PRETI SPOSATI. NE PARLIAMO IN SETTIMANA A ROMA CON IL PAPA, DICE UN VESCOVO IRLANDESE.

16 Gennaio 2017 Pubblicato da

Marco Tosatti

La conferenza episcopale irlandese, in visita ad limina questa settimana a Roma, non chiederà ufficialmente al Pontefice di considerare l’idea di permettere che i preti che si sono sposati tornino ad esercitare il ministero. Ma comunque, secondo il vescovo Leo O’Reilly, che ha posto il problema sul tavolo della discussione, è sicuro che il soggetto emergerà nel corso dei colloqui che i vescovi irlandesi avranno con il Papa e con i responsabili dei dicasteri della Curia Romana.

Che notizia è? Potrebbe chiedersi chi mi legge. Si scrive che i vescovi NON faranno una cosa, come se fosse pacifico che avrebbero dovuto o potuto farla. E mentre si sa che i sacerdoti di rito latino non sono sposati.

Ma la notizia è interessante, perché, in sintonia con altri segnali, e informazioni discrete, fa capire che nel gruppo di potere vicino al Pontefice l’argomento è in agenda, insieme, probabilmente a una qualche forma di diaconato femminile e soprattutto all’intercomunione con i protestanti luterani.

Già il fatto che una conferenza episcopale, alla vigilia della visita ad limina ne abbia discusso apertamente, pur senza raggiungere un consenso che permetta una posizione comune, è interessante. Ed è interessante vedere perché questo è accaduto. Nell’articolo che riporta la notizia si fa esplicitamente riferimento a “voci secondo cui il Papa vuole permettere ai preti sposati di tornare al ministero in Brasile su base sperimentale”.

Anche se la discussione all’interno della conferenza episcopale irlandese non ha portato a nessuna conclusione, né nel 2015, quando il tema è stato affrontato la prima volta, né in tempi recenti, i segnali si moltiplicano.

Ed è soprattutto la qualità di chi ne parla che rende interessante la pressione. Per i vescovi tedeschi, o almeno per molti di loro, il celibato non dovrebbe essere obbligatorio per i sacerdoti di rito latino. Già nel 2008 l’allora neo presidente della Conferenza episcopale tedesca, Robert Zollitsch, parlava contro “il divieto di riflettere” sul tema del celibato ecclesiastico, affermando fra l’altro che il collegamento tra il sacerdozio e il celibato “non è teologicamente necessario”. Ora, è noto quale sia il rapporto che lega la Chiesa tedesca al Pontefice, e di conseguenza il loro peso nell’agenda papalina.

Ma c’è di più. Il tema del celibato, del ritorno dei preti sposati e della creazione di una forma di sacerdoti particolari, i “viri probati”, cioè laici maturi anche sposati a cui verrebbe dato il potere di amministrare i sacramenti, è da anni la battaglia personale del cardinale brasiliano Claudio Hummes, una delle menti che hanno messo in moto l’elezione di Bergoglio nel 2013, e una delle persone che appaiono nella fotografia della prima apparizione del nuovo papa alla Loggia di San Pietro.

Nel 2006, partendo per Roma, per assumere l’incarico di Prefetto della Congregazione del Clero, Hummes fece notizia “aprendo” all’idea dei preti sposati. “Partendo dalla considerazione che i celibi fanno parte della storia e della cultura cattolica – affermò il cardinale – la Chiesa può riflettere sopra questo tema, poiché il celibato non è un dogma ma una forma disciplinare”. Hummes ricordò che alcuni apostoli erano sposati (anche se lasciarono la famiglia, divenendo apostoli) e la proibizione del matrimonio è giunta alcuni secoli dopo l’istituzione del sacerdozio. Hummes aggiunse che la Chiesa non è una istituzione immobile ma che sa cambiare quando questo è necessario. Considerato che quella intorno al celibato non è una decisione facile che può essere presa in modo repentino, “la Chiesa dovrà in primo luogo discuterne e ridiscuterne”. Era papa Benedetto XVI; e allora alcune cautele, verbali, parvero necessarie. Ora forse meno. Da allora Hummes ha continuato a spingere perché almeno in Amazzonia, dove il rapporto fedeli-sacerdoti-distanze è drammatico, vengano concessi in via sperimentale i viri probati. E consigliando a sacerdoti e vescovi di scrivere al Papa su questo tema, in modo da creare una domanda a cui sia necessario rispondere.

Anche un altro brasiliano che appare in termini di familiarità con il Pontefice, l’ex sacerdote francescano Leonardo Boff ha toccato apertamente l’argomento, in un’intervista, in cui accennava alla possibilità di “sorprese” da parte del Pontefice in questo campo e in quello del diaconato alle donne.

Ecco perché, in questo quadro, la non-notizia dei vescovi irlandesi appare piena di significato. Anche se forse il perdurare dello stallo, e dell’oggettiva confusione, legato all’Amoris Laetitia può rallentare il processo. Aprire un altro fronte di sicuro vivacissimo confronto può sembrare eccessivo per la stabilità della barca di Pietro al Pontefice regnante.

Condividi i miei articoli:

Libri Marco Tosatti

Tag: , , , , , , , , , ,

Categoria:

120 commenti

  • Francesco ha detto:

    Il Celibato dei Presbiteri, non è uno “Ius Divinum” ma solamente uno “Ius Ecclesiam”, quindi, non c’è nulla che possa proibire al sacerdote di sposarsi, ovviamente questa solo ed esclusivamente in via teorica, perché se è vero che il sacerdote possa sposarsi è anche vero che per opportunità del suo ministero è meglio che rimanga celibe, poggiare il piede su due staffe si rischia molto facilmente di cadere, sicché farebbe male una cosa ed ancor peggio l’altra.
    Allora, per principio posso essere d’accordo per opportunità sono contrario, tirando la somma, che rimanga il celibato.

  • Non Metuens Verbum ha detto:

    “creare una domanda a cui sia necessario rispondere.” ma come si permettono costoro ? Ancora DUBIA ??? ah , ma questi altri sono politicamente corretti !

  • Sergio 1 ha detto:

    Marco, leggiti questo se hai il coraggio, bene e tutto, è l’analisi di un Padre Domenicano. Così forse ti si chiariscono le idee.
    Buona lettura.
    https://unacasasullaroccia.wordpress.com/2016/05/13/64612/#more-64612

  • Sergio 1 ha detto:

    Marco, riesce a fare copia incolla anche per spiegare che i dubia sbagliano? Sviscerando le tematiche a favore e glissando su quelle scomode?
    Poi invii il copia incolla a Caffarra!

  • Marco ha detto:

    Vorrei fare un sunto della questione parlando del matrimonio come inteso dalla Chiesa Ortodossa e confrontarlo con ciò che sta facendo Papa Francesco.

    Partiamo dal principio: nella Chiesa Ortodossa l’indissolubilità matrimoniale è ASSOLUTA. Se il matrimonio è icona dell’incarnazione non può essere temporaneo: come la consacrazione verginale nel monachesimo – per la quale nell’Ortodossia non si ammettono dispense –, esso si proietta nell’eternità. La grazia di un sacramento – come è risaputo per il battesimo e per la cresima – non si può togliere.

    La Chiesa Ortodossa concede le seconde nozze per un unico motivo (e non altri): la benevolenza verso l’uomo, che ha una natura ferita dal peccato ed è, quindi, defettibile e peccatore, e spesso incapace della fedeltà propria di Dio.

    La Chiesa infatti si trovò subito di fronte al fatto che la legislazione civile consentiva non solo le seconde nozze ai vedovi, ma contemplava anche lo scioglimento del vincolo nuziale e la possibilità di un ulteriore matrimonio.

    Per risolvere questo grave problema pastorale- che non fu solo della Chiesa antica, ma si è addirittura acutizzato oggi con la secolarizzazione della società e l’affermazione della laicità dello Stato – la Chiesa orientale ha elaborato il concetto di “economia” o “Oikonomia”.

    Anche l’economia ecclesiastica ha un fondamento teologico. Il termine, nel linguaggio teologico, designa propriamente l’iniziativa salvifica di Dio, il criterio di fondo della storia della salvezza. Esprime pertanto l’agire di Dio in relazione al mondo, al Suo manifestarsi ed al Suo operare in esso (mentre la teologia è il discorso su Dio in se stesso, nella Sua vita intima, nelle relazioni, ad esempio, fra le tre Persone divine). Ancora una volta, dal concetto di economia teologica discende la sua applicazione all’ambito canonico-disciplinare, in una correlazione così stretta che soltanto alla luce della prima la seconda diventa pienamente comprensibile e pertanto giustificabile. Che cos’è allora l’oikonomia?

    Tecnicamente l’oikonomia/economia ecclesiastica è la possibilità di concedere deroghe, in forma temporanea o permanente, da una prescrizione normativa, senza per questo inficiare in alcun modo la validità della prescrizione stessa.

    Tale procedimento, con il quale si mitiga la durezza di una legge nel momento stesso in cui se ne ribadisce la validità, si giustifica solo con il fine superiore di agevolare il conseguimento della salvezza eterna, laddove la legge, applicata in tutto il suo rigore, potrebbe ostacolarlo. Soltanto la Chiesa, che attualizza nel tempo e nella storia l’opera salvifica del Cristo, può derogare dalla lettera della legge. Agendo in tal modo infatti essa non fa che imitare l’infinita misericordia divina, che vuole che «tutti gli uomini siano salvati» (I Tim. 2, 4) e si ritiene perciò autorizzata a concedere deroghe persino alle prescrizioni risalenti al Cristo stesso, talvolta risultando in apparenza più condiscendente del suo stesso Signore.

    L’economia canonica infatti altro non è che la prosecuzione, nell’esperienza storica della Chiesa, dell’economia teologica. In modo più concettuale potrebbe essere definita la “pastorale della misericordia”, che riesce ad addolcire le durezze della legge, senza in alcun modo comprometterne la validità. Essa è espressione dell’«interesse della Chiesa per l’uomo», secondo le parole dello storico e teologo russo-americano John Meyendorff.

    In nessun caso nella Chiesa Ortodossa il matrimonio valido può essere annullato.

    Come neanche nella Chiesa Cattolica, dove si riconosce al massimo la nullità fin dal principio, ovvero che il matrimonio non è mai stato.

    Semplicemente la Chiesa Ortodossa, sulla scia di quanto fatto dalla Chiesa nel primo millennio, prima dello scisma (vedere L’eucologio Barberini, dove troviamo che nella Calabria dell’VIII secolo c’è il rito delle seconde nozze; e siamo ben prima dello scisma) ha sempre usato clemenza pastorale verso queste persone, per agevolare la loro salvezza, prima della riforma gregoriana e del Concilio di Trento, dove ci si è irrigiditi mettendo la lettera della Legge sopra a tutto.

    La Chiesa Cattolica può concedere le seconde nozze con oikonomia? No, motivi dogmatici risalenti a Trento lo impediscono.

    Ma può applicare l’epicheia verso queste persone, che non significa ammettere che la loro situazione sia lecita, ma riconoscere quando, pur essendo in situazione oggettiva di peccato, tali persone non portino su di se colpa mortale e che quindi il loro peccato sia solo veniale.

