IL PATENTINO DI OMOTRANSFOBIA. ALFONSO INDELICATO RACCONTA.

3 Agosto 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Alfonso Indelicato, l’uomo politico di Saronno che i lettori di Stilum Curiae hanno già incontrato, ha voluto regalarci, mentre in Parlamento è cominciata la discussione sul DDL liberticida Zan-Scalfarotto in tema di omotransfobia, qualunque cosa essa possa essere, un raccontino distopico – ma non troppo ahimè – su quella che potrà diventare la nostra vita nel regime di dittatura e di polizia del pensiero che stiamo serenamente allestendo in questo Paese. Poveri figli e nipoti! Buona lettura. 

§§§

IL PATENTINO

di Alfonso Indelicato

 

–        E il patentino? –

 

–        Il patentino? –

 

–        Già. –

 

–        Quale patentino? –

 

L’impiegato allo sportello dell’Ufficio Scolastico mi guardò come fossi interdetto.

 

–        Vuole farlo sì o no il concorso a cattedra? –

 

–        Certo che lo voglio. –

 

–        E allora deve consegnarmi, oltre al modulo compilato e ai certificati, anche il Patentino di non omotransfobia. Ce l’ha sì o no? –

 

Fresco di studi letterari e relativa laurea,   non mi ero tenuto troppo al corrente delle ultime novità in fatto di concorsi pubblici. Non ne sapevo niente di quel patentino, né della legge istitutiva. Mi era completamente sfuggito anche il dibattito in Parlamento. Che dico, perfino le solite diatribe sui giornali, Tizio a favore Caio contro. Disimpegnato, direte voi. Asociale … sì, me l’hanno già detto. Comunque sia, consultando la Gazzetta Ufficiale  scoprii che con un po’ di buona volontà avrei potuto conseguirlo in tempo utile: la data in cui avrei potuto sostenere l’esame per il patentino era  giusto due giorni prima della scadenza dell’iscrizione al concorso.  Addio vacanza godereccia a  Ibiza dunque, e sotto, nuovamente, a studiare! E mi ero appena cinto il capo di alloro! Ma forse  ne valeva la pena.

La commissione era composta da tre persone. In mezzo sedeva il presidente: un uomo non giovane ma dal viso ancora bello, anche se con un che di fatuo nei lineamenti regolari e distinti. Vestiva di un finto-trasandato assai costoso: sotto il giubbino jeans di gran marca con fazzoletto sgargiante pendente dal taschino, una camicia blu scuro lievemente operata. Aveva capelli brizzolati dai riflessi azzurrini che scendevano – onda su onda – sulla fronte e sul collo. Mi rivolse subito un sorriso accattivante, cui si accompagnava uno sguardo dolce e un po’ sognante, quello sguardo che ogni candidato desidera trovare nel suo esaminatore.

Alla sua destra – stridente contrasto invero – sedeva un’anziana donna con un viso triangolare ricoperto da un fitto reticolo di rughe, capelli bianchi cortissimi e uno sguardo aguzzo e inquisitore che non prometteva niente di buono.

Infine dall’altro lato della cattedra era un uomo sulla cinquantina dal viso glabro e la frangia di capelli grigi incollati sulla fronte; sul lobo  dell’orecchio sinistro luccicava un piccolo brillante. Indossava occhiali dalla sgargiante montatura rossa, lo stesso vivace colore della giacca attillata. A un primo sguardo pareva una commissione assai variamente assortita, da non prendere sotto gamba, ma nel complesso potabile.

La donna canuta, dopo aver lentamente ricopiato su di una scheda i dati della mia carta di identità, posò lo sguardo su di me e lo mantenne a lungo, silenziosa.

–        E’ in grado di citarmi l’articolo 1 della Legge 201/2021? –  chiese infine con voce rauca,quasi maschile.

 

Quella legge ormai la conoscevo a memoria, così come tutta la pletora dei regolamenti attuativi. Con voce bassa ma sicura scandii:

 

–        “L’identità di genere prescinde dal sesso biologico  e coincide con la percezione che la persona ha di sé quale uomo o donna. Essa è in fieri durante l’intero ciclo psichico e biologicodella persona.” –

 

–        E ora mi dica il terzo – gracchiò la donna, alzando la voce come se la mia risposta l’avesse indispettita.

