PADRE CAVALCOLI A CESARE BARONIO: VETUS ORDO, NOVUS ORDO, MESSE PROFANATE E LITURGISTI ERETICI.
3 Dicembre 2018
Marco Tosatti
Cari Stilumcuriali, continua il dialogo fra Cesare Baronio e padre Giovanni Cavalcoli iniziato qualche giorno fa e che verte in questo momento soprattutto sulla celebrazione della messa, Vetus Ordo o Novus Ordo. Padre Cavalcoli ci ha inviato le sue risposte alle obiezioni avanzate da Cesare Baronio. Con piacere le condividiamo con voi.
Risposta a Baronio
Caro Baronio,
ho scelto, per le mie risposte, i suoi punti che mi paiono più significativi.
- B. Nel Novus Ordo è previsto un rito della Messa cum populo ed uno della Messa sine populo, come se, quando il sacerdote si volge per il Dominus vobiscum non si rivolgesse all’intera Chiesa militante, purgante e trionfante, ma solo ai fedeli fisicamente presenti.
C.Il celebrante del Novus Ordosi rivolge alla Chiesa militante, purgante e trionfante anche quando è da solo.
- Ciò che considero invece un hapax è l’invenzione di due forme liturgiche del medesimo rito, così come la si è avuta con il Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI. In questo testo legislativo il Rito Romano viene ad avere due voci, una straordinaria ed una ordinaria, facendo sì che la Chiesa di Roma legga la sua preghiera ufficiale con due voci. In teoria, al di là della novità della soluzione adottata da Benedetto XVI, si potrebbe anche concedere che vi siano due forme nello stesso rito, così come ci sono diversi riti nella medesima Chiesa Cattolica.
- L’hapax in liturgia non è qualcosa che deve sorprendere, ma è un fatto che testimonia della creatività dello Spirito Santo, come per esempio i tratti unici del Triduo Pasquale o la liturgia del Mercoledì delle ceneri. Il fatto che ci siano due voci testimonia semplicemente della possibilità di esprimere la Parola di Dio più modi.
B.Quindi, per usare un’espressione propria alla disputa teologica, concedo, e sono d’accordo che in astratto sia possibile che la Chiesa dia facoltà ai fedeli di assolvere legittimamente al precetto, assistendo alla Messa celebrata in una forma o in un’altra.
Tuttavia, distinguo. I fedeli, cioè, sono liberi di scegliere o la Messa Vetus Ordo o quella Novus Ordo, se entrambe le forme sono identiche quanto alla sostanza. Questo presuppone che forma ordinaria – Novus Ordo– e straordinaria – Vetus Ordo– assolvano perfettamente alle finalità loro proprie ed allo stesso tempo esprimano la medesima fede, sia in modo prossimo che remoto. Se ciò è certissimo per la Messa antica, di istituzione apostolica, non può esser detto invece per la Messa riformata, che rispetto alla prima è gravemente lacunosa.
- C. La Chiesa cattolica è sempre apostolica. Per questo, se decide una riforma del rito della Messa, lo fa sempre con la sua autorità apostolica. E se un Concilio ecumenico decide una riforma della Messa, non lo farà evidentemente per far fare alla Chiesa un passo indietro, ma un passo avanti. Altrimenti, che senso ha una riforma?
Chi ha inventato il Novus Ordo… ha voluto mantenere il rito limitandosi a correggerne l’elemento causale, senza metter mano al risultato finale. Un’operazione che suona come un maldestro tentativo di mantenere in vita un monstrum liturgicum con una specie di sanatio in radice più che discutibile.
Non si tratta di nessuna sanatio in radice, perché la radice è sana. Fuori metafora: la riforma conciliare si è semplicemente rifatta alla radice, ossia alla causa efficiente della Messa, che è l’azione cultuale celeste di Cristo Sommo Sacerdote. Da questa causa evidentemente sgorgano gli effetti, che costituiscono quelli che Ella chiama «risultato finale», ossia i frutti abbondantissimi di grazia dell’azione liturgica, fons et culmen totius vitae christianae.
L’aver abolito un rito venerando che esprime perfettamente la fede cattolica, per sostituirlo con un rito che, se non eretico, quantomeno è gravemente omissorio, è un’operazione già di per sé censurabile e riprovevole.
Il Vetus Ordo, anche se non è più il rito ordinario, non é affatto abolito nella sua sublime bellezza, ma resta come monumento immortale della pietà della Chiesa, frutto di una progressiva evoluzione ideata e realizzata da pastori santi nel corso dei secoli passati.
Il Novus Ordo, però, non è per nulla «gravemente omissorio», ma in esso sono assenti elementi o parti, che, in considerazione della più sobria religiosità moderna e delle esigenze ecumeniche, potevano costituire fattori disturbanti, mentre sono stati aggiunti aspetti più consoni alle simbologie ed alla sensibilità moderne, alla mentalità comunitaria – per esempio lo scambio della pace – e alla partecipazione dei fedeli, comprese le donne, nonché una più ricca presenza della Parola di Dio. Bisogna riconoscere che il rinnovamento dell’architettura sacra, degli arredi sacri, dell’arte e della musica sacra non sempre è stato felice. Ma la colpa non è del Concilio, bensì di infiltrazioni modernistiche.
Il sacro silenzio non è stato più riservato alla recita del canone, che invece è stato visto come Parola da ascoltare assieme. Invece il silenzio è stato riservato ad alcuni momenti significativi, ossia a dopo la lettura del Vangelo, in mancanza dell’omelia, per ruminare la Parola e a dopo la Comunione, per assimilare il Pane eucaristico. Il Tabernacolo del SS.mo è stato spostato in un degno luogo, adatto all’adorazione, per far meglio capire che l’altare non è la sede del SS.Sacramento, ma è l’altare sul quale si celebra il Sacrificio e la mensa alla quale ci si nutre del Corpo di Cristo.
La maggior quantità di letture bibliche, la varietà dei canoni, dei prefazi, delle benedizioni solenni e delle Messe votive o per varie circostanze o le Messe in lingua volgare o vernacola rappresentano una grande ricchezza liturgica, che testimonia del fatto che il formulario della Messa può variare senza che muti la sostanza della Messa. È ovvio che restano le parole essenziali ad validitatem della Consacrazione.
- B. Col Novus Ordo i sacerdoti hanno accettato un rito compromissorio che rende meno onore a Dio e che santifica di meno le anime, quando c’era un rito perfetto e non vi era alcuna ragione per abrogarlo.
C.– Anche i riti della Chiesa sono perfettibili, in quanto prodotti della sapienza e dell’arte umane. Sappiamo bene come la Messa Tridentina sia il risultato di una lunga evoluzione precedente. Parlare quindi di un rito «perfetto», elaborato dall’uomo, non pare il caso. Rito perfetto è solo quello istituito da Gesù Cristo, nella fattispecie la formula della Consacrazione, che il Concilio si è guardato bene dal modificare.
Quanto al mutamento del rito della Messa introdotto dal Concilio, non credo che si abbia avuto la pretesa di elaborare un rito più perfetto, ma semplicemente adatto alle esigenze ed ai caratteri della Chiesa di oggi, così come sono state delineate dal Concilio.
Non si è dunque trattato di un rito «compromissorio», quasi a metà tra l’ortodossia e l’eresia e neppure difettoso rispetto al Vetus,ma si è trattato di un nuovo rito, un Novus Ordo, con una sua originalità e una sua propria perfezione. Lo si è sostituito al Vetus,che appariva espressione di un clima ecclesiale superato dalle nuove esigenze liturgiche e pastorali, nonché dalla nuova ecclesiologia e sacramentaria elaborate dal Concilio Vaticano II.
Questo non vuol dire che gli aspetti del Vetus venuti meno nel Novus non mantengano un loro diritto di cittadinanza nella Chiesa. In tal senso possiamo dire che Vetus e Novus si integrano a vicenda. Quindi non ha senso né accogliere solo il Novus, né accogliere solo il Vetus. Ma ognuno, potendo, scelga come preferisce. Altrimenti, si adatti. È normale, d’altra parte, che le Messe d’orario parrocchiali siano del Novus Ordo. Gli Istituti religiosi possono godere di maggiore libertà, per non parlare delle associazioni laicali.
C’è altresì chi propone che la Chiesa elabori un terzo rito, che sia la sintesi dei pregi del Vetuse del Novus. Ma a me pare un’utopia. Abbiamo bisogno di stabilità e non di mutamenti. Ognuno dei due riti ha una sua compiutezza, un suo ordine interno, una sua coerenza, una sua bellezza, che rappresenta l’effetto di un piano lungamente e sapientemente studiato, sicché è bene lasciarli come sono. Sarebbe come voler modificare un’opera di Tiziano con una di Raffaello: che senso avrebbe? Mescolereste voi un quadro dell’uno con un quadro dell’altro?
B.Del Novus Ordo oggi si sono visti gli amari frutti. Porre quindi sullo stesso piano il Vetus Ordo ed il Novus può esser tollerabile, se l’intenzione è di sostituire progressivamente il Vetus al Novus,agendo con prudenza di governo; ma è inaccettabile se l’operazione mira allo scopo contrario, accontentando i critici del rito riformato ma allo stesso tempo chiedendo loro di accettarlo come legittimo.
C.Non è pensabile che la Chiesa, dopo aver deciso il Novus Ordo per ordine di un Concilio Ecumenico, possa avere in animo di tornare al Vetus. Amari frutti non sono venuti affatto da una diligente e regolare celebrazione del Novus, chè anzi essa ha dato abbondanti frutti di santità – basterebbe pensare alle celebrazioni di S.Paolo VI o S.Giovanni Paolo II – ma dalla sua storpiatura ad opera di scriteriati celebranti modernisti, se di «celebrazione» si può parlare o non piuttosto di sciatterie o di carnevalate. Di recente – non faccio il nome – ho visto la foto di un Arcivescovo in bicicletta nella sua cattedrale rivestito degli abiti liturgici. Suppongo che avesse fatto tardi ad arrivare in chiesa.
Del resto, occorre dire con franchezza che se oggi gli amanti del Vetus Ordo curano la celebrazione con diligenza, il ricordo che ho di certe Messe ascoltate da bambino prima del Concilio è penoso. Il problema, dunque, non è quello del rito migliore o peggiore. Il problema è quello del celebrante, che oggi purtroppo è indisciplinato, per non dire eretico. Per cui la colpa di ciò non è del Novus Ordo, ma dei Vescovi, che non vigilano sulla correttezza delle celebrazioni, quando non sono loro stessi a dare scandalo.
Io dico: «L’importante è che sia i fedeli che il celebrante rispettino le relative norme della celebrazione con diligenza e senza confondere le une con le altre».
Lei obietta: anche su questo punto posso esser in accordo con Lei, quindi concedo. Ma, di nuovo, distinguo. Una cosa infatti sono le modifiche arbitrarie alle rubriche che non inficiano la validità del rito. …
B.Altra cosa è mutare sostanzialmente le parole della Consacrazione – come avviene indicativamente solo nel rito riformato, per via dell’uso della lingua vernacolare – cosa che rende la Messa invalida, e ciò è vero per entrambe le forme liturgiche.
C.È purtroppo vero che ci sono casi di celebranti del Novus Ordo che cambiano le parole della Consacrazione. Tuttavia, dovrebbe essere evidente a tutti che queste gravi profanazioni, che sconfinano nei sacrilegi, sono dei puri e semplici sfacciati tradimentidel Novus Ordo.
Ma, più in radice, le Messe profanate dipendono da concezioni eretiche della Messa, per le quali se ne nega il carattere di sacrificio, come in Lutero, o si sostiene con Schillebeeckx che anche un laico può dir Messa o si confonde, con il liturgista Andrea Grillo, la transustanziazione con l’impanazione o consustanziazione luterana, o perché si disprezza l’adorazione eucaristica, come fa Hermes Ronchi o perché si paragona la Comunione eucaristica al rapporto sessuale, come fa il Padre Timothy Radcliffe. È chiaro che tutte queste tesi nulla hanno a che vedere col Novus Ordo, ma sono, come Lei dice, un Novus Horror, Messe sataniche, degne del più smaccato esoterismo massonico.
B.Ma nella Messa tridentina non è permesso ai laici toccare le Sacre Specie, né ricevere la Comunione nella mano o stando in piedi. Viceversa, questo è ammesso, ed anzi ormai divenuta prassi abituale, nel rito riformato. Ora, è evidente che non stiamo parlando di diversa sensibilità liturgica, o dell’altezza del pizzo di un camice: il rispetto che i gesti di adorazione della Messa antica esprimevano sono stati sostituiti da gesti di irriverenza nella Messa nuova.
