NOBILE: PERCHÉ BENEDETTO HA RAGIONE. UNA LETTERA APERTA A MASSIMO FAGGIOLI.

19 Aprile 2019 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, torniamo a parlare del piccolo saggio che Benedetto XVI aveva preparato in vista del vertice delle conferenze episcopali di tutto il mondo, e che qualcuno in Vaticano (Il Pontefice? Il Segretario di Stato? Entrambi?) ha deciso di non distribuire a vescovi. Il che, di per sé, è abbastanza straordinario,  e interessante: in fondo l’autore non era un carneade qualsiasi, era un grande teologo e studioso, un protagonista bene al centro della storia di quegli anni, un ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e un papa emerito…E certamente non aveva scritto diciotto pagine ben meditate per una minuscola rivista clericale bavarese. Ma quello che aveva scritto era fastidioso; parlava di una teologia fallimentare, di clique omosessuali nei seminari, di una Chiesa in disarmo. Tutte cose che contrastavano con le genericità proposte dal Pontefice: clericalismo, abuso di potere, le colpe della natura umana. Come al solito – l’abbiamo visto nel caso Viganò, e non solo – subito la muta dei fans bergoglisti si è scatenata sul dito, e non sulla luna (l’ultimo fiato di queste esalazioni è un’intervista di Gianfranco Svidercoschi su un quotidiano emiliano, in cui chiede più o meno la Siberia per i responsabili…J).

Noi vi proponiamo due contributi. Il primo è un quadretto vissuto degli anni a cui fa riferimento Benedetto XVI scritto da Agostino Nobile. Il secondo è una lettera aperta a Massimo Faggioli, l’esponente della scuola di Bologna che vive oltre Atlantico e che si è molto speso in funzione anti-ratzingeriana. Buona lettura.  

 

Benedetto XVI ha ragione  da vendere

Agostino Nobile

 

Wilhelm Münzenberg, politico e attivista marxista, amico di Lenin, scriveva: «Lo svilimento della concezione degli istinti sessuali dell’uomo è stato iniziato da Freud […] Il sesso, il campo più esplosivo della psiche umana, dev’essere scatenato. Un’amalgama di neo-freudismo e di neo-marxismo dovrà distruggere le difese del fragile sistema immunitario della civiltà occidentale. […] Corromperemo così tanto l’Occidente che puzzerà». Il commento è così attuale e devastante che l’ho inserito nell’incipit di un mio libro.

L’ideologia si è ulteriormente diffusa a fine anni ’40 con gli scrittori di sinistra della “beat generation” Jack Kerouac, Huncke, Ginsberg, Burroughs. Dagli anni ’60 il capitalismo selvaggio ha promosso la “degenerazione beat” sostenendo la droga  e il sesso libero.

Nel momento in cui il Vaticano, negli anni ’60, abdica, come Chiesa, al ruolo di Maestra e si apre al mondo, cade l’ultimo baluardo a difesa della famiglia. In breve tempo e con una sequenza palesemente programmata, grazie alla pillola anticoncezionale si promuove il sesso libero, si legalizzano il divorzio e l’aborto. Come in tutte le rivoluzioni, il bersaglio principale sono i giovani ribelli, emotivamente più manipolabili e pronti a tutto per difendere e diffondere la nuova ideologia. A partire da quegli anni il “cogito, ergo sum” è stato accantonato per diffondere il nuovo verbo “mi emoziono dunque sono”, diffuso in maniera esponenziale dai programmi tv, fino ad arrivare alle squallide caciare che propinano i Grande fratello e affini.

Negli anni 60’/’70 la protesta era considerata religione. Il “non credente” era discriminato, ostracizzato, fascistizzato. Come molti giovani ero rockettaro e, vivendo nell’ambiente della musica pop/rock, incontrai la tipologia umana, diciamo, più colorita. Giovinette, spesso di buona famiglia, scappavano di casa per vivere sotto i ponti con i figli della beat generation, personaggi dai capelli lunghi sporchi come la barba, le unghie e il resto del corpo. Si sentivano i santoni della protesta contro il potere e la borghesia, ignorando, forse, che avrebbero facilitato il nichilismo del capitalismo selvaggio prefigurato da Münzenberg.

