LAPORTA: MUMMYDEM, E LA DEMOCRAZIA ORMAI SUPERFLUA.
5 Agosto 2020
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il generale Piero Laporta continua – siamo quasi alla fine – la sua cavalcata attraverso le vicende storiche che hanno generato la situazione in cui ci troviamo. Buona lettura.
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Siamo quasi alla fine di questa galoppata, andando avanti e indietro nella Storia, dalla civiltà giudea, nata tremila anni fa, fino ai giorni correnti, per individuare il filo sottile e tenace a unire questi secoli.
Guerra incessante e democrazia superflua
Da millenni, la guerra fa nascere e morire gli Stati, con una miracolosa eccezione, la dissoluzione dell’Unione sovietica la notte del Santo Natale 1991, Natale cattolico, non ortodosso. Mai più guerra, dissero quando fu ammainata la Bandiera Rossa sul Cremlino per far posto al tricolore russo. Speranza tradita: la guerra dilaga dappertutto al di fuori dell’area G20. Oggi anche la Turchia, membro G20, combatte al confine con la Siria e in Libia, contro gli interessi cattolici e statunitensi.
La montagna di morti, i milioni di feriti, i milioni di profughi sono un enorme problema, ma il pericolo reale per l’Umanità è la battaglia incessante, coinvolgente tutti i paesi del mondo, resa peggiore dalla tecnologia, battaglia dissimulata (a volte) e sempre più bollente, portandoci a un passo dalla guerra nucleare.
Le guerre successive al 1989 non sono solo come abbiamo potuto immaginarle, grazie al cinema e alla TV. Bombe, soldati e carri armati (come nei Balcani e in Siria) sono solo un’opzione fra tante, consentite dalla società, dall’economia, dalla scienza, dal hi-tech. Non di meno lo scopo generale della strategia è sempre “preservare la propria capacità decisionale e limitare quella dell’avversario”. I nostri padri, difettando d’altri mezzi, realizzavano la strategia solo mediante l’applicazione della forza. Il risultato banale è l’incremento di vittime civili e militari. Da quando le armi di distruzione di massa sono entrate in scena, le classi alte e i decisori di primo livello sono coinvolti nel rischio come i soldati in trincea. Le cose quindi cambiarono. Il controllo degli armamenti e i relativi trattati furono la terapia per evitare un’altra guerra mondiale. Tuttavia, scontro dopo scontro, la guerra nucleare è oggi più che mai una minaccia per tutto il mondo.
Se lo scopo generale della strategia è, come abbiamo detto, sempre immutato: preservare la propria capacità di decidere e limitare quella dell’avversario; oggi abbiamo molti ed efficaci strumenti per la guerra, per spremere le persone come olive per l’olio, senza apparentemente spargere sangue. Lo spargimento di sangue diventa indispensabile? Allora le guerre diventano “missioni umanitarie”, “esportazione della democrazia” oppure “primavera musulmana”. Il nudo lemma “guerra” non è più politicamente corretto; è considerato un incitamento all’odio, sebbene lo scopo di tali missioni e primavere sia esattamente quello della guerra tradizionale: rapinare il più debole. In tal modo stiamo dimenticando che solo tre classi di pericolosi decisori politici si nascondono dietro la bandiera della pace: 1) i codardi; 2) i più forti, decisi a mantenere lo status quo; 3) i più deboli mentre mestano per diventare i più forti.
I mezzi non militari per la guerra (o se preferite, per la pace) consentono d’apparire e dichiararsi i più pacifici, nonostante le proprie aggressive intenzioni. Anzi, più uno Stato (o un’entità transnazionale) è aggressivo, tanto più apparirà pacifico e sostenitore dei movimenti di pace e disarmo (dell’avversario, ovviamente). Quanto più uno Stato (o un’entità transnazionale) ha un obiettivo difficoltoso, tanto più adotterà strategie indirette per dissimulare i propri scopi. Tutte le aggregazioni sociali, i movimenti LGBT, le ONG, i mercenari e così via influiscono sui bilanci politici, quindi sulla sicurezza e sull’economia. Una strategia efficace deve quindi utilizzare tutti i mezzi consentiti dalle risorse sociali, dalla scienza, dall’economia e da Hi-Tech, col sostegno delle intelligenze artificiali anche (quando non soprattutto) per manipolare il consenso di massa.
In conclusione, mentre il “piano di inganno” una volta concerneva solo gli eserciti contrapposti, oggi l’inganno è l’anima stessa della politica e della strategia che ne promana. Questo spiega perché i servizi di intelligence hanno assunto un ruolo preminente nel processo decisionale, corrompendo prima di tutto le aggregazioni sociali, i mass media e le magistrature, finendo per condizionare, più o meno velatamente, la stessa autorità politica. I servizi di intelligence sono infine essenziali per ingannare e colpire alle spalle l’avversario, ancor più per confondere le acque circa la reale provenienza dell’attacco, specialmente se è portato a danno di un presunto alleato. Questo comporta la corruzione profonda della democrazia, fino a renderla superflua. Questa è la civiltà? Dopo tutto la UE s’è evoluta lungo questo percorso. Tale degenerazione corruttiva rende possibile che oggi a noi rimanga solo una mummia di democrazia, un totem Mummydem, la divinità d’una nuova religione, alla quale è essenziale sottomettere il popolo. Mummydem è la nuova Trinità, composta da Mercato, Finanza e Politica. Ai suoi vertici possono trovarsi i peggiori criminali, resi presentabili dalla disinformazione e, contemporaneamente, dalla repressione realizzate dagli apparati di sicurezza. Beninteso, sicurezza per Mummydem e i suoi accoliti, non per il popolo votante, se mai sia chiamato a votare.