    Il peccato veniale infatti:

    1) non necessita del fermo proposito di non peccare più per essere assolto (a differenza del peccato mortale);

    2) viene addirittura cancellato dall’assunzione dell’Eucaristia, poichè Cristo è il celeste medico che sana l’anima.

    Perciò non trovo nulla di male nel fatto che la Chiesa Cattolica voglia aiutare queste persone a raggiungere la salvezza, senza imporre loro sempre e comunque dei pesi insopportabili, dove la Legge sarebbe di ostacolo alla salvezza.

    Non possiamo legittimare le seconde nozze ma riconoscere dove il peccato sia solo materiale e non formale (mortale) questo si, può essere fatto.

    Ed è triste vedere come molti cattolici, imitando perfettamente il fratello maggiore e gli operai della vigna, siano così rattristati dal fatto che venga mostrata misericordia a chi vive in situazioni materialmente irrecuperabili.

    Passo e chiudo.

    • PetrusLXXVII ha detto:

      L’accostamento che fa col Vangelo la dice lunga su come lo fraintende o peggio, su come lo strumentalizza.. Riesce infatti a identificare coloro che non vedono in alcun modo compatibilità tra l’adulterio e l’Eucarestia ai personaggi delle parabole. Ma il paragone è fondato? Il figlio prodigo non viene forse accolto dal Padre misericordioso solo in seguito al suo ravvedimento? “Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te”, mi pare che dica e non mi pare che sia proprio l’atteggiamento dell’adultero more uxorio. Quindi è fuori luogo il paragone col fratello maggiore che estende a noi altri, ed è improprio anche paragonarci ai vignaioli invidiosi degli ultimi arrivati.. giacché si da il caso che quelli dell’ultim’ora nella parabola abbiano quanto meno svolto il loro dovere.. lo stesso non si può dire con i conviventi more uxorio. Capisce?

      • Marco ha detto:

        Petrus, il fatto che queste persone si trovino in situazioni ormai materialmente irrecuperabili senza contrarre una nuova colpa non implica che per loro non possa esserci misericordia, come invece vorreste voi.

        Anche perché una persona che vive in contraddizione con un comandamento può essere una splendida persona sotto tutti gli altri aspetti.

        E comunque qui per l’appunto non si tratta di legittimare le seconde nozze ma al massimo di riconoscere quando queste persone non siano pienamente colpevoli.

        La Chiesa dice che è possibile che queste persone non siano pienamente colpevoli, e non siano in peccato mortale, lei dice di no (condannando milioni di cattolici alla dannazione), che dire, mi lasci almeno concordare con la Chiesa e discordare da lei.

        A lei dico solo una cosa: l’accusatore dei cristiani è il demonio. E di accusatori, in questi tre anni, ne ho visti tanti. A chiedere che nessuna misericordia venisse mostrata a queste persone, che nessuna scialuppa per la salvezza venisse loro allungata.

        Chi accusa i propri fratelli si comporta come il demonio.

        Al contrario il cattolico dovrebbe essere come Cristo, che è il nostro avvocato presso il Padre.

        Voi vi fate accusatori dei vostri fratelli, verrà il momento nel quale verrete giudicati secondo lo stesso metro.

        E badi Petrus, non lo dico io, ma la Scrittura.

        “Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia ”

        “Con la misura con la quale giudicate sarete giudicati”.

        Il cattolico che si comporta da demonio, accusando i propri fratelli e inalberandosi che la Chiesa mostri a loro Misericordia, ha ben poco a che fare con Cristo, e ancora meno ha capito del Vangelo.

        • PetrusLXXVII ha detto:

          Lei confonde l’abuso del Sacramento dell’Eucarestia con il dispensare misericordia e per contro attribuisce mancanza di misericordia a chi non è disposto ad accettare tale abuso. Guardi, nessuno nega che queste persone in difficoltà possano incontrare la misericordia del Padre anche prima di noi (in virtù dell’imperscrutabile foro interno) e nessun cattolico potrebbe definirsi tale se fosse chiuso all’uso della misericordia nei confronti di queste persone. Semplicemente usare misericordia non equivale a liberalizzare l’Eucarestia. E’ questo che lei non capisce!

          • Marco ha detto:

            No, è lei che non capisce che liberalizzare l’Eucaristia non centra niente e che io sarei io primo ad oppormi se si fosse proposto il sacrilegio.

            Quello di cui si tratta in Al non è affatto una”liberalizzazione dell’Eucaristia”, ma un discernimento da parte del Confessore che, a differenza di prima, può per l’appunto discernere dove non vi sia peccato mortale a causa di fattori attenuanti (quando ci sono!), ASSOLVERE e SOLO DOPO ammettere queste persone all’Eucaristia.

            Pensare che la Chiesa possa promuovere il Sacrilegio è inaudito.

            Ma non c’è alcun Sacrilegio se un sacerdote valuta che un risposato non porti piena colpevolezza e che quindi lo assolva anche senza che le condizioni di FC84 siano adempiute.

            Non c’è proprio alcuna liberalizzazione dell’Eucaristia. Semplicemente queste persone vengono trattate come gli altri peccatori, nè più nè meno.

          • Marco ha detto:

            Dico di più: se davvero fosse stata liberalizzata l’Eucaristia SAREI STATO IO IL PRIMO AD OPPORMI AD UN TALE SACRILEGIO, sia per il bene delle anime (che sarebbero indotte a mangiare la propria condanna) sia per rispetto verso Nostro Signore, realmente presente nell’Eucaristia in corpo, sangue, anima e divinità.

            Mai e poi mai avrei accettato un abominio simile.

            Ma che la Chiesa (ripeto: la Chiesa!) possa proporre il Sacrilegio è assolutamente impossibile, e infatti non è avvenuto.

            Ripeto che assolvere un risposato senza pretendere che ottemperi alle condizioni di FC84, se il sacerdote valuta che ha delle attenuanti che ne diminuiscono la colpevolezza, non è sacrilegio poichè:

            1) ammette il penitente all’Eucaristia solo dopo il “lavacro” della Confessione;

            2) in virtù dell’Ecclesia supplet, anche qualora il prete sbagliasse ad assolvere, se il penitente è stato sincero e non ha mentito (condizione ovvia per l’assoluzione, perché se uno strappa l’assoluzione mentendo commette sacrilegio) e ha completato la penitenza, la sua assoluzione è valida, non è più in peccato mortale e assumendo il Santissimo Sacramento non commette sacrilegio.

            La preoccupazione di sacrilegi verso l’Eucaristia è lodevolissima, ma in Al mai e poi mai si invita al Sacrilegio, né si invita al Sacrilegio nella lettera ai vesovi argentini, nelle linee guida del Cardinale Vallini, nelle linee dei Vescovi Maltesi eccetera eccetera.

            Semmai ciò che potrebbe accadere in alcuni casi è che un confessore assolva chi non potrebbe (non avendo attenuanti che ne sgravino la colpevolezza) essere assolto a meno che non ottemperi le condizioni di FC84, ma in questo caso vale quanto detto sopra, ecclesia supplet ovvero il penitente è realmente assolto e non commette peccato accostandosi all’Eucaristia.

            Perciò ripeto: se la preoccupazione è quella di sacrilegi in se è lodevole come preoccupazione, ma non motivata alla luce di Al.

            Chiedo scusa sul paragone col demonio, evidentemente sono stato troppo duro.

      • Marco ha detto:

        E voi accusare i vostri fratelli della cosa peggiore, ovvero di peccato mortale.

        Negando aprioristicamente che ci possano essere attenuanti che sgravino la loro coscienza.

        Questo, lo ripeto, non è un comportamento ad imitazione di Cristo, il nostro Avvocato presso il Padre, ma ad imitazione del demonio.

        È il demonio che accusa, che cerca di mostrare colpe anche dove non ci sono, che non sa mostrare Misericordia.

        Chi dice di essere discepolo di Cristo e si comporta, nei fatti, da discepolo del demonio, rinnega Cristo e lo crocifigge un’altra volta.

        “Quindi è fuori luogo il paragone col fratello maggiore che estende a noi altri, ed è improprio anche paragonarci ai vignaioli invidiosi degli ultimi arrivati”

        Non è affatto fuori luogo. Anzi.

        Poichè voi fate anche di peggio, ovvero assumete che tutte quelle persone siano in stato di peccato mortale e che, quindi, non sia possibile nessun discernimento nei loro confronti.

        In pratica voi stabilite che quelle persone siano dei dannati ambulanti, delle persone per le quali non ci può essere alcuna misericordia.

        Questo è molto peggio dell’invidia dei vignaioli o del fratello maggiore: è un comportamento ad imitazione del demonio.

        Come ho scritto è il demonio che accusa (l’Apocalisse lo chiama l’accusatore e lo stesso viene detto nel libro di Giobbe) e un cristiano che accusa i suoi fratelli di essere morti alla Grazia, arrogandosi un diritto che spetta soltanto al Confessore, che solo può fare discernimento (se il penitente si apre con lui e dice la verità) non si comporta da discepolo di Cristo.

        Il discepolo di Cristo, come Cristo, dovrebbe essere innanzitutto un avvocato per i propri fratelli, dovrebbe sempre cercare il bene in loro, e mai presumere che siano in peccato mortale, addirittura negando persino il discernimento.

        Chi si comporta così, sebbene a parole dica di essere discepolo di Cristo, nei FATTI è discepolo del demonio inconsapevolmente.

        È vero, sono parole dure queste, ma perché non dovrei usarle con persone come voi, che da anni chiedete l’apartheid per i vostri fratelli in difficoltà?

        Semplicemente venite ripagati con la stessa moneta. Che poi io ho semplicemente detto la verità (ovvero che essere accusatori dei prori fratelli è degno del demonio) mentre la vostra assunzione, che ciòe tutte le famiglie in difficoltà siano composte da dannati sicuramente in peccato mortale, oltre che essere crudele e demoniaca è falsa e menzognera (come può confermare anche Don Ezio; che è un confessore) perciò non potete proprio rimproverarmi nulla.

    • Ipo ha detto:

      E così, in nome della misericordia e pur affermando che l’indissolubilità del matrimonio è assoluta, nei fatti si benedice l’adulterio ed in pratica si insegna che ci si può sposare più volte pur essendo il precedente coniuge vivente.

      Alti principi, a parole, ma poi nei fatti si agisce come se i principi non esistessero. Non è un caso se nei paesi di tradizione saldamente Ortodossa si affermi, a livello popolare, che il divorzio è permesso dalla Chiesa e lo si pratichi più o meno come da noi in ambito civile, anche per motivi futili (un caso visto personalmente: moglie che fa la badante in Italia che divorzia dal marito rimasto nella terra natia, adducendo la separazione di fatto, per sposare il benestante anziano assistito; nuovo matrimonio benedetto ovviamente in chiesa).

      Perché, malgrado il gran parlare di pastorale, si dimentica che con tanta misericordia a buon mercato applicata invocando sempre il caso limite, a lungo andare si creerà il costume e l’idea che il sacramento del matrimonio sia tale e quale al matrimonio civile. E questo sarà causa di ulteriore leggerezza nello sposarsi ed un numero ancor maggiore di divorzi.

      Ecco perché nel Vangelo si tiene fermo l’ideale più alto definendo la rottura dell’unità matrimoniale per un nuovo “matrimonio” con una semplice parola: adulterio. Punto. (Mc 10,11-12 ; Lc 16,18)

      E sul fatto che Nostro Signore sia il Misericordioso per eccellenza spero non ci siano dubbi.

