DEL POZZO: CHIESE CHIUSE? SMETTIAMO DI DIRCI CATTOLICI.
10 Aprile 2020
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Luca Del Pozzo ci ha inviato una riflessione che condividiamo pienamente, sul problema delle chiese chiuse, della messa interdetta e della Pasqua. La fotografia che vedete sopra l’articolo proviene dal sito Facebook di Antonio Socci, che ringraziamo, e mostra la messa del Giovedì Santo del Pontefice regnante. Sono presenti almeno venti persone, se non di più; nessuna di esse porta una mascherina (i casi di contagio in Vaticano sono ormai a due cifre) però sono bene distanziate le une dalle altre. Che cosa impedirebbe di fare la stessa cosa nelle chiese di tutta Italia? Se ce ne sarà la forza e il tempo, nei prossimi giorni vorrei aggiungere a questo articolo estremamente esaustivo una piccola riflessione su come sia far difficile comprendere alcune cose che dovrebbero, potrebbero essere essenziali per un cattolico nel mondo odierno, paganizzato di ritorno. Buona lettura.
§§§
Non è stata la prima e non sarà l’ultima volta che Salvini, da politico navigato qual è, mescola sacro e profano usando la religione pro domo sua (la qual cosa, sia chiaro, non ci scandalizza affatto, di certo non più di altre performance cui ci ha abituato la politica, grosso modo dall’antichità ai giorni nostri). L’aspetto più interessante e sul quale vale la pena tornare a riflettere non è dunque tanto la richiesta in sè, avanzata dal leader leghista (e non solo), di poter riaprire le chiese per le festività pasquali, quanto piuttosto le reazioni scandalizzate – in alcuni casi col bollino nero, nel senso dell’immancabile stigma che la solita sinistra radical-sciocca ha appioppato agli “scemi di destra” rei di cotanto azzardo – che si sono lette e sentite tanto dal mondo laico che da quello cattolico. Reazioni, ha notato giustamente Antonio Polito sul Corriere della Sera, che nè la proposta di Renzi di riaprire le librerie nè quella di Confindustria di lasciare aperte le fabbriche, avevano suscitato. “La paradossale verità – ha scritto Polito – è che oggi cultura e industria ci appaiono strumenti di rinascita più idonei della religione”. La causa di siffatto fenomeno è presto detta: “La secolarizzazione, anche nel Paese più cattolico d’Europa, ha ormai espunto la fede dal dibattito pubblico, come se fosse un sentimento privato, rispettato sì, ma in defintiva inutile al corpo sociale”.
Ecco centrato in poche parole il nocciolo della questione. Con buona pace del fatto che i cattolici sono tenuti ad obbedire ai governanti (e chi mai l’ha messo in dubbio?), e che è giusto e sacrosanto ascoltare gli esperti e non correre rischi, e che bisogna fare di tutto per tutelare la salute dei cittadini, e che questo è il tempo della responsabilità, eccetera eccetera, ciò che soprattutto in certi ambienti cattolici sembra essere sfuggito è un fatto tanto semplice quanto drammatico: la chiusura delle chiese e la sospensione della Messa con il pubblico a seguito dei provvedimenti del governo ha di fatto sancito l’accettazione da parte della Chiesa italiana della estromissione di Dio dalla vita pubblica.
Tenere le chiese chiuse, tanto più durante la settimana santa che per i cristiani è il fulcro di tutto l’anno liturgico, non soltanto non trovava (non trova) alcuna giustificazione di ordine sanitario, ma quel che è più grave veicola un’idea di religione del tutto estranea al cattolicesimo essendo piuttosto espressione di una concezione protestante della fede. Con tutto ciò che ne consegue.
Anche a voler trascurare il non banale dettaglio che lo Stato, nel momento in cui equipara il culto ad una qualsivoglia manifestazione ludica a carattere pubblico, manda un chiaro e preciso segnale di stampo laicista più che laico, la cosa grave è stato l’assordante silenzio da parte di certi ambienti cattolici contro tale scelta ed anzi la supina accettazione di un principio che, va ribadito a scanso di equivoci, non ha nulla a che vedere con la laicità.