 

–        “Ogni espressione o azione discriminatoria motivata dall’ identità di genere così come dall’ orientamento sessuale della vittima ….”

 

La donna attese senza battere ciglio che terminassi la risposta. Poi in silenzio, e con una certa teatralità, torse il viso verso l’altro commissario seduto al lato opposto della cattedra come a dirgli: per me è sufficiente, ora tocca a te.

 

Fu allora che il dio che presiede allo svolgimento degli esami di Stato si distrasse e mi abbandonò al mio destino.

 

Il presidente, con il lodevole intento di “mettere a proprio agio il candidato” (come recitano le normative sulla conduzione degli esami) mi si rivolse col più accattivante dei sorrisi e il piùamichevole dei toni.

 

–        Che aspetto sbattuto che ha, giovanotto. Guarda che occhiaie … giorno e notte sui libri, eh? Ma era il caso di preoccuparsi così? Siamo così tremendi?… –

 

Fu, a tradirmi, quella certa mancanza di autocontrollo che mi prende quando improvvisamente mi sento a mio agio; quel libero fluttuare di sensazioni e di pensieri che mi induce a dire la prima cosa che passa per la testa, senza filtro.

 

–        In effetti, presidente, sì, ho studiato come un negro. –

 

Un silenzio pregno di disagio calò improvviso nell’aula. Il commissario dal volto glabro sollevò di scatto la testa, che prima teneva china. La commissaria storse la bocca in un ghigno acido. Il presidente  manteneva il suo sorriso accattivante  parcheggiato sulle labbra, ma stemperato dall’ imbarazzo. Poi avvertii il brusio degli altri candidati seduti dietro di me ad aspettare il loro turno. Si può interpretare un brusio? A me sembrò all’inizio un’espressione di mero stupore, poi che si prolungasse, in modalità più vivace, quale maligno compiacimento.

 

L’uomo glabro  mi fissava. Ora, incrociandone lo sguardo, ebbi la sensazione di un’ intima ripulsa di quegli nei miei confronti, ripulsa che lessi sulle sue labbra improvvisamente contratte e nello sguardo fattosi più acuto. Fu allora che notai le sopracciglia scolpite al rasoio e l’abbronzatura dal colore un po’ falso tipica delle lunghe sedute sul lettino solare.

 

–        Non ritiene di dover sorvegliare maggiormente il suo lessico? –

 

–        Era solo un modo di dire. – risposi con tono conciliante. E poi, Dio perdonami, non so davvero perché aggiunsi: – Io non c’entro con la tratta degli schiavi. Non ero nato. –

 

Adesso è facile dire che sono stato incosciente. In quel momento mi sembrava di aver solo celiato. Non volevo provocare nessuno. Una battuta, per sdrammatizzare …  Solennemente l’uomo si levò in piedi; con una mano si  era appoggiato al bordo della cattedra, e l’altra la teneva sollevata col ditino vibrante indirizzato al soffitto. La voce si era fatta in qualche modo più penetrante.

 

–        Forse che L’Europa tutta non è solidalmente corresponsabile dell’immane tragedia del popolo nero? Forse che la sofferenza lancinante di milioni di donne e di uomini non pesa come un macigno sulla nostra storia comune? Abbiamo o non abbiamo divorato le risorse del continente africano, ponendo così le premesse di tutti i conflitti, di tutte le stragi, di tutte le ingiustizie sociali di quel continente?  Lei non può chiamarsi fuori dalla correità. Partecipe di questa civiltà europea che ha prosperato sul sangue altrui come prospera un vampiro famelico, lei è colpevole quanto lo sono io … Con l’aggravante che evidentemente non ne vuole essere cosciente, mentre io mi sono caricato del fardello, ne avverto il peso, ne soffro! – Ciò declamato, si risedette con i segni di una quieta afflizione sul volto.