C.Non mi sento affatto di qualificare i suddetti gesti ufficialmente consentiti dalla Chiesa, come «gesti di irriverenza nella Messa nuova». Non nego che l’inginocchiarsi e la Comunione in bocca conservino un alto simbolismo religioso. L’inginocchiarsi esprime la supplica e il piegare la nostra volontà alla santissima volontà di Dio, è omaggio alla sua divina maestà. La Comunione in bocca vuol dire l’atto di ricevere in noi il Signore in stato di piena sottomissione a Lui.
Il simbolo del «toccare» è indubbiamente significativo. Il toccare rappresenta un contatto diretto, una comunione, una confidenza. Può esser bene non toccare il sacro, così come può esser bene toccarlo. Il non toccarlo sottolinea la nostra indegnità o incapacità di toccarlo. Il toccarlo esprime confidenza e comunione. Il Vetus Ordo si pone sulla prima linea; il Novus, sulla seconda.
Ma anche i diversi gesti del Novus Ordo sono ricchi di significato. Stare in piedi davanti a Dio è l’affermazione consapevole della nostra dignità, della quale Egli stesso è il creatore e il garante; siamo suoi interlocutori. La Comunione nella mano significa il cibo divino a nostra disposizione. Ci viene dato, ma lo possiamo prendere. La duplice serie di gesti, dunque, serve chiaramente ad esprimere in pienezza, sotto diversi aspetti, la nostra devozione, il nostro omaggio, la nostra adorazione, la nostra riconoscenza.
B.Le rubriche dell’antico rito prescrivono che le azioni sacre siano compiute dai Sacri Ministri, mentre nel nuovo i laici e addirittura le donne entrano ed escono dal presbiterio – che si chiama così perché vi stanno i presbyteri – e vi proclamano le letture, distribuiscono la Comunione. Non sono abusi, sia chiaro: sono tutte cose previste dalla liturgia riformata, proprio in nome di quella actuosa participatio e di quel sacerdozio comune dei fedeli che è insinuato sin dall’art. 7 dell’Institutio Generalis.
- Il Vetus Ordo evidenzia la distinzione fra clero e laici, fra popolo e pastori; e ciò fa capire l’ufficio proprio del sacerdote, che è quello di offrire il sacrificio e di istruire, guidare e santificare il popolo, ufficio distinto da quello del laicato, che è quello di assistere devotamente all’azione liturgica del celebrante, assumendo il frutto del sacrificio, che è il corpo del Signore.
Invece il Novus Ordo, senza affatto negare la distinzione di grado e di essenza fra sacerdozio ministeriale e sacerdozio dei fedeli, concepisce il popolo di Dio come popolo sacerdotale, sicché il fedele non solo assiste all’azione del celebrante, ma vi concorre attivamente con l’offerta di se stesso.
L’idea dell’assistere alla Messa, oggi trascurata o dimenticata, è invece ancora valida, Assistere e partecipare alla Messa non si escludono affatto, ma rappresentano i due atti essenziali del fedele presente alla Messa. Noi assistiamo a qualcosa che non possiamo fare. Ed è precisamente l’atto del fedele, che non ha il potere di consacrare le oblate: questo è ciò che sottolinea il Vetus Ordo. Il partecipare esprime invece il sacerdozio comune dei fedeli, perché è la comunità che compie il sacrificio insieme col celebrante: «il mio e il vostro sacrificio». Ed è ciò che esprime il Novus..
B.Nella Messa cattolica si celebra in forma incruenta il Sacrificio di Cristo sulla croce, mentre quella conciliare è «la sacra sinassi o assemblea del popolo di Dio, presieduta dal sacerdote». Presieduta, ossia in cui con una visione tipica della mentalità moderna il celebrante diventa presidente dell’assemblea, e il suo ruolo di alter Christus è offuscato dal sacerdozio comune dei fedeli, su cui il Vaticano II ha insistito sin troppo a danno del sacerdozio ministeriale, per compiacere ai Protestanti.
- C. La definizione della Messa come «sacra sinassi o assemblea del popolo di Dio, presieduta dal sacerdote» non è sbagliata, ma è troppo generica e si presta ad essere confusa con la Cena luterana. Indubbiamente la definizione precisa ed inequivocabile è quella tradizionale: «celebrazione in forma incruenta del Sacrificio di Cristo sulla croce». La prima definizione è nata da uno sforzo ecumenico, ma non mi pare consigliabile.
B.E’ evidente che il rito riformato è stato redatto sulla falsariga del rito antico, ma privato di parti importantissime. Il rito riformato si dimostra lacunoso ed omissorio rispetto all’antico, e questo lo rende de facto meno buono del Vetus Ordo. La liturgia tridentina è migliore di quella conciliare.
- Il rito riformato è uno sviluppo dell’antico. È stato ottenuto, certo, sostituendo alcune parti ovviamente non essenziali alla validità della Messa, con altre parti, come per esempio le preghiere dei fedeli o lo scambio del segno di pace. Non è giusto parlare di «omissorio» riguardo il Novus Ordo, perché le parti omesse – per esempio preghiere del sacerdote da solo – si giustificano col fatto che il Novus Ordo non è un Vetus difettoso, ma è semplicemente un altro rito, con una regola diversa da quella del Vetus.
Omissioni illecite commetterebbe il sacerdote che, celebrando nel Vetus, omettesse ciò che in esso è prescritto. Così, per esempio, non diciamo che un’auto a due posti è difettosa perché ne mancano due, dal momento che essa è stata volutamente costruita così. Similmente, il valore del Novus Ordo non va giudicato in riferimento al Vetus, come se ne fosse una brutta copia, ma va giudicato in riferimento alla regola propria del Novus, diversa ed altrettanto legittima di quella del Vetus.
B.Che la Messa sia sostanzialmente la stessa di sempre in entrambi casi, cambiando solo forme cerimoniali e le rubriche,va precisata.
Quindi: distinguo. Essa è vera, se Ella intende che la Messa del Novus Ordo è valida, e che realmente vi si rinnova il Sacrificio di Cristo e vi si consacra validamente il Corpo e il Sangue di Nostro Signore. In questo senso, entrambe le forme sono sostanzialmente identiche. Gli elementi essenziali per la validità della Messa sono il ministro ordinato, l’intenzione del ministro, la materia (pane e vino), la formula della Consacrazione.
Se invece Ella sostiene che la Messa tridentina e la Messa riformata siano uguali quanto al loro contenuto – che in certo qual modo ne costituisce anche l’essenza – allora devo respingere la Sua affermazione. Solo una persona inesperta e completamente a digiuno dei rudimenti di teologia e di liturgia può sostenere che la differenza tra i due riti consista solo nelle forme cerimoniali e nelle rubriche. Non è vero infatti che l’unica differenza consista nelle cerimonie, essendo evidentissimo anche ad una semplice lettura cursoria dei due testi che moltissime parti del Vetus Ordo sono state cancellate dal Novus.
C.Nella Messa io distinguo una struttura essenziale o sostanziale, che io chiamerei con Lei «contenuto», immutabile; ed un rivestimento accidentale, contingente, variabile e mutevole, dato dalle cerimonie e dalle rubriche. Ritengo che la sostanza o strutturadel rito della Messa debba essere distinta dalla validità della Messa. La sostanza della Messa non può esistere senza i suoi accidenti, perché essi ne sono la manifestazione sensibile. La sostanza della Messa comprende in sé la sua validità; ma per la validità non è necessaria tutta la sostanza con i suoi accidenti, ossia una Messa completa, ma basta la Consacrazione.
Per quanto riguarda la validità, concordo con Lei nel definirne le condizioni. Definisco invece come «completa» la Messa – sostanza e accidenti – che risulta dall’insieme delle sue parti essenziali: 1. L’atto penitenziale; 2. Le letture bibliche; 3. L’offerta delle oblate da consacrare; 4. La consacrazione della Vittima; 5. L’offerta al Padre della Vittima consacrata; 6. La Comunione eucaristicaOra io Le domando: se Lei riconosce che la Messa Novus Ordo è valida, come poi viene a dire che il «contenuto, che in certo qual modo ne costituisce anche l’essenza della Messa» non è lo stesso nei due Ordo? Se la Messa Novus Ordo è essenzialmente diversa dalla Vetus, che certo è valida, come può esser valida anche la Novus Ordo? Mi fa piacere che Lei la consideri valida. Però mi domando: se è valida, come fa ad essere essenzialmente diversa dalla Vetus?
B.Ho espresso il mio sdegno nel vedere che su una questione tanto importante e vitale per le anime si possa pensare di metter insieme vero e falso, fedeltà e tradimento. O anche solo un rito venerando e perfetto com’è quello custodito per millenni dalla Chiesa, con la sua grottesca parodia, la sua diminutio fatta per favorire quel dialogo interreligioso che costituisce l’anima del Vaticano II e che rappresenta la pietra tombale della missione apostolica della Sposa di Cristo. Al punto che lo stesso Bergoglio può affermare che l’apostolato è «una solenne sciocchezza».
C.– Ella ha appena detto di riconoscere la validità della Messa Novus Ordo. E allora da dove salta fuori la falsità e il tradimento? Quanto alla diminutio, Le ho già sopra detto come e perché la Novus Ordo non va giudicata come diminutiodella Vetus, ma semplicemente come Messa sostanzialmente identica benché accidentalmente diversa. Cioè non va commisurata in rapporto alla Vetus, ma in rapporto alla propria regola intrinseca e costituiva, stabilita dal Concilio.
Non c’è da far questione di più perfetto o meno perfetto, così come, davanti a un giglio o una rosa non ci chiediamo qual è il fiore più perfetto, ma semplicemente apprezziamo il profumo dell’uno e dell’altra. Similmente, apprezziamo i due tipi di Messa olezzanti del profumo dello Spirito Santo, che ha ispirato la Chiesa nell’istituirli e entrambi.
Quanto all’affermazione del Papa, non ha parlato di «apostolato», ma di «proselitismo», che è ben altra cosa, L’apostolato è espressione a livello della predicazione evangelica dell’apostolicità della Chiesa; per «proselitismo» il Papa intende certamente un modo indiscreto e imprudente di diffondere il messaggio evangelico, fatto di indebite pressioni, di mezzi sleali, di espedienti disonesti, tutte cose evidentemente da scartarsi come antiproducenti.
B.E poi, chi ha mai detto che «Cristo ci vuole uniti, seppur nella diversità»? La diversità nella fede è eresia.
C.Parlando di «diversità», non mi riferivo certo ai contenuti della fede – Dio me ne scampi e liberi -, ma a quelle diversità accidentali che si trovano fra il Novus e il Vetus Ordo.
B.Rimane da comprendere come a un Papa sia concesso di peccare contro tutte le virtù, ad eccezione della fede: mi par di ricordare che il Concilio Vaticano – il primo, ovviamente – avesse definito che l’infallibilità dei Romani Pontefici è garantita dallo Spirito Santo solo quando essi parlano ex cathedra, nel solo ambito di questioni inerenti la fede e i costumi, e con l’intenzione esplicita di impartire un insegnamento vincolante per i fedeli. Poiché se un Papa potesse essere infallibile in materia di fede anche quando è interpellato da un giornalista o fa una delle sue esternazioni a braccio, si aprirebbero questioni molto delicate.
Di eresie ne abbiamo sentite parecchie, dette non solo da Bergoglio, ma anche dai suoi Predecessori: per grazia di Dio, questi errori dottrinali erano da loro espressi come dottori privati, e non imposti a credersi da tutti i fedeli in forza della loro Autorità Apostolica né tantomeno sotto l’assistenza dello Spirito Santo. Tuttavia, reverendo padre, sentir affermare una cosa del genere da un Domenicano mi lascia a dir poco sgomento. Se l’avessi fatto io col mio professore di Dogmatica, mi avrebbe rispedito al Seminario Minore.
C.Il Papa non può peccare contro la fede, perché gode dell’assistenza che Cristo ha concesso a Pietro: confirma fratres tuos. Il Concilio Vaticano I non dice «solo» ex cathedra, ma semplicemente «ex cathedra», come dire che il Papa, quando ci insegna il Vangelo, non sbaglia e non fa sbagliare, anche se concede un’intervista in aereo o trasmette un twitter. «Dottore privato» non vuol dire che può dire eresie, ma che si tratta di opinioni personali, sempre, s’intende, nell’ambito dell’ortodossia. Un Papa può esprimere errori storici, scientifici o filosofici, ma non può insegnare eresie. Papa Francesco sembra a volte eretico per l’ambiguità o equivocità o avventatezza o imprudenza di certe sue espressioni. Ma se ci sforziamo di fare un’interpretazione benevola, ci accorgeremo che non sbaglia e non ci inganna.
P.Giovanni Cavalcoli
Varazze, 30 novembre 2018
Oggi è il 99° giorno in cui il Pontefice regnante non ha, ancora, risposto.