In quegli anni spuntarono fuori i gay armati di spinelli per adescare i giovani ingenui che avevano accolto il motto “mi emoziono dunque sono”. Le debolezze umane diventarono norme sociali. In quei nuovi spazi di flussi emozionali i mediocri trovarono un posto al sole, e dal quel momento in poi non ce li siamo più levati di torno.

Le ambiguità del Concilio Vaticano II riuscirono – caso unico nella storia – a ridurre drasticamente le vocazioni. Un numero preoccupante di preti buttarono la tonaca alle ortiche, mentre tra quelli rimasti non mancavano i contestatori imbarazzanti. Basti ricordare i due toscani don Mazzi, parroco del dissenso, e don Milani che, in una lettera all’amico Giorgio Pecorini, scrive parole che non dovrebbero lasciare dubbi sulle sue tendenze omosessuali e pedofile.

Le canzoni di protesta entrarono nelle chiese. Spariti gli organi e i canti sacri, il suono di chitarre scordate accompagnavano ragazzotti che mimavano le voci perennemente calanti di Bob Dylan & C. Da agnostico non andavo mai a messa, ma nonostante fossi assorbito dalla mentalità dell’epoca, entrando per sbaglio in una chiesa, udendo cinque disgraziati urlare con chitarre e tamburelli sotto il crocifisso, mi chiesi quello che qualunque persona di mente sana si sarebbe domandato: ma che differenza c’è tra un luogo sacro e le scalinate di Piazza di Spagna? Come sappiamo la scempiaggine continua ancora oggi, più nelle chiese che nella famosa piazza romana.

Nel 1970 John Lennon, assorbitore di lsd, cocaina e affini, pubblica la canzone God, dove ci svela: “Dio è un concetto” poi la sequenza “Io non credo nella magia (…) nella Bibbia, in Buddha, in Gesù, in Hitler (…) Credo solo in me, Yoko (sua moglie) e me, e questa è la realtà. (…) Devi andare avanti da solo, il sogno è finito”. Non contento, nel 1971 Lennon scrive una musica accattivante, rivestita con un testo pacifista che ha conquistato il mondo: “Immagina che non ci sia alcun paradiso / È facile se ci provi / Niente inferno sotto di noi / Sopra di noi solo il cielo (…) Niente per cui uccidere o morire / e nessuna religione (…)”. Una banalità. Ma chi è quel prete che al Congresso Eucaristico di Bologna nel 1997, alla presenza di papa Giovanni Paolo II, ha incluso “Imagine” nel concerto pop/rock? La stessa canzone è stata riproposta nella “partita interreligiosa della pace” nel settembre 2014, promossa da Papa Francesco. Il motivo è semplice, Lennon, dopo aver assimilato il pensiero massonico, conferma il pensiero bergogliano.

Avendo vissuto la mia post adolescenza negli anni della contestazione, ogni tanto butto giù qualche riga di ricordi. Tra le scene da manicomio a cui assistevo pressoché tutti i giorni e tutte le notti, ne riporto alcune. Fatti che confermano il contenuto della lettera del papa emerito Benedetto XVI e le meschinità di chi lo accusa.

Una volta sul treno incontrai una groupie che si era portata a letto almeno un componente di ogni band inglese e nostrana che giravano in quegli anni. Durante la conversazione mi disse candidamente che, per rispettare un nuovo amore, stava andando a Londra a rifarsi la verginità. Stupito e stupido, domandai: “Ma come fanno?” Senza batter ciglio, con un largo sorriso, trillò: “mi cuciono dentro!” Non scherzava. Me lo confermò via telefono ritornando in Italia: “hanno fatto un lavoro fantastico! Non se n’è accorto!”