Sono un giovane nato negli anni ‘80, sono un pragmatico. Questa faccenda della mia personale responsabilità di tutte le nefandezze della storia non l’ho mai digerita. Anche quando me l’avevano propinata a scuola i miei prof (ed ero piccolo, quasi un ragazzino) non mi aveva convinto … Questo dover chiedere scusa a tutti quelli che incontro per strada, a momenti …  scusami, fratello cinese, per quello che ti abbiamo fatto durante la rivolta dei boxers … scusami, fratello sudanese, per la presa di Karthoum … scusami, fratello amerindo, per l’uccisione di Montezuma … No. Sono certo disposto a pagare il conto per quello che ho fatto io. Di quello che ha fatto la cariatide del mio nonno volontario in Africa risponderà semmai lui (sempre che ne abbia voglia, rimbambito com’è). Se andava o meno con le sciarmutte, e quanti ne avesse fatti fuori, di nemici …  Comunque sia, non replicai al predicozzo: ne aveva già fatti di guai la mia lingua svelta.

Intanto che stavo lì guardingo e la commissaria ghignava e il presidente col sorriso stampato sulle labbra si guardava attorno, l’uomo glabro aveva preso a disegnare su un foglio con le mani corte e grassocce. I suoi gesti erano febbrili.

 

–        Torniamo ora alla ragione per la quale lei è qui. Che cosa ho disegnato? – mi domandò facendo scorrere il foglio sul piano della cattedra verso di me.

 

Sul foglio era una figura umana fortemente stilizzata, simile a quelle che tracciano i bambini  piccoli. Il capo rotondo era riccioluto. All’interno, due punti neri al posto degli occhi, un buffo naso a punta e una riga orizzontale come bocca. Sotto il collo filiforme iniziava una veste che si allargava progressivamente verso il basso. Dal bordo inferiore di questa fuoriuscivano due righe parallele che, piegandosi all’esterno ad angolo retto, rappresentavano rispettivamente le gambe e i piedi. Anche le braccia erano righe, al termine delle quali alcuni brevi tratti a raggiera rappresentavano le dita delle mani.

 

–        Vedo l’immagine stilizzata di una ragazza. – risposi.

 

–        Ahah! – sbottò compiaciuto l’uomo glabro.

 

–        Ahah! – fece eco la donna canuta.

 

–        Eh no, no, no … – intervenne il presidente con un’espressione dolcemente allarmata, facendo oscillare l’indice di fronte al suo naso. Decisamente il test del disegno doveva essere stato già somministrato a numerosi candidati.

 

Sbottò ancora il commissario, di nuovo aaccalorandosi.

 

–        No! No! No! Non è affatto così! –

 

Ora la voce era diventata irosa. Ad ogni no! l’uomo batteva entrambi i pugni sulla cattedra; ma senza energia, con un gesto floscio e stizzito.

 

–        Da che cosa ha arguito, lei, che trattasi della rappresentazione di una ragazza? –

 

–        Mah … dalla veste, naturalmente … –

 

–        Ecco, lo sapevo! Avete visto? – e col capo faceva degli ampi cenni d’intesa agli altri membri della commissione.  La donna canuta, ora, non si peritava di ridere forte e di gusto, a gola spiegata, come se io avessi detto una manifesta sciocchezza. Il presidente, che si era sforzato finché aveva potuto di dimostrarmi benevolenza, ora aveva indossato un’aria afflitta e rassegnata e cercava alle mie spalle lo sguardo degli altri candidati, come a dire: ma lo sentite? che posso farci io? E intanto l’uomo glabro imperversava, agitando le manine le cui dita  frullavano per aria:

 

–        Lei è ora un libro aperto, per me! Così come è offensiva la sua indifferenza per le nostre responsabilità storiche, altrettanto offensivo è questo suo essere legato a schemi sessisti! Lei è qui per il patentino? E crede di meritarselo perché ha imparato gli articoli della legge a memoria? E’ lo spirito della legge che deve comprendere, che deve far suo! E questo spirito le deve parlare di una sessualità non schematica, ma libera, creativa!  Perché mai un uomo non potrebbe desiderare di indossare un vestito da donna e, che so, di osservarsi allo specchio? – 

 

–        Non potrebbe desiderarlo. Sempre che fosse davvero un uomo. – risposi guardandolo fisso con fermezza.

