“FIAT LUX”: UN LIBRO SULLA TEOLOGIA DELLA LUCE. AFFASCINANTE.

3 Novembre 2019 Pubblicato da

Marco Tosatti

Qualche tempo fa – troppo, in realtà; ma il tempo, in particolare per leggere libri di peso è quello che è – un’amica mi ha dato un libro, “Fiat Lux”, sulla teologia della luce, nell’antico e nel nuovo Testamento. Un tema splendido – pensiamo allo Zohar, quel libro singolare della tradizione ebraica, che riflette la luce della Madre suprema, fonte della penitenza. E pensiamo a Haydin, e alla sua Die Schöpfung, con quell’esplosione di luce che sempre mi fa passare i brividi lungo la schiena. L’autore è Alessio Conti, per i tipi di Tau Editrice, nella collana Logos.

È un libro scritto da un laico, non da un consacrato; e questo è già interessante. Esplora e medita l’elemento della luce e la sua portata teologica, è un viaggio all’interno della Sacra Scrittura, dal Vecchio al Nuovo Testamento in un’ottica cristologica. Parte dai Libri sapienziali, passando per le omelie dei Padri e per la letteratura, fino a giungere agli evangelisti; e non dimentica le preghiere della Tradizione. Tutto è permeato dalla luce e dal suo senso. L’autore cerca di fornire strumenti utili al cammino cristiano, ma non solo.  . La luce come il calore rivela l’amore caldo di Dio, il buio come il freddo condanna al non senso. Notte e giorno contrapposti, in particolare nella prospettiva del Vangelo di Giovanni: la notte rappresenta l’impossibilità di muoversi, discernere e sperare. Ma le succede il giorno caldo come l’amore, la fede e le opere.

Vi riportiamo qualche brano, che ci ha colpiti in maniera particolare. E in particolare la confessione che l’autore, che scrive in maniera così bella della luce, è non vedente.

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“Questo lavoro, articolato in due capitoli, esplora la multiforme presenza della luce. Sottolinea la sua forza poietica — anche nell’affascinante prospettiva di una creazione continua (o della creazione come ritrarsi del divino) — rivolgendosi in maniera particolare ai docenti di religione cattolica. Il testo scandaglia anche l’apporto didattico della tematica della luce in un rapporto multi-disciplinare tra l’insegnamento della religione cattolica e altre plaghe del sapere in cui questa presenza appare più significativa. Per questo motivo, a titolo esemplificativo, si inserirà, al termine di ciascun capitolo, un’unità di apprendimento. Chiudendo l’introduzione è bello condividere la natura anche autobiografica di questa riflessione: da persona non vedente percepisco la luce come calore. L’assenza di un confronto quotidiano con questo fenomeno nella sua totalità ha stimolato in me una curiosità derivante dalla negazione stessa, che, nutrita nelle letture, ha alimentato queste considerazioni. Lo studio, infatti, deve partire dalla “nuda vita”, da quell’esperienza che ciascuno di noi è, prima ancora che questa si tramuti in giudizi e azioni con-crete. Per chi non vede la luce è fondamentalmente calore: la sua natura allude a una presenza assente, ad un tempo ri-schiarante e consolante. P. il calore della Scrittura, quello della tradizione, quello di alcuni pronunciamenti magisteriali che illuminano, riscaldandola, l’idea stessa di una vita buona, e, per questo, beata. È sempre la luce, stimolandoci, a spingerci verso il me-taforico orizzonte di questa beatitudine: non autorealizzazione, neppure felicità, non gioia passeggera ed effimera, ma possesso, qui sulla terra ondivago e sempre provvisorio, di una presenza che apre la nostra strada, in modi talora ignoti ai nostri stessi piani. Lo fa illuminandola con una forza subitanea, spesso inattesa, tramite persone, voci, opere letterarie, esperienze piccole e grandi. L’esperienza della finitudine e del limite che ciascuno di noi è, prima ancora di farla; quella della gratuità e del dono che eccede sempre il donatore, fino a quello supremo del Dio fatto uomo; l’esperienza indefinibile del tempo; quella di un cibo preparato con cura, da cui, gustandolo, traspare l’amore di chi lo ha cucinato; l’esperienza del sole, anche quando si limita a riscaldare la nostra pelle che ne attinge stille e raggi. La stessa luce solare può essere percepita unicamente come calore: le ore del giorno, in questa prospettiva, sono un’intensa calura a mezzogiorno; un calore prima flebile, poi, gradualmente crescente al mattino; un tepore via via declinante mano a mano che il pomeriggio si inoltra nella sera. La notte non è buia, ma fredda, per assenza di sole. Queste e altre sensazioni fondanti, prime, non razionalizzabili fino in fondo, tra cui rientra certamente quella della luce, stimolano la curiosità”.