Crimencrazia ed Emergenza
La criminalità anti democratica, gli officianti di Mummydem sono la nuova aristocrazia mondiale, non di certo aristocrazia di spada o di sangue; sono aristocrazia per cooptazione e per i privilegi cui accedono in conseguenza delle cerchie (finanziarie, criminali, pedofile, negriere, ecclesiali…) cui sono ammessi; una “crimencrazia” vocata a calpestare l’umanità. Come accadde in antico, troviamo figure assai simili agli imperatori, ai re, ai principi, ai duchi, ai conti e all’aristocrazia minore, secondo le risorse cui hanno accesso. Polizie, eserciti e gabellieri sono sotto il controllo della crimencrazia, dominando vassalli, piccoli proprietari, mendicanti e schiavi, quest’ultimi tanto numerosi come mai accadde nella storia. Imprenditori e magistrati sono di volta in volta parte oppure complici, più raramente avversari della crimencrazia. Capi delle milizie e dei gabellieri devono essere strapagati, non avendo più diritto legale di taglieggiare i malcapitati nelle loro grinfie. Questo non esclude il loro sottaciuto diritto e quello dei sottoposti di predare, purché occultamente; l’illegalità è infatti tale quando si svela in televisione, non prima. In realtà, TV, Web, Facebook, WathsApp, Tweet e così via sono il nuovo Olimpo di Mummydem, priva di interesse per un’umanità libera, piuttosto determinata a dominare incontrastata dal suo Olimpo. Mummydem è quindi la nuova religione di pace e tolleranza (come dubitarne?), politeista, pronta ad accogliere le nuove divinità – persino Pachamama e similari- purché si prostrino a Mummydem e collaborino a sottomettere il popolo ai suoi officianti.
Mummydem è patrona dello Stato di Polizia, efferato più di quello portatoci dall’Illuminismo, oggi tornato sotto molteplici facce: sovranista o antisovranista, nazionale o sovranazionale, pauperista o capitalista, pacifista e guerrafondaio; sempre cangiante in funzione delle peculiari comunità da sottomettere; comunque attrezzato a incrementare il culto di Mummydem, l’adorazione della trinità che penetra nel cuore delle persone, nella loro libertà di pensiero, nelle loro libertà fondamentali, nell’intimità degli individui e delle famiglie, per omologarli o perseguitarli. Il suo demone più leale è policefalo, è l’angelo rosso “Emergenza”: antimafia, anti comunismo, anti fascismo, anti crisi, anti razzismo, anti omofobia, anti virus, anti qualunque cosa sia funzionale a Mummydem e, soprattutto, alla sue configurazioni più subdole “Emergenza democratica” e da ultimo “Emergenza sanitaria”. Mentre nuove teste del mostro son pronte a germogliare, ciascun volto del demone Emergenza ha i suoi cicisbei e i propri riti, impegnati a introdurre leggi divisive, utili a porre il popolo in guerra contro se stesso, consentendo ai cicisbei d’accreditarsi presso Mummydem e quindi accedere nel paradiso della sua aristocrazia.
È curioso osservare quanto Mummydem sia esattamente come gli storici falsari descrissero la Chiesa Cattolica del Medio Evo (“i secoli bui”). Codesti cicisbei non s’avvedono che la Chiesa inesistente da loro descritta è esattamente quella invece oggi ben presente e determinata a dominare incontrollata sotto le spoglie di Mummydem. Curioso, non vi pare?
Mummydem, Guerra e Cicisbei
Mummydem, constatiamolo, “è guerra”. Le sue divinità sono in guerra l’una contro l’altra e, tutte insieme, contro il popolo. In altre parole, Mummydem è incessantemente in guerra per rigenerarsi. Essa deve continuamente identificare nemici in una parte per convogliarle contro le rimanenti.
Mummydem odia Donald Trump, sottrattosi da tutti i conflitti accesi dai suoi predecessori dopo il 1989. La guerra, elevata a perversione politica sin dal secondo dopoguerra, fu denunciata da due grandi presidenti statunitensi, Dwight Eisenhower e John Kennedy. Il primo svelò il suo pensiero lasciando la Casa Bianca, il secondo non fu altrettanto prudente. Il terzo grande profeta del secolo scorso, con le idee chiare sul potere antipopolare, assetato di sangue, fu Pio XII, impavido combattente contro comunismo, nazismo e le loro metamorfosi post illuministe. Questo gli costò l’ostilità di quanti sognano lo Stato di polizia, iniettato dal demone Emergenza.