Giovanni (nome fittizio per ovvi motivi) era un ragazzone veramente pacifico, ma  fissato con i libri dello psichiatra Wilhelm Reich, un convinto fautore del sesso libero, della pedofilia e dell’accoppiamento tra bambini. Seguendo le indicazioni di Reich, Giovanni costruì una bara a due piazze per attrarre energia orgonica. L’amico reichiano non era omosessuale né tanto meno pedofilo, ma gli scritti dello psichiatra austriaco lo convinsero che il sesso in quella bara metallica aumentasse il piacere sessuale. Mi disse che potevo andare a trovarlo quando volevo. Così, dopo ripetuti inviti decisi, non perché credessi alla teoria reichiana, di vedere la struttura della bara che, a detta di alcuni conoscenti, era un capolavoro.

Trovai la porta del garage socchiusa, bussai e, dato che non si presentò nessuno, varcai la soglia. A sinistra, a circa sei, sette metri dall’ingresso, vidi la bara matrimoniale con un oblò di circa 40 per 60 centimetri posto all’altezza della testa. In cuor mio dovetti riconoscere che era ben fatta. Essendo la prima volta che gli facevo visita, restai qualche secondo in attesa che si facesse vivo, finché nell’oscurità notai una porta dalla parte opposta dell’ingresso. Probabilmente lui è lì, pensai. Incamminandomi gridai il suo nome. Dopo pochi secondi, con la coda dell’occhio, vidi aprirsi la bara. Oddio! Ero capitato proprio nel momento sbagliato. Per l’ennesima volta stava sperimentando con la sua ragazza il coito orgonico. Era felicissimo di vedermi. Ricollocando i suoi occhiali da vista sul naso, spuntò fuori come mamma l’ha fatto. Mentre s’infilava i calzoni, saltellando qui e là per non cadere, canticchiava “che bello, che bella invenzione… Roba da urlo!” La ragazza, cercando di nascondere l’imbarazzo, ostentando una certa dignità, si rinchiuse nella bara.

Una giovane coppia di psicologi appassionatamente libertaria e amante del gruppo britannico Pink Floyd, ricevette in regalo dai nonni un appartamento situato al piano superiore al loro. Così  si organizzarono per dare ai propri figli la straordinaria opportunità di vivere da soli. Questa scelta veniva direttamente dalla quella teoria che, come cantavano i Pink Floyd nel brano Another Brick in the Wall, per decine di anni un successo planetario, asseriva: “Non abbiamo bisogno di educazione, non abbiamo bisogno di controllo del pensiero, nessun cupo sarcasmo in classe, insegnanti lasciate stare i ragazzi”. I due marmocchi avevano cinque e due anni, e i valenti genitori si preoccupavano solo di portar loro il cibo e di ripulire ogni tanto l’appartamentino. Non conoscevo la moderna coppia, ma una mia cara amica che abitava nello stesso stabile ebbe la cattiva idea di andare insieme alla madre pinkfloydiana a far visita ai due cuccioletti: «lo sporco, mi disse l’amica sconvolta, arrivava perfino sui muri. Vestiti imbrattati di cibo e di cacca, resti di alimenti in decomposizione. Ma la cosa peggiore erano gli occhi tristi di quelle due povere creature».

Certo, questi pochi fatti non rappresentano gli anni della protesta. Danno però un’idea di come i giovani siano stati ingannati da una falsa libertà che, oltre ad umiliare la propria dignità, educazione e buon senso, ha portato migliaia di ragazze e ragazzi al suicidio attraverso la più alta espressione di libertà: la droga.

Ma l’aspetto più inquietante è rappresentato dai politici e giornalisti che, cresciuti in una società di disvalori demenziali, oggi dettano legge, fanno politica, creano “cultura” nelle scuole e sui media, e s’indignano quando qualcuno esprime l’ovvio.

 

Ω Ω Ω Ω Ω

 

LETTERA APERTA AL PROF. MASSIMO FAGGIOLI

VILLANOVA UNIVERSITY

PHILADELPHIA, USA

Egregio Professore,

da anni La seguo con interesse su internet (ancorché su Twitter mi abbia bloccato), perché so bene che Ella è uno dei principali supporters del pontificato di Papa Francesco e di conseguenza uno dei principali oppositori di coloro che ritengono di dover formulare critiche a  questo pontificato e rimpiangono quello di Papa Benedetto XVI.