“Quando ha saputo che McCarrick era un uomo perverso, un predatore omosessuale seriale?”
“È vero, o non è vero, che mons. Viganò lo ha avvertito il 23 giugno 2013?”
Joseph Fessio, sj: “Sia un uomo. Si alzi in piedi e risponda”.
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Tag: cesare baroni, messa papa, novus ordo, padre cavalcoli, vetus ordo
Categoria: Generale
corrado
3 dicembre 2018 alle 8:35 am
Il testo è molto confuso. Nel leggerlo non si capisce quali siano le obiezioni e quali le risposte. Per farlo si deve andare per tentativi.
Rispondi
Aurelio
3 dicembre 2018 alle 1:56 pm
Le frasi con davanti la B. sono di Baronio, mentre quelle con la C. sono le risposte di Cavalcoli
Io la vedo come Corrado: quali B e C? nel testo in mail ci sono dei numeri e basta …
Bravo p. Cavalcoli.
Il N.O. è un cantiere aperto. Di tanto in tanto si procede a qualche modifica (le ultime sono quelle del Padre nostro e del Gloria). Ma di questo cantiere aperto c’è un solo architetto: la perenne provvisorietà e non si sa verso dove si va. Si sa però che ci si allontana sempre di più dal senso del sacro.
Incommentabile padre Cavalcoli, soprattutto quando cavilla per ammettere la Profanazione del Corpo di Cristo dato sulle zampe dei non-sacerdoti.
Il novus ordo, se rispettato, ci dà una Messa valida, quanto alla Transustanziazione e al Divino Sacrificio incruento.
Ma per il resto, è veramente un Orrore di ambiguità, irriverenza e contaminazioni luterane intollerabili.
P. Cavalcoli difende il Concilio e la Riforma liturgica?
Mi chiedo solo se ci è o ci fa.
Vat2 e Riforma liturgica sono le massime espressioni dell’occupazione massonica dentro i posti di comando della chiesa militante.
E i loro frutti amari e marci sono in piena evidenza.
…ho fatto bene, già tempo fa, a chiedere ai miei contatti di non ammorbarmi più con “il granellino”.
Preferisco sacerdoti schietti e coerenti, che definiscono il convilio e il novus ordo per quello che sono, senza fare gli avvocati del diavolo: quelli vanno bene solo nei processi di canonizzazione.
Errata corrige.
Padre Cavalcoli non è l’autore de “Il granellino”.
Quindi la mia allusione allo stesso è del tutto fuori luogo.
Scusate.
Cito…
“Papa Francesco sembra a volte eretico per l’ambiguità o equivocità o avventatezza o imprudenza di certe sue espressioni. Ma se ci sforziamo di fare un’interpretazione benevola, ci accorgeremo che non sbaglia e non ci inganna.”
Il problema è proprio questo Padre Cavalcoli, un papa che deve confermare i fratelli nella fede e rendere ragione della Speranza…deve usare un linguaggio limpido, non ambiguo,chiaro..il linguaggio di Pietro deve essere imprescindibilmente il “sì sì no no” del Signore, da non dare dubbio alcuno o esigere uno sforzo interptetativo di chicchessia.
E comunque, ciò che penso è che, poiché tale problema risiede anche nei suoi scritti, non si tratta solo di un problema espressivo, ma che Bergoglio dica esattamente quello che vuole dire.
Comunque, sia che lo faccia con intenzione,sia con non intenzione, produce sempre un gravissimo danno per la fede dei fedeli, che si trovano in balia di pastori dove ognuno parla un linguaggio diverso, e questo proprio a causa della ambiguità di Pietro, e intanto le anime si smarriscono.
Questo, a mio avviso, è peccare contro la fede, e Bergoglio, con tale atteggiamento, non ne è esente.
Buongiorno.
Umilmente dico questo:
-)Premetto che per Papa Francesco io tutto le sere con mia moglie prego nel Santo Rosario come lui ci chiede come è giusto che sia per amore verso il Papa e il suo ufficio, chiunque esso sia.
-)Premetto che non mi incasello nei due partiti pro o contro Papa Francesco, in quanto penso che laddove c’è divisione e lotta c’è sempre in azione il divisore per eccellenza.
Allora prego per Papa Francesco.
-)Premetto che io non sono nessuno per poter dire che padre Cavalcoli, fine teologo, sbaglia in alcune sue affermazioni.
Premesso ciò, però laddove il padre afferma: “Il Papa non può peccare contro la fede, perché gode dell’assistenza che Cristo ha concesso a Pietro: confirma fratres tuos. Il Concilio Vaticano I non dice «solo» ex cathedra, ma semplicemente «ex cathedra», come dire che il Papa, quando ci insegna il Vangelo, non sbaglia e non fa sbagliare, anche se concede un’intervista in aereo o trasmette un twitter. «Dottore privato» non vuol dire che può dire eresie, ma che si tratta di opinioni personali, sempre, s’intende, nell’ambito dell’ortodossia. Un Papa può esprimere errori storici, scientifici o filosofici, ma non può insegnare eresie”…
Ecco in questo punto ci sono altri canonisti, sacerdoti, monsignori, cardinali (anche santi), Papi che non sono d’accordo con il padre Cavolcoli.
-)Padre Ghirlanda, 2 marzo 2013 la Civiltà Cattolica, “«La vacanza della Sede Romana si ha in caso di cessazione dell’ufficio da parte del Romano Pontefice, che si verifica per quattro ragioni: 1) morte; 2) certa e perpetua pazzia o totale infermità mentale; 3) notoria apostasia, eresia o scisma; 4) rinuncia» (p. 445)”.
Padre Ghirlanda continua: “«Il munus del Capo è esercitato per il bene di tutta la Chiesa a tutela dell’unità della comunione ecclesiale. Il Pontefice rappresenta il Collegio dei Vescovi e la Chiesa nel senso che ha potestà su tutti i Vescovi e su tutta la Chiesa, ma proprio a garanzia e tutela dell’integrità della fede che Cristo ha depositato nella Chiesa per mezzo degli Apostoli, della verità e santità dei sacramenti istituiti da Cristo, della struttura fondamentale della Chiesa stabilita da Cristo e dei doveri e diritti fondamentali di tutti i fedeli, nonché di quelli propri di ogni loro categoria. Allora, se il Romano Pontefice non esprimesse quello che già è contenuto nella Chiesa, non sarebbe più in comunione con tutta la Chiesa, e quindi con gli altri Vescovi, successori degli Apostoli. La comunione del Romano Pontefice con la Chiesa e con i Vescovi, secondo il Vaticano I, non può essere comprovata dal consenso della Chiesa e dei Vescovi, in quanto non sarebbe più una potestà piena e suprema liberamente esercitata (canone 331; Nota Explicativa Praevia, 4).
Il criterio, allora, è la tutela della stessa comunione ecclesiale. Là dove questa non ci fosse più da parte del Papa, egli non avrebbe più alcuna potestà, perché ipso iure decadrebbe dal suo ufficio primaziale. È il caso, ammesso in dottrina, della notoria apostasia, eresia e scisma, nella quale il Romano Pontefice potrebbe cadere, ma come “dottore privato”, che non impegna l’assenso dei fedeli, perché per fede nell’infallibilità personale che il Romano Pontefice ha nello svolgimento del suo ufficio, e quindi nell’assistenza dello Spirito Santo, dobbiamo dire che egli non può fare affermazioni eretiche volendo impegnare la sua autorità primaziale, perché, se così facesse, decadrebbe ipso iure dal suo ufficio. Comunque in tali casi, poiché “la prima sede non è giudicata da nessuno” (canone 1404), nessuno potrebbe deporre il Romano Pontefice, ma si avrebbe solo una dichiarazione del fatto, che dovrebbe essere da parte dei Cardinali, almeno di quelli presenti a Roma. Tale eventualità, tuttavia, sebbene prevista in dottrina, viene ritenuta totalmente improbabile per intervento della Divina Provvidenza a favore della Chiesa» (pp. 445-446)”.
Un noto padre teologo che tiene un blog sul web così ha spiegato l’affermazione di padre Ghirlanda laddove dice “dobbiamo dire che egli non può fare affermazioni eretiche volendo impegnare la sua autorità primaziale, perché, se così facesse, decadrebbe ipso iure dal suo ufficio”: “Il papa non può errare in quanto Capo della Chiesa. Se erra come dottore privato (cioè senza impegnare la sua autorità), questo fatto non contraddice il dogma dell’infallibilità. Nel caso in cui, invece, intendesse insegnare l’errore impegnando la propria autorità, decadrebbe “ipso facto” in quanto eretico e non più membro della Chiesa; l’infallibilità sarebbe comunque salva, perché chi insegna non sarebbe più papa. In altre parole, l’infallibilità garantisce che chi effettivamente detiene l’ufficio di Romano Pontefice insegni solo la verità, perché in caso contrario cessa di esserlo, sia che impegni, sia che non impegni la sua autorità di Pastore supremo”,
-)Padre Enrico Zoffoli così diceva nella sua opera “Chiesa e uomini di Chiesa-Apologetica a rovescio” a proposito del Papa in quanto Dottore Privato: “Se il Papa, come Pastore universale, non può errare, non si esclude però che – come persona privata – possa essere assalito dal dubbio, tentato di apostasia, nutrire opinioni errate… Molto meno può escludersi che sia moralmente mediocre (e persino corrotto!), soggetto a debolezze ed errori più o meno gravi, motivando perciò la critica dei contemporanei e severi giudizi della storia”.
-)Il Decreto di Papa Graziano afferma: “il Decreto di Papa Graziano: “Nessun mortale dovrebbe avere l’audacia di rimproverare un Papa in ragione dei suoi difetti, perché colui che ha il dovere di giudicare tutti gli uomini non può essere giudicato da nessuno, a meno che non debba essere richiamato all’ordine per aver deviato dalla fede; per il cui stato perpetuo tutti i fedeli tanto insistentemente pregano quanto loro avvertono che la sua salvezza più grandemente dipende dalla sua incolumità(Decretum, 1a, dist. 40, c. 6, Si papa).”.
-)San Roberto Bellarmino nel De Romano Pontefice Libro 2, Capitolo 30 dice (fermo restando che il Santo prende in considerazione questa ipotesi solo in via ipotetica, cioè la ritiene possibile ma non realizzabile): “Un Papa manifestamente eretico cesserebbe automaticamente, per sé, di essere Papa e capo, proprio come egli cesserebbe automaticamente di essere un Cristiano ed un membro della Chiesa. Laonde, egli potrebbe essere giudicato e punito dalla Chiesa. Questo è l’insegnamento di tutti gli antichi padri, i quali insegnarono che gli eretici manifesti perdono immediatamente tutta la giurisdizione”.
-)Monsignor Nicola Bux dice: “I medievali dicevano che il papa ha due corpi: come vicario di Cristo e come uomo. Essi distinguevano questi due corpi; dicevano che il primo corpo va sempre rispettato. Se noi cattolici mettessimo in discussione il Primato petrino, sbaglieremmo, ovviamente. Però, allo stesso tempo, questo non significa che il papa, come uomo, non sia criticabile. Nel senso che tutto quel che dice, sia ritenuto magistero autentico. Questo non è possibile perché, come si sa dalla dottrina, il papa è infallibile solo quando definisce, dichiara e proclama. Il verbo “definire”, significa che il papa fa delle affermazioni ben circoscritte, come le definizioni della matematica che dobbiamo imparare a memoria. E questo avviene in casi molto rari. C’è poi il magistero ordinario, cioè quello che appartiene all’insegnamento, che va, naturalmente, ricevuto con religioso ossequio. Ma le interviste che il papa rilascia sull’aereo, non sono magistero, altrimenti cadremmo nella papolatria, che è idolatrare il papa. Quindi, per vedere se il suo magistero è autentico, bisogna osservare se le affermazioni sono in continuità con la dottrina cattolica di cui egli è custode, altrimenti sono sue opinioni. Noi non siamo tenuti a osservare e a obbedire alle opinioni di nessuno. Il vero problema è se noi abbiamo un giudizio di Fede, per cui sappiamo distinguere ciò che è cattolico da ciò che non è cattolico. Questo è il problema: abbiamo noi il pensiero cattolico? È chiaro che la massa dei fedeli, diciamo, quella parte che ancora frequenta la Messa la domenica, o quelli che non frequentano nemmeno la Messa, sono solo battezzati, come si può pretendere che abbiano il pensiero cattolico? Quindi, penso che questo sia il modo di essere rispettosi dell’autorità del papa, ma nello stesso tempo critici di ciò che non corrisponde ad essa. Perché il papa è il custode del “depositum fidei”, non può inventare nuovi paradigmi”.