Mentre i cicisbei sembrano travolgere ogni resistenza, la Chiesa Cattolica, per la prima volta nella sua millenaria storia, se ne lascia subornare. Non di meno è evidente l’impossibilità di scristianizzare la società per rimpiazzarvi un modello cicisbeo gradevole, stabile e affidabile. Al contrario, la precarietà del lavoro s’affianca a quella della famiglia, dell’esistenza, delle relazioni sociali. Tutto vortica incontrollabilmente verso la schiavitù, la povertà, il caos, infine verso il conflitto nucleare. Le famiglie benestanti, le classi dirigenti, finora distaccati osservatori del disagio riversato sulle classi medio basse, finalmente s’avvedono del pericolo costituito da un manipolo di cicisbei, profumati, cinici e corrotti. Costoro presumono d’essere i pupilli di Mummydem; in realtà essi sono nient’altro che volgari marionette, maggiordomi satanisti, impegnati a oltraggiare Dio, Patria e Famiglia. È una guerra antica quanto antica è la Chiesa: «per sua natura un uomo non è destinato a usare un altro uomo come un fine» disse San Tommaso nella Summa Teologica, scritta oltre otto secoli fa, dando corpo definitivo alla dottrina cattolica contro la schiavitù e aprendo la strada alla dottrina sociale della Chiesa. Oggi ritorna quanto accadde alla fine del XVIII secolo. Esiste nuovamente un distacco fra verità, opinione e urgenza del bisogno. Le nobili classi abbienti convertirono la verità in opinione, lasciando libero spazio alla collera legittima di chi non aveva né verità né opinione, ma solo necessità di rappresentanza. Era l’originale voce di Dio inscritta nel cuore di ogni uomo. La Rivoluzione francese non volle riconoscere la divinità di Dio in quella voce primordiale.
La crimencrazia non sopporta quindi le nitide posizioni cattoliche antecedenti il Vaticano II. Come insopportabile è ai servi stupidi di Mummydem il Defensor Civitatis, S.S. Pio XII, l’unico capo di Stato al mondo che prima, durante e dopo la guerra impegnò tutte le risorse personali nonché quelle umane e materiali del Vaticano per il bene di tutti, senza discriminazioni. Chi rilegga quanto S.S. Pio XII predicò ripetutamente, comprende quanto egli vedesse con estrema chiarezza il disordine in agguato: «L’ultimo Nostro Messaggio natalizio esponeva i principi, suggeriti dal pensiero cristiano, per stabilire un ordine di convivenza e collaborazione internazionale, conforme alle norme divine. Oggi vogliamo soffermarCi, sicuri del consenso e dell’interessamento di tutti gli onesti, con cura particolare e uguale imparzialità sulle norme fondamentali dell’ordine interno degli Stati e dei popoli. Rapporti internazionali e ordine interno sono intimamente connessi, essendo l’equilibrio e l’armonia tra le Nazioni dipendenti dall’interno equilibrio e dalla interna maturità dei singoli Stati nel campo materiale, sociale e intellettuale. Né un solido e imperturbato fronte di pace verso l’esterno risulta possibile di fatto ad attuarsi senza un fronte di pace nell’interno, che ispiri fiducia. Solo, quindi, l’aspirazione verso una pace integrale nei due campi varrà a liberare i popoli dal crudele incubo della guerra, a diminuire o superare gradatamente le cause materiali e psicologiche di nuovi squilibri e sconvolgimenti.» [S.S. Pio XII, Radio messaggio in occasione del Santo Natale 1942, a tutti I popoli del mondo]. Questo radio messaggio fu diramato solo in italiano, spagnolo e portoghese.
S.S. Pio XII sviluppò analoghe idee nella sua ultima enciclica, il 14 luglio 1958, anniversario della Rivoluzione francese: «Ma se esaminiamo con animo pensoso le cause di tanti pericoli, presenti e futuri, facilmente vediamo che le decisioni, le forze e le istituzioni degli uomini sono inevitabilmente destinate a venir meno, qualora l’autorità di Dio – che illumina le menti con i suoi comandi e i suoi divieti, che è principio e garanzia della giustizia, fonte della verità e fondamento delle leggi – o venga trascurata, o non collocata al suo giusto posto, o addirittura soppressa. Ogni casa, che non poggi su una base solida e sicura, crolla; ogni intelligenza, che non sia illuminata dalla luce di Dio, più o meno si allontana dalla pienezza della verità; sorgono le discordie, aumentano, si accrescono, se la carità fraterna non infervora i cittadini, i popoli e le nazioni. Orbene, soltanto la religione cristiana insegna questa verità piena, questa giustizia perfetta, e questa carità divina, che elimina odi, animosità e lotte; essa sola, infatti, le ha ricevute in custodia dal divino Redentore, via verità e vita (cf. Gv 14, 6), e con tutte le forze deve farle mettere in pratica. Non vi è dubbio allora che coloro i quali vogliono deliberatamente ignorare la religione cristiana e la chiesa cattolica, oppure si sforzano di ostacolarle, misconoscerle, sottometterle, indeboliscono per ciò stesso le basi della società, o ve ne sostituiscono altre, che assolutamente non possono reggere l’edificio