MONOPOLI, UN’INCHIESTA. I PRETI E IL POTERE CLERICALE.
13 Ottobre 2020
Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali, un amico mi ha mandato questo editoriale-inchiesta di Vitantonio Marasciulo, pubblicato su Il Borgo di Monopoli. Ringraziamo l’autore e condividiamo con piacere questo articolo, che contiene molti e interessanti elementi di riflessione sulla situazione attuale della Chiesa, italiana soprattutto. Buona lettura.
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I l B o r g o
Mensile storico di Monopoli
Anno XXVII – n. 8 – OTTOBRE 2020
PRETI & POTERE CLERICALE AL BIVIO!!!
Sotto accusa la modernità e il senso d’essere chiesa
Si dice che dei sacerdoti non si deve parlare, sono al di sopra della verità e si fa dunque peccato. Questo articolo-inchiesta, lo diciamo subito, è ispirato allo scritto di don Paolo Gentili (Direttore Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia della CEI) “Vivere nelle comunità parrocchiali”, che si rifà all’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco. Il prete pone in evidenza la natura dei mali che attraversano la chiesa e i sacerdoti.
Il presente articolo-inchiesta giunge alle stesse conclusioni. Ma dal basso, più vicino al linguaggio della gente. Non è dunque frutto di pettegolezzi o di pregiudizi verso i sacerdoti, semmai obbedisce al principio di creare maggiore unità nella Chiesa se solo ci fossero delle migliori condizioni, che esplicitiamo in questa sede. I “Preti nella bufera”, evocato dal titolo, fa riferimento ai parroci di Monopoli e in generale ai sacerdoti. Prendiamo le mosse dalla seguente domanda:
E’ vero o non è vero che le attese dei fedeli sono spesso inevase?
Perché il popolo di Dio vive oggi una diffusa crisi di fede?
Forse qualcosa non va e quel qualcosa lo si può chiamare pettegolezzo, (Angelus del 6/09/20 di papa Francesco). Quel qualcosa sono le denunce che si sono attivate in questi anni e che hanno messo in evidenza in maniera tragica gli abusi nella chiesa. Come sono iniziati? Col vocio, il chiacchiericcio, fino ad assurgere la dignità della denuncia: abusi sui bambini, seminaristi, adulti, suore, turbolenze nelle finanze… Possono essere rubricate a pettegolezzo?
E’ pettegolezzo se affermassimo che i sacerdoti a Monopoli (non tutti) vivono negli agi, nelle comodità, nel vangelo del mondo, non quello di Cristo.
Il ministero sacerdotale è tale se si vive sotto la croce. “La verità più profonda ed essenziale del sacerdozio di Cristo è la dimensione del sacrificio”, ha affermato in una sua biografia san Giovanni Paolo II (papa Wojtyla).
MODERNITA’ NELLA CHIESA
Per orientare il lettore, questo scritto ha il fine di denunciare la modernità nella chiesa. Ma anche di sottolineare quanto sia triste la realtà di quei fedeli, (tanti), malati, smarriti, sofferenti nel corpo e nello spirito che non trovano ristoro nei parroci. Su cui gravano delle serie responsabilità per ciò che potevano fare e non hanno fatto. Altro che ospedale da campo… espressa a più riprese da papa Francesco.
Quali dunque le ragioni? Forse perché la Verità di Cristo non è posta in primo piano per come è relativizzata? Forse perchè nelle catechesi raramente si pronunciano denunce contro “la dittatura sia del pensiero unico, sia del relativismo, sia contro i valori anti-cristici: matrimoni omosex, utero in affitto, aborto, eutanasia, relativismo sulla famiglia”. Sono verità poste in luce proprio da papa Ratzinger nell’ultimo libro “Benedetto XVI, la vita”. Realtà che si sono così banalizzate da trasformare l’uomo alla stregua di un prodotto usa e getta. E da trasformare la famiglia voluta da Cristo in tante famiglie… in nome di una libertà che uccide.
