FATIMA, DE MATTEI: LA PROFEZIA INCOMPIUTA. SEGRETO NON SVELATO. IL PERITO CALLIGRAFO CONFERMA: È LA MANO DI SUOR LUCIA.
8 Maggio 2017
Marco Tosatti
Sabato prossimo, 13 maggio, cadono i cento anni dalla prima delle Apparizioni della Madonna a Fatima. Nelle settimane passate ci siamo occupati varie volte di questo tema, sia in relazione al libro di José Maria Zavala “El secréto mejor guardado de Fatima”, che al nostro “Il segreto non svelato. A cento anni dal futuro della Chiesa”, sia riportando un’intervista del cardinale Joseph Zen Ze-kiun. Oggi vi offriamo una breve intervista del prof. Roberto de Mattei sul significato attuale e futuro di Fatima; e qualche brano di un’intervista di Begona Slocker, il perito calligrafo del Tribunale di Madrid che ha eseguito una perizia sulla presunta parte non svelata del Terzo Segreto attribuendola alla mano di suor Lucia Dos Santos, la terza dei veggenti della Cova de Iria.
Abbiamo trascritto qualche frase del prof. De Mattei:
“Il messaggio di Fatima è sicuramente l’evento più importante del XX secolo e 100 anni dopo mostra tutta la sua attualità. Fatima non sta alle nostre spalle, Fatima sta davanti a noi, è una profezia incompiuta, come lo stesso Benedetto XVI ebbe ad ammettere”.
“Ho la massima attenzione e devozione per questo messaggio che ci offre una chiave interpretativa per il nostro tempo. Il messaggio di Fatima come è noto è un tutto unico composto di tre parti. Una terrificante visione dell’Inferno alla quale pone rimedio la infinita misericordia di Dio espressa attraverso il Cuore Immacolato della Madonna. La seconda parte riguarda le nazioni è riassunta da quella frase secondo cui la Russia diffonderà nel mondo i suoi errori. A questa diffusione, che è il castigo per l’umanità impenitente la Madonna contrappone delle richieste fra cui la consacrazione della Russia al cuore immacolato di Maria fatta dal Papa e dai vescovi in unione con lui e la propagazione della devozione dei primi cinque sabati del mese, due richieste che non sono state ancora esaudite se non in minima parte”.
“E poi c’è la terza parte che è oggetto del libro di Tosatti a cui si riferiva. Non entro nella problematica del terzo segreto. Mi sembra che ciò che sappiamo è comunque impressionante, nella sua parte nota ci parla della persecuzione contro la Chiesa e le vittime sono precisamente identificate. Il macrocosmo della cristianità viene sottoposto a una terribile persecuzione. Le parole “penitenza, penitenza, penitenza” ci richiamano all’idea del peccato, all’esistenza del bene e del male. Colpiscono frontalmente il relativismo e l’edonismo dominante. Possiamo dire che il messaggio di Fatima è il messaggio per i nostri tempi”.
Begona Slocker è perita grafologa da venticinque anni. Suo padre, Luis Pérez Slocker, era grafologo e perito calligrafo dal 1954, alunno di Maite Ras, che introdusse in Spagna questa scienza. La Slocker si formò nella Società Spagnola di Grafologia, scienza di cui la perizia calligrafica è un ramo.
“Quando ho saputo che la perizia doveva essere pubblicata integralmente, ho avuto un momento di timore, perché ero cosciente che sarebbe stata esaminata con la lente di ingrandimento da periti di ogni genere, e ci sarebbe stato un giudizio professionale dei colleghi. Però sapevo che avendo lavorato con rigore, ci sarebbe stato poco da dire sugli argomenti che espongo nella perizia. I dati che offro sono corretti. Di fatto, ho ricevuto solo parole di felicitazione per la mia prudenza, basandomi solo su dati raffrontabili.
