DISPACCI DALLA CINA. CHIESA-PECHINO. CI VUOLE UN INCONTRO, NON LA RESA.
22 Aprile 2018
Marco Tosatti
Cari Stilumcurialisti, Aurelio Porfiri ci ha mandato un Dispacci della Cina che appare estremamente ricco e interessante. Sono notizie di prima mano da Hong Kong e dalla Cina continentale che certamente sfuggono al lettore abituale, e che invece meritano di essere apprezzate nel loro vero valore. Specialmente e soprattutto adesso che si prospetta un accordo di qualche genere fra la Santa Sede e il governo di Pechino. Certo, le notizie dal campo non sembrano rassicuranti. Buona lettura.
Leadership ed egemonia
Credo che una delle cose che da più fastidio ai cinesi è che quando gli americani spadroneggiano per il mondo vengono lodati per la leadership, quando lo fanno i cinesi vengono accusati di egemonia. Certo, è un problema complesso ma non posso negare che i cinesi, in questo caso, qualche ragione ce l’hanno pure.
Un mutuo arricchimento
Si parla spesso dei contributi scientifici (innegabili) che sono venuti alla Cina dal suo contatto con l’occidente tramite il cristianesimo. Non bisogna però dimenticare anche quanto la Cina ha dato all’umanità e come le sue conoscenze, alternative alla vulgata scientifica occidentale, possano fornire elementi nuovi di arricchimento. Oggi per la prima volta nella mia vita ho fatto l’agopuntura. Il medico tradizionale cinese, con alle spalle il ritratto di Confucio, mi ha visitato e ho notato come l’approccio è veramente diverso da quello occidentale. C’è una concezione più olistica della persona. Non nego che ero teso, penso a nessuno farebbe piacere esser trapassato da aghi di qualunque misura essi siano. Comunque in generale non ho sentito molto fastidio. Pensavo come sarebbe interessante integrare quanto c’è di buono nella medicina cinese con la nostra, integrare quanto c’è di buono nella loro filosofia (Confucio, Mencio, Lao Tse, etc.) con la nostra. Nei miei anni cinesi (in cui cioè vivevo in Macao) avevo avuto l’idea di cercare di approfondire come il Cristianesimo poteva servirsi del confucianesimo senza perdere se stesso. Per me, per dare il benvenuto a Confucio non bisogna far uscire San Tommaso d’Aquino. È una sfida affascinante, aperta a nuove scoperte e soluzioni.
Un pranzo interessante
Continuando su quanto detto in precedenza, ho avuto un pranzo interessante con un cattolico locale proveniente da famiglia facoltosa (molto) e influente. Una persona molto interessante con cui ci siamo soffermati a parlare di come il cattolicesimo possa divenire cinese senza smettere di essere cattolico. Infatti io penso che si debba pensare ad un incontro di due identità non all’incontro fra una identità depotenziata e un’altra arrembante. In questo modo non ci sarà un vero incontro ma una resa. Insisto su questo concetto perché mi sembra veramente interessante. Ricordo anni fa di contatti con uno studioso italiano che tentava di contribuire a sviluppare una comprensione del cattolicesimo da una prospettiva confuciana. Quanto di Confucio può conservarsi e quanto no? Dove sarà l’incontro fra la tradizione greco cristiana e quella cinese? Tema senz’altro affascinante.
Cina e cinesi
Un articolo sul South China Morning Post (datato al 17 aprile 2018), firmato da Ng Kang-chung, riporta una interessante ricerca fatta dalla City University di Hong Kong in cui si mostra come il fenomeno del localismo (cioè di coloro che mostrano resistenza alla leadership di Pechino e vorrebbero preservare l’autonomia di Hong Kong) non è un segno di anti patriottismo ma un segno di insofferenza proprio al governo di Pechino. Insomma, si sentono cinesi, ma non della tendenza comunista. Questa insofferenza è molto più diffusa di quello che sembri, anche fra la gente più semplice. Interessante pensare a quando viene detto che un eventuale accordo sino-vaticano verrebbe incontro agli interessi del “popolo cinese”. Ma ne siamo sicuri? Perché da notizie che difficilmente appaiono sui media sembra che poi le rivolte antigovernative sono molto più di quello che si pensa, anche e soprattutto nella Cina continentale. Questa è la ragione per cui la stabilità è la priorità del governo cinese che porta come conseguenza il terrore delle ingerenze straniere, anche tramite la religione.