dell’umana dignità, libertà e benessere. È necessario pertanto ritornare ai precetti del cristianesimo, se si vuole formare una società solida, giusta ed equa. È dannoso, è imprudente venire a conflitto con la religione cristiana, la cui perenne durata è garantita da Dio e provata dalla storia. Si rifletta che uno stato, senza la religione, non può avere dirittura morale, né ordine. Essa, infatti, fa sì che gli animi siano formati alla giustizia, alla carità, all’obbedienza delle giuste leggi; condanna e proscrive il vizio; induce i cittadini alla virtù, anzi regge e regola la loro condotta pubblica e privata; insegna che la miglior distribuzione della ricchezza non si ottiene con la violenza e la rivoluzione, ma con giuste norme, talché il proletariato, che non abbia ancora i mezzi necessari e opportuni di vita, può essere elevato a una più decorosa condizione, con felice soluzione delle contese sociali; in tal modo essa porta un validissimo contributo al buon ordine e alla giustizia, benché non sia stata istituita unicamente per procurare e accrescere gli agi della vita.» (Let. Enc. Meminisse Iuvat)
S.S. Pio XII ebbe una visione precisa di quanto accadeva e soprattutto del ruolo della Chiesa in Cina, cui dedicò la sua penultima profetica enciclica Ad Apostolorum Principis, il 29 Giugno 1958, festa di San Pietro e Paolo, oggi tuttora squillante come una tromba apocalittica: «Allora fummo costretti a levare la voce accorata per esprimere il Nostro dolore per l’ingiusta persecuzione, e, con la lettera enciclica Cupimus imprimis del 18 gennaio 1952, avemmo cura di ricordare, per amore della verità e nella consapevolezza del Nostro dovere, che la chiesa cattolica non può considerarsi estranea, e tanto meno ostile, ad alcun popolo della terra; che essa, nella sua materna sollecitudine, abbraccia in un solo amplesso tutti i popoli; e non cerca potere o influenza terreni, ma, con tutte le sue forze, dirige gli animi di tutti al conseguimento del cielo. Soggiungevamo che i missionari non curano gli interessi di un particolare paese, ma, venendo da ogni parte del mondo e uniti come sono da un unico divino amore, hanno di mira solo la diffusione del regno di Dio; la loro opera, quindi, lungi dall’essere superflua o nociva, è benefica e necessaria per aiutare lo zelante clero cinese nell’apostolato cristiano. Nella successiva enciclica Ad Sinarum gentem del 7 ottobre 1954, di fronte a nuove accuse rivolte contro gli stessi cattolici cinesi, proclamavamo che il cristiano non è, né può essere, secondo a nessuno nel vero amore e nella vera fedeltà alla sua patria terrena. E poiché si era diffusa nel vostro paese l’ingannevole dottrina detta delle «tre autonomie», Noi in virtù del Nostro universale magistero, ammonimmo che essa, sia nel significato teorico, sia nelle applicazioni pratiche, che i suoi fautori sostenevano, era inaccettabile per i cattolici, in quanto mirava alla separazione dall’unità della chiesa.» Enc. Ad Apostolorum Principis (29 Giugno 1958)
Parole insopportabili per quanti, messi da parte Nikita Kruschev e John Kennedy, sfruttano il popolo da Est a Ovest, da Nord a Sud, utilizzando l’equilibrio del terrore, le guerre arabo israeliane per elevare il costo del barile e delle materie prime, per costruire il neocolonialismo, per irreggimentare i popoli, manipolarne il consenso, per imporre il dominio della moneta sul lavoro, per schiavizzare le persone col consenso dei vescovi, anche mediante una cosiddetta pandemia o piuttosto un pandemonio.
Pochi furono i prelati che compresero S.S. Pio XII; d’altronde troppi sono da tempo quelli impegnati a elemosinare il compromesso con le parti avverse. I mendicanti del cattocomunismo, gli accattocomunisti, fanno incessantemente cantare il gallo. Il cattocomunismo non ha nulla del grande pensiero cattolico, non ha neppure l’ombra delle grandiose sintesi marx-leniniste. È solo una flatulenza parafilosofica, priva d’una solida base di pensiero (pensiero debole, dissero), incapace di garantire il futuro, utile a legittimare la crimencrazia e qualche filosofo da strapazzo. Da allora l’esito è evidente, nonostante i borghesucci italiani, sedicenti comunisti, impegnati a plaudire i loro miti di cartapesta, accostati ai democristiani più corrotti, tutti insieme intenti a infangare S.S. Pio XII.
Borghesia ignorante
Il totale silenzio degli interlocutori ebrei ha accolto il secondo articolo su S.S. Pio XII. Tacciono pure due (ex?) amici generosi di contumelie; poco male. Li aspetto alla prossima ondata di calunnie contro S.S. Pio XII. Un’amica(?) ebrea, Paola Farina, sottrattasi ripetutamente alla discussione, all’ennesima insistenza risponde: «A me Pio XII sta sui c…», un manifesto sionista, ricco di significati. Eppure costei sa quanto l’antisemitismo diventi refrattario a ogni civile contromisura proprio grazie a odio e falsità, sparsi anche da parte ebraica, dalla sua gente, da lei stessa in questo caso.