Così sicura? So solo che il mio lavoro è fatto con rigore, con tutte le conoscenze poste al servizio della perizia. Penso che sia impossibile scrivere identiche due lettere, perché abbiamo vita, movimento, ed è questo che da’ alla scrittura di una certa persona alcune differenze in una stessa lettera. Inoltre abbiamo segni personali che vengono dalla nostra parte non cosciente, e che è impossibile che un altro autore che non sia lo stesso li riproduca. La velocità è molto importante, perché è molto difficile da imitare, l’inclinazione, la coesione. Sono segni che un falsificatore non può mantenere in più di sei righe di seguito, perché la parte non cosciente tradisce e il movimento della mano obbedisce al cervello, non alle nostre intenzioni. E’ un caso chiaro, quello del documento che abbiamo studiato, in cui tutti questi fattori sono positivi, mai con differenze sufficienti per dubitare della sua autenticità”.
Il lavoro è stato compiuto con l’équipe abituale della Slocker, a cui appartiene anche Lorena Gilaranz, altro perito giudiziario, e poi è stato sottoposto a due dei periti grafologi più prestigiosi, che hanno dato il via libera; e in seguito la Slocker ha ottenuto la conferma della Società Spagnola di Grafologia.
Trovate l’integrale dell’intervista, in spagnolo, a questo LINK.
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Tag: de mattei, FATIMA, Francescani dell'Immacolata Papa, slocker, suor lucia, terzo segreto, zavala
Categoria: Generale
Per il Dottor Tosatti: ritorno a malincuore su questo presunto manoscritto. Io non sono grafologo e non ho studi del settore o di programmi per falsificare testi. La mia esperienza è fatta da anni di verifica delle firme di traenza sugli assegni per cui ho sviluppato un occhio clinico visto che è un errore avrebbe danneggiato il mio portafoglio. Avrai molti aneddoti in tal senso. Veniamo a Fatima. Chi ha scritto il terzo segreto non ha scritto l’altro manoscritto. Teniamo conto che sono distanziati da pochi giorni. Ecco solo alcuni dei motivi ma ce ne sono altri. Il numero 4: suor Lucia era bipolare? In una scrive il 4 a forma stile seggiola, anche io lo scrivo così, nell’altra lo scrive con la forma normale 4. La leggibilità: un testo è difficilmente leggibile, sembrano le lettere dal fronte di mio zio nel 1942 dalla Russia prima di essere tuttora disperso, il testo presunto è di facile lettura come se scritto da persona che ha studiato calligrafia. La lettera P: il maiuscolo della P ha due differenti versioni. E mi fermo qui. Poi ci sarebbe comunque un’altra grossa grossa questione da discutere: il testo dei primi due segreti è del 1941, il terzo è del 1944. Scritti dalla stessa persona a soli tre anni di distanza? Anche qui avrai molte osservazioni da fare. Se interessato ha la mia mail. Buona serata
@edoardo @Sabinoo @Kosmo
grazie per i vostri contributi molto interessanti, sopratutto l’aggiornamento sulla giurisprudenza italiana sulle prove grafologiche.
Direi che se riconosciamo al dr. Tosatti il diritto-dovere di cronaca anche sulle probabili bufale e se evitiamo di “mettere la pietra tombale”, rimanendo in linea di principio disponibili a riesaminare questo probabile pescione se e quando emergessero fatti nuovi, allora saremmo tutti concordi e potremmo passare ad altro argomento.
ma vorei rispondere ah voi tutti il vero segreto non e stato svelato dell tutto poi che ce una persona di mezzo e questa persona fa parte del terzo segreto della Madonna di Fatima
Edoardo ha messo la pietra tombale sulla questione con argomenti ineccepibili e del tutto esaurienti. A titolo di cronaca vorrei ricordare i pretesi diari di Mussolini fabbricati da due sorelle di cui non ricordo il nome che furono presi per autentici da noti grafologi. E non si trattava di copie fotostatiche (allora non esistevano le moderne copiatrici). Se non si ha l’originale, non si dovrebbe nemmeno iniziare un’indagine che voglia approdare, non dico alle verita’, ma almeno ad un’ipotesi dotata di qualche plausibilita’.
Ma niente affatto.
Ricordiamo allora che le foto del sequestrato dall’Anonima Calabrese Cesare Casella erano tutti gli esperti giudicate come “taroccate” e perciò l’ostaggio era da ritenersi morto, mentre invece erano vere.
