RECOVERY FUND. PAOLO TANGA ILLUSTRA LA FREGATURA.
3 Giugno 2020
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il dott. Paolo Tanga, già Direttore Principale della Banca d’Italia, ci ha inviato una riflessione quanto mai attuale, e interessante, in merito al famoso recovery fund europeo che ha fatto sprizzare bollicine di gioia a tutti i grandi quotidiani globalisti; salvo che poi, piano piano, svanito l’effetto di euforia adulatoria nei confronti dell’esecutivo, ci si è accorti che non è poi tutto questo grande affare, per il nostro devastato Paese. Tanto che il dott. Tanga addirittura lancia l’idea di un appello pubblico al Governo. Certo, se qualche forza politica volesse farsene carico non sarebbe un’idea malvagia. Le povere forze di Stilum Curiae possono solo lanciare in mare questa bottiglia, nella speranza che qualcuno legga il messaggio. Buona lettura.
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L’ex Ministro delle Finanze della Grecia Yanis Varoufakis, nel suo intervento in merito al Recovery Fund in discussione in questa Unione europea, ha lanciato un monito all’Italia confermando indirettamente la validità dei miei due ultimi articoli pubblicati su questo blog. (QUI e QUI) Infatti, l’ex Ministro greco è della mia stessa opinione quando afferma che la proposta della Commissione europea si muove in una direzione sbagliata perché il progetto da 750 miliardi di euro, presentato il 27 maggio scorso, prevede che all’Italia ne vadano 172, ma impongono la destinazione dei fondi in campi nei quali i beneficiari indiretti sono proprio la Francia e la Germania. Inoltre i fondi vanno ripagati e, di conseguenza, costringeranno ad adottare politiche di austerità così come fatto per la Grecia.
Andando ad analizzare più a fondo sembrerebbe che l’Italia faccia la parte del leone, tuttavia le cose non sono come appaiono, poiché per il nostro Paese sono previsti aiuti definiti a fondo perduto, ma al tempo stesso indebitamenti per una cifra superiore (mi sembra che l’Italia funga da “bancomat” per alcuni Paesi dell’Unione), mentre per la Spagna e la Polonia, che ricevono anch’essi fondi da prendere in prestito, le somme sono abbondantemente superate dagli aiuti definiti a fondo perduto. Tutti gli altri Stati, invece sono destinatari solo di fondi a fondo perduto.
Non facciamoci confondere dalle definizioni, perché la differenza tra le due categorie è semplicemente data dal fatto che i primi sono a carico dei Paesi europei senza necessità di corrispondere interessi, mentre i secondi sono gravati da interessi: i soldi che siano prestati o ricevuti a fondo perduto, quindi saranno a disposizione soltanto nella misura in cui i partecipanti all’UE saranno disposti ad aumentare la contribuzione al bilancio comune, ma per farlo è necessario aumentare la fiscalità generale, oppure ridurre la spesa complessiva dello Stato (quindi accogliamo in casa la troika con tutte le sue nefaste conseguenze, casomai non se ne fossero già verificate a sufficienza con il lockdown). Insomma ci facciamo nuovamente prendere in giro. Devo ricordare che noi utilizziamo per i nostri scambi l’euro, una moneta emessa a debito, cioè che crea deflazione, perché per ogni emissione monetaria, se non viene aumentato l’indebitamento complessivo, alla scadenza del prestito si determina una riduzione della circolazione pari all’ammontare del capitale ricevuto in prestito maggiorato degli interessi maturati.
In pratica un’usura legalizzata.
Eppure tutti inneggiano alla “grande svolta della Commissione europea”, mentre non si parla di adottare correttivi alla mancata emissione della moneta corrispondente agli interessi maturati e da pagare.
I citati fondi saranno erogati suddividendoli in quattro anni e verranno dati a fronte dell’aumento della contribuzione dell’Italia al bilancio europeo di ben oltre 96 miliardi in sette anni (arrotondando per difetto la contribuzione italiana).
Poi dobbiamo tener conto del progressivo calo del Pil italiano rispetto al debito, per cui ci troveremmo, soprattutto dopo il calo indotto dalla gestione del covid-19, a contribuire all’Europa per l’importo calcolato oggi e a ricevere i benefici sull’importo più basso derivante dalla flessione alla quale siamo stati sottoposti incessantemente dalla data di ingresso in questa dis-Unione europea.
Del resto i Paesi che si stanno dichiarando contrari al Recovery Fund si allunga: al 1° giugno si sono pronunciati negativamente l’Austria, la Danimarca, l’Olanda, la Repubblica ceca, la Svezia e l’Ungheria. Sono convinto che su queste posizioni sia inutile sperare in una composizione favorevole dei diversi interessi.
Il Fondo iniziale proposto dalla Commissione europea di 750 miliardi di euro (dei quali circa 500 a fondo perduto e intorno ai 250 in prestiti) sarà costituito da un’emissione comune di bond per abbassare il costo della raccolta. E’ ovvio che per poter restituire detti importi al mercato occorre che la contribuzione al bilancio europeo debba crescere, ma detta contribuzione dovrà aumentare anche per l’ammontare degli interessi che via via matureranno.