Si fa peccato ad affermare che la chiesa della modernità fa fatica a produrre salvezza, unità, crescita di fede, mentre in nome della modernità avanzano esibizionismi, personalismi, autoreferenzialità, invidie, sacramenti burocratizzati, Eucaristia regredita a teatro, liturgie condite da danze e spettacoli vari?
Si fa peccato se si affermasse che nella chiesa vi è un deficit di ascolto? Quello compassionevole, capace di alleviare le ferite, di far sentire l’uomo accolto, compreso, rigenerato. Un parroco che non sa ascoltare e relazionare, è un parroco monco e rende la chiesa monca. Tuttavia una precisazione va fatta: che vi sono dei bravi, ma sono pochi.
Già la messa. Si fa peccato se dicessimo che è diventata più precetto, teatro, emozione. Che la si misura secondo la performance omiletica del ministro.
Visto che di Cristo dal pulpito si parla poco, in quanto lo si relativizza, pur essendo Verità Assoluta, permettetemi di aprire una parentesi in nome del diritto d’essere battezzato e per ciò stesso d’aver ricevuto il dono del sacerdozio comune, regale e profetico, come chiunque altro. Cristo è sopra ogni ideologia, sopra ogni modernità, sopra ogni altro dio, quantunque fosse illuminato. Il sincretismo alimenta l’annacquamento della fede. Cristo, Figlio di Dio, è sopra ogni altro dio, perché viene dal Padre. Cristo è Verità Assoluta sempre e in ogni tempo. E’ Amore fino alla croce, atto con il quale consegna all’uomo la suprema Verità, d’essere nato per il cielo e non per la terra. Invita a seguirlo per essere liberato dal male. Senza Cristo non si va da nessuna parte, pena il rischio di diventare sepolcri imbiancati, morti ambulanti. Cristo è vita, perché genera l’uomo alla vita. Ci insegna ad essere luce e sale della terra e a vivere le sue leggi eterne, e non quelle del mondo che corrono sui binari dell’orgoglio, dell’egoismo, della superbia, dell’arrivismo, dell’autoreferenzialità, del modernismo, della schiavitù del pensiero unico, della dittatura del relativismo, della religione del dio-uomo.
Se dicessimo che i sacerdoti, fatte le debite riserve, predicano bene e razzolano male, si fa peccato a dirlo?
E’ vero o non è vero che il pastore è colui che per vocazione ha la missione del recupero e della salvezza delle pecore, dunque il recupero e la salvezza del gregge, che ha bisogno dell’imprescindibile annuncio della Parola di Dio che forma e salva, ma anche d’essere seguito, ascoltato, aiutato, confortato, rigenerato alla fede. Vi è questo senso di vivere la chiesa fra i parroci e nella curia a Conversano e Monopoli? O vi è una chiesa-curiale che in nome della modernità e del potere ha trasformato la chiesa in una istituzione umana e i sacramenti burocratizzati? E se questa è la chiesa, il vescovo, Giuseppe Favale è specchio di questa distorsione.
Come non rendersi conto che al fedele non si può chiedere d’essere in grado di cogliere il valore salvifico della messa come valore già acquisito. Perché si dà il caso che spesso non è educato a cogliere con consapevolezza del perché va a messa. Anche se a messa si recano fedeli di una certa età, con i giovani latitanti. Nelle catechesi ci deve essere un momento di educazione al valore salvifico dell’Eucaristia, da rendere, non con parole stereotipate, ma trasudanti testimonianze di vita.
Fra gli ecclesiastici e fra i parroci si avverte inoltre un altro grave deficit: dal pulpito è latitante l’annuncio di denunciare le contraddizioni allo spirito del mondo. Questo non è segno di modernità?