Dice il saggio
Ecco cosa diceva Confucio: “Ji Kangzi interrogò Confucio sul governo, e gli chiese: «Che ne pensi se uccido coloro che non seguono la Via per favorire chi possiede la Via?». Confucio rispose: «Nel governare, che bisogno hai di uccidere? Se desideri il bene, anche il popolo ti seguirà nel bene. La virtù dell’uomo superiore è come il vento; quella dell’uomo dappoco come l’erba. Quando il vento soffia sull’erba, questa certamente si piega»”. Questo mi fa ricordare 1Re 19 (9-14): “Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco il Signore gli disse: «Che fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita». Gli fu detto: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: «Che fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita»”. Dio è quel vento leggero, che distingue l’uomo superiore (cioè colui che guarda a Dio) dall’uomo dappoco, che guarda in basso (cioè all’erba).
L’amara avventura di un missionario
Dal South China Morning Post del 17 aprile un articolo ripreso da Associated Press ci informa dell’arresto del Reverendo John Sanquiang Cao il 5 Marzo scorso. Ritornando da una missione in Myanmar nella provincia cinese dello Yunnan, Cao è stato fermato dagli agenti di polizia cinese per aver organizzato attività illegali che coinvolgevano altri insegnanti cinesi i quali portavano Bibbie, quaderni e penne per le minoranze etniche in Myanmar così da poter fornire una educazione basata su valori cristiani. È stato condannato a 7 anni di prigione ma la famiglia ha chiesto clemenza visto il valore umanitario della sua missione. Il reverendo aveva tentato anche in passato di ottenere l’approvazione del governo per le sue attività umanitarie. Alcuni vedono questo caso come un tentativo del governo di intimidire movimenti di ispirazione cristiana, in un momento in cui il controllo governativo sulle religioni è più stretto e diretto. Recentemente gli affari religiosi, che includono naturalmente quelli concernenti la Chiesa Cattolica, sono passati dal controllo del governo (consiglio di stato) a quello diretto del partito.
Cattolici devoti
Ho visitato oggi una Chiesa che in inglese si direbbe “interdenominational”. Ci sono protestanti di varie tendenze. È al decimo piano di uno dei tanti grattacieli che costellano il cielo di Hong Kong. Mi dicevano di come a volte si svolgono dei servizi ecumenici insieme a rappresentanti di altre religioni, inclusa la cattolica. È certamente positivo mantenere buoni rapporti con tutti, su questo non c’è dubbio. Ma questi buoni rapporti devono essere sempre tenuti da una posizione fortemente identitaria, cioè il fatto di essere amici non toglie la necessità di “essere” (parlo in generale, non mi riferico qui a questa specifica diocesi). Ho notato che ci sono qui (come a Macao) dei cattolici veramente motivati e profondamente devoti, che poco si occupano delle beghe romane (beati loro!). Ma hanno veramente bisogno di identificarsi in una fede che non sia solo parole, ma suoni, visioni, profondità di pensiero. Quante volte invece si offrono i rimasugli del mondo, pensando che per vincere il mondo bisogna farsi vincere dallo stesso.
Il potere da dentro
Lo studioso Kerry Brown, autore di vari testi importanti sulla Cina di oggi, si è molto concentrato sulla questione del potere in Cina. In un suo testo dice: “Il potere politico in Cina era articolato nel senso dell’autorità di ciò che é interno rispetto a quello che è esterno. Tempi, palazzi e case nell’antica Cina e attraverso la sua storia erano circondati da mura al di fuori e i primi edifici che si incontravano dopo aver superato la porta erano quelli più aperti al pubblico” (mia traduzione). Solitamente il potere in Cina sta dentro, non sopra. Ciò non significa che chi è sopra non ha potere, ma lo ha conquistato da dentro, attraverso il potere delle connessioni e delle influenze. La capacità di influenzare, come ci insegna François Jullien, ha la preminenza su quella di persuadere: “Questa virtù della parola poetica è stata compresa molto presto in Cina, come la virtù della parola politica: spetta a questa, dall’alto al basso della società, influenzare favorevolmente il popolo come un vento clemente, a partire dall’esemplarità del Principe (feng-hua): non c’è niente che il Principe non impregni con la sua moralità, dalla sua famiglia fino all’estremo capo del mondo; e così tocca alla parola levarsi come un vento forte, dal basso in alto, dal popolo al Principe, per far giungere le sue critiche (feng-ci) al potere e, attraverso l’influenza attenuata dalle immagini, incitarlo a emendare la sua condotta. Infatti, aggiungono i commentatori, istruire e influenzare (a immagine del vento) vanno distinti tra loro (jiao/ feng): è bene che il Principe dapprima diffonda a partire da sé la sua benefica influenza, che inciti e condizioni favorevolmente a poco a poco, prima che un insegnamento possa iniziare. In generale, sono preferibili delle parole che, infiltrandosi, trasformino dolcemente e solo in seguito in profondità, ma senza forzature, e non delle parole che prendono di mira il loro oggetto e che vogliono comandare (Dialoghi, ix, 23)”. Ecco perché in Cina la retorica non ha avuto il posto che ha avuto da noi. Quando si tratta con i cinesi, non basta trattare con chi sta sopra, ma bisogna capire se quel “sopra” è anche il vero potere che muove tutto.