      • Marco ha detto:

        Il fatto che il nuovo matrimonio sia adulterio non cambia il fatto che l’adulterio è un peccato grave come gli altri e che, come gli altri, necessiti di condizioni soggettive (piena avvertenza e deliberato consenso) per essere mortale per l’anima, senza di esse è solo veniale (non lo dico io, lo dice il Catechismo al paragrafo 1862).

      • Marco ha detto:

        @Ipo

        “Perché, malgrado il gran parlare di pastorale, si dimentica che con tanta misericordia a buon mercato applicata invocando sempre il caso limite, a lungo andare si creerà il costume e l’idea che il sacramento del matrimonio sia tale e quale al matrimonio civile. E questo sarà causa di ulteriore leggerezza nello sposarsi ed un numero ancor maggiore di divorzi.

        Ecco perché nel Vangelo si tiene fermo l’ideale più alto definendo la rottura dell’unità matrimoniale per un nuovo “matrimonio” con una semplice parola: adulterio. Punto. (Mc 10,11-12 ; Lc 16,18)”

        Mi permette di farle una domanda (che estendo anche agli altri) : cosa voleva dire San Paolo, quando in 1 Cor 15, 56 dice ” il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge”?

        Glielo chiedo perché è un passo, quello, che fin dalla prima volta che l’ho letto mi si è “stampato” a caratteri di fuoco nella mente.

        Ed è la risposta che mi sono dato che mi ha portato a capire la pastorale della Chiesa sotto Papa Francesco.

        Ma ora le chiedo: cosa significa afferma che “LA FORZA DEL PECCATO è la Legge”?

        Questa è una affermazione estremamente forte. San Paolo nella lettera ai Romani ha negato che la Legge sia peccato, anzi ha detto che è buona e giusta “in se”.

        Dunque la domanda rimane: come può una cosa buona e giusta in se (che non è certo peccato, infatti, tanto è vero che alla domanda “la legge è dunque peccato?” San Paolo risponde con un secco “no, certamente!”) essere anche LA FORZA DEL PECCATO?

        E non è certo un “exploit” isolato quello di San Paolo in quel passo, perché anche nella lettera ai Romani disse una cosa altrettanto forte, ovvero “SENZA LA LEGGE IL PECCATO È MORTO” (Rom 7,8).

        Si potrebero citare molte altre cose dette da San Paolo ma credo che queste due bastino.

        Cosa significa affermare che la Legge è la forza del peccato e che senza la Legge il peccato è morto?

        E questa constatazione che risale addirittura a San Paolo come deve regolare la pastorale della Chiesa? Dobbiamo dare sempre più forza alla Legge (e quindi al peccato) oppure alla Misericordia, idebolendo, dove è necessario, la Legge, e con essa anche il peccato?

        Cosa è meglio, di fronte a persone in difficoltà e a rischio di dannazione?

        Quale dei due atteggiamenti spingono le pecore nel dirupo, quello che rinforza la Legge e con esso il peccato oppure quello che rinforza la Misericordia, che sa andare oltre la lettera della Legge, per salvare le anime?

        Per favore, provi a rispondere a queste mie domande.

        • Ipo ha detto:

          @Marco

          Lei, per risposta, pone delle domande che dimostrano di non aver capito nulla del mio intervento (che era in replica al suo).

          E’ un po’ come i suoi scritti precedenti: affermazioni e citazioni chiuse in se stesse incapaci di una visione generale delle cose.

          In fondo lei afferma che delle povere persone soffrono e che perciò, per evitare queste situazioni spiacevoli, occorre fare come se di fatto i principi fossero delle pie e facoltative esortazioni (se non addirittura la vera causa del male).

          Come già detto il risultato di questa misericordia spicciola a buon mercato non è il risolvere il problema ma creare una situazione per la quale gli adulteri, e relative sofferenze, verranno incrementati. Guardi pure al mondo Ortodosso, che lei stesso ha citato, nel quale risposarsi è pratica comune ed i figli della precedente unione vagano da una neo famiglia all’altra per incontrare i propri genitori.

          Comunque è inutile che mi ripeta poiché mi sembrava di essere già stato chiaro. E’ evidente che lei non riesce ad andare oltre ad una “misericordia” che, mi permetta, assomiglia molto a del facile sentimentalismo e le sue semplicistiche ed accomodanti soluzioni.

          Di fatto lei vede nelle regole, indispensabili al vivere morale e sociale dell’uomo, non dei punti fermi che educano ma solo degli ostacoli da aggirare.

          E con un cieco dalla nascita è inutile disquisire di colori.

          • Marco ha detto:

            @Ipo

            “Lei, per risposta, pone delle domande che dimostrano di non aver capito nulla del mio intervento (che era in replica al suo).”

            Può essere. È certamente possibile che io non abbia capito nulla.

            “In fondo lei afferma che delle povere persone soffrono e che perciò, per evitare queste situazioni spiacevoli, occorre fare come se di fatto i principi fossero delle pie e facoltative esortazioni (se non addirittura la vera causa del male).”

            Questa è la via scelta dalla Chiesa Ortodossa, per benevolenza verso l’uomo peccatore.

            La Chiesa Cattolica ciò non può farlo perché motivi consolidatisi a Trento lo impediscono, però può applicare l’epicheia pastorale al peccatore, cioè riconoscere dove, pur in una situazione illecita e di materia grave, vi sia coscienza invincibilmente e incolpevolmente erronea o altre attenuanti (presenza di figli) che sgravino dalla colpa mortale.

            Riguardo al “se non addirittura la vera causa del male” c’è poco da girarci intorno, Ipo: la forza del peccato è la Legge. Non l’ha detto il sottoscritto, e nemmeno l’eresiarca Martin Lutero, l’ha detto San Paolo.

            Lo stesso San Paolo che ha detto che senza la Legge il peccato è morto.

            Ora, come diceva San Paolo non è che la Legge sia peccato, ma è l’uomo che, essendo ferito dal peccato originale, pecca e, con la durezza della Legge, che lo mette di fronte al suo peccato, tale peccato grave materiale può diventare mortale.

            Ecco perché San Paolo afferma, nella lettera ai Romani, quanto segue

            ” che diremo dunque? Che la Legge è peccato? No, certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non mediante la Legge. Infatti non avrei conosciuto la concupiscenza, se la Legge non avesse detto: Non desiderare. Ma, presa l’occasione, il peccato scatenò in me, mediante il comandamento, ogni sorta di desideri. Senza la Legge infatti il peccato è morto. E un tempo io vivevo senza la Legge ma, sopraggiunto il precetto, il peccato ha ripreso vita e io sono morto. Il comandamento, che doveva servire per la vita, è divenuto per me motivo di morte.” (Rom 7, 7-10).

            Qua San Paolo sta parlando del peccato mortale, che uccide l’anima.

            E detto peccato è impossibile da commettere senza la conoscenza della Legge che ti mette di fronte alla tua peccaminosità (mettendoti quindi in condizione di peccare non più solo materialmente, ma formalmente, cioè mortalmente).

            Perciò non è che i precetti siano la causa del male, ma sono LA FORZA DEL MALE, LA FORZA DEL PECCATO.

            Infatti senza il precetto il peccato non scomparirebbe, essendo l’uomo, dopo ileccato originale, ferito nella sua natura e quindi peccatore.

            Ciò che scomparirebbe sarebbe la colpa mortale, perché dove non vi è conoscenza della Legge non vi è (non può esserci) colpa.

            Perciò tutto il suo discorso pecca da un errore di prospettiva, secondo me, e me lo conferma quando scrive

            “Di fatto lei vede nelle regole, indispensabili al vivere morale e sociale dell’uomo, non dei punti fermi che educano ma solo degli ostacoli da aggirare.”

            E non ho detto che sono ostacoli da aggirare. Anzi!

            Ho detto però che vi sono situazioni, materialmente irrecuperabili, dove ostinarsi con l’applicazione della Legge in tutta la sua durezza, senza filtri pastorali, aggiunge ad un male (in questo caso il divorzio e la separazione) un altro male (ovvero l’eterna dannazione), anzi IL male assoluto (essendo la dannazione il male assoluto per l’uomo).

            Ecco perché la Chiesa, come scrivevo qui http://www.marcotosatti.com/2017/01/16/preti-sposati-ne-parliamo-in-settimana-a-roma-con-il-papa-dice-un-vescovo-irlandese/#comment-4037 nel primo millennio usava l’oikonomia pastorale (pratica mantenuta nelle Chiesa orientali.

            Legga bene quanto scrivevo e che riporto adesso nel virgolettato

            “Tecnicamente l’oikonomia/economia ecclesiastica è la possibilità di concedere deroghe, in forma temporanea o permanente, da una prescrizione normativa, senza per questo inficiare in alcun modo la validità della prescrizione stessa.

            Tale procedimento, con il quale si mitiga la durezza di una legge nel momento stesso in cui se ne ribadisce la validità, si giustifica solo con il fine superiore di agevolare il conseguimento della salvezza eterna, laddove la legge, applicata in tutto il suo rigore, potrebbe ostacolarlo. Soltanto la Chiesa, che attualizza nel tempo e nella storia l’opera salvifica del Cristo, può derogare dalla lettera della legge. Agendo in tal modo infatti essa non fa che imitare l’infinita misericordia divina, che vuole che «tutti gli uomini siano salvati» (I Tim. 2, 4) e si ritiene perciò autorizzata a concedere deroghe persino alle prescrizioni risalenti al Cristo stesso, talvolta risultando in apparenza più condiscendente del suo stesso Signore.

            L’economia canonica infatti altro non è che la prosecuzione, nell’esperienza storica della Chiesa, dell’economia teologica. In modo più concettuale potrebbe essere definita la “pastorale della misericordia”, che riesce ad addolcire le durezze della legge, senza in alcun modo comprometterne la validità. Essa è espressione dell’«interesse della Chiesa per l’uomo», secondo le parole dello storico e teologo russo-americano John Meyendorff”

            Ha capito caro Ipo? Sopra non si parla di negare il principio e le “regole fondamentali ” di cui ha parlato, ma si usare clemenza verso chi, a causa della sua natura ferita e peccatrice, non è stato in grado di mantenere fede a detto principio. Perciò penso che sia una questione di prospettive. Per lei il principio viene prima dell’uomo, ed è giusto anche sacrificare l’anima dell’uomo peccatore in nome del principio, mettendolo di fronte alla Legge in tutta la sua durezza, senza discernimento di alcun tipo.

            Io, invece, forse sbagliando (e se sbaglio sono in Buona Fede, perché sono davvero convinto di ciò che dico, altrimenti non avrei usato tutto questo tempo per scrivere tutto ciò che ho scritto in questo blog), ritengo che all’occorrenza sia bene sacrificare il principio, quando detto principio può diventare ostacolo per la salvezza, ad esempio in situazioni materialmente irrecuperabili dove imporre la rigidità della legge porta a nuove colpe (verso il nuovo compagno o verso i figli della nuova unione).

            Io credo che il Sabato sia fatto per l’uomo e non l’uomo per il Sabato. Tutto li.