Noi cattolici godiamoci il pesante e stupendo vantaggio di non mentire e non odiare, costi quel che costi, neppure quando ci oltraggiano. È questa, dopo tutto, la radice della civiltà. Mi domando quando lo comprenderà Sergio Nicolò Gebbia, generale dei carabinieri. Merita d’essere citato perché è solo lui con Paola Farina dopotutto a parlarmi chiaro. Egli fu ottimo investigatore soi disant comunista trotskista. Da pensionato è brillante scrittore di gialli e mi perdonerà se dubito abbia letto un rigo di Trotzki oltre Wikipedia e il manuale di filosofia al liceo. Mi sollecitò ripetutamente il secondo articolo su S.S. Pio XII. Glielo inviai con una quantità di documenti. Rispose su Facebook: «Di recente ho fatto amicizia con Piero Laporta, attivo sul web molto più di me. Siamo già prossimi al divorzio per motivi religiosi, perché io a Sarajevo sono diventato ortodosso mentre lui è un integralista cattolico ed ha in corso una crociata per rifare l’immagine di Papa Pio XII, screditata nel mondo occidentale per una certa sua acquiescenza al nazismo, per una non provata indifferenza allo sterminio degli ebrei, e per il ruolo avuto nell’organizzazione Odessa che, finita la guerra, riuscì a salvare tanti nazisti in accoglienti paesi del Sudamerica, principalmente il Paraguay e l’Argentina del generale Peron. Secondo lui sono tutte, ed integralmente, falsità. Vuole costringermi a leggere le sue controdeduzioni, asseritamente suffragate da prove documentali, mentre io, pur avendoci provato, mi sono fermato dopo poche righe». Integralista? Crociata? S.S. Pio XII nella rete Odessa? Un investigatore, vocato all’oggettività, soi disant comunista trotskista, inanella sciocchezze, dopo avermi più volte sollecitato l’articolo. Perché dovrei litigare, com’egli paventa, se si è «fermato dopo poche righe»? Son certo sia in grado di leggermi più attentamente e persino imparare qualcosa sulla punteggiatura. Lo invito a riflettere su quanto possa pesare la sua personale decadenza narcisa, vanamente sublimata col trotskismo, con gli sfasci che l’Arma palesa da tempo e sempre più intensamente. Aspetto, dunque. Egli mi dà tuttavia agio di rammentare la sagacia d’un vecchio proverbio cattolico: esiste l’«ottavo sacramento», l’ignoranza, a salvare tutti, anche i più pervicaci. Costoro non hanno bisogno della “virtute” né della “conoscenza”; basta l’ideologia a supplire al cervello.
Borghesucci italiani producono cadaverina
Sono molto grato a questi miei fedeli amici, offrendomi la foto dell’odierna media borghesia, incapace di lavar via ideologismi sessantottardi (antisionista, anticattolico, anticomunista, antifascista, anti omofobia, anti qualcosa purché sia), producendo cadaverina: infiammabile, putrescente, effimera quanto tossica. Le stupidaggini dei cicisbei odierni pantografano il medio borghese italiano. Una poliglotta, con vaste, rilevanti esperienze e un generale dei carabinieri, rivelatisi incapaci nel contraddittorio, a null’altro adatti se non all’oltraggio gratuito e volgare, s’accostano ai rimanenti amici(?) ebrei: l’astio ideologico prevale, silenzioso o flatuleggiante che sia.
Questi i borghesucci italiani. Non stupisce quindi il borghesuccio Matteo Salvini a gabellarci affinità con Enrico Berlinguer. È ridicolo, prima che stupido. Marcello Veneziani a sua volta involontariamente comico, prendendolo sul serio: «I valori del Pci non sono, non possono essere i valori della gente che la vota» redarguisce Salvini «Perché il Pci era un partito legato a doppio filo a Mosca, da cui prendeva soldi, ispirazione e ordini, fino agli anni Settanta. Perché il Pci sognava un modello di società egualitaria e collettivista che non sono certo i riferimenti, e tantomeno gli ideali, degli italiani che la votano e delle partite Iva. E se non sono di destra, sono ex-democristiani e anticomunisti, in conflitto aperto non solo col vecchio Pci di Togliatti ma anche col Pci di Berlinguer».
Borghesi un tempo corrotti ora pure ridicoli
Berlinguer comunista? Berlinguer legato a doppio filo a Mosca? I soliti piccolo borghesi italiani, Gebbia o Veneziani che siano, dividono il mondo in destra e sinistra, i capponi manzoniani, l’un contro l’altro. Il ricco è di destra, lo scalcagnato è di sinistra. A sinistra la cultura, a destra l’ignoranza. A sinistra il lavoro, a destra la rendita. Dall’assassinio d’Aldo Moro è sempre più evidente la finzione ad uso dei gonzi come voi, caro Veneziani. La legge di Mummydem è invece semplice, in un solo rigo: il denaro verso l’alto, il letame verso il basso. La tessera d’un partito o d’un altro vale purché rispetti questa legge. Enrico Berlinguer lo sapeva molto bene, avendola respirata in famiglia. Questo gli consentì la disinvoltura di convivere con Mosca che finanziava il PCI, il quale partito — con la benedizione di Gianni Agnelli, Giulio Andreotti e del Dipartimento di Stato USA — fece spendere al governo italiano una montagna incalcolabile di miliardi. Nel 1967 finanziammo Togliattigrad con 250 miliardi di lire. Passano dieci anni. Siamo nel 1977, alla vigilia dell’uccisione di Aldo Moro. Lo scontro fra NATO e Patto di Varsavia è apparentemente allo spasimo. Eppure affioravano, per chi voleva vederle, singolari trasversalità, non così evidenti come ora, tuttavia ben concrete, come concreti furono i 650 milioni di dollari che l’indebitatissima Italia concesse nel 1977 all’Unione sovietica a tasso agevolato. Ripeto: 650 milioni di dollari, nel 1977, cioè esattamente quanto ci prestò il Fondo Monetario Internazionale. Il tasso d’inflazione italiano nel 1977 era al 17 per cento, quando Giulio Andreotti regalò a Mosca 650 milioni di dollari. In quegli anni uno dei suoi parenti più cari, cui non piacciono granché le donne, studiava al Massachusetts Institute of Technology.