C’è poi un altro aspetto da considerare, strettamente legato a quanto fin qui detto in quanto rivelatore dello stadio avanzato di protestantizzazione in cui versa il cattolicesimo italiano, ma se possibile ancor più problematico del rapporto Chiesa-Stato. Esso consiste in una concezione della fede “smaterializzata”, incorporea, tutta spirito e intimità e niente corpo e fisicità. Ora è vero, verissimo, che si può pregare Dio a casa, nel chiuso della tua camera da letto o in autobus, mentre corri e fai palestra o guardando un tramonto a bordo piscina; così come è vero che non è il luogo, il tempio, la chiesa in quanto edificio che conta (checchè ne dicano quei teologi e prelati che ancora nel XXI secolo si attardano in una anacronistica concezione territoriale delle parrocchie, a sua volta legata a doppio filo ad una altrettanto stantia ecclesiologia “piramidale”); ma qui si sta parlando della possibilità di partecipare alla Messa in quanto popolo, comunità, corpo di Cristo.
Che non è, come qualche prelato forse troppo frettolosamente ha detto, un discorso astratto sul diritto di andare in chiesa, ma una cosa molto concreta. Che poi la Messa la si faccia in mezzo ad una radura nel bosco o su un campo da basket, in una piazza piuttosto che in famiglia o in un parco, in una maestosa cattedrale o in uno scantinato cambia poco. Cambia molto, invece, esserci oppure no, essere presente con il proprio corpo e in quanto membra di un corpo più grande che è il corpo stesso di Cristo, cioè appunto la Chiesa. “L’errore – ha detto di recente non ricordo quale vescovo – è pensare che non poter partecipare fisicamente alle funzioni liturgiche significhi non celebrare la settimana santa”. Sarà pure un errore, ma resta il fatto che se passa questo principio, se passa cioè l’idea che il corpo sia tutto sommato ininfluente ai fini del culto, tanto vale che smettiamo di chiamarci cattolici.
E l’aspetto paradossale in tutta questa vicenda è che a ricordarci dell’importanza del corpo è venuto in soccorso, pensate un po’, un prete anglicano, Tish Harrison Warren, che sul New York Times di qualche giorno fa raccontando di tutte le cose che gli mancano essendo costretto a casa anche lui a causa del Covid-19, a un certo punto dice: “La storia della creazione nella Bibbia ci ricorda che noi umani siamo corpi. Non siamo semplicemente cervelli conficcati su un’asta o anime intrappolate in una prigione mortale. Noi crediamo che anime e corpi siano inseparabilmente intrecciati… E noi crediamo che Dio non è venuto a mo’ di un libro o di un codice di leggi o come un ologramma o un credo o un’idea, ma come una persona in un corpo, Gesù. Assumendo un corpo, Dio il farsi stesso persona. Perciò noi crediamo nella resurrezione non solo dell’anima, che flutta via verso una nebbia effimera, ma anche del corpo”. Non credo servano commenti. Pasqua è ormai alle porte. A Gerusalemme, ancora oggi, c’è una tomba vuota. In quella tomba venne deposto il corpo martoriato e crocifisso di Gesù di Nazareth, che dopo tre giorni risuscitò. Da allora i cristiani ogni anno aspettano la Pasqua per celebrare, non solo spiritualmente ma anche corporalmente, il memoriale del fatto che ha cambiato per sempre il corso della storia, cioè appunto la risurrezione di Cristo senza la quale non vi sarebbero né cristianesimo né Chiesa. Che la resurrezione sia “la” questione, il punto su cui tutto sta o cade, lo ricorda a chiare note San Paolo nella prima lettera ai Corinzi: “Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo, falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo” (1Cor 15, 14s). Senza la resurrezione, scrive nel terzo volume del suo “Gesù di Nazareth” Benedetto XVI, “…si può, certo, raccogliere dalla tradizione cristiana ancora una serie di idee degne di nota su Dio e sull’uomo, sull’essere dell’uomo e sul suo dover essere – una sorta di concezione religiosa del mondo –, ma la fede cristiana è morta. Gesù in tal caso è una personalità religiosa fallita; una personalità che nonostante il suo fallimento rimane grande e può imporsi alla nostra riflessione, ma rimane in una dimensione puramente umana e la sua autorità è valida nella misura in cui il suo messaggio ci convince. Egli non è più il criterio di misura; criterio è allora soltanto la nostra valutazione personale che sceglie dal suo patrimonio ciò che sembra utile. E questo significa che siamo abbandonati a noi stessi”. Quest’ultimo passaggio è particolarmente illuminante. Perché dà la misura esatta di quella che da sempre, ma