La modernità non ha senso, perché la Parola di Dio è verità eterna, è verità attuale in ogni tempo. Certo, Cristo va proclamato e testimoniato secondo i costumi del tempo e non che i costumi del tempo debbano prevalere sulla Verità di Cristo, così da confinare la verità del Figlio di Dio in periferia per essere relativizzato dal vangelo del mondo. Molti preti sono su questa strada nel mondo della cristianità. Non è dunque un fatto esclusivo di Monopoli.
La modernità prende il sopravvento sulle denunce delle realtà anti-cristiche, che per il papa emerito, papa Ratzinger sono da imputarsi, (leggere ultimo libro ‘Benedetto XVI, la vita’), “all’aborto, ai matrimoni omosex, all’uomo prodotto in provetta, utero in affitto, eutanasia, dittatura del pensiero unico e dittatura del relativismo”.
A proposito di modernità, San Paolo VI, colui che portò a termine i lavori del Concilio Vaticano II, disse all’indomani del Concilio: “Il fumo di satana è entrato nel tempio di Dio”. E aggiunse: “Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. E’ venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza. E’ il relativismo che trionfa, non il messaggio evangelico”. E’ appena uscito a tal proposito il libro di Padre Livio Fanzaga di Radio Maria dal titolo: “La dottrina cattolica. Il credo antimodernista di San Paolo VI”.
Vi sono dunque pastori degni di tal nome oggi a Monopoli?
Pochi e quei pochi, guarda caso, sebbene incardinati nel sistema del potere clericale, sono quelli che portano dentro conflitti, afflizioni, solitudini, rapporti difficili con i superiori e i sacerdoti fra loro. Se quei cuori potessero parlare? Si parlerebbe di un’altra chiesa più vicina al popolo di Dio, una chiesa non curiale o istituzionalizzata, complice il vescovo Favale, ma Chiesa istituzione divina.
Certo, i preti vanno aiutati, il vescovo va aiutato. Il fedele che ama Cristo, ama il prossimo e dunque ama i sacerdoti e il vescovo con tutte le debolezze e dunque li sostiene. Però vi è un’altra realtà, che spesso costoro non vogliono farsi aiutare. Si dà il caso che se qualcuno avanzasse delle osservazioni o mettesse becco nelle loro cose, scatta una specie di tsunami: l’autoreferenzialità si erge a difesa (chi sei tu per dire queste cose?). L’ascolto e le relazioni sono monche perchè i pregiudizi e le errate percezioni prendono il sopravvento e oscurano le realtà dei fatti. I fedeli non si sentono compresi e dunque si allontanano dalla chiesa. E chi è fragile e non è sorretto dalla fede (la maggioranza), perde entusiasmo, sono colpiti da una infezione simile al Covid-19, se non peggio: la morte della fede, grazie anche al prevalere oggi della religione del dio – uomo. I sacerdoti e il vescovo hanno però un vaccino già a disposizione: la Grazia che fa svuotare l’autoreferenzialità; la Grazia che purifica e fa nuovi i cuori e recupera la diaspora della fede. Hanno questo rapporto con la Grazia? Intanto la grande moltitudine di battezzati continua a vivere nella solitudine, nella malattia, non sono compresi nella sofferenza. E dunque si paleserebbe un’apostasia quasi generalizzata dei credenti e l’inaudito annacquamento della fede di numerosi pastori del gregge di Cristo. Non si riesce a capire del perché il vescovo di Conversano-Monopoli, mons. Giuseppe Favale non prenda in mano la situazione per invertire la rotta da chiesa-curiale a chiesa ospedale da campo o in uscita che incarnasse le sofferenze del popolo di Dio. “Parole, parole, parole soltanto parole” recita uno dei brani di successo della celebre cantante italiana, Mina. Potrà mai la chiesa costituita dai sacerdoti, parroci, vescovi, cardinali, emendarsi dal potere e dalla modernità? Dio solo sa la risposta, che se è data per via umana, c’è sfiducia, non credibilità, della serie predicano bene e razzolano male.