Il ministro del tesoro statunitense, Michael Blumenthal, dette il benestare a Giulio Andreotti, capo del governo, per svenare l’Italia e dare soldi al nemico sovietico. Bizzarro, non vi pare? I soldi collegarono Giulio Andreotti, Mosca, Washington, Berlinguer, Kissinger e Gianni Agnelli. Non lambirono Aldo Moro, assassinato e povero. I soldi, montagne di soldi; soldi senza odore né colore politico. Quale obiettivo per tanti soldi? Quale lo scopo inconfessabile, al quale Berlinguer s’adattò dopo l’attentato subito a Sofia il 3 ottobre 1973? Un segreto davvero atroce se ancor oggi i cicisbei pennivendoli del PCI alzano cortine di fumo sulla questione.
Nel 1977 iniziò la marcia verso gli euromissili e la costruzione della base di Comiso. Gli appalti, un’altra montagna di soldi, furono preceduti da trattative fra l’ammiraglio Fulvio Martini, inviato da Francesco Cossiga (lo statista di altri stati) e la mafia. Appalti aggiudicati alle cooperative emiliane. Bizzarro vero? La base a Comiso fu un non senso militare, un costosissimo non senso a stritolare Aldo Moro, Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa e Piersanti Mattarella. Il fratello di quest’ultimo, Sergio, imparò la lezione e rimase nell’ombra. Enrico Berlinguer, di schiatta più antica, la lezione la conosceva da sempre: commemorò e s’indignò in silenzio, a costo zero. 1977, un anno prima dell’assassinio di Aldo Moro. Il debito complessivo verso l’Italia, degli scalcagnati paesi del Patto di Varsavia era di 4,5 miliardi di dollari. Un anno prima del teatro sanguinoso di via Fani e dell’assassinio di Aldo Moro. Lo statista leccese, oggi raffigurato con l’Unità in tasca, sarebbe morto perché Francesco Cossiga, Giulio Andreotti, Benigno Zaccagnini ed Enrico Berlinguer erano democristiani e comunisti con valori peculiari? Veneziani è più ridicolo di Salvini, contribuendo al culto d’un ulteriore falso mito, dopo quello dello “statista” per conto di altri stati, Francesco Cossiga.
Chi fu Enrico Berlinguer
Suo nonno, Enrico pure lui, vedeva lungo. Discendente da marrani sefarditi, giunti dalla Spagna, poi investendo buona parte delle fortune finanziarie per acquistare un titolo nobiliare. Il suo primogenito, Mario (padre del Nostro) sposò Mariuccia Loriga, figlia di Giovanni Loriga e d’una figlia di Pietro Satta-Branca. Il 25 ottobre 1924 Mario bussò alla loggia Giovanni Maria Angioy di Sassari, del Grande Oriente d’Italia. Gli fu aperto. Aveva già stretto forte e duratura amicizia con Palmiro Togliatti fra i banchi del liceo Azuni di Sassari, scambiandosi favori in quantità, prima, durante e dopo la guerra. Aldo, il secondogenito, sposò Maria Pilo, figlia dell’avvocato Luigi Pilo, fondatore del fascio sassarese, intimo di Dino Grandi. Anche la copertura fascista fu così assicurata. Ines, la prima delle femmine, sposò Stefano Siglienti, in primo piano nella finanza internazionale, ministro del Tesoro nel primo governo repubblicano, legato a doppio filo agli azionisti e al Dipartimento di Stato Usa. Siglienti gestì i fondi del Piano Marshall. Una curiosità: le biografie ufficiali di Enrico Berlinguer oscurano la seconda moglie del padre, Corinna Adelaide Augusta Fidelia, detta Niki, già vedova di Carmelo Nicitra, direttore dell’Istituto di cultura Fascista, e i loro tentacoli fino a Salò.
Chiunque poteva vincere la guerra: la famiglia Berlinguer aveva vinto prima che iniziasse. Enrico Berlinguer militesente, ovvio, s’iscrisse al Partito Comunista Italiano ad agosto del 1943, col fascismo sfasciato. Prima d’allora il suo fascicolo nella fascista questura sassarese è vuoto. Dopo fu sotto l’ali di Togliatti, amico di suo padre. La battuta di Giancarlo Pajetta su Berlinguer: «Giovanissimo si iscrisse al Comitato Centrale del Partito Comunista Italiano» ha tratto con quanto avvenne prima e dopo l’ingresso di Berlinguer nel PCI. È ancora più spiegabile con la morte d’Aldo Moro. In conclusione, è più facile che il generale Gebbia sia trotzkista (quantunque wikipediano) che Berlinguer comunista. Non di meno è un reale mito; è necessario rammentarlo in questi giorni, mentre altri potenziali miti s’affannano per il primo piano.