Perciò, nel periodo 2021-2027, la partecipazione al bilancio europeo – oggi pari a circa l’1 per cento del PIL europeo – deve quantomeno raddoppiare; è lecito pensare che il raddoppio non basti, se si pensa che il fermo delle attività economiche ha comportato un raffreddamento della produzione complessiva e, in maggior misura, di quella italiana. Quindi una mano dà e l’altra mano riprende, però in misura diseguale dal momento che concede meno di quanto bisogna restituire.
L’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) riporta le dichiarazioni del Commissario Gentiloni, secondo il quale l’Italia dovrebbe essere il primo paese membro in termini di risorse allocate: oltre 81 miliardi di contributi a fondo perduto (‘grants’) e circa 91 di prestiti.
Pertanto, la contribuzione italiana passerebbe da 15 mld di euro a 30 mld di euro annui (Il sole 24ore riportava: In assoluto, il contributo annuale in base ai prezzi 2018 passerebbe in media da 14,91 miliardi di euro a 15,27 miliardi di euro).
Nei sette anni ai quali si riferisce la proposta dovremmo aumentare il contributo da 105 a 210 mld di euro, poi dovremmo restituire i 91 mld di prestiti e i relativi interessi. Incassiamo 172 mld e ne restituiamo 196 mld oltre gli interessi, almeno 24 mld in più. Ci conviene? Eppure questi sono i dati disponibili, lo stillicidio continua in misura ancora più ampia. E ci saremo vincolati a mantenere l’austerità fino a quando i 750 mld di euro di indebitamento sul mercato non sia stato restituito. Sempre l’ISPI riporta che la restituzione avverrà tra il 2028 e il 2058 e che si tratta a tutti gli effetti di un indebitamento comune.
Anche a voler essere ottimisti, devo però ricordare che i contributi saranno erogati solo se rispondono alle condizionalità indicate dalla Commissione.
E’ vero che i criteri imposti alla Grecia sono cambiati, ma non mi sento di avallare che la modifica sia quella giusta per l’Italia. I criteri enunciati sono sempre astratti, come si è soliti fare in tutte le decisioni politiche: supporto agli investimenti e alle riforme realizzate dagli Stati per rilanciare la crescita (che potrebbero riguardare la riforma del sistema fiscale, del mercato del lavoro, della pubblica amministrazione e dei tempi della giustizia, secondo le ultime raccomandazioni date all’Italia dalla UE) incentivazione degli investimenti privati nel campo della tecnologia e aiuti alle imprese dei Paesi maggiormente colpiti dal corona-virus
prevenzione epidemie e acquisto medicine e strumenti medicali e si prestano eventualmente all’interpretazione successiva che potrebbe, di fatto, cambiare le carte in tavola.
Andrà in ogni caso bene, come al solito, per i Paesi del nord Europa, meno bene per coloro che sembrano più favoriti. Se queste sono le condizioni di partenza, figuriamoci se per l’Italia possano migliorare.
Sono ancora più che convinto che bisogna agire subito. Il governo attuale ci ha dimostrato che se si vuole fare qualcosa di antipatico e dannoso si riesce ad attuarlo in pochi attimi. Quindi è solo una questione decisionale. Per uscire dal fango siamo in grado di fare da soli attraverso l’abolizione delle imposte dirette, la sottoscrizione del debito pubblico e la ricostituzione di un nuovo IRI, come da me indicato nell’articolo pubblicato sul blog il 19 maggio scorso, e invitare gli Italiani ad essere Italiani in toto, privilegiando l’Italia anche nelle vacanze, perché lasciando le imposte sul reddito nelle loro tasche, molti potranno permettersele.
Convinciamo il governo ad agire non subito, ma immediatamente.
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Tag: eu, recovery fund, tanga, varoufakis
Categoria: Generale
Dottor Tanga siamo seri. L’obiettivo di questo governo di traditori della patria e dei suoi mandanti stranieri è di ridurre in macerie l’Italia perché non hanno alcuna speranza di vincere la prossima tornata elettorale, per l’ennesima volta, e sanno che a gestire l’enorme debito con l’UE, il collasso sociale, i suicidi, sarà l’opposizione. Non c’è una sola ragione plausibile per la quale non è stata immessa immediata liquidità se non l’autoconservazione. Lei come lo spiega? Perché sottoporre i professionisti all’umiliazione dei 600 euro dall’INPS, perché esporre gli imprenditori all’usura, le famiglie alla camorra? Non ho dubbi sull’assoluta incompetenza di uno storico di partito in materia economica, ma lei davvero crede che qui si tratti di incompetenza? Io penso che si tratti di odio.
Ecco, se i nostri media spiegassero come stanno effettivamente le cose – così come il sempre chiaro Dr. Tanga sta facendo – gli italiani sarebbero più consapevoli e potrebbero decidere correttamente secondo i loro interessi.
Se questo non avviene, cioè se la classe dirigente di questo sfortunato Paese evita di dire la verità, ci saranno precisi motivi. E questa considerazione conduce all’inevitabile domanda: perché non lo fanno? E qui bisogna fermarsi … Povera Italia, con una classe dirigente così.
Grazie Dr. Tanga per il suo contributo.
E come? se non si può votare;
andare in piazza? si passa per fassisti sfassisti, beceri muscolosi e tatuati;
Inoltre mi sembra che Giuseppi sia tuttora sugli scudi con più del 50% di favorevoli (sob!).