-)Il cardinal Mueller, ex prefetto della CDF, dice: “Il Magistero dei vescovi e del Papa stanno sotto la Parola di Dio nella Sacra Scrittura e nella Tradizione e lo servono. Non è affatto cattolico dire che il Papa come persona individuale riceve direttamente dallo Spirito Santo la Rivelazione e che ora può interpretarla secondo i propri capricci mentre tutto il resto lo deve seguire ciecamente e in silenzio”.
-)Il cardinal Burke dice: “Secondo il costante insegnamento della Chiesa, il Papa, per la volontà espressa di Cristo, è “il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli” (Costituzione Dommatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II, n. 23). È l’essenziale servizio del Papa di salvaguardare e promuovere il deposito della fede, la vera dottrina e la sana disciplina coerente con le verità credute. Nell’intervista già citata con Eugenio Scalfari, ci si riferisce compiacenti al Papa come “rivoluzionario”. Ma l’Ufficio Petrino non ha niente, assolutamente niente, da fare con la rivoluzione. Al contrario, esiste esclusivamente per la conservazione e propagazione della fede cattolica immutabile che conduce anime alla conversione di cuore e conduce tutta l’umanità alla unità fondata sull’ordine iscritto da Dio nella Sua creazione e soprattutto nel cuore dell’uomo, l’unica creatura terrena fatta ad immagine di Dio. È l’ordine che Cristo ha restaurato per il Mistero Pasquale che stiamo celebrando in questi giorni. La grazia della Redenzione che promana dal Suo Cuore trafitto glorioso nella Chiesa, nei cuori di suoi membri, dà la forza per vivere secondo questo ordine, cioè in comunione con Dio e con il prossimo…”.
Ancora il cardinal Burke: “La nozione della pienezza del potere del Romano Pontefice è stata chiaramente enunciata già da Papa San Leone Magno. I canonisti del Medioevo hanno contributo grandemente all’approfondimento del potere inerente l’Ufficio Petrino. Il loro contributo rimane sempre valido e importante. La nozione è assai semplice. Il Papa, per la volontà divina, gode di tutto il potere necessario per poter salvaguardare e promuovere la vera fede, il vero culto divino, e la richiesta sana disciplina. Questo potere appartiene non alla sua persona ma al suo ufficio di Successore di san Pietro. Nel passato, per lo più, i papi non hanno resi pubblici i loro atti personali o le loro opinioni, proprio per non rischiare che i fedeli siano confusi su quello che fa e pensa il successore di san Pietro. Attualmente, c’è una rischiosa e perfino dannosa confusione della persona del Papa con il suo ufficio che risulta nell’oscuramento dell’Ufficio Petrino e in un concetto mondano e politico del servizio del Romano Pontefice nella Chiesa. La Chiesa esiste per la salvezza delle anime. Qualsiasi atto di un Papa che mina la missione salvifica di Cristo nella Chiesa, sia un atto eretico o sia un atto peccaminoso in se stesso, è semplicemente vuoto dal punto di vista dell’Ufficio petrino. Quindi anche se chiaramente reca gravissimo danno alle anime, non comanda l’obbedienza di pastori e fedeli. Dobbiamo sempre distinguere il corpo dell’uomo che è il Romano Pontefice dal corpo del Romano Pontefice, cioè dell’uomo che esercita l’ufficio di san Pietro nella Chiesa. Non fare la distinzione significa papolatria e finisce con la perdita di fede nell’Ufficio Petrino divinamente fondato e sostenuto”.
Sempre il cardinale: “Il cattolico deve sempre rispettare, in modo assoluto, l’Ufficio Petrino quale parte essenziale dell’istituzione della Chiesa da parte di Cristo. Il momento nel quale il cattolico non rispetta più l’ufficio del Papa si è disposto o allo scisma o alla apostasia dalla fede. Allo stesso tempo, il cattolico deve rispettare l’uomo incaricato con l’ufficio che significa attenzione al suo insegnamento e direzione pastorale. Questo rispetto include anche il dovere di esprimere al Papa il giudizio di una coscienza rettamente formata, quando egli devia o sembra deviare dalla vera dottrina e sana disciplina o abbandona le responsabilità inerenti il suo ufficio. Per il diritto naturale, per i Vangeli, e per la costante tradizione disciplinare della Chiesa, i fedeli sono tenuti ad esprimere ai loro pastori la loro premura per lo stato della Chiesa. Hanno questo dovere al quale corrisponde il diritto di ricevere una risposta dai loro pastori”.
Conclude il cardinale: “Se il Papa non adempie il suo ufficio per il bene di tutte le anime, non è soltanto possibile ma anche necessario criticare il Papa. Questa critica deve seguire l’insegnamento di Cristo sulla correzione fraterna nel Vangelo (Mt 18, 15-18). Prima, il fedele o pastore deve esprimere la sua critica in un modo privato, che permetterà al Papa di correggersi. Ma se il Papa rifiuta di correggere il suo modo di insegnare o agire gravemente mancante, la critica deve essere resa pubblica, perché ha da fare con il bene comune nella Chiesa e nel mondo. Alcuni hanno criticato quelli che hanno espresso pubblicamente la critica al Papa quale una manifestazione di ribellione o di disobbedienza, ma domandare – con il rispetto dovuto per il suo ufficio – la correzione di confusione o errore non è un atto di disobbedienza, ma un atto di obbedienza a Cristo e perciò al Suo Vicario sulla terra”.
-)Don Curzio Nitoglia al link http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1628_Nitoglia_Questione_Papa_eretico.html fa una disanima approfondita sulla questione.
Riprendendo la tesi del professor Arnaldo Xavier da Silveira (discepolo del più noto Plinio Correa de Oliveria) don Nitoglia nel suo contributo dice come opinione più diffusa: “la prima opinione o meglio l’antecedente, che è quella insegnata comunemente come la più probabile dalla maggior parte dei teologi e dei Dottori: S. Roberto Bellarmino, Francisco Suarez, Melchior Cano, Domingo Soto, Giovanni da San Tommaso, Juan de Torquemada, Louis Billot, Joachim Salaverri, A. Maria Vellico, Charles Journet (ed anche il Gaetano non citato dal Da Silveira, ma lo dimostra mons. Vittorio Mondello, ne La dottrina del Gaetano sul Romano Pontefice, Messina, Istituto Arti Grafiche di Sicilia, 1965, cap. V, pp. 163-194 e cap. VI, pp. 195-224) è che il Papa come Papa non può cadere in eresia formale, mentre può favorire l’eresia o cadere in eresia materiale come dottore privato oppure come Papa, ma solo nel magistero non definitorio, non obbligante e quindi non infallibile (cfr. A. X. Da Silveira, p. 33, nota 1; cfr. B. Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009; Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011; Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011; La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011)”.
Ecco…mi scuso per la lunghezza.
Io sono un ignorante ma come forma mentis non amo la confusione. Perciò su questo tema ho letto molto e raccolto molte testimonianze di canonisti, sacerdoti, cardinali e Papi.
Quindi concludendo la posizione di padre Cavalcoli sul dottore privato contrasta con gli esempi sopra riportati.
E’ giusto però attenersi al punto 22 degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio come penso richiami padre Cavalcoli ([22] PRESUPPOSTO
1 Affinché tanto chi dà gli esercizi come chi li riceve traggano maggior aiuto e vantaggio,
2 bisogna presupporre che ogni buon cristiano dev’essere più pronto a salvare una affermazione del
prossimo che a condannarla;
3 e se non può salvarla, cerchi di sapere in che senso l’intenda, e se l’intendesse in modo sbagliato,
lo corregga con amore;
4 e se non basta, cerchi tutti i mezzi convenienti perché, intendendola rettamente, si salvi) quando richiama ad una interpretazione benevola e prudenziale delle affermazioni del Papa.
Altrimenti si creerebbe una autentica rivoluzione contro il papato che minerebbe di fatto la divina struttura gerarchica della Chiesa.
Rivoluzione che andrebbe a favore e, razionalmente, sarebbe ben voluta dal principe del mondo, ovvero satana.
Qualora si ravvisassero ipotetici errori c’è il sacro collegio dei cardinali per aiutare il Papa nelle sue funzioni, consigliarlo e correggerlo.
Preghiamo per loro.
Come cattolici, penso, siamo tenuti ad interpretare sempre prudenzialmente in linea col Magistero costante ogni affermazione ambigua del Pontefice come dottore privato.
Come cattolici inoltre abbiamo il Catechismo della Chiesa Cattolica che sintetizza il Magistero costante e perciò infallibile perché assistito dallo Spirito Santo e fondato su Tradizione e Parola. Atteniamoci ad esso.
Inoltre come cattolici siamo tenuti a pregare per Papa Francesco con cuore ed amore sincero. Qualora scadessimo nell’odio o rancore, non solo manifesto ma anche nascosto nel nostro cuore, ci dovremmo interrogare se non siamo già caduti in una sottile trappola tesa del menzognero fin dal principio, ovvero satana. Cioè il portarci ingannevolmente ad andare contro la struttura gerarchica divinamente voluta.
Grazie
Io sono un ignorante ma come forma mentis non amo la confusione. Perciò su questo tema ho letto molto e raccolto molte testimonianze di canonisti, sacerdoti, cardinali e Papi
Carissimo, l’unico papa citato sarebbe Graziano, peccato che il “si papa” non è mai stato ritenuto valido dalla Chiesa ed anzi è considerato un elemento spurio, contenuto in un testo che non è magisteriale. Purtroppo lo ha citato il card. Burke in occasione di una conferenza di alcuni mesi fa, durante la quale ha, sempre purtroppo, espresso teorie che sarebbero da qualificare come “conciliariste” e perciò condannate.
Detto ciò, le propongo un esercizio interessante: verifichi per ciascuno degli aforismi che ha riportato se l’autore citi un solo testo magisteriale. Se trova anche una sola citazione pertinente, me la segnali. Se non la trova, si chieda perché.
PS legga bene l’articolo di Ghirlanda e si chieda se un teologo che scrive che il “Pontefice rappresenta il Collegio dei Vescovi” sia da prendere sul serio o se non sia da equiparare ad un professore di diritto penale che su una rivista giuridica chiama “multe” le sanzioni per divieto di sosta. Poi ne tragga le debite conseguenze in termini di qualità della fonte.
Ogni tanto una buona notizia: un nutrito gruppo di cattolici a- mericani, con i fondi raccolti in una pubblica colletta, ha costi- tuito una Società denominata “Better Church governance” (www.betterchurchgovernance.org), avente lo scopo di investi- gare sui numerosi casi di pedofilia commessi negli Stati Uniti da ecclesiastici a tutti i livelli e sinora scandalosamente coperti dalle alte gerarchie tanto locali quanto vaticane. A capo della Società è stato designato un sessantenne pluridecorato agen- te dell’FBI recentemente andato in pensione, con il quale colla- boreranno sessanta (avete letto bene: sessanta!) provetti jnve- stigatori. Mi illudo se attendo notizie esplosive ?
A me pare che padre Cavalcoli , in questa risposta stilata secondo un ordine non proprio chiarissimo , abbia fatto ricorso ai precetti
della ” Dissimulazione onesta “. Preziosa opera di Torquato Accetto ,
composta in epoca di Controriforma.( o Riforma Cattolica )
In breve : La dissimulazione diventa una virtù che ci permette di dire meno cose di quelle che vorremmo o dovremmo per difenderci dall’oppressione dei Potenti .
Deve esser di breve durata , altrimenti si corre il rischio di allontanarsi dalla realtà .
B. Croce “riscoperse ” il testo che gli servì da salvaguardia e consolazione in tempi calamitosi .
Non fosse così , il dotto domenicano si sarebbe -forse – accorto del ” protestantesimo ” contenuto nella definizione : ” Sacerdozio comune dei fedeli ” e dell’incongruenza tra il concetto di ” Sacro ” che significa ” separato ” e la liceità per tutti di ” toccare il Sacro ” ( anche rispetto alle prescrizioni dei nostri ” Fratelli Maggiori ” contenute nella Bibbia . )
E , forse , avrebbe dato maggior peso al pericolo dello “sconfinamento” tra celebrazioni ortodosse oppure eretiche . Ma , si sa , lo sconfinamento , l’eliminazione dei confini , in senso geografico , storico , religioso è il nuovo Credo propagandato dalla nuova chiesa . E’ il ” pezzo forte ” del suo nuovo ” PROSELITISMO “che predica : ” Senza accoglienza ( pronta , cieca , assoluta delle ” risorse” ) non siete cristiani “. Perciò… ” ubi major , minor cessat “.
Ma io mi domando : ” Dove sta ” beccheggiando ” l’ordine DOTTO
dei Domenicani ? Oppure si sono convertiti tutti al principio :
” error communis facit jus ? ” (Pratico , prudenziale e comodo ).