Quando Berlinguer sollevò la «questione morale», egli fu parte della malattia di cui si proponeva quale terapia. La profondità e la gravità del corruttivo morbo ingravescente infettò tutta l’Italia, tutti i suoi strati sociali, dai più alti agli infimi, come oggi possiamo constatare. Quanti stanno per urlare delle malefatte democristiane e socialiste, si chetino. Dopo l’assassinio di Aldo Moro, “anche” per mano degli accattocomunisti, fu guerra incessante nel gineceo politico. Tangentopoli fu una momentanea vittoria dei pugnalatori di Aldo Moro. Dopo oltre mezzo secolo di decadenza, stragi, tradimenti, ladrocini trasversali, non si può più fingere. Caligola nominò senatore Incitatus, Impetuoso, il suo cavallo preferito. Oggi la scelta è fra somari e iene: politici, giornalisti, imprenditori, ammiragli, generali, un’intera classe dirigente e i loro lacchè. Si va così verso un atroce scoppio di violenza. L’Italia ha allevato in questi anni più d’una classe rivoluzionaria. Se ne sono finalmente resi conto anche nei ginecei di Mummydem. I cicisbei sanno d’essere condannati dalla loro stessa risibilità. Tremano, mentre ostentano sicurezza: gli italiani sanno quanto tali mostri siano ben decisi a difendere gli interessi dell’Italia fino all’ultima goccia di…profumo, col favore di Mummydem. Rimane una sola via per evitare il disastro, con un po’ di fortuna e soprattutto con l’aiuto di Dio. (11-continua)
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Piero Laporta
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Tag: berlinguer, laporta, mummydem, vigano
Categoria: Generale
La cosa simpatica delle ricostruzioni storiche di Laporta è che sono anticattocomuniste senza scadere nel plinianesimo o affini. Bene: l’autore parla da vero italiano, non da adepto di elites spurie internazionali.
Divertente è la citazione di Gebbia, che da qualche tempo si è messo a scrivere articoloni e romanzetti in cui sparge maldicenze – frutto di sue informazioni sbagliate ma che lui crede vere – su personaggi del passato (Umberto II, i fratelli D’Inzeo suoi colleghi d’Arma…), mentre su quelli del presente è più sfumato (divertente Gebbia quando una volta ha scritto che sicuramente Salvini non è massone ma forse Zaia sì).
Ciò posto, osservo:
1. caro Laporta, ma è ovvio che i suoi interlocutori ebrei non la vogliano ascoltare; intanto bisogna vedere se siano veramente ebrei o tali solo di nome; poi ormai in certi ambienti ebraici c’è la fissazione di andare a caccia di colpevoli della Shoah e in definitiva i colpevoli sarebbero tutti coloro non ebrei riconducibili a qualche forma di “destra”; in tutto ciò l’autentica conoscenza storica va a farsi benedire;
2. ha visto che adesso le magagne dell’Arma dei Carabinieri vengono fuori? Tempo fa fece lo scettico con me sul suo blog perché avevo scritto che i carabinieri non erano impeccabili. Ma non si preoccupi, la motivazione delle defaillances dei carabinieri odierni gliela spiego subito: accadono perché ormai quello del carabiniere il professore) è solamente un mestiere, anzi un posto fisso con stipendio sicuro. L’orgoglio di appartenere a un corpo con una missione elevata e nobile non c’è più e nessuno lo insegna più, considerando queste cose come roba vecchia o, peggio, “da fascisti” (il fascismo va bene su tutto, quando c’è da disprezzare il passato).
3. Detto questo, non prendo in giro Salvini per la sua frase su Berlinguer: in realtà quel tipo di elettorato italiano fatto di persone ignoranti che sperano che lo Stato dia loro i soldi, gente che una volta votava comunista, oggi in effetti o vota Cinquestelle o vota Salvini perché deluso (l’elettorato, intendo) da come le sinistre preferiscano immigrati e omosessuali. O non vota affatto.
Grazie per i suoi generosi apprezzamenti.
Vorrei dire che non sono “anti” nessuno ma piuttosto mi sforzo di stare dalla parte della verità aggrappandosi ai fatti.
Quanto lei dice degli ebrei è tristemente vero. Il loro peggiore nemico è al loro interno, com’è d’altronde per noi cattolici. Essi non comprendono il pericolo di una nuova diaspora secolare, così come noi cattolici ci culliamo sulla “città eterna” dimenticando che eterna è la Chiesa non Roma.
Salvini, infine, è sciocco ma molto meno di Veneziani, esponente di una destra afflitta da complessi di inferiorità de che avrebbe fatto bene a osservare meglio nelle sue fila. I problemi italiani nascono infatti dai fascisti trascoloranti, allora come oggi, Berlinguer e Napilitano inclusi, tanto per citarne due.
C’è solo una cosa che volevo chiederle.
Se la base di Comiso nasceva da accordi occulti con mafia e comunisti, come mai poi per anni vi furono manifestazioni pseudopacifiste di sinistra guidate dai sindaci locali di sinistra?
C’è poi un’altra cosa. Un mio amico anziano, figlio di carabiniere, si scandalizza perché da anni e anni i carabinieri non acchiappano più alcun latitante in Sicilia (li prende ormai solo la polizia, quando li prende). Che ne pensa?
La prego non mi tenti con le congetture, quantunque intriganti. Le suggerisco di leggere questo articolo, poi credo riformulerà almeno uno dei quesiti. 🙂
https://www.pierolaporta.it/dalla-chiesa-torre/
Una parte della risposta, una parte importante, è nella parabola di Berlinguer.