forse oggi in modo più drammatico che in altre epoche, è la questione più importante nella e per la Chiesa (altro che l’ambiente, i migranti, la comunione ai divorziati risposati o il celibato dei preti!), ovvero se e in che misura il popolo di Dio – nella sua più vasta accezione – ponga o no al centro della propria vita la fede nella risurrezione. La Pasqua affonda le sue radici nella storia di Israele, in particolare nella storia dell’esodo. Ha un significato profondamente esistenziale e concreto (ma niente affatto politico come sostiene qualche corrente teologica), perché dice della liberazione, del passaggio dalla schiavitù alla libertà. Anche la Pasqua cristiana esprime questa realtà. La risurrezione è un evento di liberazione: dalle catene della morte, prima, e dalla schiavitù del peccato, di conseguenza. E nonostante le mancanze e le debolezze di noi uomini, ogni anno durante la solenne Veglia paquale Dio continua a “passare” in mezzo al suo popolo. E come la croce è l’asse portante dell’universo – stat crux dum volvitur orbis recita il motto dei certosini di San Bruno – così la resurrezione è la luce che illumina ogni sofferenza umana, di ogni uomo e di ogni epoca (compresi questi tempi del Coronavirus). Per questo da tempo immemorabile i cristiani vegliano durante la notte delle notti, in attesa che il Signore passi di nuovo in mezzo a loro, salvandoli. Come recita l’Exsultet: “O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore!”. E’ tempo di essere responsabili, certo; ma prima ancora, e tanto più in questi giorni, è tempo di testimoniare innanzi ad un mondo smarrito e che ha paura, che la morte non ha l’ultima parola sulla vita. E quale testimonianza migliore di un corpo, fatto di tanti corpi, che esce dalla tomba, dalle case dove siamo sepolti, per celebrare corporalmente e in pienezza ciò che l’uscire dalle case simbolicamente evoca? Le modalità operative per fare tutto in ordine e in sicurezza si potevano (si possono?) trovare. E’ il coraggio che è mancato. Peccato.
Luca Del Pozzo
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Tag: chiese chiuse, coronavirus, del pozzo, messe proibite
Categoria: Generale
«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
«Dove sarà il cadavere, là si raduneranno anche gli avvoltoi»
Buona Pasqua a tutti.
Una mia collega osservava: ma com’è che, con tutto lo spazio esistente in San Pietro, i cardinali non si vedono mai e celebra il papa da solo? Tutta l’attenzione deve andare su di lui?
Condivido l’articolo, solo osservo che non è soltanto Salvini a strumentalizzare la religione: lo fanno anche Conte, Mattarella… Abbiamo da giorni tg1 e tg3 che aprono citando papa Francesco, citato persino da una tizia di LEU in Senato… Perché loro sì?
L’anno scorso, a chi gli chiedeva che pensasse del fatto che la Chiesa è sotto attacco, con espulsioni del Crocifisso e simili, l’ineffabile mons. Valentinetti arcivescovo di Pescara rispondeva sorridendo: “Ma sono tutte sciocchezze, lasciate perdere…”. Glielo diamo un premio?
Persino la telefonata “a sorpresa” durante il programma “A Sua immagine”! Facile dedurre che: tutto deve avere la “sua immagine”… Anche nel pomeriggio del venerdì santo…
Ho l’impressione che per lui sia molto difficile resistere a Santa Marta, con i margini ristretti di (sovra)esposizione… E già è presenza fissa sulle reti RAI, a tutte le ore, immancabilmente ogni giorno.
Generalizzando e banalizzando una delle conseguenze di questa pandemia, ha detto che non è facile restare a casa, nell’intervista che, per ora, sembra essere ignorata. È pur vero che replica il suo repertorio, ma qualcosina andrebbe approfondita.
…E COME DARLE TORTO?!
“La paradossale verità – ha scritto Polito – è che oggi cultura e industria ci appaiono strumenti di rinascita più idonei della religione”. La causa di siffatto fenomeno è presto detta: “La secolarizzazione, anche nel Paese più cattolico d’Europa, ha ormai espunto la fede dal dibattito pubblico, come se fosse un sentimento privato, rispettato sì, ma in definitiva inutile al corpo sociale”.
Un’analisi lucida e corretta. Definire oggi l’Italia o un qualsiasi altro paese tecnologicamente evoluto come Paese cattolico è un vezzo nostalgico che non rispecchia la realtà. Sono i numeri a dirlo: la percentuale dei bambini battezzati in relazione ai nati cala vistosamente ormai da 10 anni. Lo stesso accade per i matrimoni religiosi per non parlare del numero dei divorzi, delle convivenze, dell’uso massiccio della contraccezione e degli aborti.