Con tutto il rispetto per la sua illustre persona, gentile P. Cavalcoli, e sottolineando che io sono nessuno e che anche dovrò rileggere le sue riflessioni più volte, d’acchitto le dico che non le si addice l’immagine di arrampicatore sugli specchi,per giunta a tutti i costi
Mi appaiono più chiari, anzi limpidi e privi di equivoci i ragionamenti del suo interlocutore Baronio.
E quanto alla creatività dello Spirito Santo, mi scusi, ma rimango del parere che difficilmente preveda aggiornamenti.
Marcello ,
che significa : ” Paragonare il NO. al Marito di Ilona Staller che fabbrica arte pornografica…” ? Chi l’ha fatto ? Inoltre – da come scrive – per lei la pornografia è arte ! Il marito ?… forse si riferisce a Renato Schicchi
che non fu MAI marito di Ilona ma il suo press-agent e produttore.
GMZ si è limitato a una deduzione “verosimile ” date le precedenti
esternazioni del Biancovestito , non è ricorso a doti di ” chiaroveggenza” . Ma lei , carissimo , lo supera , ipotizzando per lo sconosciuto GMZ , addirittura uno stile di vita ipocrita alla ” Tartuffe “. Lo so , lo so…” melius abundare quam deficere ….” Però : ” Est modus in rebus “.
Cara Adriana,
Ho paragonato il Novus Ordo a Jeff Koons, importante artista statunitense che – tra le sue colpe (?) – ha anche l’aver sposato la Staller.
Devo dire che quando ho istituito il paragone, a tutto pensavo tranne che alle opere pornografiche dell’artista; pensavo, piuttosto, alla serie Ballon (ma probabilmente avrei fatto meglio a pensare al suo Michael Jackson…!?).
Perché Koons? Perché le sue opere sono sgargianti come certe casule novusordiane; perché le sue opere sono intoccabili quanto lo spirito del Vaticano II e la messa del Bugnini; perché Koons è l’arte di oggi, signori, che ci piaccia o no.
Poi il buon Marcello ci ha ricordato la produzione pornografica del Koons: ad ognuno il suo.
Lecito o meno, questo blasfemo paragone significa solo una cosa: che il Novus Ordo sta al Verus (e la “r” qui non è un typo) quanto Koons sta a Michelangelo. Ma neppure io, nella mia insipienza, oserei affermare che il Novus Ordo È Koons. Perché è vero che Koons non mi piace, ma questo non è un buon motivo per insultarlo.
Ossequi.
Gentile GMZ ,
il tuo commento mi aveva attirato perchè simile parallelismo si era affacciato in precedenza alla mia mente , ma avevo rinunciato a scriverlo ritenendo che su questo blog l’arte ( salvo la musica liturgica ) non trovasse spazio. Il soggetto di Nick Marcello deve esser il fratello clonato di Peppino de Filippo in
” Bevete più latte ” di Felliniana memoria !
Sembra che le caratteristiche di aggrovigliata morbosità e di saccenza espresse da un Peppino ” tradizionalista ” abbiano trovato un fertile terreno di coltura nel Marcello bergogliante e schiumante rabbia , nonchè nei suoi amichettti , che dovrebbero esser giovani accoglienti e misericordiosi , non vecchiacci rigidi e spettrali . Ma tant’è……Saluti cari.
Di bene in meglio. GMZ quindi ritiene che il NO sia falso (quindi non determini presenza reale, sacrificio, comunione, grazie e frutti connessi), dal momento che lo contrappone a un “vero”, e addirittura il confronto con il pornografo sarebbe offensivo per il pornografo.
Molto interessante ed istruttivo lo spaccato antropologico che sta emergendo da questa discussione. Ringrazio Padre Cavalcoli e Cesare Baronio per averla avviata.
In tutta onestà é assai significativo che almeno 3 utenti fissi di questo blog si siano peritati di difendere l’equazione NO=Pornografo Koons. Piuttosto che ammettere che il paragone era assurdo e blasfemo (cambiando paragone) arrivano addirittura a ritorcere la cosa contro chi ha osato lamentarsi (quindi la pornografia sarebbe arte e sciocchezze simili).
Siamo sicuri, a questo punto, che anche il VO non produce sempre buoni frutti e che le pessime persone restano tali anche col VO. Tre casi sono certi. Si prosegua col censimento.
Questo dialogo è veramente molto, molto importante ed interessante. Devo stamparlo e rileggerlo attentamente. Ho però un’ obiezione sulla quale non ho bisogno di ripensarci, ed è in merito all’ osservazione di padre Cavalcoli : “un papa non può insegnare eresie (…) . Papa Francesco sembra a volte eretico per l’ambiguità o equivocita o avventatezza o imprudenza di certe sue espressioni ma se ci sforziamo di fare una interpretazione benevola, ci accorgeremo che non sbaglia, e che non ci inganna.” Qui sta uno dei maggiori problemi. Il vicario di Cristo dovrebbe confermare i suoi fratelli nella fede. Nell’ambiguita, nel non rispondere a domande legittime, nell’ambiguità dottrinale sul peccato, che portano alla difesa ad oltranza della sodomia, che è altra cosa dall’ essere omosessuale, e alla promozione ai vertici della Chiesa di sodomiti notori, alla profanazione della Santa comunione, al disprezzo per i laici esternato recentemente da suoi portavoce, e mi fermo qui, dove starebbe il ” confermare” ? E non riesco a concordare con l’ottimo padre Cavalcoli, sopratutto poiché egli, un po’ prima ha affermato che il papa non sbaglia e non può sbagliare nell’ insegnare il Vangelo, anche quando concede interviste o fa dei Twitter. Né lui né evidentemente nessun papa, prima e dopo papa Francesco. Se ho ben capito, ma forse non ho ben capito e su questo punto desidererei un chiarimento, ciò che dice il papa è SEMPRE infallibile ? Se questo è quanto afferma il paziente padre Cavalcoli egli ci pone nell’ imbarazzante condizione di credere che il Vangelo possa contenere errori da correggere. Il che ci pone anche un altro problema, anche questo imbarazzante: ha “sbagliato” lo Spirito Santo ed ora urgono rettifiche ? Per cui spero proprio che qualcuno, o mons Baronio o padre Cavalcoli si muova a compassione e risponda a questi dubbi, che mi pongono non pochi problemi. Grazie.
Boanerghes scusi….. ma Padre Pio è morto nel ’68 e non credo possa aver celebrato nel nuovo rito
Vero. Mi riferivo al fatto della celebrazione verso il popolo.
La domenica ho la fortuna di poter assistere alla celebrazione in V.O. in rito ambrosiano. A volte è di una bellezza commovente, soprattutto in certe ricorrenze, al punto che durante la settimana, dovendo per forza assistere al N.O., lo faccio col pensiero rivolto alla celebrazione festiva. Ricordo in particolare la ricorrenza di Cristo Re, le aspersioni, le incensazioni, l’adorazione eucaristica al termine, sono state un cibo per l’anima.
E sempre , sempre un piccolo coro accompagna con canti gregoriani o comunque tratti dalle antiche liturgie. Chi può venga e vedrà: Legnano tutti i festivi ore 17,30
… se ci sforziamo di fare un’interpretazione benevola, ci accorgeremo che non sbaglia e non ci inganna.
(dal Manuale Hoepli della disonesta’ intellettuale)
Sono disgustata. Nonostante tutto si ha ancora il coraggio di difendere Bergoglio.
Si può dare un’interpretazione benevola di ” Dio non è cattolico, oppure Gesù fa un pò lo scemo?”
Suvvia Cavalcoli, ci prende per stupidi?
Ma lei Tosatti che ne pensa?
Non avendo approfondito studi teologici, mi limito a prendere atto che dal Concilio Vaticano I nessuno si è mai preoccupato di sottolineare la correzione alla mancanza di quella parolina “solo” all’ infallibilità del Papa. Se non ricordo male – non ho tempo e non credo valga la pena di verificare in Rete- in almeno una circostanza lo stesso Francesco ha insinuato dubbi su tale dogma. Chi arriverà ad un altro Concilio potrà forse attendersi una definizione inequivocabile in merito. Intanto di equivoco in equivoco – alibi per giustificare uno smarrimento generalizzato ? – il Signore sono certa accetterà gli indirizzi a Lui rivolti, in parole e forme manifestate con cuore sincero. Secondo il Suo infallibile – questo sì – giudizio, la valutazione del mandato di “confermare i fratelli nella fede”!
Per motivi personali, ho cercato – senza riuscirci – occasioni e persone che mi aiutassero a far luce fra incongruenze e contraddizioni, per alimentare quella “benevolenza” che dovrebbe essere la soluzione allo sconcerto in atto nella Chiesa, come suggerisce alla fine del suo lungo articolo il padre.
Intanto, sull’infallibilità del papa, copio e incollo integralmente – vista l’aria che tira, mi sa che il link, questo http://lascuredielia.blogspot.com/2018/04/aut-aut-et-ego-non-sum-turbatus-te.html non è sufficiente, meglio lasciare a verbale i concetti per esteso – la seguente riflessione sul sito “La Scure di Elia”:
“Aut aut
Et ego non sum turbatus, te pastorem sequens (Ger 17, 16).
«Io non sono turbato, seguendo te come pastore». Ripetiamo spesso queste parole: d’ora in poi ci saranno sempre più utili. Qualunque cosa accada, non dimentichiamo in alcun caso che abbiamo per guida il Signore stesso, che non potrà mai abbandonare i Suoi autentici fedeli. Colui che dovrebbe farne le veci sulla terra, in realtà, fa le feci del diavolo, coadiuvato da un ignobile scribacchino fondatore di una testata che non è altro che una cloaca a cielo aperto di menzogne e diffamazioni: fino a cinque anni fa, contro la Chiesa e il Papa; ora, contro la verità salvifica e chiunque la difenda. Eiezioni a parte, i due compari farebbero meglio a riflettere che, data la loro età, sono statisticamente prossimi – se non si convertono prima di schiattare – a quell’Inferno che negano in modo così spudorato e che le loro animacce non si dissolveranno di certo, visto che l’immortalità dell’anima è un dogma sancito dal Concilio Lateranense V (cf. DS 1440). Anche l’eternità delle pene infernali, peraltro, è verità rivelata nel Vangelo e costantemente insegnata dalla Chiesa fin dai tempi più antichi (cf. Mt 25, 41; DS 76); negarla equivale a rendere superflua la Redenzione e a svuotare tutto il mistero cristiano.
A che servono ambigue smentite ufficiali senza che sia riaffermata in modo inequivocabile la verità oscurata, così da tentare almeno di soffocare il rimbombo planetario della notizia? Perché limitarsi ad affermare genericamente che «non vengono citate le parole testuali pronunciate dal Papa» senza dichiarare che cosa abbia effettivamente detto, così da correggerne il “travisamento”? E perché continuare ottusamente a invitare sempre lo stesso giornalista, se davvero manipola regolarmente le conversazioni? Quale persona di buon senso insisterebbe a far le proprie confidenze a qualcuno che poi ogni volta, distorcendole, le rende di pubblico dominio? Visto che quelle stesse idee, oltretutto, sono già state espresse dall’interessato varie volte in altre occasioni, chi può credere ancora che non facciano realmente parte delle sue convinzioni? Si tratta proprio delle opinioni eterodosse messe in circolazione dalla pseudoteologia tedesca, che negli ultimi decenni ha culturalmente colonizzato l’America Latina.
Come se non bastasse, la “smentita” è arrivata, a quanto pare, solo dopo che un cardinale, a nome di un gruppo di porporati, ha telefonato al Papa minacciandolo di far valere una delle quattro cause di cessazione dall’ufficio di Sommo Pontefice, specificamente la terza. È proprio il caso, allora, di evocarle rapidamente soffermandosi su quella che riguarda la situazione odierna. Ci è di prezioso ausilio un articolo del maggiore canonista italiano, il gesuita Gianfranco Ghirlanda, pubblicato sulla Civiltà Cattolica (n. 3905, 2 marzo 2013) in tempi assolutamente non sospetti, cioè durante l’ultima sede vacante: non si può certo accusare l’autore di intenti polemici o di chissà quali secondi fini. Il testo, com’è naturale, si concentra sul caso della rinuncia, ma in questo momento ci interessa soprattutto l’inizio: «La vacanza della Sede Romana si ha in caso di cessazione dell’ufficio da parte del Romano Pontefice, che si verifica per quattro ragioni: 1) morte; 2) certa e perpetua pazzia o totale infermità mentale; 3) notoria apostasia, eresia o scisma; 4) rinuncia» (p. 445).