Se ciò ha una ragione d’esistere, allora si deve convenire che il popolo di Dio è considerato immaturo, quasi da zittire e dunque valgono poche le loro parole. Basta leggere la lenzuolata espressa dal vescovo Favale, pubblicata su un settimanale locale riguardo il tema della festa della patrona, la Madonna della Madia che per il Covid è stata collocata su un carro attrezzi dell’ACI. Quella lenzuolata ha irritato i cittadini monopolitani, perché li zittiva, come se fossero persone non capaci di parlare con serietà e di pensare. Sono piccolezze, quisquiglie le polemiche sul carro attrezzi, bando alle chiacchiere e alle polemiche, la festa è un’altra, risiede nell’essenzialità della fede che va recuperata e non a spettacoli di luce, musiche, consumismo con bancarelle di ogni tipo”. Nella pubblicazione sul settimanale ha difeso l’operato del consigliere comunale che è al contempo presidente del Comitato Festa Madonna della Madia:”Non va mossa nessuna polemica”. Parole che sono sembrate di opportunismo e che creano altro solco al solco già evidente fra chiesa istituzione e popolo di Dio.
Sia chiaro, si potrà obiettare che non tutti i parroci sono in crisi. E non tutti i fedeli sono in crisi. Vero. Per chi ha fede autentica, le perturbazioni, chiamiamole così, sono occasione di crescita. Non va in crisi, continua a seguire Cristo e ad andare a messa per incontrare sempre il Padre della vita, per farsi riempire e rigenerare da Lui e svuotare sé stesso. E’ colui che offre lo stesso il contributo al servizio della chiesa. Che si fa pane spezzato (Eucaristia) nella vita sociale, lavorativa, familiare, nel tempo libero. Che si incontra all’altare Eucaristico con il Pane spezzato di Cristo, per essere rigenerato da Lui in mitezza, semplicità, umiltà, accoglienza, ascolto compassionevole, relazioni amorevoli. Per dirla con le macchine a trazione elettrica, si caricano dalla colonnina, quella colonnina è Cristo che si fa presente nell’Eucaristia. Ci si salva con gli altri, non da soli.
I tanti che hanno smarrito la fede, hanno il cuore gonfio di una richiesta: d’essere aiutati a rialzarsi e ad essere compresi nella sofferenza.Come non rendersi conto della moltitudine di persone imprigionate dal male e dei morti per suicidio negli ultimi 9 mesi in città. Con i parroci deboli nelle risposte, su cui gravano delle pesanti responsabilità, non esente il vescovo di Conversano-Monopoli, mons. Giuseppe Favale.
Papa Francesco sul tema dei presbiteri, non è stato latente.
Il 7 ottobre 2017, durante l’udienza con la Congregazione per il clero, si pronunciò così: “Che prete desiderate essere. Un prete da salotto, tranquillo e sistemato? O un discepolo missionario a cui arde il cuore per il Maestro e per il popolo di Dio? Uno che si adagia nel proprio benessere o un discepolo in cammino? Un tiepido che preferisce il quieto vivere o un profeta che risveglia nel cuore dell’uomo il desiderio di Dio?”.
Aggiunse: “Per crescere nel cammino sacerdotale occorre farsi ‘plasmare’ da Dio, come fa il vasaio con l’argilla. Quando ci distacchiamo dalle nostre comode abitudini, dalle rigidità dei nostri schemi e dalla presunzione di essere già arrivati, e abbiamo il coraggio di metterci alla presenza del Signore, allora Lui può riprendere il suo lavoro su di noi, ci plasma e ci trasforma. Che la formazione non si risolva in qualche aggiornamento culturale”.