San Tommaso con gli occhi a mandorla
Ho letto un bell’articolo su Trypod, rivista dell’Holy Spirit Study Centre di Hong Kong, di Kwong Lai Kuen, scritto nel 2001, che parla di cosa è il Qi. Suor Kwong, delle sorelle del preziosissimo sangue, è autrice di “Qi Chinois et Anthropologie Chretienne” (2001) quindi è veramente esperta di questo concetto che è centrale per la comprensione del mondo cinese. Il Qi è la forza vitale, che può essere avvicinato, ma non identificato, come il concetto biblico di Pneuma. Suor Kwong scrive: “Quello che un cinese desidera e cerca è di vivere in comunione, in armonia con la natura, con tutte le creature e le genti. Perché la “Grande Pace” può solo accadere attraverso una comunicazione armoniosa tra l’essere umano e il Cielo e la Terra, il qi, che rende la comunicazione possibile, gioca un ruolo di estrema importanza. Riguarda tutto e tutti” (mia traduzione). Vedo molti punti di contatto fra questo concetto e il mondo cristiano. Ci vorrebbe un San Tommaso d’Aquino cinese. Chissà se non c’è già stato e non ce ne siamo accorti.
La situazione
Sul Sunday Examiner del 22 aprile ci sono notizie di un controllo molto più rigoroso e ferreo sulle religioni da parte del governo cinese: croci buttate giù, richieste di registrazione presso le istituzioni ufficiali, strutture religiose chiuse. Inoltre viene riportata la notizia che riguarda Wang Zuo’an, responsabile per gli affari religiosi in Cina, il cui ufficio è trasferito da una struttura di tipo governativo ad una direttamente sottoposta al partito comunista. Wang viene descritto come un tipo molto fermo nel controllo delle religioni, non certo come uno che le favorisce. Al People’s Daily, giornale ufficiale del partito, Wang ha detto che bisogna controllare più fermamente le religioni per prevenire l’infiltrazione straniera. Insomma, siamo ai soliti slogans e affermati dalla leadership. Io penso che le gerarchie vaticane, per pensare di fare un accordo in queste condizioni, devono avere concreti elementi per credere alla buona volontà della controparte, elementi che non sono pubblici. Quindi, noi dobbiamo continuare a ragionare sulle notizie pubbliche, che non sono di certo incoraggianti, anzi sembrano segnalare una situazione che non può che invitare ad uno sconfortante pessimismo.
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Tag: cina, papa, pechino, Santa Sede, vaticano, zen
Categoria: Dispacci dalla Cina
OT:
questo è il giudice che ha negato al bimbo inglese di tentare cure altrove. A quanto pare non è nuovo a simili performances:
http://www.nationalrighttolifenews.org/news/2015/11/in-landmark-decision-british-justice-authorizes-starving-and-dehydrating-patient-in-a-minimally-conscious-state/
Così come non esiste un buddhismo (ma decine di buddhismi), così non esiste un confucianesimo né un daoismo né un legismo: prendiamo da tutti un po’?
Confucio rispettava gli dei, sì, ma era ben lieto di lasciarli in cielo, lontani dagli uomini: quanta differenza tra Confucio e noi!
Capisco l’infatuazione di Porfiri per la Cina (che per alcuni aspetti condivido) ma egli dovrebbe contentarsi del messaggio dei vangeli e dell’insegnamento della Chiesa: sono parole universali, che non abbisognano di abbeverarsi da Confucio Laozì o Gautama. Al Cristianesimo non manca nulla, ai saggi cinesi (e di qualsiasi altra nazione passata presente e futura) manca tutto. Bene ricordarlo non una, ma cento volte.
Saluti.