Già circa la salute psichica del Sedicente sussistono forti dubbi, tanto che un lettore, a proposito dei quattro incomprensibili “postulati” cui si richiama di continuo, si è potuto esprimere in questi termini: «Roba da matti. Ora mi è tutto più chiaro. Dunque Bergoglio ha gravi problemi mentali… soffre di una pesante forma di psicosi. Questo spiega le disastrose incongruenze del suo pontificato, che, con Lutero e l’Amoris laetitia, hanno già varcato la soglia dell’eresia. Chissà, forse un giorno la cosa sarà manifesta… Mi stupisce molto che fra i tanti che hanno letto l’Evangelii gaudium, con le deliranti affermazioni parafilosofiche in essa contenute, non vi sia ancora chi abbia sollevato la questione della psicosi del papa. […] il testo è frutto di una mente malata». Il fatto è che, in questo caso, la totale infermità mentale non è facilmente certificabile in modo definitivo – per non parlare del fatto che, in base al criterio delle idee sballate, bisognerebbe rinchiudere in clinica psichiatrica buona parte dei docenti di teologia e filosofia.
Ma è questo il punto su cui dobbiamo fissare l’attenzione: che cioè le disastrose incongruenze di questo pontificato, dovute alle aberranti convinzioni del titolare, hanno già abbondantemente varcato la soglia dell’eresia. Giustamente il nostro caro amico menziona la palese approvazione di un eretico e le disposizioni contrarie alla legge divina in materia di morale matrimoniale. Queste ultime, con la pubblicazione negli Acta Apostolicae Sedis, hanno acquisito il carattere ufficiale di norma universale. Ma già le primissime e devastanti interviste del settembre-ottobre del 2013 rigurgitavano di affermazioni farneticanti, del tutto contrarie alla retta ragione e alla sana dottrina. Che la causa sia la pazzia o meno, l’eresia era già conclamata, anche senza le solenni sciocchezze sull’Inferno e sull’anima. A questo punto dobbiamo tornare ad ascoltare il buon padre Ghirlanda a proposito della terza causa di cessazione dall’ufficio di Romano Pontefice.
«Il munus del Capo è esercitato per il bene di tutta la Chiesa a tutela dell’unità della comunione ecclesiale. Il Pontefice rappresenta il Collegio dei Vescovi e la Chiesa nel senso che ha potestà su tutti i Vescovi e su tutta la Chiesa, ma proprio a garanzia e tutela dell’integrità della fede che Cristo ha depositato nella Chiesa per mezzo degli Apostoli, della verità e santità dei sacramenti istituiti da Cristo, della struttura fondamentale della Chiesa stabilita da Cristo e dei doveri e diritti fondamentali di tutti i fedeli, nonché di quelli propri di ogni loro categoria. Allora, se il Romano Pontefice non esprimesse quello che già è contenuto nella Chiesa, non sarebbe più in comunione con tutta la Chiesa, e quindi con gli altri Vescovi, successori degli Apostoli. La comunione del Romano Pontefice con la Chiesa e con i Vescovi, secondo il Vaticano I, non può essere comprovata dal consenso della Chiesa e dei Vescovi, in quanto non sarebbe più una potestà piena e suprema liberamente esercitata (canone 331; Nota Explicativa Praevia, 4).
Il criterio, allora, è la tutela della stessa comunione ecclesiale. Là dove questa non ci fosse più da parte del Papa, egli non avrebbe più alcuna potestà, perché ipso iure decadrebbe dal suo ufficio primaziale. È il caso, ammesso in dottrina, della notoria apostasia, eresia e scisma, nella quale il Romano Pontefice potrebbe cadere, ma come “dottore privato”, che non impegna l’assenso dei fedeli, perché per fede nell’infallibilità personale che il Romano Pontefice ha nello svolgimento del suo ufficio, e quindi nell’assistenza dello Spirito Santo, dobbiamo dire che egli non può fare affermazioni eretiche volendo impegnare la sua autorità primaziale, perché, se così facesse, decadrebbe ipso iure dal suo ufficio. Comunque in tali casi, poiché “la prima sede non è giudicata da nessuno” (canone 1404), nessuno potrebbe deporre il Romano Pontefice, ma si avrebbe solo una dichiarazione del fatto, che dovrebbe essere da parte dei Cardinali, almeno di quelli presenti a Roma. Tale eventualità, tuttavia, sebbene prevista in dottrina, viene ritenuta totalmente improbabile per intervento della Divina Provvidenza a favore della Chiesa» (pp. 445-446).
Le vicende di questi ultimi cinque anni, purtroppo, ci dimostrano che l’eventualità in oggetto non è affatto totalmente improbabile: non solo l’eresia del Papa è notoria, ma è chiaramente venuta meno la tutela della comunione ecclesiale, dalla quale, con le sue dichiarazioni, egli si è separato e che ha spezzato tra le membra del Corpo. Tale assenza di comunione (che lo rende anche scismatico, oltre che eretico) non può essere supplita – come insegna il Concilio Vaticano I – dal consenso della Chiesa e dei Vescovi, che non rappresentano un’autorità superiore. Con queste affermazioni non neghiamo certo l’onnipotenza della Divina Provvidenza nella guida della Chiesa militante, ma siamo costretti ad ammettere che la Provvidenza stessa abbia disposto questa terribile eventualità, sempre per il bene della Chiesa. In questo modo essa separa i veri cattolici dai falsi, prova i primi rafforzandone la fede e castiga i secondi abbandonandoli alla menzogna, che hanno cercato e accolto. Suprema giustizia, suprema misericordia.
L’unica preoccupazione che rimane è quella per i semplici che sono tratti in inganno e per chi, in buona fede, è soggetto a errore o ignoranza invincibile (anche se sono sempre di più i sacerdoti e i fedeli costretti dagli eventi ad aprire gli occhi sull’impostura). Lo Spirito Santo, nella misura della loro rettitudine di cuore, può certo scusarli o preservarli da derive irrecuperabili, ma questo non ci autorizza a crogiolarci tranquillamente nelle nostre sicurezze senza darci pensiero per loro. Perciò è indispensabile che quanti hanno facoltà di intervenire nella direzione indicata dal nostro canonista lo facciano al più presto e senza esitazione: che riprendano pubblicamente l’occupante del soglio petrino perché o si corregga o lo abbandoni”.
Le dimensioni del commento…
…capisco. In futuro vedrò di contenermi, anche se in certi casi non è facile.
Dice il Padre Cavalcoli:
“C. «Dottore privato» non vuol dire che può dire eresie, ma che si tratta di opinioni personali, sempre, s’intende, nell’ambito dell’ortodossia. Un Papa può esprimere errori storici, scientifici o filosofici, ma non può insegnare eresie. Papa Francesco sembra a volte eretico per l’ambiguità o equivocità o avventatezza o imprudenza di certe sue espressioni. Ma se ci sforziamo di fare un’interpretazione benevola, ci accorgeremo che non sbaglia e non ci inganna”.
A logica, mi pare più attendibile il testo da me citato nell’altro mio commento di oggi:
http://lascuredielia.blogspot.com/2018/04/aut-aut-et-ego-non-sum-turbatus-te.html
Però, per completezza, a questo punto, cito direttamente il Padre Ghirlanda, qui
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350455.html
“…La vacanza della Sede Romana si ha in caso di cessazione dall’ufficio da parte del Romano Pontefice, che si verifica per quattro ragioni: 1) morte; 2) certa e perpetua pazzia o totale infermità mentale; 3) notoria apostasia, eresia o scisma; 4) rinuncia.
Nel primo caso la Sede Apostolica è vacante dal momento della morte del Romano Pontefice; nel secondo e nel terzo dal momento della dichiarazione da parte dei Cardinali; nel quarto dal momento della rinuncia.
(…) Il “munus” del Capo è esercitato per il bene di tutta la Chiesa a tutela dell’unità della comunione ecclesiale.
Il Pontefice rappresenta il Collegio dei Vescovi e la Chiesa nel senso che ha potestà su tutti i Vescovi e su tutta la Chiesa, ma proprio a garanzia e tutela dell’integrità della fede che Cristo ha depositato nella Chiesa per mezzo degli Apostoli, della verità e santità dei sacramenti istituiti da Cristo, della struttura fondamentale della Chiesa stabilita da Cristo e dei doveri e diritti fondamentali di tutti i fedeli, nonché di quelli propri di ogni loro categoria.
Allora, se il Romano Pontefice non esprimesse quello che già è contenuto nella Chiesa, non sarebbe più in comunione con tutta la Chiesa, e quindi con gli altri Vescovi, successori degli Apostoli. La comunione del Romano Pontefice con la Chiesa e con i Vescovi, secondo il Vaticano I (3), non può essere comprovata dal consenso della Chiesa e dei Vescovi, in quanto non sarebbe più una potestà piena e suprema liberamente esercitata (c. 331; “Nota Explicativa Praevia” 4). Il criterio allora è la tutela della stessa comunione ecclesiale. Lì dove questa non ci fosse più da parte del Papa, egli non avrebbe più alcuna potestà, perché ipso iure decadrebbe dal suo ufficio primaziale. È il caso, ammesso in dottrina, della notoria apostasia, eresia e scisma, nella quale il Romano Pontefice potrebbe cadere, ma come «dottore privato», che non impegna l’assenso dei fedeli, perché per fede nell’infallibilità personale che il Romano Pontefice ha nello svolgimento del suo ufficio, e quindi nell’assistenza dello Spirito Santo, dobbiamo dire che egli non può fare affermazioni eretiche volendo impegnare la sua autorità primaziale, perché, se così facesse, decadrebbe ipso iure dal suo ufficio. Comunque in tali casi, poiché «la prima sede non è giudicata da nessuno» (c. 1404), nessuno potrebbe deporre il Romano Pontefice, ma si avrebbe solo una dichiarazione del fatto, che dovrebbe essere da parte dei Cardinali, almeno di quelli presenti a Roma. Tale eventualità, tuttavia, sebbene prevista in dottrina, viene ritenuta totalmente improbabile per intervento della Divina Provvidenza a favore della Chiesa…”
L’eventualità di caduta in eresia da parte di un papa è quindi improbabile, ma prevista in dottrina e non impossibile. Nello specifico, sulle ragioni insindacabili per le quali la Provvidenza potrebbe aver permesso la caduta nell’eresia di Papa Francesco, sia pure come “dottore privato”, si è già espresso l’autore de “La Scure di Elia”, come ho commentato a parte.
Il Padre Cavalcoli afferma:
“«Dottore privato» non vuol dire che può dire eresie, ma che si tratta di opinioni personali, sempre, s’intende, nell’ambito dell’ortodossia”.
Il che pare inesatto, alla luce di quanto appena detto. Appare infatti che le “opinioni personali” di un papa potrebbero invece, in linea teorica, anche essere fuori dell’ambito dell’ortodossia. E mi pare anche illogica, la suddetta affermazione del Cavalcoli: se anche le opinioni personali di un papa, nella veste di “Dottore privato”, dovessero per forza essere sempre infallibili, di che staremmo parlando?…
In effetti, a dirla tutta, resta però un ulteriore importante quesito apparentemente irrisolto. Osservava infatti l’autore de “La Scure di Elia”:
“…le disastrose incongruenze di questo pontificato, dovute alle aberranti convinzioni del titolare, hanno già abbondantemente varcato la soglia dell’eresia. Giustamente il nostro caro amico menziona la palese approvazione di un eretico e le disposizioni contrarie alla legge divina in materia di morale matrimoniale. Queste ultime, con la pubblicazione negli Acta Apostolicae Sedis, hanno acquisito il carattere ufficiale di norma universale”.
Non sfuggirà il macroscopico dettaglio per il quale l’eresia pro-adulterina contenuta in nota in AL, tramite la pubblicazione negli AAS, passerebbe ufficialmente nel Magistero universale. A questo punto mi fermo, ma credo che la questione rimanga aperta. Comunque, nell’insieme di questa vicenda, mi pare non si tenga in sufficiente conto la libertà dell’uomo, per la quale questi, fosse anche un papa, per follia o per altri motivi potrebbe rifiutare la Grazia donatagli dal Creatore, per quanto speciale essa possa essere.
Ultimamente son già stato molte volte troppo lungo, ma non posso non accennare a dove Padre Cavalcoli chiude, dicendo
“…Papa Francesco sembra a volte eretico per l’ambiguità o equivocità o avventatezza o imprudenza di certe sue espressioni. Ma se ci sforziamo di fare un’interpretazione benevola, ci accorgeremo che non sbaglia e non ci inganna”.