 

E stavolta la lingua non aveva preceduto il cervello: aveva detto esattamente quello che volevo farle dire.

 

***

 

So che ora vi chiederete: perché hai deliberatamente urtato quella persona, il cui ruolo effettivo era con evidenza tale da condizionare la decisione della commissione, assai più di quello del mellifluo presidente-comparsa? Potevi ancora giocartela: ammettere gli sbagli, riconoscere una certa tua superficialità, spiattellare ancora un paio di articoli di legge … e poi la stanchezza, le notti insonni che ti avevano logorato e fatto dire ciò che non pensavi … Il patentino di non omotransfobia – inutile dirlo –  non te l’hanno dato. Dovrai aspettare un anno per rifare l’esame, e  non potrai affrontare a breve il concorso cui tenevi …

 

***

 

Ecco, rispondo.  Sono nato alla fine degli anni ’80, sono un pragmatico. Non ho mai fatto grandi riflessioni personali sui temi fondanti della filosofia e della vita. Sono passato dal pensiero debole alla società liquida. Di tutto ciò io sono un riflesso, una conseguenza. Un epifenomeno, direbbe qualche mio professorone dell’università. Passo su internet parte della mia giornata. A scuola, studiavo per conseguire il diploma; all’università, la laurea. Capivo le cose, prendevo i voti. Non si cerchino dentro di me troppi valori non negoziabili. Sono un pragmatico, dicevo.

 

Però, però, però. Non ho simpatia per chi cerca di insegnarmi come devo pensare.  Se poi lo fa in nome della libertà e della tolleranza, come quei bei tomi della commissione, ecco: questo  mi sembra il massimo dell’ipocrisia.

 

E infine, che volete, da questo mio nonno che andava con le sciarmutte e che inchiodò i mahrattas davanti alle dune di Bir el Gobi, avrò pure ereditato qualcosa.

 

Saronno, 30 luglio 2020

Alfonso Indelicato

§§§

(Credit: altreinfo.org)




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18 commenti

  • stefano raimondo ha detto:

    Ormai la definizione di omofobo non riguarda più colui al quale non piacciono gli omosessuali, ma colui che non piace agli omosessuali.

  • Adriana ha detto:

    A proposito dell’omofobia. che trasforma gli addetti alla Lgbt plus in una vera e propria ” etnia “,invito alla lettura di quanto scriveva 7 anni fa il compianto prof.Mario Palmaro
    https://www.radiospada.org/mario-palmaro-sulla-legge-omofobia-sette-anni-fa/
    di cui riporto il finale :
    “Preso atto che Avvenire e il Presidente dei Giuristi Cattolici italiani si dichiarano in linea di principio favorevoli a una legge sull’omofobia mi chiedo : quanto influisce su questa posizione la presenza di un gruppo omosessuale all’interno della Chiesa cattolica ? ” .

  • Elisabetta ha detto:

    Torna in auge “la tessera” del ventennio…
    Alla ricerca di novità si finisce nel “nulla di nuovo sotto il sole” … una ciclica idiozia “genetica” !!

  • Gian ha detto:

    Detto da chi in vita sua non ha mai fatto a botte: non sarebbe ora di cominciare a menare?

    • Enrico ha detto:

      Meglio “parliamone” e “scriviamone”: è più democratico e meno pericoloso. 😄

  • Giovanni Giuseppe Marcolini ha detto:

    Direi che non è poi tanto distopico, sembra cronaca odierna.

  • Adriana ha detto:

    Somiglia al ” tragico Fantozzi ” e uno pensa che sia opera di fantasia, senonchè dalla diretta al Parlamento di oggi
    si scopre che per le ” attività” del Lgbtpt plus ( che vuole fortissimamente questa legge nonostante l’avversione di circa 200 movimenti femministi ) sono a disposizione 1000 miliardi di euro .

  • Corrado Bassanese ha detto:

    Spassoso.

  • NonsonoMartin ha detto:

    scusi Indelicato , potrebbe riproporlo in versione “ingresso in seminario ” oppure esame per una cattedra alla università Lateranense , o per una posizione di rilievo in curia romanobergogliana ?
    Sa , qualche battuta del tipo : Domanda : ” che pensa del Card.McCarrick e delle sue tendenze sessuali ?” Risposta : ” Pev cavità , chi sono io pev giudicave ? scusi è …..ma ha pev caso il nuovo indivizzo del carvdinale ?

