DELLE CINQUE PIAGHE DEL CANTO LITURGICO. UN NUOVO LIBRO DEL M° AURELIO PORFIRI SU MUSICA E LITURGIA.
22 Novembre 2018
Marco Tosatti
Aurelio Porfiri è compositore, direttore di coro, educatore e autore. Ha al suo attivo circa 30 volumi e 600 articoli. La sua musica è pubblicata in Italia, Cina, Stati Uniti, Francia e Germania. Ha collaborato e collabora, oltre che con Stilum Curiae, in cui scrive settimanalmente i “Dispacci dalla Cina”, con numerosi blogs, riviste e quotidiani come Zenit, La nuova bussola quotidiana, O Clarim, La croce quotidiano, la fede quotidiano, Liturgia, La vita in Cristo e nella Chiesa, Rogate ergo, Camparidemaistre, Il messaggio del cuore di Gesù, Patheos, etc.
Quando Antonio Rosmini nel 1848 pubblicava il suo opuscolo sulle cinque piaghe della Santa Chiesa, egli certamente intendeva mettere in risalto quali fossero le sofferenze che la Chiesa attraversava in quel dato momento storico, o perlomeno quelle che lui percepiva come tali. L’autore, una delle menti più acute e brillanti della cultura cattolica, aveva con il suo pensiero spaziato negli ambiti più diversi, anche a volte controversi, ma mai perdendo di vista la coscienza di essere figlio della Chiesa, come viene reso più ancora evidente dall’ardore da lui dimostrato nel lavoro sulle cinque piaghe. Un’opera in cui certo muoveva critiche eobiezioni, ma sempre avendo di fronte ai suoi occhi la maternità della Chiesa come elemento fondante del suo agire. Non è forse possibile anche criticare la propria madre senza per questo cessare di amarla? Oggi purtroppo il pensiero dominante nei quartieri alti della Chiesa sembra che ogni critica debba essere considerata alla stregua di un tradimento, di una mancanza imperdonabile di rispetto, di un affronto verso la nostra religione. Ma in realtà è attraverso critiche costruttive che possiamo evolvere, correggere, modificare per il meglio. Questo è lo spirito che ha animato il M° Porfiri nella scrittura di questo libro.
Uno sguardo caustico ma sincero sui mali che affliggono la musica e la liturgia. Perché si può criticare quando è in gioco un bene così grande come quello della liturgia, della sua dignità, del suo decoro, anche attraverso l’uso della musica. Si può criticare; anzi in alcune circostanze, si deve.
Il professor Giacomo Baroffio, uno dei più grandi esperti mondiali sul canto gregoriano, ha detto nella sua introduzione: “Il M° Porfiri non scopre nulla di nuovo, scopre una realtà ammalata che per sua natura si diffonde come un’epidemia grazie al fascino di ideologie pseudoculturali e alla non conoscenza dei fatti reali. A partire dall’aver coscienza degli aspetti fondamentali della fede cristiana: la Santissima Trinità, l’incarnazione del Verbo di Dio, la Chiesa fondata su Pietro e gli Apostoli, la liturgia quale azione di Cristo e del suo Corpo mistico, la Parola di vita, la grazia e il peccato, il Paradiso e l’Inferno…”. Infatti non è la rivelazione di verità arcane che è dietro questo testo, ma la riflessione approfondita su cinque piaghe, che sono il clericalismo, l’antropocentrismo, il sentimentalismo, il dilettantismo e l’opposizione alla tradizione, cinque piaghe identificate fra molte. Insomma, un testo denso nei contenuti ma che aiuta riflette sulla crisi attuale della musica liturgica, della liturgia, della Chiesa cattolica stessa.
Aurelio Porfiri (2018), Delle cinque piaghe del canto liturgico. Trattatello sulle deviazioni nella musica di Chiesa Hong Kong: Chorabooks.
EBook (formato Kindle) Euro 5.99
ISBN 9789887896906
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ISBN 9789887896944
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Per informazioni ed interviste rivolgersi a aurelioporfiri@hotmail.com
Oggi è l’88° giorno in cui il Pontefice regnante non ha, ancora, risposto.
“Quando ha saputo che McCarrick era un uomo perverso, un predatore omosessuale seriale?”
“È vero, o non è vero, che mons. Viganò lo ha avvertito il 23 giugno 2013?”
Joseph Fessio, sj: “Sia un uomo. Si alzi in piedi e risponda”.