Secondo me, come commentai per esteso in questo articolo di SC a suo tempo http://www.marcotosatti.com/2018/11/13/continua-il-dialogo-di-padre-giovanni-cavalcoli-con-i-lettori-di-stilum-curiae/
non si tratta di interpretare alcunché o chicchessia, ma di esser chiari o no, secondo il comandamento evangelico. Questo, Bergoglio, non solo non lo fa, ma nemmeno risponde alle domande canoniche volte a dissipare le perplessità, i noti “Dubia”, e nemmeno alle numerose altre che, in varia modalità, gli sono state poste. Faccia lui, sono scelte. Poi, se il Padre Cavalcoli vuole interpretare, invece che prendere atto delle affermazioni papali per quello che effettivamente significano nel senso comune, e basta, e vuole fidarsi di Papa Francesco, nel senso che egli non ci inganni, perbacco, faccia anch’egli come vuole!.. La libertà è per tutti, ci mancherebbe. Da parte mia, dissento e continuo a non fidarmi di Bergoglio… ma mi guardo bene dal voler convincere qualcuno. Se ne è già discusso abbastanza, si potrebbe continuare fino alla fine dei tempi – meglio anche no!… – e presumo che, anche in quel caso, probabilmente ciascuno resterebbe sulle sue posizioni.
Piuttosto, come ha saggiamente ricordato S.E. Mons Carlo Maria Viganò, credo che la questione verrà comunque risolta nel Giorno del Giudizio.
Meno male che avevi promesso di contenerti…
@CLAUDIUS
…hai ragione… però vorrai convenire che, quando il Padre Cavalcoli interviene, non è da meno, e se si vuole discutere le sue tesi, c’è necessità di un certo spazio…
Il testo è molto confuso. Nel leggerlo non si capisce quali siano le obiezioni e quali le risposte. Per farlo si deve andare per tentativi.
Le frasi con davanti la B. sono di Baronio, mentre quelle con la C. sono le risposte di Cavalcoli.
Sono sostanzialmente d’accordo con padre Cavalcoli.
Ho però un dubbio che non riguarda l’attuale Papa, ma un principio di interpretazione del Vaticano I.
Se ipotizzare un Papa che insegna un’eresia, ad esempio che la Madonna non è vero che è stata assunta in Cielo, è un assurdo, allora, se ciò avvenisse, significherebbe che il Papa non è il vero Papa.
Oppure, se si avesse l’umana certezza che fosse un Papa vero, si potrebbe interpretare il Vaticano I nel senso che, se il Papa volesse insegnare un’eresia manifesta, allora non insegna di FEDE, perché l’eresia manifesta non è materia di fede?
Si deve chiarire un grande equivoco: il N.O. non era nella mens del Vaticano II: esso fu un colpo di stato liturgico. Il Messale che diede corretta attuazione ai dettami della costituzione conciliare sulla liturgia fu quello del 1965 che Lefebvre utilizzò senza difficoltà. Il Vaticano II non aveva stabilito che si dovessero girare gli altari ponendo la tavola del banchetto (di sapore protestante) fra celebrante e popolo, non aveva stabilito che dovessero essere composti altri canoni, che il prete fosse rivolto verso il popolo, che tutta la Messa fosse in vernacolo. Anzi, per tre volte afferma che il canone doveva comunque essere recitato in latino. Ma ciò tanti preti modernisti non lo dicono mai. A più di 50 anni dal Vaticano II molti preti ci fanno ancora credere che il N.O. fosse stato voluto dal concilio. Non è vero. E’ una menzogna. Che bisogno c’era d’inventarsi un nuovo rito costruendolo a tavolino con parti del V.O.? Se il popolo non capiva più il latino (già allora però c’erano messalini bilingui ma il problema stava nel fatto che il popolo non era capace di parlare e scrivere in italiano) sarebbe bastato celebrare il V.O. prevalentemente in vernacolo. Poi la storiella di adeguare il rito della Messa alla sensibilità dei tempi non regge. Se fosse vera questa affermazione, in media ogni 40/50 anni bisognerebbe cambiare il rito della Messa. Il N.O. manca di sacralità e di bellezza. Quando il N.O. non è sciatto (a causa dei preti), spesso è abbastanza noioso. Ed affermare che il rito della Messa è stato modificato anche per esigenze ecumeniche … qui cadiamo nel ridicolo. I protestanti non credono nella presenza reale. Da Lutero ad oggi su questo punto non si è fatto alcun passo avanti. Non comprendo perchè si dovrebbe annacquare la presenza reale. Per compiacere chi? Per aiutare chi? Se non si crede nella presenza reale non si può credere neppure nella Messa. Se non si crede nella Messa allora non ha un significato il ministero ordinato. E se non si crede nel ministero ordinato si è protestanti.
Padre Pio celebrava benissimo sia vetus che novus ordo.
Il problema attuale è mantenere la sostanza della santa Messa e lasciare la libertà ai fedeli di scegliere a quale messa partecipare.
È evidente che questo ultimo aspetto è abbastanza impedito e talora si osteggiano gli atteggiamenti bollati come tradizionalisti.
Un po’ difficile che padre Pio celebrasse con un rito promulgato un anno e mezzo dopo la sua morte!
Lungo articolo che non modifica la realtà attuale, e cioè che chi vuole inginocchiarsi alla ricezione della Eucaristia, chi appare tradizionalista per questo o quel motivo, è osteggiato o talora impedito a farlo.
Poi devo sentire in una omelia che il vescovo di Ferrara è perseguitato.
Spero che ciò non sia vero, a meno che non sia soltanto una diversità di opinioni, che rientrano
però in quella parresia tanto acclamata in questi tempi.
Caro Boanerghes,
Sa a cosa serve la parresia? È un invito a chi non è d’accordo con tutti ciò che dice e fa Francesco a venire allo scoperto per essere subito misericordiato.
Un invito all’autodenuncia e al martirio – si parva licet…
Ossequi.
disputa interessantissima, ma viziata dalla evidente diversa esperienza dei due riti ad opera dei due autori.
Sembra palese -ma accetto smentite – che padre Cavalcoli, l’ottimo, grande e sotto tanti aspetti meritevole padre Cavalcoli , che avercene nel già glorioso ordine di San Domenico, parla del Vetus Ordo come qualcuno che non ne vive una esperienza quotidiana celebrativa. Forse la ha avuta nei primi anni della sua formazione e del suo sacerdozio, ma certo non da quando viviamo tutti in regime di biritualismo. Baronio, invece, parrebbe vivere la sua vita quotidiana al ritmo del VO. E’ da lì che nascono le differenze inconciliabili. Il VO ti convince della sua innegabile superiorità giorno dopo giorno, celebrazione dopo celebrazione, in modo esplicito ed implicito, con un deddaglio diverso ogni volta del quale capisci il senso ricollegandolo al resto della vita liturgica, della telogia e della vita di fede e cogliendo ogni volta i segni della sua incarnazione profonda nella storia che ci ha preceduto e della quale facciamo parte. Dopo un anno di frequentazione assidua del VO, celebrato bene – perchè, si, purtroppo, esiste anche un VO celebrato male, che perde tante delle sue peculiarità e diventa afono e incapace di convertire,- dopo un anno di vita liturgica col VO nessuno – salvo che non sia scappato subito, incapace di reggerne la luce -vuole più tornare indietro. Si entra in una situazione di appagamento, di serenità, che guarda solo al futuro, a come vivere meglio e di più questa realtà meravigliosa che la Chiesa ha tratto dai secoli per farcene dono. Il Novus ordo finisce così, più che per essere criticato, per non esistere più, se non per quelli, poveretti, che non hanno avuto la grazia di conoscere il vetus, e ai quali non si potrebbe fare miglior opera di misericordia che potargli quella nuova lieta novella liturgica. PADRE CAVALCOLI, invece , credo che viva la sua quotidianità liturgica col Novus Ordo, almeno così sembra da come scrive, e non può aver sviluppato quel complesso esperienziale di cui dicevo. Il VO diventa così un fenomeno da guardare da lunge, con interesse e simpatia, ma magari anche con un po’ di diffidenza perchè innegabilmente crea problemi nella vita di chi lo sperimenta, diventa una parte del work in progress in liturgia non mai finito negli ultimi 50 anni, e così, inevitabilmente, un sollucchero episodico per fare una esperienza in più, senza peccato, una piccola lecita gratificazione spirituale, ammissibile però senza volerne trarre conseguenze altre che non quella secondo la quale ”avevamo un buon rito che andava tanto bene e non c’è niente di male a riesumarlo qualche volta, ma non spingiamoci oltre”. il VO diventa così, per usare le parole del bravo domenicano ”un monumento immortale della pietà della Chiesa”, e lì si ferma, un monumento che si va ogni tanto a visitare, soprattutto se si hanno inclinazioni genericamente ‘conservatrici’ e poi si torna a casa col confortevole NO, rassicurante nel parlare meglio all’uomo d’oggi e nel suo ricollegarsi all’ultimo concilio e dunque alla componente autoritativa dell Chiesa. Ma una cosa è certa, l’idea del VO museo, magari anche museo formativo, non è quella che sorregge la vita delle comunità VO che pullulano di vocazioni, che esplodono di giovani, che restano naturalmente legate alla retta dottrina e si impegnano come fermento vivo nella società per cercare di salvare quanto resta della sua identità cristiana e del suo legame col diritto naturale, fra l’altro sposandosi e prolificando abbondantemente. Io consiglierei al padre Cavalcoli, per poter confrontarsi ancora e con tanto mggior frutto su questi temi con Baronio, di passare un anno a celebrare il VO, quotidianamente, Messa e ufficio, in una comunità di sacerdoti e laici che già lo fanno da tempo. e poi, dopo questa esperienza, riprenda il colloquio con Baronio, e allora si che ne sentiremmo di interessanti.
Molto interessante ed importante, a mio modo di vedere. Grazie!
Caro/a quasi omonimo/a,
sottoscrivo, quanto all’esperienza personale, ogni parola che è scritta nel tuo post: dopo la S.Messa alla quale hanno assistito generazioni e generazioni si nostri antenati, stabilita nel suo nucleo essenziale dai medesimi Apostoli e cesellata da altre preziose preghiere nel corso dei secoli dalla Santa Chiesa, non si può tornare indietro se non a costo di mentire a noi stessi .
Condivido anche le osservazioni su Padre Cavalcoli.
E credo di condividere con te anche il ringraziamento all’Altissimo per averci fatto riscoprire questo immenso dono della Misericordia Divina… e la speranza che si ristabilisca la Verità che a molti è stata negata.
Il Novis Ordo ha un merito enorme: raggruma attorno a sé tutti i sacerdoti modernisti, così come un lampione attrae le falene.
Senza Novus Ordo, avremo il Vetus trasformato in una pagliacciata!
Viva il Novus Ordo, viva… (sigh).
Ossequi…
Se il Papa non può dire eresie, allora anche il Signore non poteva peccare, come uomo.
E invece come uomo non ha voluto peccare, e così Maria sua madre, unitamente all’azione della Grazia.
Non è una cosa meccanica, tant’è che ai tempi di S. Attanasio è successo.
Se un domani questo o un altro papa cambiasse la sostanza della consacrazione in senso luterano, dovremmo forse dire è infallibile?
A questo giro il caro Padre Cavalcoli fa alcune petizioni di principio che mettono a dura prova la ragione: la riforma che non può che essere “un passo avanti” (quindi il Vetus è – sic et simpliciter – un “passo indietro”?), la peplessità che si dia un terzo rito accanto al Vetus e al Novus (come se un Vaticano III non potesse escogitare un Novissimus Ordo, e mi sia concesso di dire che se il Vetus è Tiziano o Raffaello o Michelangelo, il Novus è Koons e il prossimo sarà Bansky)…
Quanto al resto, ba bene per l’interpretazione benevola delle parole del Papa: se si può salvare l’ortodossia, che lo si faccia. Ma sappiamo bene dove vuole arrivare Bergoglio, che incomincia processi che altri porteranno a termine.
Benevoli sì, stupidi no.
Ossequi.
Prima di commentare, cerchi di capire: Padre Cavalcoli non ha detto che il VO è un passo indietro. Ha detto che eliminare il NO sarebbe un passo indietro. Chiunque capisce che si tratta di due affermazioni diverse.
Seconda cosa: paragonare la Chiesa che stabilito un rito che, per quanto brutto, garantisce la Presenza Reale, il Sacrificio e la Comunione (ed in virtù di questo produce gli stessi effetti del VO), al marito di Ilona Staller, che fabbrica arte pornografica, penso sia quanto di più blasfemo si possa scrivere.
Se il NO plasma vescovi ciclisti e il VO plasma bestemmiatori come lei, bisognerebbe concludere che è sicuramente meglio il NO. Fortunatamente so che lei rimarrebbe tale, quale che fosse il rito frequentato (ammesso e non concesso che qualche rito lei lo frequenti davvero e non sia uno dei tanti “pontificatori” telematici che predicano bene e razzolano male).
Sul “sappiamo bene dove vuole arrivare Bergoglio”, mi complimento con lei per i suoi invidiabili poteri di chiaroveggenza. Se pensassi a lei come ad un comune mortale, dotato di normali sistemi di acquisizione delle informazioni, penserei che siamo proprio al livello di “chiacchiere e distintivo”.