Certamente in tutti i paesi persiste una piccola percentuale di cattolici autentici osservanti il Magistero e tuttavia in nessun caso si può parlare di “Paesi cattolici” e forse a guardar bene mai lo sono stati.
Tutto vero, ma bisogna dire che se avessero concesso ai cattolici la possibilità di andare in chiesa, avrebbero dovuto permetterlo anche ai mussulmani, sennò ci sarebbe stata una discriminazione religiosa anticostituzionale. E se nelle chiese poteva essere relativamente semplice organizzare le cose per bene, sarebbe stato impossibile fare altrettanto nei centri di preghiera islamici.
Caro Del Pozzo, Salvini come dice lei lavora pro domo sua,può darsi, ma è stato l’unico dei politici nostrani a intuire qualcosa…gli altri politici come mai non hanno fatto la stessa cosa? Visto che ci sarebbe un tornaconto ci poteva essere anche per gli altri?
La privatizzazione della religione ormai è la regola, lo dimostra il fatto che la recita dell’Eterno riposo da parte del solito Salvini con la D’urso ha scandalizzato anche gran parte del Clero….Ma
Ma non è vero che le chiese sono chiuse . Per esempio , quella di don Biancalani e dei suoi protégés che vi cantano Bella ciao non solo è aperta , ma ha ricevuto un aiutino di 20mila euro da Bergoglio . I cattivi vecchietti italiani -che non hanno capito a che servono le chiese ( pranzi , cene , dormitorio , danze ) -raspano nell’immondizia .Ben gli sta a questi biechi e feroci colonialisti… .https://www.ilgiornale.it/news/cronache/papa-francesco-dona-20mila-euro-centro-daccoglienza-vicofaro-1852478.html
@ Adriana
Devi ammettere che Bergoglio non sbaglia un colpo. Avrebbe potuto aiutare decine, centinaia di associazioni e istituzioni varie e, in mezzo a questo universo infinito di possibilità, ha scelto don Biancalani. Ha una mira infallibile, nonostante il suo animo sia profondamente turbato perchè il giovedì santo non ha potuto lavare i piedi a dodici giovinetti mussulmani.
Infatti: se soffia il vento in una certa direzione… anche il vescovo – che, una ventina di giorni fa, aveva avvertito che non avrebbe interferito nell’ intervento (mai registrato, però) delle autorità pubbliche preposte alla difesa della salute pubblica e a far rispettare le direttive emanate – è costretto a una giravolta…
https://voxnews.info/2020/03/20/coronavirus-il-vescovo-svuota-il-centro-di-don-biancalani-e-bomba-epidemica/
” Responsabilità pubblica di ogni cittadino…” dice il Vescovo . Ecco un buon motivo per dare alle ” preziose risorse “la cittadinanza subito ! Subito sbarcato , subito cittadino ,però, attenzione :…di serie A ,
quindi ” privilegiato ” anche nella ” responsabilità ” ,o – a
sua scelta -nella ” irresponsabilità ” .(” Dio ti ama come sei ” , dice Bergoglio ,Richard Geer docet e anche lo chef Rubio , perciò…-(ubi Major holywoodiana ,minor- ” cristianuccio “-cessat -) . Una versione squisitamente Conciliare del detto :” Gli Ultimi ( arrivati ) saranno i Primi ” . Non per niente li hanno già assoldati come pensosi e consapevoli portabandiera dell’ ANPI .
Paolo Giuseppe ,
no : è un cecchino che non sbaglia un colpo…e S.Michele lo sa , perchè -a questo punto-devono fischiargli le orecchie ” divine” a forza delle nostre preghiere ” leonine”.
Grazie all’autore dell’articolo, che va proprio al centro della questione: ma esiste ancora una fede cattolica?
La risposta è ovviamente affermativa, se non altro per la promessa di Cristo, “non prevalebunt”. Quello che diventa fondamentale chiedersi è dove si trova oggi la vera fede cattolica? In molti preti e vescovi che seguono l’insegnamento e la liturgia di sempre? A me sembra di sì.
E poi, siccome il virus non scomparirà d’estate, cosa faremo il prossimo inverno? Celebreremo anche il S.Natale in streaming?
Grazie a questa gerarchia per aver creato un subdolo, pericoloso precedente!!
Sono d’accordo, il coronavirus ha solo reso evidente quello che già sapevamo: la fede del popolo è moribonda e da molto tempo.