Gentile Sig. Tosatti,
Mi sbaglierò ma a mio avviso è sbagliato continuare a dare importanza a questo “apocrifo” (come lo ha definito, giustamente, Socci alcune settimane fa); a seguire le spiegherò il perché. Iniziamo dalla perizia calligrafica. Lei, ancora una volta, si è soffermato sull’assoluta professionalità di chi l’ha fatta come se il problema fosse solo di natura professionale; ebbene, io non metto, assolutamente, in discussione la competenza e la serietà di chi ha svolto tale lavoro; non è questo il punto: una perizia calligrafica (o meglio, grafologica) di per sé non è mai una prova, men che meno se effettuata su di una fotografia anziché sull’originale cartaceo (con buona pace della Sig.ra Slocker). Non so come funzionino le cose nei tribunali spagnoli ma in un qualsiasi tribunale italiano una perizia di quel tipo non verrebbe neppure presa in esame. La invito, caro Tosatti, a leggere questo pronunciamento della Cassazione in merito alle perizie grafologiche:
http://www.overlex.com/stampa.asp?id=1904&txttabella=articoli
Il suddetto pronunciamento è sintetizzato, mirabilmente, da questa frase:
la verifica dell’irripetibilità di questo particolare aspetto, fondata sulla – pur pregevole – umana valutazione recata da una consulenza grafologica, inevitabilmente affidata ad elementi (svolazzi, pressioni, curve, lunghezze, altezze) allo stato non matematicamente ponderabili, assume, oggettivamente, un rilievo probatorio di ben limitata consistenza.
Dunque, almeno nei nostri tribunali, una qualsiasi perizia grafologica è presa sempre con le pinze e, come si evince dal pronunciamento della Cassazione, ha un rilievo probatorio di ben limitata consistenza. In realtà, come ebbe a scrivere il dottor Carlo Nocentini, nel suo libro “Il problema grafologico”, una perizia calligrafica, all’interno di un processo penale, non è mai una prova. Nel caso specifico, addirittura, la perizia è stata fatta non su un’originale (e neppure su una fotocopia) ma su una fotografia (per giunta a bassa risoluzione). La perita spagnola dice che se il falsario avesse usato Photoshop (o programmi simili tipo Gimp) se ne sarebbe accorta poiché quando ciascuna lettera è scritta sempre in modo identico è chiaro si tratti di un falso. La Slocker, però, non ha tenuto conto che un falsario degno di questo nome (pertanto non uno sprovveduto) potrebbe aver preso in considerazione il problema adottando le dovute “contromisure”. Photoshop non consente solo di “clonare” un’immagine (dunque anche una lettera) ma pure di modificarla. Inoltre, non esistono solo i programmi di foto ritocco; esistono, anche, algoritmi pensati appositamente per replicare, fedelmente, la scrittura umana (compresa quella di un determinato autore). Algoritmi che la Slocker mi pare non abbia minimamente preso in considerazione. La perita ha lavorato su quella fotografia come si fa su un originale cartaceo, con la differenza, però, che non lo è. Eppure la Slocker ha avuto, ugualmente, l’ardire di affermare che la lettera di quella fotografia sia stata scritta dalla mano di Suor Lucia. Questo, almeno per me, è l’ennesimo caso di come una scienza incerta (com’è la grafologia) venga, puntualmente, elevata al grado di scienza certa (manco fosse come la matematica, dove 2+2 fa sempre 4). E’ così anche con la filologia che è tutto tranne che una scienza certa; eppure molti, ai giorni nostri, evidentemente, la considerano tale visto che si ha l’ardire di affermare che Mosè non scrisse il Pentateuco, che il Testimonium Flavianum sia stato interpolato dai copisti cristiani, che il Libro della Sapienza fu scritto massimo un secolo prima di Cristo, che i Vangeli sinottici siano stati scritti non prima del 70 d.c., che le profezie di Daniele siano state scritte post-eventum e via discorrendo.