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LIBRI DI MARCO TOSATTI
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UNO STILUM NELLA CARNE. 2017: DIARIO IMPIETOSO DI UNA CHIESA IN USCITA (E CADUTA) LIBERA
FATIMA, IL SEGRETO NON SVELATO E IL FUTURO DELLA CHIESA
SANTI INDEMONIATI: CASI STRAORDINARI DI POSSESSIONE
PADRE PIO CONTRO SATANA. LA BATTAGLIA FINALE
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Tag: cinque piaghe del canto liturgico, musica, porfiri
Categoria: Generale
Ehhh, ormai per la chiesa è normale dar via l’organo, anche per niente. O no?
Il libro deve essere sicuramente interessante (ma se Feltrinelli, Rizzoli, Mondadori, Hoepli lo vendono online, perché non lo vendono anche nelle loro librerie, anche se ad un prezzo maggiore?).
Riguardo al tema, faccio una premessa con una citazione del Card. Ratzinger che sulla Messa N.O., in cui vi sono espressioni molto forti e termini politicamente scorretti (party, mascherata, droga, baccanale…). Chiedo scusa per la lunghezza delle citazioni, ma credo che siano interessanti.
«I concetti portanti della nuova visione della liturgia si possono riassumere in questi termini-chiave: “creatività”, “libertà”, “festa”, “comunità”. […] Io mi accontento di addurre per questa “nuova” visione della struttura liturgica un testo scelto a caso che è rappresentativo di un intero genere letterario: “La liturgia non è un rituale sancito ufficialmente, ma una celebrazione concreta, essenzialmente strutturata dall’assemblea, con tutti i giochi del regolamento. La liturgia non è un culto oggettivo devozionale, proprio della chiesa […]”. Il pensiero fondamentale che è alla base di queste riflessioni è che la liturgia è celebrazione comunitaria, un atto in cui la comunità si forma e si sperimenta come comunità. Di fatto in questo modo la liturgia sia nella sua forma tipica che nell’attegiamento spirituale retrocede nella prossimità di un “party”.
«[…] io posso rappresentare la libertà quando io sono effettivamente libero; altrimenti la rappresentazione della libertà diventa una tragica autoillusione. Io posso rappresentare la gioia quando il mondo e l’umanità danno veramente motivo di rallegrarsi. Ma lo fanno essi veramente? Quando queste domande vengono messe da parte il party, tentativo del mondo post-religioso di ritrovare la festa, diviene rapidamente una tragica mascherata [purtroppo non è possibile sottolineare la parola – NdR]. Perciò non è un caso che il party – ogni qual volta le persone abbiano cercato in esso la “redenzione”, cioè l’esperienza della liberazione dall’autoalienazione, dalla costrizione del quotidiano e l’esperienza di una comunione che oltrepassi l’io – abbia sùbito oltrepassato i limiti dell’intrattenimento borghese per degenerare in baccanale [altra sottolineatura – NdR]. La droga [sottolineatura – NdR] che non viene presa isolatamente bensì deve essere celebrata insieme, deve operare il viaggio nel totalmente altro […]. Chi non si pone queste domande si muove in un mondo di finzioni la cui miseria artificiale non può essere superata neppure da patetiche declamazioni sul dolore dei popoli oppressi, declamazioni che non per caso appartengono al nucleo comune di quasi tutte queste liturgie autoinventate. […] In ogni caso [simili esperimenti] possono contribuire a distruggere ulteriormente la liturgia» (J. RATZINGER, La vita di Dio per gli uomini, Jaca Book, Milano 2006; riportato in: J. RATZINGER – BENEDETTO XVI, Fede, Ragione, Verità e Amore – La teologia di Joseph Ratzinger – a cura di Umberto Casale, Lindau, Torino 2009, pp. 487-498).
Sono del parere che l’introduzione della “musica d’uso” (vedremo il significato più in là) nelle Messa N.O. sia stata – insieme ad altri fattori – funzionale alla trasformazione del Sacrificio Eucaristico in party, o mascherata, o baccanale, per usare le espressioni del papa Emerito.
Infatti, sempre per citare Ratzinger, in un’altra opera egli dice:
«L’accettazione della musica nella liturgia dev’essere un’accettazione nello spirito, una trasformazione, che significa parimenti morte e resurrezione. Per questa ragione la Chiesa dovette essere critica nei confronti della musica che essa aveva già trovato presso i vari popoli; essa non poteva ammettersi immutata nel santuario: il culto musicale delle religioni pagane ha, nell’esistenza umana, un altro posto e un altro valore, diversi dalla musica della glorificazione di Dio tramite la creazione.