Precisò, “che Il tema della formazione sacerdotale è determinante per la missione della Chiesa. Il rinnovamento della fede e il futuro delle vocazioni sono possibili solo se abbiamo preti ben formati. E’ un’opera che richiede il coraggio di lasciarsi plasmare dal Signore, perché trasformi il nostro cuore e la nostra vita. Dobbiamo dirlo con forza. Se uno non si lascia ogni giorno formare dal Signore, diventa un prete spento, che si trascina nel ministero per inerzia, senza entusiasmo per il Vangelo, né passione per il Popolo di Dio. Invece, il prete che giorno per giorno si affida alle mani sapienti del Vasaio con la ‘V’ maiuscola, conserva nel tempo l’entusiasmo del cuore, accoglie con gioia la freschezza del Vangelo, parla con parole capaci di toccare la vita della gente; e le sue mani, unte dal Vescovo nel giorno dell’Ordinazione, sono capaci di ungere a loro volta le ferite, le attese e le speranze del Popolo di Dio”.
Concluse: “Più che il rumore delle ambizioni umane, preferirà il silenzio e la preghiera. Più che la fiducia nelle proprie opere, saprà abbandonarsi nelle mani del vasaio e alla sua provvidente creatività. Più che da schemi precostituiti, si lascerà guidare da una salutare inquietudine del cuore, così da orientare la propria incompiutezza verso la gioia dell’incontro con Dio e con i fratelli. Più che l’isolamento, cercherà l’amicizia con i fratelli nel sacerdozio e con la propria gente, sapendo che la sua vocazione nasce da un incontro d’amore: quello con Gesù e quello con il Popolo di Dio”.
In sintonia con l’assunto del papa vi è il pensiero di mons. Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio. Ne parla nel suo libro “Chiesa viva, mater e magistra” edizioni Cantagalli, in libreria in questi giorni. Il prelato afferma “che la Chiesa non può tacitarsi di fronte le sfide del mondo. Deve essere spirito di contraddizione. Quando smette d’essere tale, smette la missione per la quale è chiamata, per finire di adagiarsi alle realtà del mondo, oscurando ciò che va detto”.
Altra pillola del libro: “che la relazione tra chiesa e mondo (secolarizzato) deve essere circolare. La Chiesa deve prendere iniziative nei confronti del mondo, secondo la sua natura, la sua vocazione di annuncio, educazione, santificazione. Il mondo non è qualcosa che sta semplicemente di fronte e al di là della Chiesa, perché (è) il mondo umano entro cui essa vive. Che va ascoltato, capito, interpretato,indipendentemente dall’accordo o dal disaccordo”.
Già indipendentemente dall’ accordo e disaccordo. Per il vescovo della diocesi di Conversano-Monopoli, mons. Giuseppe Favale e per diversi preti di Monopoli, se qualcuno avesse l’ardire di dire Verità, come quella posta in questo scritto, la stessa non sarebbe gradita, dunque prevarrebbe disaccordo che non è trasceso come afferma mons. Negri. Chi l’ha profferita va isolato, non considerato. Anzi declassato nella dignità, perché ha osato fare la suonata nella casa dei suonatori (stonati).
Il Borgo, non ha mai oscurato in 26 anni di attività le Verità. La testata è stata ed è a tutt’oggi una voce fuori dal coro, sin dall’estate 1994. Che cos’è la verità? La Verità per IL BORGO è missione, perché è individuata dalla parte di chi soffre, di chi non ha voce. La Verità per IL BORGO è scevra dagli interessi di parte.
Se le parole di chi scrive (non) sono da tenersi in debito conto, almeno quelle di papa Francesco, dell’arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, mons. Luigi Negri, del papa emerito, Benedetto XVI, di san Giovanni Paolo II (papa Wojtyla) e di san Paolo VI dovrebbero pur valere qualcosa o no?
N.B. Per contatti: Email: borgomensile@libero.it Redazione “Il Borgo”, via Ludovico Pepe, 6 – Monopoli. Tramite Whatsapp o Facebook.