Ancora discutiamo messe sì, messe no?
Ma io non vedo folle davanti alle chiese a chiedere a gran voce la celebrazione della Messa o i Sacramenti.
La gente è preoccupata perché non può andare al mare; a questo è ridotta ,presso il popolo, la Pasqua!!
Siamo noi,retrogradi, addolorati per la mancanza delle Celebrazioni pasquali.
Riflessioni molto chiare, belle.
Anche da parte mia un grazie a Luca del Pozzo.
Più e più volte, sfruttando la celeberrima citazione manzoniana, abbiamo convenuto che il coraggio non può darselo chi non ce l’ha. Forse dovremmo interrogarci su che cosa si intenda oggi, nel sistema di valutazione rivoluzionato, con la parola “coraggio” e, forse, dovremmo arrivare alla conclusione che un “altro” paradigma si è imposto, o si va velocemente imponendo, con la conseguente sostituzione con un diverso modello di riferimento rispetto a quello fin qui conosciuto, accettato e applicato – riconosciuto – in quanto radicato nella Tradizione.
Se guardiamo, infatti, alla “creatività” – cui si riferisce e si appella il papa (e a ruota la stragrande maggioranza dei “pastori”) come nell’ ultima intervista (di appena due giorni fa) pubblicata da “la Civiltà Cattolica”- di cui quotidianamente riscontriamo traccia negli interventi e nelle soluzioni estemporanee (anche) ai problemi di natura spirituale connessi con questa pandemia, non possiamo certo negare la verve che impressiona per il livello che si è arrivati a toccare e che dovrebbe paradossalmente farci gridare: mamma mia, che coraggio!
Per restare a ieri, come ho segnalato nei commenti al Post sull’ Esorcismo negli ASS e scusate se insisto, la “lezione” del cappellano dell’università di Monaco di Baviera (diocesi del card. Marx, un apripista nei progetti di innovazione) di distribuire l’Ostia consacrata in sacchettini contenenti anche ramoscelli di ulivo, è stata immediatamente praticata nella diocesi di Limburg, dove per la Pasqua i fedeli potranno riceverLa avvolta in dei foglietti (sul modello delle nostre schede elettorali), grazie appunto ad un “innovativo servizio da asporto”.
Null’altro da aggiungere, se non che:
«I guardiani d’Israele sono tutti ciechi, senza intelligenza;
sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare;
sognano, stanno sdraiati,
amano sonnecchiare» (Is 56,10).
Vorrà dire che chi tace acconsente e dovremo accettare questa “novità”? Intanto un intrepido studente dell’ università di Monaco ha pensato di appellarsi al card. Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto e la Disciplina dei Sacramenti. Vedremo se, dopo Pasqua, arriverà una risposta.
Non mi trovo del tutto d’accordo con l’articolo: la chiesa in quanto luogo di culto deve rimanere luogo privilegiato non solo per la Messa, per cui l’edificio viene (o dovrebbe essere) costruito, ma anche per la preghiera personale e le pratiche devozionali. Questo per un motivo semplice: Nostro Signore è realmente presente nel Tabernacolo, nelle Specie eucaristiche consacrate. Ora, al netto di alcune mattane tedesche igieniste, per grazia di Dio ancora a nessuno è venuto in mente di dare Ostie consacrate da portare a casa, quale un pane qualunque e non il Panis Angelicum. Come ha detto giustamente, la fede cattolica non si basa solo su una disincarnata spiritualità ma anche sul corpo, su ciò che è fisico; quindi, non ha senso negare l’accesso, anche solo per pregare, laddove viene custodito il Corpi per eccellenza, quello di Cristo. Poi, nulla toglie che anche la Chiesa in sé lo sia misticamente, che anche dove due o più si radunano a pregare nel Suo nome Lui sia con loro, che Ceusto ricompensa chi prega il Padre nel segreto (del proprio cuore, anzitutto): tutto bello, tutto giusto. Ma anche l’edificio-chiesa in sé è necessario, come pure il poterci accedere, dato che è un luogo fisico comune a tutti i fedeli, appositamente consacrato e che è anche il luogo dove si conserva, sotto l’apparenza del pane e del vino, il corpo fisico di Nostro Signore. Perché quel Pane e quel Vino hanno solo l’apparenza di quel cibo e di quella bevanda, ma in sé sono Altro.
*Cristo, non Ceusto (?); scusatemi per le mattane del T9.
Il novello Alcimo connivente col trono di Satana ci ha riportato alle catacombe.