            E le situazioni di cui parla sono certamente dolorose, non lo metto in dubbio (anche io, in Italia, conosco molte persone risposate, e se non raramente capita che la seconda unione sia più felice della prima, anche per i figli, altre volte può dare grandi sofferenze), ma ancora più doloroso secondo me è non venire in soccorso di quelle persone che pure hanno sbagliato.

            Non è “misericordia a buon mercato”, è misericordia e punto. Ciò di cui lei parla è giustizia, nel senso che giustizia vuole che queste persone o vivono in castità (mandando spesso a scatafascio tutto, perché nella nuova relazione il marito/moglie può non essere affatto d’accordo e se ci sono dei figli di mezzo è facile vedere dove ciò può portare) ) o si dannano.

            La misericordia, però, va oltre la giustizia.

            E non è certo una cosa nuova di Bergoglio, ma una pastorale attenta non solo al principio, ma prima di tutto è innanzitutto alla salvezza era conosciuta dalla Chiesa anche nel primo millennio (nell’eucologio Barberini c’è il rito penitenziale per le seconde nozze, e parliamo della Calabria del primo secolo, prima dello scisma) mantenute dalla Chiesa ortodossa, e cassate da noi con la riforma gregoriana, che ha prodotto un notevole irrigidimento, e soprattutto col Concilio di Trento.

            La prassi ortodossa non possiamo accettarla perché va contro dogmi consolidatisi al tridentino, ma discernere dove in queste persone non vi sia piena avvertenza (ignoranza invincibile) o deliberato consenso (come ho scritto sopra, mancanza di libertà di agire diversamente) non va contro al dogma dell’indissolubilità matrimoniale, perché si limita ad affermare che, sebbene queste persone vivano in contrasto con detto dogma, non sono colpevoli di peccato mortale.

            Perciò, pur non potendo legittimare le seconde nozze come la Chiesa Ortodossa, possiamo comunque venire incontro a queste persone e senza intaccare il dogma.

            Io penso che sia una cosa buona, dato che metto la persona prima del principio.

            Se lei ritiene che il principio sia più importante è libero di ritenere che una applicazione più dura sia migliore, anche qualora dovesse rivelarsi la forza del peccato (e quindi della dannazione) per molti.

            Tutto questo sebbene la prassi inaugurata da Al non vada affatto contro al principio, ma solo contro l’applicazione più dura, rigorista e farisaica del principio.

          • Marco ha detto:

            Se c’è qualcosa di non chiaro in ciò che ho scritto o con cui non concorda mi dica pure.

          • Ipo ha detto:

            @Marco

            Scrivo sebbene mi renda conto che sia inutile.

            Alle sue obbiezioni avevo già risposto. Mi cito anche se è poco elegante:

            “Di fatto lei vede nelle regole, indispensabili al vivere morale e sociale dell’uomo, non dei punti fermi che educano ma solo degli ostacoli da aggirare.”

            I principi servono all’uomo, non sono contrari l’uomo anche se (anzi, soprattutto se) pongono un limite ai desideri ed alle passioni disordinate.

            Quanto agli Ortodossi, che stimo profondamente, su questo punto sbagliano. Mi cito nuovamente:

            “Alti principi, a parole, ma poi nei fatti si agisce come se i principi non esistessero. Non è un caso se nei paesi di tradizione saldamente Ortodossa si affermi, a livello popolare, che il divorzio è permesso dalla Chiesa e lo si pratichi più o meno come da noi in ambito civile, anche per motivi futili (un caso visto personalmente: moglie che fa la badante in Italia che divorzia dal marito rimasto nella terra natia, adducendo la separazione di fatto, per sposare il benestante anziano assistito; nuovo matrimonio benedetto ovviamente in chiesa).”

            Con il risultato che, citandomi ancora:

            ” […] il risultato di questa misericordia spicciola a buon mercato non è il risolvere il problema ma creare una situazione per la quale gli adulteri, e relative sofferenze, verranno incrementati.”

            Infatti:

            ” […] si creerà il costume e l’idea che il sacramento del matrimonio sia tale e quale al matrimonio civile. E questo sarà causa di ulteriore leggerezza nello sposarsi ed un numero ancor maggiore di divorzi.”

            Quanto al lei citato San Paolo risponderò come avevo già scritto:

            “[…] nel Vangelo si tiene fermo l’ideale più alto definendo la rottura dell’unità matrimoniale per un nuovo “matrimonio” con una semplice parola: adulterio. Punto. (Mc 10,11-12 ; Lc 16,18)”

            Premesso che se anche San Paolo contraddicesse il Vangelo sarebbe ovvio seguire quest’ultimo si noti che Nostro Signore in questi passi sta ponendo una regola con valore di legge:

            «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio» (Mc 10,11-12).

            E lo stesso San Paolo, sul medesimo argomento, pone una legge:

            “Agli sposati poi ORDINO, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito – e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito – e il marito non ripudi la moglie.” 1 Corinzi 7,10-11

            Perciò il vedere la legge, in quanto legge, come causa del peccato è una lettura a dir poco frettolosa.

            Se poi vuol sostenere, come mi pare di capire, che è meglio lasciare la gente nell’ignoranza invincibile in modo che ogni peccato mortale venga imputato come veniale (ma è tale l’assurdità di questa posizione che probabilmente ho frainteso malamente) ovvero, detto in termini più crudi, era meglio se Dio non si rivelasse, se non conformemente ai nostri desiderata, in modo da non caricarci della fatica della conversione a questo punto, mio caro, non è più questione di citazioni o di interpretazioni ma è evidente che c’è un enorme problema di comprensione del senso stesso della Fede.

            La invito trovarsi un buon direttore spirituale, saggio e dotto.

          • Marco ha detto:

            Lei non ha risposto alla domanda più importante.

            Cosa significa che la FORZA del peccato è la Legge?

            E in che modo questa convinzione deve plasmare la pastorale della Chiesa, di fronte a situazioni materialmente irrecuperabili?

            “Se poi vuol sostenere, come mi pare di capire, che è meglio lasciare la gente nell’ignoranza invincibile in modo che ogni peccato mortale venga imputato come veniale ”

            Guardi, l’ignoranza invincibile va oltre la mera conoscenza della norma (veda quanto le ho citato dal Cardinale Antonelli, l’ignoranza invincibile c’è anche quando la norma è conosciuta ma non si riesce a non reputarla assurda o, nel proprio caso, dannosa), ma comunque il fatto che, quando si preveda che un penitente non si emenderebbe, sia meglio lasciarlo nell’ignoranza (anche se quella non è proprio ignoranza invincibile) è un concetto che risale addirittura a Sant’Alfonso, e citato nel vademecum per Confessori di GPII del 1997, che le cito qui
            http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1344740?refresh_ce

            “Certamente è da ritenere sempre valido il principio, anche in merito alla castità coniugale, secondo il quale è preferibile lasciare i penitenti in buona fede in caso di errore dovuto ad ignoranza soggettivamente invincibile, quando si preveda che il penitente, pur orientato a vivere nell’ambito della vita di fede, non modificherebbe la propria condotta, anzi passerebbe a peccare formalmente;”

            Se poi lei mi dice perché sarebbe un bene mettere una persona in peccato mortale agevolando la sua dannazione allora non dico nulla. A me sembra che sia come ho detto io: per lei il principio viene prima della salvezza delle persone, e dove bisogna scegliere tra l’applicazione dura della legge e la salvezza secondo lei bisogna scegliere la prima rispetto alla seconda.

            Io non la penso così, e nemmeno la Chiesa.

            Oltre a ciò mi dica: riconoscere, come fa ora la Chiesa, dove in una situazione oggettiva di peccato come quella dei risposati ci siano attenuanti che sgravano dal peccato mortale (e quindi usare l’epicheia pastorale) sarebbe dannoso? Se si, perché?

          • Ipo ha detto:

            @Marco

            A questo punto è chiaro che neppure legge gli altrui interventi oppure non riesce proprio a comprenderne il senso.

            Continui pure a ripetere le sue solite frasi e si consideri pure intelligente e di aperte vedute.

            Evidentemente un caso clinico di limitatezza invincibile con il quale è degradante avere a che fare. Stop.

          • Marco ha detto:

            Ha ragione. Inutile discutere, sono un caso clinico.

            Buona vita.

          • Marco ha detto:

            D’altronde è estremamente esilarante che chi non capisce il concetto di andare oltre la lettera della legge per un principio superiore (la salvezza delle anime) dia agli altri dei casi clinici.

            Ma mi dia pure del caso clinico, se la conforta. 😉

  • Sergio 1 ha detto:

    Poi mi chiedo? Avere rapporti propri del matrimonio fuori dal matrimonio, per garantire la fedeltà al peccato e garantire il bene dei figli… Ma di quale bene si tratta?
    Far imparare loro che anche una relazione adulterina può essere bella? Far notare ai figli che l’amore per Cristo è inferiore alla mia esigenza (meglio sarebbe dire alla forza della tentazione) di avere rapporti sessuali con chi non è sacramentalmente unito a me? Mah….

    • Marco ha detto:

      @Sergio

      @Sergio

      “Poi mi chiedo? Avere rapporti propri del matrimonio fuori dal matrimonio, per garantire la fedeltà al peccato e garantire il bene dei figli… Ma di quale bene si tratta?”

      Per esempio di garantire la loro educazione, evitando che l’unione si sfasci (cosa facile se la coppia è giovane e non hanno entrambi la stessa Fede. Ad esempio può esserci una coppia dove lei è molto fedele e vorrebbe vivere in castità ma dove lui è più tiepido nella Fede e quindi quella povera donna si trova costretta a non essere assolta, se non si applica il discernimento, oppure a mettere in pericolo l’unione, imponendo al marito una castità che lo porterà al tradimento e alla fine dell’unione, con grave danno dei figli).

      “Far imparare loro che anche una relazione adulterina può essere bella? ”

      Qui pone una questione delicata, Sergio.

      Infatti Cristo dice “l’albero cattivo produce frutti cattivi, l’albero buono produce frutti buoni”.

      E allora come mai persone il cui matrimonio sacramentale ha prodotto solo frutti cattivi, portandole anche alla perdita della Fede, si sono poi trovate in una seconda unione, secondo la dottrina intrinsecamente malvagia, che invece ha prodotto un risveglio della Fede e frutti buoni in ogni cosa?

      Come è possibile questo, se è vero che l’albero cattivo produce frutti cattivi e l’albero buono produce frutti buoni?

      Come è possibile che un primo matrimonio valido sacramentalmente, che dovrebbe essere benedetto da Dio e l’unico a Lui gradito, sia un vero e proprio inferno e produca abusi e sofferenze, mentre una seconda unione, che a detta della dottrina è intrinsecamente malvagia e anatematizzata da Dio, produca frutti buoni e un risveglio della Fede?

      Io non lo so, è un bel dilemma. Ma questa è la situazione che molti sperimentano. Forse le cose non sono così bianco/nero, dentro/fuori,in/out come dice la dottrina?

      Io questo non posso dirlo, per non incorrere nell’eresia, ma posso certamente dire che i FATTI sopra riportati, che sono sperimentati da molte persone, sono ciò che ha portato alla perdita di forza della lettera del Vangelo e della Chiesa sul matrimonio.

