina impone ai cittadini di agire in violazione dell’art. 5 della legge n. 152/1975 e dell’art. 85 TULPS che vietano entrambi di circolare in pubblico o in luoghi aperti al pubblico con mezzi che rendano difficoltoso il riconoscimento della persona. Pertanto, vi è un contrasto insanabile tra i DPCM e i vari provvedimenti amministrativi che prevedono le mascherine e le leggi della repubblica che i cittadini e gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria sono obbligati a rispettare.

  1. Necessità ed urgenza di impedire la commissione di altri reati – richiesta di misure cautelari personali

Non pago di avere emanato ben due DPCM in rapida successione il Presidente del Consiglio ha già adottato un altro analogo provvedimento allo scopo di introdurre sostanzialmente il coprifuoco in un orario serale e notturno mediante la chiusura forzosa dei pubblici esercizi e la previsione della chiusura di piazza e strade con ulteriore lesione del diritto alla libera circolazione di cui all’art. 16 Cost.

Il divieto di circolazione e movimento durante le ore notturne è ovviamente l’ennesima gravissima violazione degli artt. 13 e 16 della Costituzione repubblicana ed è necessario che la Procura della Repubblica impedisca ai denunciati di portare a termine il disegno criminoso di cui essi hanno già dato pubblico annuncio, tanto che la circostanza appartiene al notorio.

E’ necessario e urgente che il governo e i Presidenti delle Giunte Regionali siano fermati, con la massima urgenza e questo compito grava sulla magistratura. Solo un provvedimento cautelare penale può bloccare lo scempio della libertà e della costituzione che si sta svolgendo sotto gli occhi dei cittadini. Solo un intervento di questo genere è in grado di scongiurare il ricorso alla violenza; e che si tratti di un rischio concreto ed imminente è dimostrato dai fatti delle ultime ore. Posti di fronte alla prospettiva della rovina economica molti cittadini, condotti alla disperazione ai provvedimenti del governo, hanno ritenuto di farsi giustizia da sé.

Il requisito di cui all’art. 273 c.p.p., ossia la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sembra pertanto pienamente soddisfatta atteso che la prova dei reati denunciati è pubblica ed evidente essendo racchiusa in provvedimenti noti a tutti e pubblicati in Gazzetta Ufficiale o in annunci pubblici fatti dai denunciati a più riprese.

Sussistono altresì le esigenze cautelari di cui all’art. 274, lettera c), c.p.p.

Infatti, il pregresso comportamento delle persone denunciate e le loro pubbliche proclamazioni dimostrano la sussistenza di un pericolo concreto e attuale che costoro commettano gravi delitti con l’uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale. Infatti, l’attuazione prevista del coprifuoco dovrebbe avvenire mediante la collaborazione delle forze di polizia e, forse, anche dell’esercito come da più parti è stato richiesto. Ciò non solo significherebbe la sospensione sine die delle libertà fondamentali sancite dalla Costituzione ma la trasformazione del nostro paese in uno stato di polizia in cui tutti i movimenti dei cittadini sarebbero soggetti al controllo da parte del governo attuato con l’uso o la minaccia della violenza.

Questo è un capitolo drammatico e doloroso della storia del nostro paese e il compito di ripristinare la libertà violata spetta agli organi della giurisdizione penale, almeno sino a che anche la loro azione non sarà impedita e coartata dal governo che sta perseguendo con determinazione il suo disegno eversivo della legalità costituzionale.

E’ un provvedimento gravoso quello che chiediamo a codesta Procura della Repubblica, un provvedimento che cambierà le sorti del nostro paese e che determinerà una crisi istituzionale senza precedenti nella nostra storia, ma la via giudiziaria è l’unica possibile, l’unica, soprattutto, in grado di scongiurare la ribellione violenta che una così gravosa limitazione delle libertà fondamentali sarebbe in grado di provocare. L’Italia per come la conosciamo sta correndo un pericolo esistenziale. Per trovarne di analoghi occorre tornare agli anni delle guerre mondiali e dell’instaurazione del fascismo. Sono occasioni in cui l’azione di pochi individui è in grado di cambiare il corso della storia. E questo compito spetta al Procuratore della Repubblica in epigrafe che, come ci auguriamo, avrà la saggezza per trovare la misura cautelare adeguata al fine di scongiurare la commissione dei delitti gravissimi in danno della totalità dei cittadini italiani che sono stati preannunciati.