  • Cactus ha detto:

    Scusi. Un chiarimento.
    I tre della commissione sono -sotto trasformate-spoglie- i tre relatori della legge 201-2021?

  • Applausi ha detto:

    Ha centrato il problema. Non sono un critico letterario, ma non si dimentichi che esistono premi Nobel per la letteratura che non sono dei letterati.
    Continui : è importante per tutti noi che ci possa essere qualcuno che immagina le cose future proprio come se fossero già accadute.
    Quello che è successo negli anni 70 e negli anni 80 e che ha, di fatto sostituito la vecchia cultura con quella nuova, quella che non piace a noi vecchi, è, in qualche modo, simile alla scena descritta nell’articolo.

    • stilumcuriale emerito ha detto:

      Le dittature sono tutte uguali, sotto certi aspetti. Io, nel 1941, per iscrivermi all’esame di ammissione alla prima media ho dovuto presentare il Certificato di ” razza ariana” oltre, naturalmente a quello di cittadinanza italiana e di iscrizione al Partito Fascista.
      In quanto al nonno di Alfonso indelicato non posso che complimentarmi con lui : a meno che non l’abbiano accettato come volontario in Africa a 15 anni, oggi dovrebbe avere almeno 105 anni…..

      • erdd ha detto:

        Mai sentito lo “esame di ammissione alla prima media”, nè il “certificato di cittadinanza italiana”, quanto ad “iscriversi” al partito fascista a 11 anni poi… meno fantasia, và

        • Bastian contrario ha detto:

          L’esame di ammissione alla prima media esisteva ancora negli anni 50. Se si voleva frequentare la scuola media bisognava fare due esami : l’esame di quinta elementare e , poi, nella scuola media, l’esame di ammissione. Chi non avesse voluto fare questo esame si poteva iscrivere all’avviamento. Scuola triennale come la scuola media, ma che non avrebbe permesso, al compimento del ciclo di studi , di iscriversi ad alcune scuole secondarie.
          Bisogna cercare la data di nascita della scuola media unica, per vedere eliminato l’esame di ammissione e le restrizioni alle iscrizioni alle secondarie superiori.
          Contento ?

          • Aggiungo ha detto:

            Aggiungo che nella scuola media si studiava il latino e all’avviamento no. Con l’introduzione della scuola media unica, l’insegnamento del latino venne abolito.

          • Adriana ha detto:

            Esatto : inoltre c’era un esame -interno- di passaggio dalla terza elementare per accedere alle successive quarta e quinta elementari .
            All’esame conclusivo di terza media succedeva l’esame per accedere al biennio del Ginnasio .

        • stilumcuriale emerito ha detto:

          Il fatto che questo Sig. ERDD non ne abbia mai sentito parlare non significa nulla. Da parte mia ciò che ho scrito non è fantasia ma realtà personalmente vissuta. Tutti i bambini italiani erano iscritti al Partito Fascista e in certe occasioni erano obbligati ad indossare una uniforme, iniziando a sei anni con quella di figlio della lupa. Io ad undici anni ero caposquadra dei Balilla, grado conseguito al termine di un corso che fui obbligato a frequentare e al superamento di un esame finale. La mia carriera terminò il 25 luglio del 43 col grado di caposquadra dei balilla moschettieri scelti . Con tutto ciò non sono mai stato fascista.

          • ERDD ha detto:

            Quanto all’“esame di ammissione alla prima media”, ammetto di non averne mai sentito parlare, sarà uno dei tanti aboliti da questo stato superficiale.

            Per quanto riguarda la scuola media unica, con la sua introduzione l’insegnamento del latino NON venne abolito, essendo possibile scegliere tra latino e applicazioni tecniche.

            L’abolizione avvenne solo molti anni dopo l’introduzione della scuola media unica.

            Per il resto, se “Tutti i bambini italiani erano iscritti al Partito Fascista”, a cosa sarebbe dovuto servire il “certificato di iscrizione al Partito Fascista”?