      Ed è anche la situazione sperimentata da quella mia cara amica di cui ho parlato qui http://www.marcotosatti.com/2017/01/08/ho-rimosso-larticolo-su-don-pusceddu-vi-spiego-perche-e-accenno-a-una-realta-nascosta-persecuzione/#comment-3998

  • Sergio 1 ha detto:

    Quindi se ho capito bene visto che “la mancanza di certe intimità potrebbe compromettere la fedeltà reciproca”, fedeltà all’adulterio quindi, si prospetta da ora in poi il combattimento contro la tentazione di lussuria non più alla maniera cattolica, attingendo cioè alle fonti della grazia, pregando e digiunando, ma alla maniera di Oscar Wilde “il modo migliore per vincere la tentazione è cedere”!

  • Luigi ha detto:

    Per chi vuol davvero fare lo sforzo di capire (i “dubia”), quello che c’è in ballo è che, nonostante i buoni propositi, nei fatti si andrà verso il definitivo svuotamento del matrimonio sacramentale… definitivo colpo di scure su una società già antropologicamente allo sbando e ormai anticristiana de facto … aggravata dall’oltraggio permanente all’Eucarestia … un disastro!

  • Sergio 1 ha detto:

    Oltretutto vi è anche una preoccupazione dei Cardinali per la salvezza eterna, ormai caduta in disuso. La pastoralità di cui tanto si parla deve condurre il gregge nell’ovile del Signore, ma pastoralità senza retta dottrina, e qui faccio questo esempio come paradigma sotto gli occhi di tutti, questà pastoralità o meglio pastoralismo come frutti sta dando fra i tanti il fatto che ad ogni persona che si confessa, mille accedono alla Comunione. Sono oggettivamente sacrilegi, soggettivamente non si sa, bisognerebbe fare un discernimento, quindi i 500 mila sacerdoti nel mondo dovrebbero passare la vita a fare discernimento su due miliardi di cristiani, perchè la prassi contraddice la dottrina, e vedere caso per caso se dare i sacramenti?
    Allora siccome non si può fare, ognuno fa come gli pare, oggi sento in coscienza di essere pulito, mi alzo e prendo la comunione, senza confessarmi, tanto in coscienza mi sento a posto. Ecco perchè Caffarra afferma che pastorale senza dottrina è arbitrio.
    I cardinali sono preoccupati della deriva che a cui può condurre una tale prassi una volta aperta la porta in maniera ufficiale, e cioè quella che i divorziati risposati possano vivere fuori dal matrimonio con gli atti propri del matrimonio e fare la comunione e senza conversione.

    • Marco ha detto:

      “Allora siccome non si può fare, ognuno fa come gli pare, oggi sento in coscienza di essere pulito, mi alzo e prendo la comunione, senza confessarmi, tanto in coscienza mi sento a posto.”

      Questo nessuno l’ha detto, anzi anche le linee guida dei vescovi maltesi subordinano l’accesso alla Comunione alla Confessione e assoluzione.

      Semmai il sentirsi a posto in coscienza è uno dei criteri che il sacerdote può prendere in considerazione per assolvere o meno, non certo perché il penitente si autoassolva.

  • Ezio Boezio ha detto:

    CHIEDO DELUCIDAZIONI :
    HO LETTO TUTTA UNA SERIE DI DISQUISIZIONI QUI SOPRA E VORREI FARE QUALCHE DOMANDA ALLA QUALE NON RIESCO SINCERAMENTE AD AVERE UNA RISPOSTA PRECISA, FONDATA ED ARGOMENTATA.
    A QUANTO HO LETTO DAI VARI DOCUMENTI, INTERVISTE, ETC., PER QUANTO RIGUARDA L’AMMISSIONE ALLA COMUNIONE EUCARESTICA DEI DIVORZIATI CON MATRIMONIO VALIDO E RISPOSATI CIVILMENTE, HO NOTATO CHE TUTTA LA DISPUTA VERTE SULLA CONTINENZA SESSUALE DEI CONVIVENTI MORE UXORIO.
    DOMANDE.
    PREMESSO CHE NON SUSSISTE COLPA GRAVE QUANDO VI SONO CONDIZIONI ATTENUANTI,
    QUALCUNO PUÒ DIRMI QUALI SONO NELLO SPECIFICO?
    QUESTE CONDIZIONI ATTENUANTI SONO ANCHE INVINCIBILI ED IRREVERSIBILI?
    CIOÈ L’IMPUTABILITA’ RIMARRÀ PER SEMPRE NELL’AMBITO DELLA VENIALITA’?
    QUANDO, QUESTE CONDIZIONI ATTENUANTI, COSTRINGONO I CONVIVENTI COMPIERE L’ATTO SESSUALE A TAL PUNTO DA INFICIARNE LA LIBERTÀ E TRASGREDIRE COSÌ IL COMANDAMENTO?
    LA GRAZIA DI DIO CHE EGLI SEMPRE DONA PER NON COMPIERE PECCATO MORTALE ESISTE ANCORA?
    Il DISCERNIMENTO A COSA SERVE?
    IL DISCERNIMENTO DOVE DEVE CONDURRE?
    SCUSATE MA SONO DOMANDE CHE MI ANGUSTIANO, E DIETRO TANTI DISCORSI ASTRATTI DESIDERO CHIARIRE CON SITUAZIONI CONCRETE.
    GRAZIE DI CUORE A CHI VORRÀ RISPONDERE.
    GIOVANNI

    • Sergio 1 ha detto:

      Dimentichi il discernimento di Coscienza.
      Il modo stesso di intendere la coscienza è in gioco qui.
      Se il giudizio di coscienza debba essere arbitrario, o se ben formato indicando ad essa ciò che è bene e ciò che è male.
      Si parla di bene possibile, ed è il cammino di conversione, ma i Cardinali chiedono se sia davvero non contradditorio sacramentalizzare l’adulterio persistente come via di salvezza, con il solo giudizio di coscienza, non conforme nei fatti al comando di Dio.
      L’ignoranza invincibile, soprattutto al giorno d’oggi, pare impossibile, soprattutto durante e dopo l’avvenuto discernimento di un sacerdote.

      • Marco ha detto:

        @Sergio

        “L’ignoranza invincibile, soprattutto al giorno d’oggi, pare impossibile, soprattutto durante e dopo l’avvenuto discernimento di un sacerdote.”

        Sull’ignoranza invincibile legga le parole del Cardinale Antonelli che ho riportato.

        Inoltre, anche dove ci sia piena avvertenza, può mancare il deliberato consenso (mancanza di libertà di agire diversamente) vedere cosa hanno detto i vescovi di Malta.

    • Marco ha detto:

      @Ezio Boezio

      “PREMESSO CHE NON SUSSISTE COLPA GRAVE QUANDO VI SONO CONDIZIONI ATTENUANTI”

      E già questo è un buon punto di partenza.

      “QUALCUNO PUÒ DIRMI QUALI SONO NELLO SPECIFICO?”

      Coscienza incolpevolmente erronea e/o impossibilità di agire diversamente senza contrarre una nuova colpa.

      “QUANDO, QUESTE CONDIZIONI ATTENUANTI, COSTRINGONO I CONVIVENTI COMPIERE L’ATTO SESSUALE A TAL PUNTO DA INFICIARNE LA LIBERTÀ E TRASGREDIRE COSÌ IL COMANDAMENTO?
      LA GRAZIA DI DIO CHE EGLI SEMPRE DONA PER NON COMPIERE PECCATO MORTALE ESISTE ANCORA?”

      Allora attenzione, qua il discorso è estremamente delicato, e bisogna stare attenti perché qui cadere nell’eresia materiale è un attimo.

      Partiamo dal principio.

      Il Concilio di Trento (D. B. 828) afferma che “Se alcuno dirà che i precetti di Dio sono impossibili a osservarsi anche all’uomo giustificato e costituito in grazia sia anatema”.

      È questo è vero, ma non va inteso in senso assoluto. Mi spiego: quando il Concilio di Trento mette sotto anatema chi afferma che sia impossibile, per l’uomo giustificato, osservare i precetti, non va inteso in senso assoluto, poichè vi sono circostanze dove, venendo meno l’imputabilità, trasgredire un precetto divino è, per chi lo commette, peccato veniale, che non è incompatibile con l’Eucaristia nè richiede il fermo proposito di non peccare più per essere perdonato (a differenza del peccato veniale).

      Lo dico perché ad esempio ho visto gente tacciare (ignorantemente) di eresia il Papa usando quel Canone, perché il ha detto che in alcune circostanze possa essere impossibile agire diversamente (tipo astenersi dagli atti propri dei coniugi col nuovo compagno o la nuova compagna) senza macchiarsi di una nuova colpa (Al 301).

      Ma questo non tiene conto che in quelle situazioni (ad esempio i risposati che hanno figli e non possono permettersi di rischiare di sfasciare la famiglia, o si trovano in una condizione di coscienza incolpevolmente erronea, anche quella trattata da Al), non avendo la libertà di agire diversamente, il peccato di quelle persone è solo veniale, nonostante trasgredisca un precetto divino in materia grave (Vedi il Catechismo al 1862) e quindi non si rientra sotto la condanna del Concilio di Trento nel dire che quelle persone non possono agire diversamente.

      Anzi, se è vero che la Grazia di Dio fa si che l’uomo possa non commettere peccato MORTALE, sul peccato veniale la questione è ben diversa, tanto è vero che il Concilio di Trento afferma che è impossibile non peccare almeno venialmente, a meno di non aver avuto uno speciale privilegio come quello della Madonna

      Concilio di Trento (D. B. 833)
      “Se alcuno dirà che l’uomo una volta giustificato non possa più peccare… o al contrario che possa in tutta la sua vita evitare i peccati anche veniali, se non per uno speciale privilegio di Dio, come tiene la Chiesa in riguardo della B. Vergine, sia scomunicato”.

      Perciò, caro Ezio, la sua domanda

      “LA GRAZIA DI DIO CHE EGLI SEMPRE DONA PER NON COMPIERE PECCATO MORTALE ESISTE ANCORA?”

      È pertinente ma non tiene conto del fatto che trasgredire i precetti in materia sessuale (dove la materia è sempre grave) può, talvolta, in base alle circostanze in cui si trova una persona, se tale persona non ha piena avvertenza e/o deliberato consenso, essere peccato veniale, nonostante l’intrinseca gravità dell’atto, che in se non viene mai coonestato (è sempre materia grave, insomma, questo si intende con atti intrinsecamente malvagi) come del resto afferma anche il Catechismo al 1862.

      In questi casi le persone si trovano in una condizione di peccato veniale, e per il peccato veniale la Grazia di Dio non è sufficiente, essendo impossibile non peccare venialmente senza uno speciale privilegio come quello avuto dalla Beata Vergine.

      Quali sono questi casi dove si pecca venialmente pur commettendo adulterio (materia SEMPRE grave)?

      È presto detto.