*.*.*.*

Tutto ciò premesso il denunziante sporge formale denuncia-querela contro il Presidente del Consiglio dei ministri GIUSEPPE CONTE, il Ministro della Salute ROBERTO SPERANZA, il Ministro dell’Interno LUCIANA LAMORGESE, il Ministro dell’Istruzione LUCIA AZZOLINA nonché il Direttore del Dipartimento della Protezione Civile ANGELO BORRELLI e il Commissario Straordinario DOMENICO ARCURI nonché il Presidente della Regione […], il Sindaco di […], il Prefetto della Provincia di [..] nonché gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, ancora da identificare, che s siano resi complici nell’attuazione dei provvedimenti incostituzionali del governo e degli altri soggetti denunciati in contrasto con il loro giuramento di fedeltà alla Costituzione, salvo gli altri concorrenti nel reato che saranno accertati dalla Procura della Repubblica chiedendo l’esercizio dell’azione penale nei loro confronti con richiesta di avviso ex art. 408 c.p.p. in caso di richiesta di archiviazione e con riserva di costituzione come parte civile nel procedimento che sarà instaurato.

Luogo, data

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23 commenti

  • silvio Esposito ha detto:

    Noi ci troviamo in questo momento a rivivere la tirannia dei faraoni egiziani contro Mosè e il suo popolo. Quando non ci sono vie d’uscita allora interviene Dio. Un intervento che non si può neppure immaginare nella sua grandezza e potenza, enormemente più forte e imprevedibili di quello contro i faraoni, perchè si tratta di abbattere la massoneria universale. Il Cuore Immacolato di Maria salverà il “piccolo resto”. Sopportiamo questa momentanea schiavitù al grido “Vieni Signore Gesù”, i popoli del mondo invocano l’aiuto l’insidia del maligno incalza ognor più, soccombera la terra travolta dal peccato se non soccorri tu.

  • GIORGIO VIGNI ha detto:

    Intanto un grazie a bacan Tosatti. Ricordo,a tutti che il Padre è libertà assoluta. Magari serve far qualcosa. A seguito “inutili” denunce, non è questa la strada, servono soluzioni……cioè nobili scuse per non compromettersi, come i cristiani, animosi, d’oggi, Giuseppi è stato chiamato il 17 nov. al tribunale di TN. Non siamo soliti usare il servile mantra ” ho fiducia nella giustizia” no, ci limitiamo a pensare che non tutti i giudici siano dei Palamara et ita sufficit. Se c’è qualche uomo libero ancora, non suddito decerebrato di nuova liturgia, lo invito a contattarmi, costa solo una firma ed al massimo, una marca da bollo di Eur.3,87. Non è a buon mercato la LIBERTA’? Amen, amen.

    G.Vigni
    P.S. L’avv. Fusillo non ci guadagna una lira, anzi…… Questo dovevo ai ben informati dei mantra, politicamente corretti.

    • paolo deotto ha detto:

      Grazie, caro Vigni! A Milano diciamo “tiremm innanz” , ossia tiriamo avanti, non fermiamoci. Ma ricordiamo anche il grande Giovannino Guareschi, con la sua celebre frase: “Non muoio neanche se mi ammazzano”.

  • Creazionista ha detto:

    Tutto vero ma completamente inutile. La denuncia di Taormina è stata da tempo archiviata con grandi battiti di grancassa su radio e tv. La palamara sessantottina ha già immensi elementi per intervenire anche senza le denunce, ma non lo fa perché, insieme al testa canuta, è parte integrante del sistema tirannico che si vuole imporre. Idem per la cosiddetta opposizione, i cosiddetti governatori leghisti fanno a gara con lo sceriffo per escogitare provvedimenti totalitari. Solo la guerra atomica ci può salvare…

  • : ha detto:

    «IV FASE: La sospensione delle garanzie e delle libertà costituzionali, attentato alla costituzione»

    E al “Garante della Costituzione”, nessun accenno?

  • Maria Michela Petti ha detto:

    Un “mattone” in fase e per addetti allo smart working.
    Già in condizioni considerate “normali” le denunce – le più svariate – sono rimaste sugli scaffali in attesa di tempi migliori che non sono mai o non ancora arrivati, figuriamoci ora! Per di più con l’ “emergenza” che fagocita tutto il resto e… tutto scusa…
    Si è forse avuto un riscontro ad analoghe, meritorie, iniziative promosse – se ricordo bene – a seguito delle norme emanate circa le celebrazioni liturgiche con i Decreti della primavera scorsa?