L’apocrifo in questione, però, è controverso non solo per quanto concerne il discorso calligrafico. Lo è, anche, soprattutto, in merito ai contenuti. Se davvero fu scritto da Suor Lucia, dovremmo credere che il Vaticano non sia più la sede di Pietro e che il papato sia vacante già da diversi anni; fra l’altro, neppure si capisce se e quando tale sede smetterà di essere vacante visto che nessuno, all’interno della Chiesa Cattolica, prende anche solo in considerazione l’ipotesi di spostarla dal Vaticano a Fatima. Dovremmo pensare, anche, che San Giovanni Paolo II non sia santo e, di riflesso, che Suor Marie Simon Pierre non guarì dal Parkinson per intercessione del Papa polacco. Il contenuto dell’apocrifo, fra l’altro, descrive una visione ben diversa da quella resa pubblica dalla Chiesa nel 2000. Quel testo, a differenza di quest’altro, è sicuramente originale e cartaceo. Ebbene, in esso si parla di una Papa sofferente che, pregando, sale in cima a un monte fino ai piedi di una croce dove, poi, è ucciso da martire. Nell’apocrifo, invece, si parla di una Papa lodato dal mondo intero e con gli occhi diabolici. A meno che non esista un’ulteriore parte del segreto a noi del tutto ignota, l’apocrifo non descrive il testo pubblicato nel 2000 dalla Chiesa. Neppure si può pensare che quel testo (quello del 2000) fosse falso poiché la signora Slocker e il suo staff hanno lavorato anche (e soprattutto) su di esso (in termini di comparazione) per poter fare una perizia calligrafica.
Anche la data non torna. Come giustamente fece notare Socci, non sarebbe dovuta essere quella. Il primo di aprile fa pensare, invece, al più classico degli scherzi fatti in tale giorno (detto, appunto, pesce d’aprile).
Questo caso a me ricorda, sotto certi aspetti, quello delle “teste di Modigliani” ritrovate, a Livorno, in un canale, nell’estate del 1984. Eminenti critici d’arte si affrettarono a considerare autentiche quelle sculture; poi, però, alcuni studenti ammisero di averle fatte loro e di averle buttate nel canale per fare uno scherzo. Ebbene, gli “eminenti” critici di cui sopra non vollero ammettere di aver preso una “cantonata” e pensarono che quei ragazzi non stessero dicendo la verità. Neppure una fotografia che li ritraeva con le sculture fu accettata come prova dello scherzo. Fu così che una sera, davanti ad una platea televisiva di circa 10 milioni di telespettatori, su RAI 1, quei ragazzi realizzarono, in diretta, e in una sola ora, una copia delle sculture in questione. Ciò che destò più impressione fu il fatto che i 3 non usare i classici “ferri del mestiere” di uno scultore (come, ad esempio, lo scalpello) ma un “volgarissimo” (e allo stesso tempo efficiente) trapano Black & Decker. Qualcuno di quei critici fu preso da malore e fu necessario il ricovero in ospedale. Mentre un po’ tutti, a quel punto, ammisero che quelle statue non fossero originali, Vera Durbè si ostinò, tutta la vita, a pensare che fossero davvero di Modigliani.
Mi pare che il caso di quell’apocrifo, attribuito a Suor Lucia, sia molto simile a quello della cosiddetta “beffa di Modì”. L’unica differenza è che qui i falsari non si sono fatti avanti.
Ecco che ritorna la “sindrome del complottista pasticcione”.
Uno fa una così grossa e raffinata impresa, e poi va a scrivere “Juan Pablo II”… Cos’è, nella banda dei taroccatori non c’era nessuno che sapeva come si scriveva Giovanni Paolo II in portoghese (però tutto il resto l’ha scritto in portogese, il traduttore si sarà stancato?)?
E poi, come beffa, l’ha datata al 1 Aprile, come se volesse essere scoperto…
@Kosmo
😉 infatti l’ipotesi tutto sommato più credibile è appunto quello di una bella presa per i fondelli, costruita dedicandoci un po’ di tempo e con una buona tecnica per ricreare una grafia plausibile (nella immagine digitale).