«Essa tende in molti casi, attraverso il ritmo e la melodia, a provocare l’estasi dei sensi; con ciò non innalza però veramente i sensi allo spirito. Ma in siffatta distrazione dei sensi, che ritorna nella moderna musica ritmica, “Dio” e la salvezza dell’uomo sono collocati assolutamente altrove che nella fede cristiana. La coordinata dell’esistenza e del cosmo nel suo complesso è tracciata diversamente, anzi in senso inverso. Qui la musica può effettivamente trasformarsi in una “tentazione” che conduce l’uomo a una meta sbagliata. Qui non si fa della musica diretta alla purificazione, ma allo stordimento» J. RATZINGER, La Festa della Fede, Saggi di Teologia liturgica – Parte Seconda, Fondamento teologico della musica sacra, Jaca Book, Milano 1983. Per leggere tutto l’interessantissimo capitolo andare su:
https://web.archive.org/web/20090318182944/http:/www.ratzinger.us/modules.php?name=News&file=article&sid=223
Per quanto riguarda la “musica d’uso”, che “allieta” oggi i baccan… pardon, le Messe odierne, nella stessa opera appena citata di Ratzinger si legge:
«Nell’edizione in lingua tedesca, largamente diffusa, dei testi del Concilio Vaticano II a cura di Karl Rahner e Herbert Vorgrimler, il breve commento al capitolo della costituzione liturgica sulla musica è introdotto dalla stupefacente osservazione che l’arte pura, com’essa si trova nella musica sacra, “è difficilmente conciliabile […] con la natura della liturgia e con il supremo principio della riforma liturgica”.
«Per conseguenza, anche con riferimento alla raccomandazione conciliare dei cori vocali, si mette particolarmente in rilievo che [secondo Rahner e Vorgrimler – NdR] non ostacoli la attiva partecipazione del popolo. Secondo Rahner e Vorgrimler fa perciò normalmente parte della liturgia non la “musica sacra vera e propria”, ma la “cosiddetta musica d’uso”», che è quella, come detto più sopra, che conduce all’«estasi dei sensi», «non innalza allo spirito» e non è «diretta alla purificazione, ma allo stordimento».
Da notare che le “raccomandazioni conciliari”, contrariamente a quanto affermano Rahner e Vorgrimler, sono del tutto opposte alle loro. Stralciamo dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium – sulla Sacra Liturgia (Capitolo VI – Musica Sacra):
112. a tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio d’inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell’arte…
114. Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra. Si promuovano con impegno le «scholae cantorum»…
115. Si curi molto la formazione e la pratica musicale nei seminari, nei noviziati dei religiosi e delle religiose e negli studentati, come pure negli altri istituti e scuole cattoliche. Per raggiungere questa formazione si abbia cura di preparare i maestri destinati all’insegnamento della musica sacra. Si raccomanda, inoltre, dove è possibile, l’erezione di istituti superiori di musica sacra. Ai musicisti, ai cantori e in primo luogo ai fanciulli si dia anche una vera formazione liturgica.
120. Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti.
La musica liturgica del Novus Ordo non ha mai vissuto, e’ nata morta. Jam fetet. Da oltre 50 anni.
«…cinque piaghe identificate fra molte.»
Di norma un medico scrupolo effettua esami più approfonditi e, dopo aver stilato la diagnosi, si preoccupa di prescrivere la cura necessaria, che talvolta prevede anche interventi non indolori e medicine amare. Soltanto con la scrupolosa esecuzione della prescrizione si arriva, salvo imprevisti, alla guarigione.
Tanti i segnali inviati sulla gravità delle “piaghe” che affliggono la Chiesa. A chi spetta il compito di scandagliare le cure più appropriate ed urgenti? A quando l’inizio della cura?
Ringrazio il Maestro Porfiri per questo suo lavoro.
Non sono un “tradizionalista”, sono, diciamo, un normale fedele cattolico di più di sessant’anni, che va a Messa la domenica, e in passato non ho mai partecipato abitualmente alla Messa Vetus Ordo, la Messa in latino. Vi ho invece partecipato per una settimana di seguito, conoscendola meglio, e apprezzandola, in occasione degli esercizi ignaziani. In quella circostanza, c’era anche un fedele che suonava l’organo e cantava benissimo, guidando i canti, anch’essi in latino.
Mi succede che, dopo molti anni della Messa Novus Ordo, ho notato, ma direi meglio ho percepito, che i canti in italiano del nuovo ordine sono talmente depressivi e brutti, che preferisco stare in silenzio.
Non so se mi spiego, non è una decisione pianificata a tavolino, è più una cosa fisiologica. Non ho virato stabilmente verso la Messa Vetus Ordo, per motivi familiari, e nemmeno voglio qui affermare che il Vetus Ordo sia la soluzione di tutti i problemi della liturgia, della quale non sono un esperto, ma è indubitabile che un problema vi sia, e anche di grande portata.