      Ad esempio il Cardinale Antonelli, in merito alla coscienza INVINCIBILMENTE ERRONEA (che quindi non cessa di essere retta PUR agendo contro la norma) dice

      “La persona potrebbe ignorare la norma generale (ad esempio, che il rapporto sessuale è sempre illecito fuori del matrimonio). ”
      E fin qui ok, perché è ovvio che chi non conosce la norma non pecca. Questo è scontato.
      POI PERÒ DICE
      ‘Potrebbe non percepire il valore contenuto nella norma (E QUINDI QUI SI STA PARLANDO DI UNA PERSONA CHE LA NORMA LA CONOSCE), in modo da poter scegliere il bene ed evitare il male liberamente per convinzione interiore (ad esempio, potrebbe non comprendere che il rapporto sessuale è proprio del matrimonio e solo in esso ha valore e dignità umana, come espressione del dono reciproco totale e del comune dono ai figli). Potrebbe infine ritenere erroneamente che l’osservanza della norma, nella sua particolare situazione, sia impossibile, diventando anzi occasione di altre colpe (ad esempio, che la continenza sessuale, se il convivente non fosse d’accordo, potrebbe diventare occasione di rapporti sessuali con altre persone e provocare l’interruzione della coabitazione con grave danno per la cura e l’educazione dei figli).”
      E qui stiamo parlando di persone che la norma la conoscono, ma alla quale viene riconosciuta una coscienza incolpevolmente erronea che le sgrava dalla colpa mortale (nonostante il loro peccato sia oggettivamente grave quanto alla materia).
      Dice anche
      “in caso di errore temporaneamente invincibile e perciò di rifiuto circa la continenza sessuale, ritenuta nel proprio caso impossibile o assurda e senza valore, valutare la possibile RETTITUDINE DELLA COSCIENZA alla luce della personalità e del vissuto complessivo (preghiera, amore del prossimo, partecipazione alla vita della Chiesa e rispetto per la sua dottrina, umiltà e obbedienza davanti a Dio); esigere che la persona si impegni almeno a pregare e a crescere spiritualmente, allo scopo di conoscere correttamente e compiere fedelmente la volontà di Dio nei propri confronti, come si manifesterà”
      Questo per quanto riguarda la coscienza.
      Per quanto riguarda le attenuanti oggettive ad esempio il non poter agire diversamente per il bene dei figli, come è stato detto dai vescovi di Malta

      “Nel processo di discernimento, chiedono i vescovi maltesi, «esaminiamo anche la possibilità della continenza coniugale. Nonostante che sia un ideale non facile, ci possono essere coppie che con l’aiuto della grazia pratichino questa virtù senza mettere a rischio altri aspetti della loro vita insieme. D’altronde, ci sono delle situazioni complesse quando la scelta di vivere “come fratello e sorella” risulta umanamente impossibile o reca maggior danno».”
      Tutte cose che ho già detto io fin dall’uscita di Al, ad aprile scorso, quando molti su questo sito dicevano che nulla era cambiato.

      In questi casi, secondo la dottrina della Chiesa, sebbene l’adulterio sia SEMPRE PECCATO GRAVE MATERIALE, per i soggetti che lo commettono è solo veniale (nel senso che la loro colpa è veniale, sebbene la materia rimanga grave) e quindi è possibile assolverli senza che abbiano il fermo proposito di non peccare più visto che:

      1) è il solo peccato mortale che necessita del fermo proposito di non peccare più per essere perdonato;

      2) il peccato veniale viene addirittura cancellato dell’assunzione del Santissimo Sacramento.

      “Il DISCERNIMENTO A COSA SERVE?”

      A quanto detto sopra. Ovvero a stabilire dove vi sia peccato mortale e dove vi sia peccato veniale e agire di conseguenza.

      “IL DISCERNIMENTO DOVE DEVE CONDURRE?”

      A facilitare la salvezza delle pecore del gregge.

      Spero che sia tutto chiaro, Ezio.

  • Ira Divina ha detto:

    Scusate correggo ” potrebbe”🤗

  • Paolo Azzaroli ha detto:

    Nel caso che i sacerdoti delle diocesi italiane non siano più tenuti al CELIBATO, quale onere dovrebbe sopportare l’Istituto per il Sostentamento del Clero per il mantenimento decoroso delle famiglie dei nostri parroci ?
    Sarà ancora sufficiente il famoso 8 per mille, si dovrà passare al 16 per mille, se non al 24 per mille ?
    Qualcuno ne ha parlato ?

  • Ipo ha detto:

    ” Chi lascia il sacerdozio per una donna non è degno del sacerdozio”
    (detto da un prete ortodosso, sposato). Questo a proposito di chi si pensa di riammettere al ministero sacerdotale dopo che l’ha abbandonato. Meditate gente.

    Già che ci siete meditate pure su un’altra questione: dopo i preti sposati sarà inevitabile, nel contesto sociale attuale, parlare dei preti divorziati (e magari risposati).

    Alla fine: qui prodest?

    “Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso!” 1 Cor 7,32-34

    • Ezio Boezio ha detto:

      “C’è una grande confusione nella Chiesa” (Cardinal Carlo Caffarra)
      E questa facceda del celibato non fa che aumentarla.

      • Ira Divina ha detto:

        Se oggi Rosmini potesse scrivere titolerebbe, riscrivendolo, il suo libro sulla Chiesa: ” le sei piaghe della Chiesa”. Nella sesta parlerebbe della rivoluzione demolitrice di Francesco I e delle sue conseguenze nefaste per la Chieda di Cristo!

  • Ezio Boezio ha detto:

    Esatto, ed anche non commettere adulterio lo è, eppure…
    Chiedo anche di non rivolgersi a me con quel tono. Grazie.
    L’ho scritto per far notare come non solo il dogma, ma anche comandamenti, parola di Dio, tradizione, magistero e c.c.c. siano vincolanti.
    Fin dagli inizi e fino ad oggi è di tradizione il celibato.
    Poi può essere abolito, per carità, ma siamo sicuri che sia bene? Don Oreste Benzi, contrarissimo all’abolizione del celibato ecclesiastico, amava ripetere che il popolo nel sacerdote vuole vedere un uomo tutto di Dio!
    Poi la questione sarà da definire anche teologicamente. Il sacerdote, altro Cristo, come Cristo è celibe e Sposo della Chiesa. Farlo sposare è adulterio visto che è già sposato? Similmente le suore, sono spose di Cristo, possono allora sposarsi o è adulterio?
    Bxvi disse” vogliono far sposare i Preti proprio ora che tutti divorziano? Non è un problema di preti sposati, ma è un problema di Fede! ”
    È come dire che per salvare il Matrimonio ammettiamo le seconde nozze.
    E purtroppo lì stiamo andando.

    • Marco ha detto:

      Solo una persona che non conosce ciò di cui parla può paragonare una legge ecclesiastica positiva come quella sul celibato ad un comandamento divino.

      E solo una persona che non ha la minima idea di ciò di cui sta trattando può paragonare il riconoscere dove, in una situazione di adulterio, non vi sia colpa mortale, all’ammettere le seconde nozze.

      Come ha detto sopra Andrea Salvi

      “Invito a leggere gli interventi e a entrare nel merito delle questioni anziché divagare.”

      Sarebbe davvero una gran cosa che ascoltaste il suo consiglio.

    • Marco ha detto:

      Il celibato sacerdotale non è vincolante, fa parte delle leggi positive della Chiesa, verso le quali il Papa (qualunque Papa) ha potere immediato, universale e pieno.

      Canone 331 del codice di diritto canonico

      ” Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l’ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente.”

      Le leggi che ricadono sotto la potestà del Papa sono tali perché un loro cambiamento non intacca il dogma nè è necessario il loro mantenimento per la Fede.

      E se il sacerdote sposato fosse adultero, come ha ipotizzato lei, allora fino al 1139 i sacerdoti sono stati adulteri.

      Peccato che anche il Concilio Vaticano II abbia esplicitato che «la perfetta e continua continenza per il Regno dei cieli certamente non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa alla prassi della Chie­sa primitiva e alla tradizione delle Chiese orientali nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l’aiuto della grazia il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati» (Presbyterorum ordinis, 16). Non si tratta, quindi, di materia che abbia a che fare con la sostanza del Sacramento del sacerdozio, al contrario di quanto molti blaterano sopra (secondo i quali una decisione in senso contrario del Papa attenterebbe al sacramento dell’ordine) ma di una legge vigente nella Chiesa occidentale, che il Papa o un Concilio ecumenico potrebbero cambiare in qualsiasi momento.

      • Ezio Boezio ha detto:

        Scrivo col telefono e non riesco a fare papiri di copia incolla. Per quanto riguarda l’adulterio nella Veritatis Splendor è definitivo atto intrinsecamente cattivo, il fatto che non vi sia colpa soggettiva mortale, non cambia la definizione magisteriale. Dando la Comunione le seconde nozze formalmente non ci sono, ma di fatto si.
        Ne riparleremo fra qualche tempo.

        • Ezio Boezio ha detto:

          Ora è vincolante! Visto che così è stabilito da 1700 anni ed è Tradizione da 2000. Quando e “se” verrà soppresso sarà vincolante il nuovo comando. Ma c’è una Teologia dietro, non è pura prassi.

          • Marco ha detto:

            @Ezio Boezio

            “Ora è vincolante! ”

            Su questo non c’è dubbio! Volevo solo dire che non è affatto vincolante per sempre ma che un Papa può ben cambiare questa norma.

            Discorso diverso per l’ordinazione femminile, dove San Giovanni Paolo II ha chiuso la porta definitivamente e infallibilmente.

            https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_letters/1994/documents/hf_jp-ii_apl_19940522_ordinatio-sacerdotalis.html

            “Benché la dottrina circa l’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante e universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei documenti più recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare.

            Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, IN VIRTÙ DEL MIO MINISTERO DI CONFERMARE I FRATELLI (qui Pietro sta usando la sua potestà infallibile) [19], dichiaro che la Chiesa NON HA IN ALCUN MODO la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza DEVE ESSERE TENUTA IN MODO DEFINITIVO da tutti i fedeli della Chiesa.”

            Ben diversa invece la questione dei preti sposati. Certo che c’è una teologia dietro, ma tale teologia non rende tale disciplina irreformabile, tutto li.

        • Marco ha detto:

          @Ezio Boezio

          “Per quanto riguarda l’adulterio nella Veritatis Splendor è definitivo atto intrinsecamente cattivo, il fatto che non vi sia colpa soggettiva mortale, non cambia la definizione magisteriale”

          Precisamente!

          È proprio così.

          Per esempio, la durata dell’adulterio, la fedeltà tra adulteri, avere figli in adulterio e la generosità tra adulteri non sono cose buone in sé, e non potranno mai esserle; l’affezione che se ne ricava, la mutuale dipendenza, i nuovo obblighi generati possono essere, in alcuni casi (non sempre e automaticamente!) attenuanti che possono far scadere la responsabilità personale al punto che essa diventi soggettivamente veniale, e si possa accedere quindi con regolarità (dove e se il sacerdote lo ritenesse opportuno) ai sacramenti di Riconciliazione ed Eucaristia.

          Ma, per l’appunto, questo non cambia il fatto che l’adulterio sia un atto intrinsecamente malvagio e che chi affermasse che l’adulterio, in alcune circostanze, possa essere lecito, starebbe abbracciando l’etica della situazione, già condannata come eretica dalla Chiesa.

          Mi compiaccio che qualcuno finalmente abbia capito e non mescoli più mele con pere! Bene.

          “Dando la Comunione le seconde nozze formalmente non ci sono, ma di fatto si.”

          Questo però è falso.