Ovviamente ho letto il Suo lungo articolo su Huffington Post e la Sua intervista a “La Stampa” sulla vicenda del documento Ratzinger, entrambi molto significativi perché Ella in questa vicenda è diventato il portavoce a livello mondiale di molti altri che pur scalpitando non vogliono o non possono parlare.

La questione più interessante che Ella pone, quantomeno con un linguaggio corretto (a differenza del Prof. Andrea Grillo due anni fa), anche se perentorio e a tratti polemico , è la stessa che per primo  pose tre anni fa addirittura il cardinale Brandmueller al termine della  sua  “Renuntiatio Papae. Alcune riflessioni storico-canonistiche”. Dico addirittura perché trattasi di un cardinale “conservatore”, come Ella sa uno dei 4 cardinali firmatari dei Dubia sull’esortazione apostolica Amoris Laetitia, sottoposti proprio tre anni fa a Papa Francesco, il quale non mai ha risposto, nonostante le sollecitazioni di un nutrito gruppo di altri cardinali, arcivescovi e vescovi. Un altro gruppo analogo, meno numeroso, si è invece dissociato pubblicamente da questa iniziativa. Spiace constatare come questo documento pontificio sia risultato divisivo, ma non è certo una novità (basti pensare all’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, 1968).

Ebbene, proprio questo prelato, pur rammaricato per le dimissioni di Ratzinger, preoccupato per l’unità della Chiesa formula sei  proposte de lege ferenda sullo “status” dell’ex-papa che curiosamente sono ancora più radicali delle Sue! Da buon tedesco, è talmente minuzioso che cita anche la questione del cerimoniale per il defunto dimissionario!… Tuttavia, prima di formularle, affronta una questione ben più cruciale: la necessità di integrare il can. 332 § 2 sulla rinuncia papale, che oltre che libera e pubblica, deve prevedere a suo parere un accertamento dell’effettiva libertà dell’atto (da confermarsi, ad esempio, da una dichiarazione dei capi dei tre ordini cardinalizi)

Non voglio indagare il retropensiero di questo eminente prelato, ma trovo singolare la sua pur legittima insistenza su questa questione. E non posso non domandarmi, come molti altri hanno fatto: la rinuncia di Ratzinger è stata effettivamente e completamente libera? Quali sono i retroscena? Perché Ratzinger ha dichiarato che voleva diventare semplicemente “Padre Benedetto”  e invece non andò così? Oppure perché non è stato “reintegrato” nel collegio cardinalizio (come accadde per l’ultimo precedente papa dimissionario, Gregorio XII nel 1415, “silente” sino alla morte nel 1417)) o subito creato cardinale, come pure propone Brandmueller?

Viene da pensare che sia la rinuncia che lo “status” di fatto di Ratzinger dopo la rinuncia  siano stati oggetto di trattative segrete in Vaticano. Dopo 6 anni il Papa Emerito ha rotto fragorosamente il suo silenzio. Perché? Cosa vuole farci capire?

C’è un possibile ipotetico precedente: secondo un rapporto riservato dell’ FBI del 1961, il cardinale Giuseppe Siri di V.M. sarebbe stato eletto papa nel Conclave del 1958, avrebbe accettato l’elezione e scelto il nome di Gregorio (XVII), ma subito dopo avrebbe ricevuto forti pressioni per rinunciare. La rinuncia sarebbe stata effettivamente libera e quindi valida?

La nostra fede ci porta a confidare in Cristo, Unico e Vero Capo della Sua Chiesa, alla quale – come la storia c’insegna – non manca di provvedere pur nelle più difficili avversità.

La ringrazio vivamente per l’attenzione e Le  auguro buon lavoro.