  • Nonagesimus annus ha detto:

    Ci mancano solo l’oscuramento, i partigiani, le incursioni notturne di Pippo, Radio Londra, la voce dell’America e poi possiamo dire di essere ritornati pari pari al 1944. Dittatura, pancia vuota, terrorismo, morte. Ahinoi!

  • Alfredo ha detto:

    A prescindere dall’adesione all’iniziativa. Che personalmente ritengo buona solo per le tasche degli avvocati (e non mi si dica che non è necessario l’avvocato per sporgere denuncia perché il bello viene dopo, nel caso) continuo a non leggere nulla su soluzioni alternative applicabili! Date soluzioni se le avete a portata di mano!

    • : ha detto:

      Ma che sciocchezze!

      Lei ha idea di quanto si becca dei nostri soldi il Primo Ministro?, e gli altri Ministri? e il Capo della Protezione Civile e gli altri ecc. ecc.? E le centinaia di consulenti che – ormai è chiaro come il sole – hanno prodotto solo danni? Soldi nostri anche quelli dati agli pseudoconsulenti?

      Qui si stanno denunciando dei reati commessi da chi viene abbondantemente pagato da noi, e Lei li difende. Evidentemente fa parte della stessa cricca…

      • Alfredo ha detto:

        Sui tanti soldi buttati e non da ora non ci sono dubbi! Ma ripeto la domanda: quali soluzioni alternative?? Smoccolare serve a poco.

        • : ha detto:

          O continua a non capire, oppure… è peggio.

          Non le alternative, ma le soluzioni avrebbero dovuto trovarle quelli che sono profumatamente pagati per farlo. Loro – mica noi – hanno tutti gli strumenti necessari per far fronte a delle situazioni particolari fuori del comune, soltanto che si sono dimostrati incapaci ed anche peggio.

          Noi non siamo al governo; noi abbiamo invece il diritto, visto che paghiamo le tasse (e che tasse…) di essere salvaguardati dagli eventi negativi, non di trovare soluzioni o alternative.

          Che non solo quei signori hanno sbagliato tutto, ma che su questo ci sono anche dei forti sospetti di dolo, è una cosa che, se Lei invece di fare domande fuori luogo avesse letto quanto scritto nella denuncia, avrebbe capito che è molto circostanziata.

          • : ha detto:

            Volevo dire che la denuncia, “è molto circonstanziata”, riguardo agli elementi che fanno sospettare del dolo (come la diffusione del terrorismo attraverso, per esempio, i bollettini funebri serali)

    • Enrico Nippo ha detto:

      Non ci sono “soluzioni alternative applicabili”.

      Il Potere arrogante e corrotto può essere abbattuto soltanto con la forza.

      Ma la turlupinatura democratica non lo permette: la non-violenza è lo scudo infame dietro cui si ripara il despota democratico.

      In altri termini: noi abbiamo il potere e voi, al massimo, protestate pacificamente, così noi continuiamo a darvelo nel deretano.

      Viva il Re!

    • Albert Nextein ha detto:

      Soluzioni.
      Non votare.
      Non versare il pizzo fiscale.
      Scendere in armi.

      Ne hai tu di alternative?
      Forse , petizioni, manifestazioni, sciopero della fame e della sete, richiesta di aiuto a politici “amici” , pregare, affidarsi allo spirito santo?
      Che ne dici di emigrare?

    • Ateo Devoto ha detto:

      Secondo lei, si arriverebbe in fase di dibattimento ?
      Le ricevono e le archiviano; gli unici soldi che si spendono sono i 10€ per la Raccomandata R/R che finirebbero nelle tasche dello Stato.
      E proprio per non finanziare ulteriormente lo Stato, credo sia meglio lasciare perdere.

  • paolo deotto ha detto:

    Un’eccellente disamina e uno strumento utilissimo. Io credo che sia dovere morale di ogni italiano (che non abbia deciso di arrendersi) sporgere una denuncia. Adesso abbiamo lo strumento già pronto. Usiamolo. E ringraziamo Stilum Curiae e l’avv. Fusillo.

  • Alda ha detto:

    Arrivare in fondo é dura😕😕

    • GIORGIO VIGNI ha detto:

      Egregio Deotto, grazie. C’è sempre gioia quando si crede nella LIBERTA’.

      G.Vigni