Vitantonio MARASCIULO
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Tag: chiesa, favale, marasciulo, monopoli
Categoria: Generale
La questione è molto antica pur sembrando un problema legato alla modernità. Le sue radici affondano nei millenni: diceva Blaise Pascal che “il popolo comprende le prediche in volgare allo stesso modo in cui comprende i vespri in latino”, eppure le prediche finivano con applausi scroscianti, aggiungo. La trasmissione della fede avveniva sempre in questo modo, come se stessero ammaestrando scimmiette; i sacerdoti si guadagnavano i punti con le statistiche dei battesimi amministrati e i vescovi con quelle delle cresime, nell’insieme calcolavano il successo della Chiesa col riempimento delle navate; quasi mai si sono preoccupati della interiorizzazione della fede; i doveri, le proibizioni, i premi e i castighi venivano lasciati intendere come un doppione ultraterreno del sistema giuridico civile. Cosa sia il significato intimo e profondo del Vangelo e della Liturgia, lo hanno insegnato e testimoniato esemplarmente solo i santi, che statisticamente sono una minoranza meno che centesimale. Il risultato fu, era ed è, che il popolo pensava, parlava e agiva come se non fosse mai stato cristiano, o per meglio dire, che poteva esserlo solo come gli animali ammaestrati.
A mio avviso la modernità ha solamente sollevato il coperchio.
Fratelli e sorelle in tanto ludibrio la Parola di Dio ci propone una preghiera stupenda. Poiche sembra che qui molti parlano della Sacra Scrittura, ma non hanno tra le loro letture la Bibbia, ve la ripropongo direttamente (Tosatti mi perdoni per l’eccezionale lunghezza).
Si tratta del Salmo 44(43).
[2]Dio, con i nostri orecchi abbiamo udito,
i nostri padri ci hanno raccontato
l’opera che hai compiuto ai loro giorni,
nei tempi antichi.
[3]Tu per piantarli, con la tua mano hai sradicato le genti,
per far loro posto, hai distrutto i popoli.
[4]Poiché non con la spada conquistarono la terra,
né fu il loro braccio a salvarli;
ma il tuo braccio e la tua destra
e la luce del tuo volto,
perché tu li amavi.
[5]Sei tu il mio re, Dio mio,
che decidi vittorie per Giacobbe.
[6]Per te abbiamo respinto i nostri avversari
nel tuo nome abbiamo annientato i nostri aggressori.
[7]Infatti nel mio arco non ho confidato
e non la mia spada mi ha salvato,
[8]ma tu ci hai salvati dai nostri avversari,
hai confuso i nostri nemici.
[9]In Dio ci gloriamo ogni giorno,
celebrando senza fine il tuo nome.
[10]Ma ora ci hai respinti e coperti di vergogna,
e più non esci con le nostre schiere.
[11]Ci hai fatti fuggire di fronte agli avversari
e i nostri nemici ci hanno spogliati.
[12]Ci hai consegnati come pecore da macello,
ci hai dispersi in mezzo alle nazioni.
[13]Hai venduto il tuo popolo per niente,
sul loro prezzo non hai guadagnato.
[14]Ci hai resi ludibrio dei nostri vicini,
scherno e obbrobrio a chi ci sta intorno.
[15]Ci hai resi la favola dei popoli,
su di noi le nazioni scuotono il capo.
[16]L’infamia mi sta sempre davanti
e la vergogna copre il mio volto
[17]per la voce di chi insulta e bestemmia,
davanti al nemico che brama vendetta.
[18]Tutto questo ci è accaduto
e non ti avevamo dimenticato,
non avevamo tradito la tua alleanza.
[19]Non si era volto indietro il nostro cuore,
i nostri passi non avevano lasciato il tuo sentiero;
[20]ma tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli
e ci hai avvolti di ombre tenebrose.
[21]Se avessimo dimenticato il nome del nostro Dio
e teso le mani verso un dio straniero,
[22]forse che Dio non lo avrebbe scoperto,
lui che conosce i segreti del cuore?
[23]Per te ogni giorno siamo messi a morte,
stimati come pecore da macello.
[24]Svègliati, perché dormi, Signore?
Dèstati, non ci respingere per sempre.