          Sarebbe come dice lei se la Chiesa in alcuni casi ritenesse lecito l’adulterio e le seconde nozze, ma non lo fa (non può farlo, dogmaticamente), semplicemente riconosce la mancanza di imputabilità di alcuni adulteri ai quali, in ragione di tale mancanza di imputabilità, non c’è motivo di negare l’accesso ai Sacramenti di Riconciliazione (visto che il peccato veniale non richiede il fermo proposito di non peccare più per essere perdonato) ed Eucaristia (che sana spiritualmente cancellando il peccato veniale).

          Ma mai la Chiesa potrebbe ammettere le seconde nozze, a meno di non abbracciare l’etica della situazione (condannata dalla Chiesa come eretica e contraria al Magistero).

          • Ezio Boezio ha detto:

            http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351394
            Ora purtroppo devo andare a letto. Comunque ti ringrazio Marco, mi hai arricchito.

          • Ezio Boezio ha detto:

            La posizione dei cardinali dei dubia, coi quali io concordo pienamente, è che se il peccato è oggettivamente grave e persistente la comunione non si può dare, la chiesa può giudicare solo il dato oggettivo, quello che è nel cuore dell’uomo solo Dio lo sa.

          • Don Paolo Murri ha detto:

            Mi spiace ma questo è falso. La non imputabilità non trasforma un peccato mortale in veniale, la piena avvertenza e il deliberato consenso sono attenuati, la responsabilità è diciamo veniale, la materia rimane grave.
            Nel momento in cui si fa un discernimento, si riconosce la gravità della materia, si acquisisce piena avvertenza e di conseguenza deliberato consenso.
            Se cessano allora gli atti propri del Matrimonio e si vive in continenza, non essendo temporaneamente possibile la separazione per via dell’educazione dei figli, allora si può fare la Comunione, diversamente non è ammesso, perchè non c’è conversione, non c’è adesione della libertà dell’uomo alla volontà di Dio espressa nel Comandamento.

          • Don Paolo Murri ha detto:

            “Oggi, in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo (« Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio »: Mc 10,11-12), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza.” (CCC 1650)
            Spero sia chiaro. Buonanotte a tutti fratelli e sorelle.

          • Marco ha detto:

            Invece il Confessore può discernere dove vi sia coscienza incolpevolmente erronea o altre attenuanti, non c’è bisogno di super poteri tipo la lettura dei cuori.

            Vuole degli esempi? Pronti!

            Premesso che alla fine spetta solo al confessore giudicare, e che quindi nessuno deve nè tantomeno può autoassolversi direi che uno l’ha illustrato il Cardinale Ennio Antonelli, ovvero quando parla di una persona che

            “Potrebbe non percepire il valore contenuto nella norma, in modo da poter scegliere il bene ed evitare il male liberamente per convinzione interiore (ad esempio, potrebbe non comprendere che il rapporto sessuale è proprio del matrimonio e solo in esso ha valore e dignità umana, come espressione del dono reciproco totale e del comune dono ai figli). Potrebbe infine ritenere erroneamente che l’osservanza della norma, nella sua particolare situazione, sia impossibile, diventando anzi occasione di altre colpe (ad esempio, che la continenza sessuale, se il convivente non fosse d’accordo, potrebbe diventare occasione di rapporti sessuali con altre persone e provocare l’interruzione della coabitazione con grave danno per la cura e l’educazione dei figli).””

            E che

            “in caso di errore temporaneamente invincibile e perciò di rifiuto circa la continenza sessuale, ritenuta nel proprio caso impossibile o assurda e senza valore, valutare la possibile rettitudine della coscienza alla luce della personalità e del vissuto complessivo (preghiera, amore del prossimo, partecipazione alla vita della Chiesa e rispetto per la sua dottrina, umiltà e obbedienza davanti a Dio); esigere che la persona si impegni almeno a pregare e a crescere spiritualmente, allo scopo di conoscere correttamente e compiere fedelmente la volontà di Dio nei propri confronti, come si manifesterà”

            Qua stiamo parlando di coscienza incolpevolmente erronea, e perciò manca piena avvertenza (una delle tre condizioni per il peccato mortale) e quindi il Sacerdote può valutare di assolvere questa persona senza pretendere che viva in castità da quel momento in poi.

            Un secondo esempio è quello fatto dai Vescovi di Malta, dove dicono

            “Nel processo di discernimento, chiedono i vescovi maltesi, «esaminiamo anche la possibilità della continenza coniugale. Nonostante che sia un ideale non facile, ci possono essere coppie che con l’aiuto della grazia pratichino questa virtù senza mettere a rischio altri aspetti della loro vita insieme. D’altronde, ci sono delle situazioni complesse quando la scelta di vivere “come fratello e sorella” risulta umanamente impossibile o reca maggior danno».”

            Ora, questi coniugi sono in un caso concreto dove vivere come fratello e sorella risulta impossibile o potrebbe recare maggior danno, ad esempio far si che l’unione si sfaldi (specie nelle coppie giovani è facile, un conto è a 65 anni e oltre, un conto a 40 anni) con grave danno dei figli, anche qualora avessero piena avvertenza della norma manca la libertà di agire diversamente (deliberato consenso) e quindi anche qui non vi è peccato mortale e il confessore può decidere di assolvere anche senza pretendere la castità assoluta o garanzie in merito ad essa.

            Un terzo esempio (ma i primi due secondo me sono sufficienti) è quello di una donna risposata sfruttata dal nuovo marito e che vorrebbe fortemente vivere in castità ma che non può farlo perché altrimenti il marito la butta in mezzo ad una strada, sia lei che i figli.

            Quando si verificano questi tre casi il confessore può valutare se, nonostante l’indubbia situazione di peccato grave oggettivo, che mai viene coonestata (visto che l’adulterio è un atto intrinsecamente malvagio, secondo la dottrina) manchi l’imputabilità e quindi il peccato sia solo veniale, infatti come dice il Magistero

            “1862 Si commette un peccato veniale quando, trattandosi di materia leggera, non si osserva la misura prescritta dalla legge morale, oppure quando si disobbedisce alla legge morale in materia grave, ma senza piena consapevolezza o senza totale consenso.’

            In questi casi l’assoluzione può essere data senza pretendere che il peccatore abbia il fermo proposito di non peccare più, visto che:

            1) il fermo proposito di non peccare più è necessario solo per assolvere il peccato mortale;

            2) il peccato veniale (come è nei casi succitati) viene cancellato dall’Eucaristia; che sana spiritualmente.

            Spero di averti soddisfatto.

            La scelta di guardare solo il lato oggettivo era appunto una SCELTA della Chiesa del passato di privilegiare il foro esterno, non una necessità irrinunciabile e/o dogmatica.

            Oggi il focus è sul foro interno, come per gli altri peccatori.

          • Ezio Boezio ha detto:

            Marco ma stai scherzando?? L’adulterio con rapporti sessuali diviene peccato veniale, poi fai la Comunione e sei in Grazia di Dio?
            Qui siamo allo sbando!
            Grazie don Paolo, il suo intervento è stato provvidenziale.

          • Marco ha detto:

            Da cui ho preso, volevo dire.

            Oltre all’articolo di Magister sulle parole del Cardinale Antonelli le parole dei Vescovi di Malta le ho prese da qui http://www.lastampa.it/2017/01/14/vaticaninsider/ita/vaticano/amoris-laetitia-losservatore-pubblica-le-linee-guida-maltesi-jLki2r55pShr97d1iL80qL/pagina.html?zanpid=2256166063064908800

            Non le ho linkare tutte in una volta le fonti perché altrimenti non passava il commento.

            Volevo solo mostrare che non serve il super potere della lettura del cuore per discernere dove si siano attenuanti che diminuiscano la colpevolezza soggettiva a fronte di un peccato grave oggettivo.

          • Don Paolo Murri ha detto:

            Evitiamo vi prego teologia da copia incolla.
            Non so se sei sacerdote e se confessi, ma ti assicuro che il Signore nel discernimento delle situazioni dà sempre, e sottolineo sempre, una via di salvezza in conformità con la sua legge, nel cammino di conversione non dimentichiamo che esiste, come indicò il Santo Padre Benedetto XVI, la Comunione Spirituale data dal desiderio stesso di conversione.
            Foro interno ed esterno devono cooperare, essere unitari e guidare alla vita di Grazia, non alla persistenza nella condizione di peccato. Non può esistere solo uno o solo l’altro. Sì è vero, è difficile la continenza nei giovani, ma qui è in gioco la grazia di Dio.
            Può il Signore chiedere ciò che non vuol dare, o è piuttosto il peccatore che non vuole convertirsi?
            E’ proprio questo il dibattito aperto dai Cardinali, non certo persone improvvisate, ed è sul principio di non contraddizione col Magistero precedente e con la Parola di Dio.
            Fino a che il chiarimento sulle ambiguità dell’esortazione apostolica non sarà avvenuto, AL va interpretata in continuità col Magistero precedente, quindi sì all’accompagnamento, al discernimento, ad una maggiore integrazione, ma resta no alla Comunione Sacramentale.

          • Marco ha detto:

            @Ezio

            “Marco ma stai scherzando?? L’adulterio con rapporti sessuali diviene peccato veniale, poi fai la Comunione e sei in Grazia di Dio”

            Non sto scherzando:

            1) l’adulterio è sempre materia grave;

            2) perchè l’adulterio sia peccato mortale la materia grave non basta, occorrono anche piena avvertenza e deliberato consenso;

            3) se mancano piena avvertenza e/o deliberato consenso l’adultero commette solo peccato veniale (cfr Catechismo 1862);

            4) il peccato veniale non è incompatibile con l’Eucaristia (che anzi lo cancella) nè richiede il fermo proposito di non peccare più per essere perdonato.

            Questo dice il Magistero.

          • Marco ha detto:

            Scusate, voglio citare Don Paolo che ha detto una cosa assolutamente giustissima

            “Mi spiace ma questo è falso. La non imputabilità non trasforma un peccato mortale in veniale, la piena avvertenza e il deliberato consenso sono attenuati, la responsabilità è diciamo veniale, la materia rimane grave.”

            Esattamente! In casi di materia grave contro il sesto comandamento la materia per l’appunto rimane SEMPRE grave, ciò che cambia con le circostanze è l’imputabilità.

            Come scrivevo sopra a Petrus infatti questo è proprio il caso trattato in Amoris Laetitia.

            Ma non è vero che

            “Nel momento in cui si fa un discernimento, si riconosce la gravità della materia, si acquisisce piena avvertenza e di conseguenza deliberato consenso.”

            Questo perché, come scriveva il Cardinale Antonelli, ci si può trovare di fronte ad una persona con coscienza invincibilmente erronea, lo cito

            “Amoris laetitia” conferma la cosiddetta legge della gradualità (cf. AL 295), già formulata da san Giovanni Paolo II: “[L’uomo] conosce, ama e realizza il bene morale secondo tappe di crescita” (“Familiaris consortio” 34). Tale legge implica che a volte la coscienza può essere erronea senza cessare di essere retta; può agire in contrasto con la norma morale senza essere colpevole o senza esserlo pienamente.