Pur condividendo tutte le perplessità per la supina accettazione delle le chiese chiuse da parte della gerarchia, l’aspetto più preoccupante o, meglio, inquietante e paradossale è un altro. In un tempo in cui il pensiero della morte (e la paura di essa), che ormai era completamente assente e nascosto nella quotidianità, torna ad essere così presente in milioni (miliardi?) di persone ci si aspetterebbe la Chiesa in prima linea (di più e meglio di altre istituzioni) nell'”accompagnamento”, nel dare fiducia, nel dare con forza il messaggio che essa è solo un passaggio per un “luogo” migliore, ecc. ecc. E invece? Assenza (quasi) totale! Ma la Chiesa crede ancora?
Chiesa come lo Stato: adesso che servono, spariti nel nulla. Buoni solo a ripetere: state a casa.
La Novena alla Divina Misericordia insegnata da Gesù
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Primo giorno (Venerdì Santo)
Meditare su Gesù Crocifisso e sul valore delle anime (costano tutto il sangue di Gesù….)
Parole di nostro Signore: “Oggi portami l’umanità intera, specialmente tutti i peccatori, ed immergili nell’oceano della mia Misericordia. Così tu addolcirai la mia amarezza per la perdita delle anime”.
Chiediamo misericordia per l’umanità intera.
Misericordioso Gesù, poiché tua prerogativa è d’aver compassione di noi e di perdonarci, non guardare i nostri peccati, ma alla fiducia che nutriamo nella tua infinita bontà. Ricevi tutti nel tuo Cuore compassionevole e non respingere mai nessuno. Te lo chiediamo per l’amore che ti unisce al Padre ed allo Spirito santo.
Pater… Ave… Gloria…
Eterno Padre, volgi il tuo sguardo di Misericordia sull’umanità intera, specialmente sui peccatori, la cui unica speranza è il Cuore pietoso di tuo Figlio. Per la sua dolorosa Passione, dimostra la tua Misericordia, affinché noi possiamo insieme eternamente lodare la tua potenza. Amen.
Segue coroncina alla Divina Misericordia
https://youtu.be/FsZltEk47q8
Muchas gracias padre Luis Eduardo, in questa giornata particolare ho visto la recita da lei prposta su youtube,mi ha rasserenato e mi ha dato fiducia.
Una Santa Pasqua anche a lei e a tutti i lettori di Stilum Curiae.
Carissimo GENE, anche a Lei e tutta la sua famiglia e la bellissima Sardegna, una Santa Pasqua, che in questo 2020 veramente PASSA con tanti sacrifici. CINFIDIAMO CIECAMENTE SOLO NEL NOSTRO SIGNORE E TUTTA SUA CORTE CELESTE. LUI VI BENEDICE.
Riflessione molto bella, grazie a Dal Pozzo, in questo Venerdì Santo emblematico.
Il discorso delle Messe a Pasqua è ormai definitivamente chiuso, com’è ovvio. Direi, brutalmente: si smetta anche di chiederle, si diventa ridicoli, e poi una decisione è stata già presa a suo tempo dalla gerarchia, i fedeli hanno detto la loro, adeguiamoci a quanto i pastori hanno deliberato, ciascuno si prende la propria responsabilità, e basta – per ora – poi le cose saranno più chiare, per ciascuno, quantomeno nel Giorno del Giudizio.
Ci sono dei punti nodali della questione, uno è che la gerarchia ha comunque, dopo 2000 di apertura quotidiana ininterrotta, creato un precedente: da ora in poi, tutti gli inverni, quando tornerà l’influenza, le chiese resteranno chiuse, per meglio tutelare la “salus publica”, come dice il blog “Breviarium”:
https://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2020/03/30/covid-19-approccio-diverso-tra-i-tempi-di-san-carlo-borromeo-e-quelli-di-oggi/
Poi, dall’influenza si passerà ad altre questioni di “sicurezza”, e poco per volta, alla fine, le chiese resteranno chiuse, anche in estate, tanto si è giustamente visto che non servivano a nulla. Chi proprio vuole, potrà disporre di servizi sostitutivi in TV o sul pc, on-demand.
Altra cosa importante: non si è saputo nulla, non c’è nulla nemmeno su internet, di cosa è successo in Polonia e, parzialmente, in Spagna, dove qualche Messa col popolo pare sia stata detta. Così, tanto per farsi un’idea. Le ultime notizie datano dal 13 marzo scorso. E’ evidente che c’è la censura. Devo quindi dedurre che là le cose siano andate bene, sennò, se ci fossero stati contagi in chiesa, di certo sarebbero stati sulle prime pagine dei media, e in apertura dei TG.