C’è un dettaglio nella lettera che non fa senso: Tutta la lettera è scritta in portoghese, ma il nome di Giovanni Paolo II è scritto in spagnolo, “Juan Pablo”, mentre in portoghese il nome si dice e scrive “João Paulo”. Come spiegare questa incongruenza??
È un falso fatto con photoshop, ecco spiegata l’incongruenza.
AH, perchè secondo lei negli scritti di una suora quasi centenaria non si è potuto trovare un “Giovanni Paolo II” scritto in portoghese?
Questa lettera (se fosse autentica, ovviamente) spiegherebbe anche tutti i dubbi di Giovanni XXIII e successori, perchè nella lettera pubblicata nel 2000, di “espressioni astruse” e “inflessioni dialettali” non se ne trovano, e anche i “dubbi” (se così vogliamo chiamarli) se questa parte fosse stata dettata dalla Madonna o sia una interpretazione di Suor Lucia.
Gentile Kosmo,
La lettera è datata 1° aprile 1944, dunque, se autentica, Suor Lucia, all’epoca, aveva solo 37 anni (altro che quasi centenaria). Suor Lucia dos Santos, per la cronaca, nacque nel 1907. Se la matematica non è un’opinione, nel 1944 aveva meno di 40 anni; l’obiezione sollevata da JM, pertanto, non è infondata.
gentile edoardo,
e mica nel 1944 c’era Photoshop!
Non capisco la sua obiezione.
Ovviamente, se la lettera è un falso, deve essere stata costruita ai giorni nostri, pertanto non capisco (ignoranza mia) il riferimento al 1944.
Gentile Kosmo,
Lei ha scritto: “perchè secondo lei negli scritti di una suora quasi centenaria non si è potuto trovare un “Giovanni Paolo II” scritto in portoghese?”
Io ho interpretato la sua frase così (mi corregga se ho sbagliato): “una suora quasi centenaria (come Suor Lucia negl’ultimi anni della sua vita), vista l’età, può aver sbagliato a scrivere un nome da una lingua all’altra (lei era portoghese ma visse tanti anni in un convento spagnolo)”.
Se ho interpretato male, Le chiedo scusa. Rimane comunque strano il fatto che abbia scritto tutto in spagnolo tranne il nome del Papa in portoghese. Ancor più strano è il fatto che Giovanni Paolo II, dopo averlo letto, se ne sia rimasto con le mani in mano. Se la lettera è autentica, il Papa non può aver pensato che Suor Lucia aggiunse di suo poiché nel 1944 nessuno, a questo mondo, poteva prevedere che, da lì a poco più di 30 anni, ci sarebbe stato un pontefice con quel nome (fra l’altro “secondo”, un Giovanni Paolo I, infatti, non c’era ancora stato).
NO, la sua interpretazione è sbagliata (ne convengo che capire o iterpretare il pensiero di una persona da un commento su internet può essere difficoltoso).
Il senso era “Suor Lucia ha scritto tanto, e, per aver vissuto anche sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, non può essere che non abbia MAI scritto il nome di quel papa nella sua lingua madre”, soprattutot alla luce del fatto che GPII ha interpretato come riferito a sè stesso il significato del “Terzo Segreto”.
@JM
C’è più di un dettaglio che “non ha senso”: se ne era già discusso quanto questa immagine è risaltata fuori.
E’ una bufala pesce d’Aprile.
Fu però prodotta con abilità tecnica: la perizia grafologica, per quel poco che può valere fatta su un’immagine digitale e in più a bassa risoluzione, può essere corretta, nel senso di individuare somiglianza fra la calligrafia della bufala e documenti da cui il falsario ha copiato.
In casi come questi, di immagine digitale, l’analisi della plausibilità di contenuto e forma del documento mi sembra chiaro che abbia la prevalenza (per una stima di autenticità) sulla analisi della apparente grafia (apparente perché ciò che appare scritto a mano potrebbe essere stato tutto creato digitalmente).
Se fosse un “copia&incolla” allora sarebbe possibile risalire alla sorgente da cui proviene ogni singolo pezzo copiato.