[25]Perché nascondi il tuo volto,
dimentichi la nostra miseria e oppressione?
[26]Poiché siamo prostrati nella polvere,
il nostro corpo è steso a terra.
Sorgi, vieni in nostro aiuto;
[27]salvaci per la tua misericordia.
Siamo proprio sicuri che oggi esista un potere clericale?
Esiste una struttura super organizzata in forma gerarchica, con molti enti di supporto, ma ha veramente un potere sul popolo? Forse ha una autorità formale, ma ormai è priva di autorità sostanziale. Sembra che la vera autorità termini dove termina la Curia Vaticana. Al di fuori di essa regna l’anarchia totale.
PS- Nel bollettino della Sala Stampa ho visto che ieri Sua Santità ha dato udienza a Sua Eminenza il Card. Pell . Che cosa mai si saranno detti ?
Non entrando nel merito dell’inchiesta sul panorama clerical-pastorale di Monopoli, l’abbondanza di fatti e misfatti che, da un bel po’ di tempo, la cronaca quotidiana ci propina mostra lo stesso comune denominatore: quel potere di cui si è abusato – e si continua ad abusare – nella Chiesa.
Abusi ripetutamente e solennemente condannati dal papa che, se anche in alcuni momenti e per alcune vicende – prevalentemente a seguito o con un infinitesimale anticipo di “esplosioni” mediatiche – è intervenuto con qualche azione dimostrativa con l’intento non raggiunto di “educarne cento”, tuttavia, dopo circa otto anni di… “parole, parole, parole…”, sono ancora tutt’altro che debellati.
Se le denunce, formali e/o deducibili dalle lenzuolate giornalistiche, gli appelli e le lettere private e aperte non hanno sortito gli effetti sperati, sarebbe l’ora – finalmente! – di affrontare il problema alla radice, con il ritorno allo spirito autentico di quel ministero sacerdotale, sempre a parole – e fino alla noia – riconosciuto e rivendicato come “servizio”, imitando in concreto Colui che di Sé disse: «sono venuto per servire, non per essere servito».
Mettendo in pratica la catechesi impartita non più tardi di mercoledì scorso, 7 ottobre, all’udienza generale, incentrata sulla figura di Elia.
«Elia è l’uomo di vita contemplativa e, nello stesso tempo, di vita attiva, preoccupato delle vicende del suo tempo, capace di scagliarsi contro il re e la regina, dopo che questi avevano fatto uccidere Nabot per impossessarsi della sua vigna (cfr 1 Re 21,1-24). Quanto bisogno abbiamo di credenti, di cristiani zelanti, che agiscano davanti a persone che hanno responsabilità dirigenziale con il coraggio di Elia, per dire: “Questo non va fatto! Questo è un assassinio!”. Abbiamo bisogno dello spirito di Elia. Egli ci mostra che non deve esistere dicotomia nella vita di chi prega: si sta davanti al Signore e si va incontro ai fratelli a cui Lui invia. La preghiera non è un rinchiudersi con il Signore per truccarsi l’anima: no, questo non è preghiera, questa è finta di preghiera. La preghiera è un confronto con Dio e un lasciarsi inviare a servire i fratelli. Il banco di prova della preghiera è l’amore concreto per il prossimo. E viceversa: i credenti agiscono nel mondo dopo aver prima taciuto e pregato; altrimenti la loro azione è impulsiva, è priva di discernimento, è un correre affannoso senza meta. I credenti si comportano così, fanno tante ingiustizie, perché non sono andati prima dal Signore a pregare, a discernere cosa devono fare».
Con l’autorizzazione per i “credenti… cristiani zelanti…” a denunciare “con il coraggio di Elia” ogni stortura “davanti a persone che hanno responsabilità dirigenziale”. Se ne deduce: davanti ad… ogni (???) persona…
Situazioni che si sono sempre verificate, in qualsiasi epoca storica. Il Paradiso non è su questa terra.