In Olanda, invece, la notizia è questa: http://europa.today.it/attualita/troppi-fedeli-messa-contagi-coronavirus.html. I contenuti vanno verificati.
Giustamente, come qualcuno ha osservato, Messa e Comunione NON sono un diritto dei fedeli. A mio parere, infatti, il nocciolo del discorso non è mai stato questo, ma è stato nella considerazione che la Chiesa, specie nella sua gerarchia, ha di sé stessa, e della sua relazione col mondo, e nella vera conversione. Lo si dice molto bene a “La Scure”, a questo link:
http://lascuredielia.blogspot.com/2020/03/lospettro-della-morte-e-la-preghiera.html
che cito largamente, suggerendo però la lettura integrale sul sito
” (…) In questa situazione mai sperimentata, più d’uno ricomincia a sentire il bisogno di rivolgersi a Chi sta sopra di noi e può aiutarci. Qua e là si torna ad invocare i patroni di città e paesi; la gerarchia cattolica divulga sussidi di preghiera e fissa appuntamenti per suppliche corali, seppure a distanza; con pudore, nelle case, qualcuno reimpara il segno della croce, ma quasi vergognandosi come di una cosa sconveniente, quando nessuno si imbarazza più delle peggiori volgarità e sconcezze. Alla trepida speranza che Qualcuno – se c’è – possa far qualcosa, si mescola il timore di esser sorpresi in un cedimento al bigottismo; eppure, sconvolti e disorientati dalla minaccia esplosa all’improvviso, si cerca aiuto. Nessuno, tuttavia, sembra interrogarsi sulla ragione di quanto sta succedendo. Preti e vescovi si sgolano a ripetere che Dio non punisce; a chi può dunque venire in mente che si debba cambiare qualcosa per placare il Suo sdegno? Come ci si può scuotere dall’assuefazione a peccati gravissimi che son diventati la norma?
Il nostro Paese – anzi, l’umanità intera – merita ben di peggio. Gli innumerevoli aborti, la distruzione della famiglia, la prassi eutanasica, la corruzione a tutti i livelli, l’alluvione di impurità, pornografia e pratiche contro natura reclamano punizioni ben più severe: «Il Signore è il Dio dei castighi; il Dio dei castighi ha agito liberamente» (Sal 93, 1). Chi, carico com’è di peccati, si sognerà di discutere con Lui di ciò che ha stabilito? «Chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci» (Is 50, 8). Ma proprio i Suoi ministri, nello sforzo – non richiesto – di scagionarlo da eventuali, assurde accuse, Lo mettono in ridicolo, incoraggiando oltretutto una fiducia temeraria e spingendo i cuori a indurirsi sempre più. È così che, invece di ravvedersi, i disperati si abbandonano alla lussuria in un estremo tentativo di esorcizzare la paura della morte, come a Berlino assediata nella primavera del ’45. Perché voi Pastori non date voce all’appello divino alla conversione, com’è vostro compito? Temete forse la reazione dei nemici di Dio o del mondo incredulo? Siete diventati ciò che siete per dare la vita per la Chiesa o per assicurarvi una buona pensione? E se poi non ci arrivate…? Non sapete che il giudizio sarà tanto più duro quanto maggiore è la responsabilità? «Il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto» (Sap 6, 5). Cosa aspettate a convertirvi anche voi?
Su ciò che è più necessario vi siete arresi senza combattere ai governanti della terra. Il Signore, tuttavia, si è servito della vostra codarda incredulità per impartire una lezione al Suo popolo, che Lo aveva stancato con troppe comunioni sacrileghe o senza fede, con troppe pagliacciate a storpiatura del Santo Sacrificio, con troppe irriverenze e trascuratezze verso l’Eucaristia… e ora se n’è visto privato all’improvviso, mentre i luoghi riservati al culto, abitualmente adibiti agli usi più diversi, ora sono inaccessibili. Non vorrà forse dirci qualcosa, il Giudice dei vivi e dei morti? Non ci sta forse dando un salutare avvertimento? Non ha forse fatto misericordiosamente in modo che fossimo trattenuti dall’aggravare ulteriormente il carico delle nostre colpe e delle relative pene? Possibile che i semplici lo capiscano immediatamente e che voi, con tutti i vostri studi e la grazia di stato che vi assiste, facciate tanta fatica ad ammetterlo? «Stolti e tardi di cuore, fino a quando zoppicherete da entrambi i piedi?» (Lc 24, 25; 1 Re, 18, 21).