VIsto che il Vaticano ha accesso a tutti gli scritti di Suor Lucia, in quattro e quattr’otto potrebbe venire smentita.
OT: per l’ennesima volta, lì su costanzamiriano.com è stato svelato l’ennesimo account fake di Vincent Vega, alias Marco (qui), alias Teofilo, e mille altri alias…
Pensare che un falso di quel tipo possa essere stato fatto solo tramite “copia/incolla” è, senza offesa, una banalità di chi conosce poco l’informatica. Esistono programmi ben più sofisticati di photoshop. Comunque, anche coi programmi di foto ritocco è possibile allargare, disorcere e modifica un’immagine (lettere comprese) in mille modi. Dunque non è affatto vero ciò che ha scritto lei (che il falso sia documentabile in quattro e quattr’otto). Il falso fatto da un principiante è un conto, quello fatto da uno “bravo” è un altro conto. Comunque la invito a leggere ciò che ho scritto in un altro post, soprattutto la parte relativa alla cosiddetta “beffa di Modigliani”. La saluto
ah me ne cita qualcuno, per favore, id questi formidabili programmi sofisticati?
Se le parti fossero state, come dice lei, allargate, distorte in mille modi, la perita non avrebbe riconosciuto come appartenenti a Suor Lucia la calligrafia in questione.
E se fosse possibile una cosa del genere, mi spiega come mai ancora non siamo stati inondati di assegni con firme false (due parole da modificare sono infinitamente più facili di una intera pagina da mantenere coerentemente)?
L’affare di Modì lo conosco.
Questo non vuol dire che qualunque cosa sia falsa. Non trova?
P.S.: il mercato dei cimeli autografati sportivi/cinematografici è di miliardi di dollari.
Ci pensi.
my text in your handwriting
http://www.lastampa.it/2016/09/30/multimedia/tecnologia/cos-il-computer-imita-la-scrittura-umana-MvZZGKwnO01z9A72var66M/pagina.html
Imita alla perfezione lo stile di una qualsiasi mano.
Sulla questione degli assegni: Il programma è in grado di imitare lo stile di qualcuno solo dopo aver inserito nel suo database una sufficiente quantità di scritti a mano di una tal persona. Né questo, né altri programmi potranno imitare la firma di qualcuno là dove nel software non vengano inserite, prima, sufficienti cose scritte dal qualcuno in questione. Il falsario degl’assegni, pertanto, prima dovrà procurarsi tale materiale e poi potrà falsificare la sua firma. Detto ciò, per spacciare assegni falsi, a nome di altre persone, la firma è l’ultimo dei problemi. Per quella, davvero, basta Photoshop. Falsificare la firma serve a poco poiché serve anche un blocchetto degli assegni relativo a un conto corrente intestato a qualcuno. Le faccio un esempio: lei apre un conto e le danno il libretto degli assegni. Può anche firmare a nome mio ma quando l’assegno risulterà scoperto verranno a beccare innanzitutto lei e non me (poiché l’importo dell’assegno viene detratto dal conto del vero proprietario del blocchetto e non dal nome della firma). Se poi uno,dopo aver messo in giro assegni a “vuoto”, si dà alla latitanza, non c’è bisogno di firmare a nome di qualcun altro. Analogo discorso se il conto è intestato a un presta-nome. Ecco spiegato il perché non veniamo inondati da assegni falsi.
Anche se “my text in your handwriting” è un programma del 2016, nulla vieta di pensare che qualcosa di analogo, soprattutto sul mercato nero, esistesse già da qualche anno.
Per quanto concerne i cimeli firmati, vale, innanzitutto, il discorso iniziale: il software, per replicare una firma, deve prima “imparare” a farlo alla maniera sopra indicata. Se si è già in possesso della firma o di un qualche testo di una tale persona famosa, non serve “my text in your handwriting” ma basta Photoshop. Aldilà di ciò, il discorso, coi cimeli, è molto più complicato. Su un oggetto è possibile “serigrafare” una scritta (firma compresa) ma si vede che è non è fatta “a penna” ma “a macchina” (sebbene la calligrafia sia esatta); di conseguenza, solo un ingenuo potrebbe cascarci (stesso discorso con gli assegni). Affinché la scritta sia “a penna” (cioè scritta da mano d’uomo) serve la mano di un falsario.