Della miscellanea di notizie contenute nell’articolo, mi hanno colpito in particolare due affermazioni del maestro Porfiri:
1. Credo che una delle cose che dà più fastidio ai cinesi è che quando gli americani spadroneggiano per il mondo vengono lodati per la leadership, quando lo fanno i cinesi vengono accusati di egemonia. Certo, è un problema complesso ma non posso negare che i cinesi, in questo caso, qualche ragione ce l’hanno pure.
2. Nei miei anni cinesi (in cui cioè vivevo in Macao) avevo avuto l’idea di cercare di approfondire come il Cristianesimo poteva servirsi del confucianesimo senza perdere sé stesso. Per me, per dare il benvenuto a Confucio non bisogna far uscire San Tommaso d’Aquino. È una sfida affascinante, aperta a nuove scoperte e soluzioni.
Non voglio essere più realista del re ma, visto che il maestro sembra “abboccarci”, a me pare che alla prima affermazione si possa obiettare semplicemente che il sistema politico americano è certamente una moderna democrazia che possiede in sé gli anticorpi per evitare ciò che invece non è evitabile in un regime dispotico come quello cinese. Quindi i cinesi non hanno alcuna ragione.
Alla seconda affermazione rispondo dicendo che il confucianesimo non si sa bene cosa sia, certamente non è una religione strutturata ma un pensiero filosofico (o filosofico-religioso) e morale, rivolto alle cose di questo mondo, sebbene “contaminato” nel tempo da taoismo e buddismo. Quindi come diceva S. Josemaria Escrivà: “Nel fare una lega, quello che ci perde è sempre il metallo migliore”
Non so molto in merito al quanto riferito dall’articolo. Noi maceratesi abbiamo avuto Padre Matteo Ricci, che cercava di fare capire il Cristianesimo ai cinesi confuciani… Forse bisognerebbe studiare il Ricci, poiché la personalità dei cinesi potrebbe essere rimasta la stessa… Guardo ai comunisti italiani: malgrado la propaganda ateistica, i Compagni rimanevano legati alle tradizioni della nostra religione e civiltà: ricordo un incontro con Joyce Lussu, durante uno “sbattezzo” a Rimini, che si lamentava dei Compagni che si sposavano in chiesa, andavano a Messa e facevano battezzare i figli… Io le dissi di guardare alla realtà della politica e non dell’ideologia, che ci avrebbe fatto perdere il potere se avessimo obbligato i Compagni all’ateismo. Mi presi una volgare contumelia, che non mi fece né caldo, né freddo…
Se i sacerdoti cinesi, consacrati da un vescovo fedele al regime, celebrano la Messa senza adulterare la forma, il Cristo scende lo stesso sulle Sacre Specie. Ditemi se ho torto.
Beh, se uno non è competente sull’argomento, allora può anche fare a meno di intervenire.
Però una cosa interessante l’ha scritta. Ha raccontato un aneddoto sulla famosa Joyce Lussu, presunta eroina, in realtà la solita intellettualoide cafona. Perché non pubblica queste cose (per esempio su Wikipedia, mettendo i riferimenti se no la censurano)? Oggi va di moda scordarsi che cosa fosse veramente la Sinistra in Italia e se ne racconta la versione edulcorata cattocomunista. Raccontiamo queste cose, invece. Alle scuole o sui giornaloni, per esempio, dove invece vanno di moda i “santini” (ironia della sorte!) alla Joyce Lussu. A Paolo Mieli. E così via.
Qualche ragione? Una dittatura feroce:processi farsa,quando ci sono,gulag,uccisioni di cui si sa nulla,traffico di organi,repressione di ogni minimo dissenso ,controllo totale dei cittadini e via continuando.E vorrebbe essere trattata come gli Usa?! É trattata anche troppo bene.La tecnologia cinese nasce dalla frenetica attività di copiatura.Certo che i cinesi sono migliori del loro governo,ma sono molto nazionalisti.E hanno come principio basilare quello dell’armonia.Anche nella democratica Taiwan ci sono nostalgie.L’attuale dittatore,più potente di Mao,come si dice,ha detto che questo sarà il secolo del tramonto del capitalismo e della diffusione mondiale del modello cinese.Gli islamici hanno lo stesso sogno.Mi sembra che non ci sia troppa egemonia americana ma troppo poca.
vedrete che Francesco ci riuscirà ! un costruttore di ponti e distruttore di muri come lui , non volete che sappia come far saltare la muraglia cinese per costruire il ponte Roma-Pechino ? Con tutti i “liberi muratori” di cui dispone , sarà un gioco da ragazzi ….
Aurelio Porfiri ha scoperto l’antropologia culturale?
Mah….