In nome della famosa collegialità, avete delegato la vostra autorità di diritto divino a un burocrate della conferenza episcopale che ha trattato da solo con i rappresentanti dello Stato tenendo loro testa unicamente per assicurarsi una fetta del denaro destinato al sostegno delle imprese, per poi informarvi di decisioni gravissime a cose fatte, imponendovele al contempo con un’inaccettabile ingerenza nel governo delle vostre diocesi, di cui tocca a voi rispondere davanti a Dio. Facile scaricarsi così le spalle da ogni responsabilità… Vostro malgrado, certo, avete cooperato ai piani correttivi della Provvidenza, ma questo non attenua la condanna che incombe su di voi, né vi esime dalla necessità di un serio esame di coscienza. Anche voi, troppo spesso, trattate i sudditi come nemici, penalizzando e respingendo proprio i più fedeli. Non sarà perché la loro sola presenza e il loro zelo sono un tacito rimprovero della vostra tiepidezza? Non sarà perché sono un pungolo alla vostra coscienza illanguidita? Cosa deve ancora succedere perché vi ravvediate? Lo spettro della morte deve forse bussare anche alla porta dietro la quale vi siete barricati?
Come potete, in una prova simile, abbandonare il gregge senza guida, senza conforto, senza la grazia dei Sacramenti? Vi sembra giusto lasciare l’iniziativa ai singoli parroci, caricandoli così, implicitamente, di ogni responsabilità, qualora ci siano problemi? Pensate che tutto si sia risolto con il decreto della Penitenzieria Apostolica che concede indulgenze plenarie e autorizza le assoluzioni generali? Ma come si fa a lucrare l’indulgenza se è così difficile confessarsi e comunicarsi? e quale contrizione potrà avere chi neppure sa di essere assolto a distanza? Fino a che punto deve arrivare questa commedia dell’assurdo? Quanto ancora volete tirare la corda del vostro formalismo clericale? Avete più cura di mettervi in pace la coscienza o delle reali necessità delle anime a voi affidate? A quanto pare, la sottomissione all’autorità civile giustifica qualunque omissione e prevale su qualsiasi altra istanza, quando invece sarebbe toccato proprio a voi rivendicare la libertà e la dignità della Chiesa contro questa dittatura mascherata da regime democratico.
L’intenzione delle Preci leonine, ormai, si attaglia perfettamente anche a noi, oltre che ai cristiani già perseguitati in diverse parti del mondo: pro conversione peccatorum, pro libertate et exaltatione Sanctae Matris Ecclesiae… Preghiamo, cari fedeli, supplichiamo insieme, umiliati e contriti, il Dio dei castighi, sia perché liberi la Chiesa da questi funzionari del sacro, collusi con i poteri mondani, che le hanno tolto ogni mezzo di sussistenza spirituale, sia perché tocchi i cuori dei peccatori e di quanti sono cattolici solo di nome in modo che, con la loro conversione, plachino l’ira divina e cooperino al bene di tutti. Da secoli e secoli, la liturgia di sempre Lo invoca così: «Ti preghiamo, Dio onnipotente: concedi a noi, che veniamo afflitti in conseguenza delle nostre azioni, di riprender fiato con la consolazione della tua grazia». Per essere esauditi, tuttavia, non possiamo ignorare un’esigenza inaggirabile: «che trattiamo i tuoi santi Misteri con un ossequio senza finzione e li assumiamo sempre con un animo pieno di fede». Con questa intenzione, trasformate i disagi e le limitazioni della libertà che vi sono imposti in uno strumento di penitenza donatovi dalla Provvidenza, così da renderli spiritualmente fecondi con la loro libera accettazione ed offerta (…)”.
Il Papa in effetti ha detto nei giorni scorsi qualche parola contro l’aborto, ma non si trova nemmeno più in rete, poi siccome in passato ci sono stati dei precedenti ambigui
https://www.ilfoglio.it/chiesa/2016/02/18/news/che-cosa-ha-detto-veramente-il-papa-su-zika-e-contraccezione-92877/
forse certe cose andrebbero dette tutti i giorni, come peraltro succede per la questione “migranti”. Comunque, sul cessare di fare aborti, per far cessare i castighi divini, salvo errore, nessun vescovo è pervenuto.