Tornando all’apocrifo di Fatima, noi non abbiamo un foglio scritto senz’altro a mano (inteso con la penna) ma la foto di un foglio che potrebbe essere stato benissimo stampato con una qualsiasi stampante (dopo aver replicato la calligrafia al computer).
Chiedo scusa per il ritardo ma ieri ho avuto continui problemi di connessione.
Il fatto che vengano pubblicizzati “programmi che imitano perfettamente la calligrafia” non vuol dire nulla.
Un po’ come i “programmi intelligenti” che poi, quando li usi, ti accorgi di tutti i loro limiti.
Bisognerebbe sottoporre i risultati ad un team di grafologi esperti, magari in doppio cieco, per vedere come vengono giudicati.
Un po’ come i Diari di Mussolini o di Howard Hughes, chi vuole *VENDERLI* ha tutto l’interesse di pubblicizzare le recensioni POSITIVE del suo prodotto. E’ quello che succede in TUTTE le attività umane. Se chiedete a 10 medici di un disturbo di cui soffrite, avrete per lo meno 2 o 3 risposte diverse.
Magari lo hanno ideato proprio quelli che “riconoscevano” la voce di Bin Laden a caso, e poi era da tutt’altra parte.
Quanto al fatto che al programma occorra una grande quantità di scritti precedenti per “digerire” la calligrafia di una persona (come è ovvio), questo depone A SFAVORE della sua tesi. Allora non si tratta di un burlone qualsiasi con un vecchio Pentium che data APPOSTA la lettera al 1 aprile per prendersi gioco dei “complottisti cattolici”, sia perchè non avrebbe accesso a tutti gli scritti originali di Suor Lucia, sia perchè non ci perderebbe tanto tempo per una burla.
E poi, visto che questo programma imiterebbe la calligrafia alla perfezione, perchè fargli scrivere “Juan Pablo II” e non la versione in portoghese? Ci voleva tanto?
Quanto ai cimeli sportivi e cinematografici, neppure in questo caso la tesi regge, visto che quelli più ambìti sono quelli del primo novecento e a quell’epoca si scrivevano un sacco di lettere, per cui c’è materiale in abbondanza per far apprendere al programma la calligrafia della star da imitare.
Stesso discorso per gli assegni, uno in vita sua firma un sacco di cose, è abbastanza facile trovarle.
Infine, se questa tecnologia è disponibile ai giorni nostri, questo vuol dire che ALMENO 10 anni fa era disponibile per militari e servizi segreti. Si immagini quello che avrebbero potuto combinare (rovinare la reputazione di un candidato sgradito, confezionare un falso ordine ai militari di un paese nemico, ecc…).
Qui nessuno afferma senza ombra di dubbio che sia autentica, io SPERO VIVAMENTE che sia FALSA, per le cose TERRIBILI che dice.
E ovviamente, una perizia calligrafica del genere NON BASTA ad autenticarla (nè la perizia dice questo, peraltro).
Occorre vedere la pressione della penna, l’inchiostro, la carta ecc… Ma in mancanza dell’orgiginale che si fa?
Un po’ come dire che tutte le ipotesi sulla formazione dell’immagine sulla Sindone sono false perchè non possiamo esaminare l’originale.
@Kosmo
certo, mi sembra che siano tutti concordi che non sia un banale “copia&incolla”
Riguardo all’ OT: 😀 😀
Non ho esperienza di questo utente camaleontico ma se anche in altri siti opera come qui come @Marco, dai lasciatelo fare.
Una volta capito con chi si ha a che fare, chi non è interessato alla riproposizione di cose note lo salta e basta.
Non so che dire; l’avevo letto alcune settimane orsono, pubblicato proprio da tosatti e mi sembrava ci fossero dei punti discutibili. Ma potrebbero essere trascrizioni errate di una veggente. Spero non sia la parte mancante, per noi italiani che siamo sede del papato, e pure per bergoglio.