Dr. Paolo Emilio Macciò

Santa Margherita Ligure (GENOVA, Italia)



Oggi è il 233° giorno in cui il pontefice regnante non ha, ancora, risposto.

Quando ha saputo che McCarrick era un un uomo perverso, un predatore omosessuale seriale?

È vero o non è vero che mons. Viganò l’ha avvertita il 23 giugno 2013?

Joseph Fessio, sj: “Sia un uomo. Si alzi in piedi, e risponda”.


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12 commenti

  • Iginio ha detto:

    Viceversa è da lodare chi si decida una buona volta a ricostruire il clima di caos degli anni post’68 con uno sguardo critico. Non so perché, ma ogni volta che interpello qualcuno di quell’epoca, anche bempensante, chiedendogli di dare la sua testimonianza, quasi sempre diventa elusivo, come se non volesse parlarne.

  • Iginio ha detto:

    Mi spiace, ma non è con simili sparate (Siri che diventa papa Gregorio ma poi rinuncia costretto) che si confutano i vari Ortofrutticoli (Melloni, Faggioli ecc.). Cerchiamo di essere ancorati alla realtà, non alle barzellette.
    A Fagioli ecc. va semplicemente detto: chi ti ha dato la cattedra? Che titoli di superiorità culturale hai? Chi ti credi di essere? Sei consapevole del fatto che i tuoi sproloqui (vedi il delirio di Melloni su Repubblica contro il testo di Ratzinger, autentico delirio da caso psichiatrico) possono essere confutati facilmente e sono semplicemente l’equivalente dell’abbaiare di un cane?

  • Maurizio ha detto:

    “Il cardinale Giuseppe Siri di V.M. sarebbe stato eletto papa nel Conclave del 1958, avrebbe accettato l’elezione e scelto il nome di Gregorio (XVII), ma subito dopo avrebbe ricevuto forti pressioni per rinunciare.”
    E’ possibile chiarire meglio?
    Visto che la rinuncia sarebbe stata fatta prima della sua presentazione al popolo, e quindi alla sola presenza dei cardinali, da chi sarebbero venute le pressioni? Dai cardinali stessi che lo avevano appena votato? Da quelli che non lo avevano votato? Da persone esterne al conclave che già erano state informate dell’elezione?

  • fox ha detto:

    chiedo venia al dottor Macciò , ma come può degnare Faggioli di una lettera aperta . Ma sa chi è ?

    • key ha detto:

      TOTALMENTE D’ACCORDO , FAGGIOLI E MELLONI VANNO IGNORATI , E’ QUELLO CHE CERCANO POTER DISPUTARE CON NOI CATTOLICI

    • key ha detto:

      TOTALMENTE D’ACCORDO , FAGGIOLI E MELLONI VANNO IGNORATI , E’ QUELLO CHE CERCANO POTER DISPUTARE CON NOI CATTOLICI

      • newman ha detto:

        E’ certamente un sintomo della crisi della chiesa d’oggi il fatto che la stampa cattolica sia negli Stati Uniti che in Italia dia spazio alle opinioni ed ai tweets in pessimo inglese di un intelletuale mediocre come Faggioli, docente in un’universitá di Serie B come la Villanova U, piú conosciuta per i suoi programmi di economia e commercio che per quelli di teologia.
        La cosa piú razionale che si possa fare con il chiassoso Faggioli é ignorarlo.
        Dopo aver letto l’articolo di Giulio Miotti su “Il ’68 dei pedofili”, riprodotto da Sandro Magister su “Settimo Cielo” del 16 aprile, M. Faggioli dovrebbe riconoscere la saggezza del detto:”Se non hai niente da dire, taci!”

  • Roberto Donati ha detto:

    SIRI, SIRI, IL GRANDE SIRI!

  • Roberto Donati ha detto:

    Chiedo scusa per il correttore, intendevo il Card. Siro di V. M.

  • Roberto Donati ha detto:

    Mi interessa conoscere meglio l’episodio di Siti. Il cosiddetto rapporto segreto dell’FBI dove si trova? E’ attendibile? Grazie.