Caro Marcello,
a) giro a lei la domanda: se il Novus Ordo è un passo avanti, lo è rispetto a cosa?
b) dopo Amoris Laetitia non serve essere chiaroveggenti per vedere la filigrana delle banconote stampate da Bergoglio.
c) ribadisco il paragone tra Koons e la messa Novus Ordo: osceni e sopravvalutati (ma mi scuso se il nominare questo artista – che comunque non s’è limitato alla pornografia e non è solo il marito della celebre deputata – ha offeso la sua sensibilità).
d) mi vorrà scusare se non accetto che lei mi definisca un “bestemmiatore” (senza che questo le impedisca di farlo, beninteso!). Mi permetto quindi di consigliarle tanti altri insulti: Francesco ne inventa sempre di nuovi, avrà di che divertirsi nella scelta del più appropriato.
Ossequi.
a) il senso della frase di Padre Cavalcoli è chiarissimo. Chieda aiuto a qualche persona fidata se non lo ha ancora capito;
b) complimenti per la familiarità con le falsificazioni; evidentemente sa come lavora un falsario;
c) ribadisco che lei è un blasfemo ed aggiungo che dovrebbe vergognarsi per l’insistenza sulla questione;
d) confermo la definizione di bestemmiatore datale. Altri insulti non c’è bisogno che li scriva: ne cerchi uno tra quelli del Papa e scelga lei quale le piace di più.
«paragonare la Chiesa che stabilito un rito che, per quanto brutto, garantisce la Presenza Reale, il Sacrificio e la Comunione (ed in virtù di questo produce gli stessi effetti del VO), al marito di Ilona Staller, che fabbrica arte pornografica, penso sia quanto di più blasfemo si possa scrivere.»
Non intendo difendere GMZ, ma mi pare che qualcosa non quadri.
Lei sa benissimo che la Chiesa è una società teandrica. Il Cattolico quando critica la Chiesa non critica certo l’assistenza dello Spirito Santo ma la sua componente umana.
Lei dando del blasfemo a GMZ l’ha dato anche al Card. Ratzinger il quale, nella Via Crucis del 2005, meditando sulla nona stazione ebbe a dire:
«Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! Tutto ciò è presente nella sua passione. Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore. Non ci rimane altro che rivolgergli, dal più profondo dell’animo, il grido: Kyrie, eleison – Signore, salvaci».
Lo stesso sito del Vaticano non fa una piega nel conservare questa dura ed accorata invettiva:
http://www.vatican.va/news_services/liturgy/2005/via_crucis/it/station_09.html
Quanto diverso è il tono struggente col quale furono dette queste parole, Marcello, diversamente dall’arroganza gratuita che si coglie nelle sue che dà del blasfemo a GMZ, e quindi anche al Cardinale Ratzinger!
Che poi, come dice Lei, si paragona la Chiesa (sempre nella sua componente umana, ovviamente) a qualcuno che fa arte pornografica, non le sembra che sia oggi – purtroppo! – abbastanza coerente con le problematiche che circolano all’interno della Chiesa, il cui attuale reggitore è stato definito con tono entusiasta da un suo stretto collaboratore Gay-friendly, e che dopo 99 giorni (il dott. Tosatti fa bene a tenere il conto) non ha ancora dato una risposta alle quattro domande che riguardano proprio quel genere di sporcizia in mezzo al quale quell’editore pornografico si troverebbe come a casa sua?
Prendo buona nota che per lei è opportuno cavillare, tirando in ballo discorsi che non c’entrano nulla, per giustificare uno che equipara Chiesa e Messale a un artista pornografico e ad un’opera pornografica e che io sarei arrogante nell’esprimere la mia indignazione. La ringrazio e la saluto.
«Prendo buona nota che per lei è opportuno cavillare, tirando in ballo discorsi che non c’entrano nulla, per giustificare uno che equipara Chiesa e Messale a un artista pornografico e ad un’opera pornografica e che io sarei arrogante nell’esprimere la mia indignazione. La ringrazio e la saluto»
No no! Niente affatto! Io ho risposto coerentemente a quello che Lei ha scritto.
E Lei che qui prende il preteso del cavillo; mi dica dov’è quello che a Lei sembra un cavillo ed io Le spiegherò ancor meglio.
Nel frattempo mi dica: dal momento che Lei ha messo in evidenza la pornografia, scandalizzandosi che la si accosti alla Chiesa (preciso sempre: nella sua componente umana), come non c’entra la pornografia con le evangeliche attività di McCarrick, a cui se vuole si possono aggiungere altri suoi confratelli, delle quali attività Lei evidentemente non s’indigna? Eppure si tratta di ben peggio che pornografia nella Chiesa.
Ho detto che non sto difendendo GMZ, e forse GMZ ha fatto male ad esprimersi in quel modo, ma Lei lo sta calunniando. perchè GMZ non ha affatto equiparato «Chiesa e Messale a un artista pornografico»; non ha parlato di «Chiesa e messale». Egli ha solo parlato di Vetus, Novo, e Novissimus Ordo (quest’ultimo di sua fantasia). Quindi si è riferito alla liturgia e non alla Presenza Reale che è celebrata nella liturgia. La presenza Reale è divina, la liturgia è umana. E come tutte le cose umane può essere ottima, migliore, peggiore o pessima: se ce ne sono due una è migliore e l’altra è peggiore, non può essere altrimenti. Secondo i gusti naturalmente; ma quella peggiore può arrivare ad un tale livello di bassezza da diventare indegna nei confronti della Presenza Reale che celebra. Ciò non toglie che anche la Messa celebrata con quella liturgia indegna è valida, perché la validità – fortunatamente – non dipende da liturgia. Questo l’hanno detto e ripetuto tutti in questo blog.
Quindi, da quello che capisco io, GMZ non ha voluto riferirsi al Sacrificio Eucaristico quando ha usato quelle espressioni in modo sottinteso (che poi Lei si è compiaciuto di esplicitare).
Anche se in modo diverso io affermo la stessa cosa: per me la riforma del N.O. non presenta una Liturgia altrettanto degna delle Presenza reale che celebra, che quella contenuta nel V.O.
Ed ora attendo che dia anche a me la patente di blasfemo.
P.S. – Ci tengo a fare una precisazione. Le espressioni forti, che la riforma della liturgia a volte ispira nei suoi critici, non sono tanto nei confronti della liturgia vera e propria, ma per le nefandezze – qui bisogna dirlo – che non infrequentemente da parte del celebrante e dell’ “Assemblea”, come viene qui definita, trasformano la celebrazione liturgica in deplorevoli manifestazioni . E se Marcello mi accuserà di blasfemia per questo dirò che Benedetto XVI ha utilizzato espressioni molto più dure come “mascherata”, “droga” e “baccanale”, come si leggerà nel testo in chiusura.
Ma allora non dipende dalla Liturgia? No, dipende proprio dalla Liturgia perché è stata formulata in modo da dare la possibilità ai “protagonisti”, che tali la N.O. induce a considerare se stessi il celbrante e i “fedeli”, a girarla in modo soggetivo secondo le proprie “sensibilità”, creatività, ecc. ecc.
Col V.O. questo non poteva succedere (dico non poteva perché ho avuto modo di seguirla nella mia giovinezza): il celebrante non poteva sgarrare di uno jota, e neppure i fedeli:
Ma facciamo ora parlare Benedetto XVI:
«I concetti portanti della nuova visione della liturgia si possono riassumere in questi termini-chiave: “creatività”, “libertà”, “festa”, “comunità”. […] Io mi accontento di addurre per questa “nuova” visione della struttura liturgica un testo scelto a caso che è rappresentativo di un intero genere letterario: “La liturgia non è un rituale sancito ufficialmente, ma una celebrazione concreta, essenzialmente strutturata dall’assemblea, con tutti i giochi del regolamento. La liturgia non è un culto oggettivo devozionale, proprio della chiesa […]”. Il pensiero fondamentale che è alla base di queste riflessioni è che la liturgia è celebrazione comunitaria, un atto in cui la comunità si forma e si sperimenta come comunità. Di fatto in questo modo la liturgia sia nella sua forma tipica che nell’attegiamento spirituale retrocede nella prossimità di un “party”.
«[…] io posso rappresentare la libertà quando io sono effettivamente libero; altrimenti la rappresentazione della libertà diventa una tragica autoillusione. Io posso rappresentare la gioia quando il mondo e l’umanità danno veramente motivo di rallegrarsi. Ma lo fanno essi veramente? Quando queste domande vengono messe da parte il party, tentativo del mondo post-religioso di ritrovare la festa, diviene rapidamente una tragica mascherata [purtroppo non è possibile sottolineare la parola – NdR]. Perciò non è un caso che il party – ogni qual volta le persone abbiano cercato in esso la “redenzione”, cioè l’esperienza della liberazione dall’autoalienazione, dalla costrizione del quotidiano e l’esperienza di una comunione che oltrepassi l’io – abbia sùbito oltrepassato i limiti dell’intrattenimento borghese per degenerare in baccanale [altra sottolineatura – NdR]. La droga [sottolineatura – NdR] che non viene presa isolatamente bensì deve essere celebrata insieme, deve operare il viaggio nel totalmente altro […]. Chi non si pone queste domande si muove in un mondo di finzioni la cui miseria artificiale non può essere superata neppure da patetiche declamazioni sul dolore dei popoli oppressi, declamazioni che non per caso appartengono al nucleo comune di quasi tutte queste liturgie autoinventate. […] In ogni caso [simili esperimenti] possono contribuire a distruggere ulteriormente la liturgia» (J. RATZINGER, La vita di Dio per gli uomini, Jaca Book, Milano 2006; riportato in: J. RATZINGER – BENEDETTO XVI, Fede, Ragione, Verità e Amore – La teologia di Joseph Ratzinger – a cura di Umberto Casale, Lindau, Torino 2009, pp. 487-498).
”Se il NO plasma vescovi ciclisti e il VO plasma bestemmiatori come lei, bisognerebbe concludere che è sicuramente meglio il NO”
Da incorniciare!
GMZ, Lucior, approfitto e mi unisco, a chi vi dà addosso, anche io. Ecchè volete? Per la più parte del clero, del vescovato e del cardinalato ecc. che conta, il NO e piu che sufficiente! che pretendete! Evvèlo dice uno che puzza di pecora e razzola male molto male. Ma sono pure buono e vi risparmio le citazioni di qualche enciclica o altro e buonasera
Ma no! Nessuno mi dà addosso. Fanno solo il loro dovere.
Bello vedere come al primo rimprovero la Legione si compatti per difendersi. Quanti arzigogoli e quanto impegno pur di giustificare una bestemmia contro il sacro Messale.
E’ vero!
La Legione dei Santamartini da sempre hanno infestato questo blog, e sempre con armi spuntate riempiendolo di sciocchezze non sapendo cosa rispondere a chi pone loro obiezioni logiche. Ma per loro va bene così perché al loro ritorno alla base gli dicono: «va bene così, dovete solo creare confusione». Le direttive che ricevono sono di non cercare mai di capire ciò che scrivono gli altri, ma di rispondere sempre con la parola d’ordine del giorno. Gli altri cercano di argomentare con esposizioni logiche, anche di una certa ampiezza, ma loro non prendono minimamente in considerazione ciò che viene scritto e rispondono con la parola d’ordine. Gli altri tentano di «dimostrare che «le foglie sono verdi in Estate», e loro rispondono: «bestemmia». Gli altri allegano testi con tanto di riferimenti da poter consultare di persone autorevoli, e loro li snobbano come se si fosse presentato un detto della Signora Littizzetto (giusto per fare la rima). Ma qui forse mi sbaglio, perché un detto della Signora Littizzetto forse verrebbe da loro preso in considerazione.
Bisogna prenderne atto, e cercare di assolvere quella che al giorno d’oggi è la più difficile da seguire tra le sette opere di misericordia spirituale, cioè la sesta.
Mai visto qua dentro un troll santamartino inveire contro il Messale VO o usare espressioni irriverenti (=leggasi bestemmie) verso lo stesso, né contro Papi preconciliari (anzi!) o qualcun altro in particolare. Se qualcuno ci ha provato, Tosatti non lo ha pubblicato e nessuno di noi lo ha letto. Il paragone non regge. Spiacente.
Ad un monomaniaco (non è un’offesa, informarsi sul significato) non si possono dare ulteriori risposte, perché è come tentare di riempire d’acqua un secchio privo di fondo. Per quanto acqua ci metti è come se il secchio non ne avesse ricevuta nemmeno una goccia.
Gesù non può peccare neanche in quanto uomo. Non solo non voleva peccare ma non poteva: impeccantia de iure e de facto