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“Nella comune esperienza, da cui l’Autore Sacro mai si allontana, la luce è vita: permette di individuare e di individuarsi, ma, nei grandi deserti, se eccessiva, può anche abbagliare, ottundere, confondere. Come le “Grandi Acque” è simbolo ambivalente: capace di donare la vita, ma anche fonte di pericolo, proprio per quel vedere che è, da Aristotele alla filosofia del Novecento, il senso della differenza”.

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“In tutti questi contesti, certo diversi, e che, quindi, non è opportuno mischiare, va notato come la luce abbia una funzione simile più a quella di un poeta, a suo modo Creatore, che a quella di un artigiano, capace solo di costruire repliche di un modello preesistente. Questa funzione, per richiamare parole care alla latinità, emerge già al livello dell’uomo, inteso come auctor, non solo Faber. Insomma, nella luce e grazie alla luce, noi, pur se finiti, diveniamo poietes, facitori, auctores di una cosa nuova, inaudita e non udibile, perché la luce precede, fondandola, la possibilità stessa di una parola. In Dio stesso è la Luce-Verbo il presupposto delle parole create in Lui”.

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“Anteriormente è la luce a far apparire le cose: creando le, diradando quell’oscurità primordiale in cui nulla avrebbe potuto essere, e sarà il Cristo a crearle nuovamente”.

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“Prorompente, ma anche ondivaga, la presenza della Luce compenetra la natura: nel saettare di un fulmine, nel balenio di un lampo, nel rossore di un tramonto, nel baluginio  di una scintilla. Impalpabilmente etereo, un suo frammento dischiude la possibilità di scorgere anche cose piccole e lontane. Questa stessa intermittenza caratterizza l’apparire del luminoso in frangenti diversi della Storia Sacra che le pagine seguenti cercano di analizzare”.

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“«Tu, Signore, sei luce alla mia lampada». Questo versetto del Salmo 18 ci ricorda che, come altre esperienze cruciali dell’umano, anche la luce, in un orizzonte teologico, necessita di essere illuminata: la lampada va alimentata, come vedremo, con l’inesauribile olio dello Spirito”.

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Alessio Conti, docente di religione cattolica della Diocesi di Roma, si dedica alla formazione anche dal punto di vista pastorale, seguendo gli adulti di Azione Cattolica della sua parrocchia. Cura particolarmente gli aspetti relazionali dell’esperienza formativa. Come persona non vedente è impegnato in varie realtà del III settore per favorire l’accesso dei disabili alle nuove tecnologie, viste come esperienza inclusiva.

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1 commento

  • alice ha detto:

    Non capisco come i nostri amici, di solito così presenti , non abbiano scritto nulla sull’opera di questo studioso.
    E pensare che, nella Bibbia, in una delle lettere Apostoliche c’è l’unica definizione , per così dire esplicita, di Dio.
    DIO E’ LUCE, afferma la Bibbia.
    Ed è questa luce increata che i tre Apostoli hanno visto sul Monte Tabor.
    Nel corso dei secoli, valenti asceti hanno rincorso la luce increata. Ed anche, nello scorso secolo, sono esistiti santi che l’hanno vista, e l’hanno vista mentre celebravano la Divina Liturgia.
    Sperando che questo libro possa essere utile a molti ancora congratulazioni all’autore.