“Dimenticando che eterna è la Chiesa non Roma”.
Beh, non si può nemmeno dimenticare che senza Roma, la Chiesa cattolica non esisterebbe.
Si è certamente radicata a Roma, proveniente dalla Terra Santa. Non è affatto detto che Roma sia la sua destinazione finale, anzi.
Vale a dire?
Non è il passato in discussione bensì il presente e il futuro prossimo.
Sull’eternità della Chiesa non ho dubbi. Sulla dignità di Roma a esserne culla mi pare che qualche dubbio sia legittimo. D’altronde qualche dubbio serpeggia oltre Tevere se, come si vocifera, hanno spostato la sede alternata da Varsavia a Oslo, sotto l’ombrello naziluterano.
Strano. A me risulta esattamente il contrario, e cioè che la Chiesa, col passare del tempo, si sia resa sempre più indegna di Roma come culla. Ma, è più che certo, è su Roma (Amor) che non ci intendiamo. A parte che è stato Cristo a volere Roma quale centro universale, quindi romano, della Cristianità, la qual cosa non mi sembra opinabile in nessun senso.
E’ saltato un pezzetto: volevo dire che il carabiniere, come il magistrato, il militare, il funzionario pubblico, il professore, è diventato una professione qualsiasi appetibile per lo stipendio fisso e non per la missione
Per lo stipendio fisso e, sovente sempre più sovente, per il potere distorto ed estortivo.
Diagnosticare dei mali o delle difficoltà non è odio ma pietà e prudenza. Le faccio solo un esempio fra mille: dopo secoli di esitazioni il papa, grandissimo, Pio XII acconsentì ad accettare il Culto degli antenatii, in Cina…e l’anno dopo Dio permise il flagello maoista! Se mi consente, lei sottovaluta nel modo più assoluto il Pontificato di Pacelli. Si acconterebbe di sostituire la sua effige a quella di Roncalli nei “santini” che lo raffiguravano nella Triade con Kennedy e Kruscev dopo la crisi di Cuba.
Pacelli impresse lui, ovvero si fece risonanza di Bea e Bugnini, la svolta strategica che incanalò su binari ferrei tutto quanto sarebbe stato poi imputato al rinnovamento conciliare.
Lei esprime molto bene la difficoltà dei tempi, il timore delle guerre, e lascia presagire cause cruciali gravissime che potessero ben spiegare il ruolo decisivo che Pio XII coprì. Sarebbe interessante chiedere a lui oggi che ci dica rispetto alla fase in cui ci ha immessi.
Temo di on aver ben compreso quanto voglia dirmi a proposito di SS. Pio XII
Nel suo insegnamento si riscontrano diffuse e lucide riprese della dottrina tradizionale, quali le si vedono talvolta lungamente stralciate come avete saputo ben fare voi qui sopra, e non di meno, studiando bene, si potranno anche riscontrare radi passaggi, tuttavia determinanti dove si aprono prospettive fortemente innovative le quali poi consonavano con gli orientamenti delle specificamente erette o rinnovate Commissioni liturgica e biblica, quest’ultima a stretto contatto con le evoluzioni dell’Istituto biblico. Quelle medesime istituzioni e, quegli stessi suddetti orientamenti, discreti ma rilevanti, di SS., avrebbero poi avuto un riflesso molto, ma molto più incisivo, di quanto in genere non si colga sulle questioni caratterizzanti che verranno veicolate nelle indicazioni poi conciliari.
Caspita, Mr. Lorenz, mica male come supercazzola!
Da far impallidire il conte Raffaello Mascetti.
Suvvia, non mi pare sia stata una obiezione fuori luogo. 🙂
Gian, la prego, non sia sarcastico con Lorenz. La sua obiezione l’ho trovata stimolante.
Mi arrendo alla sua conoscenza e la ringrazio per la finestra che mi obbliga ad aprire sulla mia ignoranza. Come ho già detto altre volte, né la teologia né la dottrina sono miei cavalli di battaglia, semmai placidi somari nella stalla. Pertanto non mi azzardo a obiettarle alcunché senza aver prima osservato e richiamato a me stesso la necessità di contestualizzare sempre le vicende umane. Un amico teologo mi dice che S.S. Pio XII aveva in animo un concilio, ma non ha avuto il tempo di convocarlo. La prego di perdonarmi se, a lume di naso, mi azzardo a presumere quanto sarebbe stato meglio per la Chiesa e per il mondo intero il Pastore Angelico avesse guidato, col suo ben noto polso, la Chiesa nel Concilio. D’altronde tutto quanto è umano è perfettibile, non crede?
Teologia e dottrina non sono, come ho più volte ripetuto, miei cavalli di battaglia; piuttosto placidi somari nella stalla. La ringrazio quindi di avere stimolato la mia curiosità su queste vicende di cui sono a digiuno.
Consultato un mio amico teologo e ben attrezzato in tali questioni, mi assicura che S.S. Pio XII aveva in animo un concilio ma non ebbe tempo per realizzarlo.
A lume di naso, chiedo innanzi tutto a me stesso, se non sarebbe stato meglio per la Chiesa e per il mondo intero se il Pastore Angelico avesse guidato il Concilio col suo celeberrimo polso. D’altronde tutte le cose umane sono perfettibili. Grazie davvero per la sua obiezione.