            La persona potrebbe ignorare la norma generale (ad esempio, che il rapporto sessuale è sempre illecito fuori del matrimonio). Potrebbe non percepire il valore contenuto nella norma, in modo da poter scegliere il bene ed evitare il male liberamente per convinzione interiore (ad esempio, potrebbe non comprendere che il rapporto sessuale è proprio del matrimonio e solo in esso ha valore e dignità umana, come espressione del dono reciproco totale e del comune dono ai figli). Potrebbe infine ritenere erroneamente che l’osservanza della norma, nella sua particolare situazione, sia impossibile, diventando anzi occasione di altre colpe (ad esempio, che la continenza sessuale, se il convivente non fosse d’accordo, potrebbe diventare occasione di rapporti sessuali con altre persone e provocare l’interruzione della coabitazione con grave danno per la cura e l’educazione dei figli).”

            e) in caso di errore temporaneamente invincibile e perciò di rifiuto circa la continenza sessuale, ritenuta nel proprio caso impossibile o assurda e senza valore, valutare la possibile rettitudine della coscienza alla luce della personalità e del vissuto complessivo (preghiera, amore del prossimo, partecipazione alla vita della Chiesa e rispetto per la sua dottrina, umiltà e obbedienza davanti a Dio); esigere che la persona si impegni almeno a pregare e a crescere spiritualmente, allo scopo di conoscere correttamente e compiere fedelmente la volontà di Dio nei propri confronti, come si manifesterà;”

            O di mancanza di deliberato consenso, ovvero dove manca la libertà di agire diversamente.

            I vescovi di Malta dicevano

            “Nel processo di discernimento, chiedono i vescovi maltesi, «esaminiamo anche la possibilità della continenza coniugale. Nonostante che sia un ideale non facile, ci possono essere coppie che con l’aiuto della grazia pratichino questa virtù senza mettere a rischio altri aspetti della loro vita insieme. D’altronde, ci sono delle situazioni complesse quando la scelta di vivere “come fratello e sorella” risulta umanamente impossibile o reca maggior danno». ”

            E in questi casi, anche dove vi sia materia grave (e nel caso dei risposati che non vivono in castità c’è sempre) e piena avvertenza della norma (ovvero conoscenza della norma e coscienza non invincibilmente erronea) può non esserci deliberato consenso, perché manca la libertà di agire diversamente.

            Se infatti i risposati non possono imporsi la castità perché ciò produrrebbe maggior danno, sia alla famiglia che ai figli (che soffrirebbero molto per una eventuale separazione) la libertà di agire diversamente non c’è, e quindi manca un delle condizioni necessarie per il peccato mortale.

            Grazie Don per il suo contributo.

  • Andrea Salvi ha detto:

    Non ho nulla da eccepire su quanto detto da Paolo VI, anzi lo condivido appieno. Ma teologicamente il celibato dei preti non è un dogma. Invito a leggere gli interventi e a entrare nel merito delle questioni anziché divagare. Sarebbe più utile per tutti.

    • Ezio Boezio ha detto:

      Anche non uccidere non è un dogma.

    • Marco ha detto:

      Entrare nel merito delle questioni è proprio l’unica cosa che NON fanno, perché altrimenti la loro ideologia cade come un castello di carte.

  • Alfonso Aliberti ha detto:

    “Il conservatorismo è il loro dogma.”
    Questo Marco, che ha messo casa e bottega in questo blog e chissà in quali altri, è proprio il classico bue (“fanatico” della “rivoluzione perpetua” di mestiere guastatore) che chiama cornuto l’asino (il dogmatico che vive di tradizione e rifiuta i frutti dei tempi moderni)!
    Sul celibato sacerdotale conviene leggersi questa enciclica e rifletterci bene su: LETTERA ENCICLICA DEL SOMMO PONTEFICE
    PAOLO PP. VI – SACERDOTALIS CAELIBATUS – PER QUALI VIE LA CHIESA CATTOLICA DEBBA OGGI ADEMPIRE IL SUO MANDATO

    “Il celibato sacerdotale oggi
    1. Il celibato sacerdotale, che la Chiesa custodisce da secoli come fulgida gemma, conserva tutto il suo valore anche nel nostro tempo, caratterizzato da una profonda trasformazione di mentalità e di strutture. Ma nel clima dei nuovi fermenti si è manifestata anche la tendenza, anzi l’espressa volontà di sollecitare la Chiesa a riesaminare questo suo istituto caratteristico, la cui osservanza secondo alcuni sarebbe resa ora problematica e quasi impossibile nel nostro tempo e nel nostro mondo. ETC…”
    Poi, a chi vuole per il Bergoglio il 100% delle adorazioni in genuflessione, ebbene si accontenti del 99% perchè “etsi omnes ego non”. A proposito di rivoluzione, parola molto ricorrente in questi tempi sciagurati, una riflessione. Leggo da: “Le belle arti in Casa Podesta. Ed altre “fake news”” di Maurizio Blondet 16 gennaio 2017: “Benchè “rosso estremista” assoluto (radical, secondo il termine americano), Alinsky ebbe generosissimi donatori fra i miliardari, di cui fu il vezzeggiato favorito. Tra questi, il banchiere d’affari Eugene Meyer, che fu governatore della Federal Reserve dal 1930 al 1933; partner della Lazard Brothers, e proprietario con la moglie del Washington Post: da lì vennero i dollari per l’organizzazione della sua Industrial Area Foundation, che fu una vera scuola di sovversione per capi di “emarginati” nei sobborghi degradati, l’introduzione del rosso nel bel mondo e alle case editrici alla moda, che pubblicarono i suoi saggi incendiari. Fu la molto perbene Random House a pubblicare nel ’71 il suo Rules for Radicals.
    Il saggio “contiene le dodici regole del buon estremista che intende stravolgere la società; fra queste, Alinsky consiglia di operare per aumentare artificialmente l’insicurezza, l’ansia e l’incertezza, di adoperare le minacce, e pure di spingere gli avversari ad usare la violenza perché questo attira simpatie e guadagna il consenso delle masse”.
    A proposito di stravolgimenti nella Chiesa di Cristo, avevo scritto: “Chi guida questa “rivoluzione” fa esattamente ciò che tutti i capi rivoluzionari hanno sempre fatto. Attraverso la confusione, il disorientamento, la divulgazione di falsità, la demonizzazione dei nemici, la promessa di “letizia” e di “amore” subito e per tutti su questa terra e così via, si illudono le masse e si infiacchisce la resistenza.”
    Chiedo, dunque, alla luce di questo identikit, se si possa dare al “buon estremista”, che “intende stravolgere” la Chiesa Cattolica, un nome e cognome preciso.
    Io non avrei dubbi né timore a dirlo. Sono sicuro che tutti penseranno all’individuo veniente dai confini del mondo.

    • Q.B. ha detto:

      “Marco” pare corrispondere a tale “Vincent vega” che tappezza lo spazio commenti del blog uccr con lenzuolate, rigorosamente monografiche, incentrate su di un’entusiastica apologetica dell’adulterio nella post modernità. Manifesta una non comune sicumera argomentativa. In altra sede ha già fornito risposta esauriente ai dubia cardinalizi e sclerocardici, liberando cosi il Sommo pontefice dall’imbarazzante frangente.

  • Luigi ha detto:

    La riduzione di tutto alla pura logica formale, quasi si trattasse in fondo di una equazioncina, è invece il suo di dogma.

    • Ezio Boezio ha detto:

      La libertà sceglie solo grazie ad una scelta di ragione. Dio non può comandare a partire da Cristo S è P, e poi S non è P.
      Direi che l’arbitrio è il vostro dogma.

    • Adolfo ha detto:

      E fosse realmente una logica formale: in realtà è “abile arte del ritaglio”, che spesso va non solo contro la Dottrina, ma anche e prima di tutto contro la logica.

      • Marco ha detto:

        È da quando scrivo qui che chiedo di dimostrare dove ciò che dico sia andato contro la dottrina.

        Fino ad ora nemmeno una dimostrazione è arrivata.

        Al contrario qui c’ente gente che dice vere e proprie eresie come “le circostanze attenuanti non trasformano l’adulterio in un peccato veniale per chi lo commette”, parola di Echenique.

        Questa ad esempio è una eresia vera e propria.

        Che si mostri dove io avrei detto delle eresie.

  • Andrea Salvi ha detto:

    Ai tanti soloni che disquisiscono come sapientoni di cose che non conoscono, dopo aver premesso che ritengo il celibato una scelta utile per i preti e che la rinuncia al celibato obbligatorio non risolvera’ il problema delle scarse vocazioni, trascrivo quanto segue:
    “SACERDOTI, IL CELIBATO NON È UN DOGMA
    “E’ una legge vigente nella Chiesa occidentale.
    II celibato non è un dogma. E mai nella storia ne è stata rivendicata l’origine divina. Nella Chiesa occidentale si è affermato più per ragioni pastorali o di opportunità, che per ragioni teologiche e dottrinali. In certi periodi storici, infatti, era meglio non aver a che fare con i figli dei preti, per evitare che reclamassero diritti ereditari sui beni ecclesiali. La Chiesa, quindi, potrebbe un giorno decidere diversamente da quanto avviene oggi. Non l’ha fatto finora, sebbene se ne sia dibattuto, a lungo, in più occasioni. Ma il discorso non è affatto chiuso. Anzi, esigenze pratiche come il calo numerico dei preti in Europa e in altre parti del mondo, potrebbero riaprire la riflessione, in vista dell’ordinazione di persone sposate, «mature nella fede» e dotate di una buona formazione.

    Ogni volta che, oggi, si parla di celibato dei preti, il tema fa notizia, soprattutto se legato a episodi di cronaca. I mass media, di solito, se ne occupano con una certa morbosità, non disgiunta da superficialità. Un prete che lascia il sacerdozio e si sposa, dà la stura alle cronache di gossip. Ci si dimentica che la Chiesa cattolica, da san Pietro in giù, ha sempre avuto preti e vescovi sposati. E anche oggi, nelle Chiese cattoliche di rito orientale, non c’e l’obbligo del celibato per i preti: ci sono sempre stati e continuano a esserci sacerdoti sposati. Ma già Pio XII aveva concesso ai sacerdoti anglicani passati alla Chiesa cattolica di esercitare il loro ministero restando sposati e uniti alla famiglia. E, più di recente, Papa Benedetto XVI ha aperto ancora agli anglicani e permesso che i preti che, per una ragione o l’altra, passano alla Chiesa cattolica, possano restare sposati.

    II Concilio Vaticano II aveva esplicitato che «la perfetta e continua continenza per il Regno dei cieli certamente non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa alla prassi della Chie­sa primitiva e alla tradizione delle Chiese orientali nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l’aiuto della grazia il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati» (Presbyterorum ordinis, 16). Non si tratta, quindi, di materia che abbia a che fare con la sostanza del Sacramento del sacerdozio.”

    • Marco ha detto:

      Non si illuda Andrea, come con Familiaris Consortio ci sarà chi tratterà come dogma irreformabile anche questa questione, dando quindi dell’eretico e dell’apostata al Papa qualora dovesse introdurre cambiamenti, nonostante possa introdurli eccome (non trattandosi di dogma).

      Queste persone hanno dogmatizzato l’altra conservatorismo come unico modo di essere cattolici; e poco importa che ci siano altri modi leciti senza intaccare il dogma.

      Il conservatorismo è il loro dogma.

      • Ezio Boezio ha detto:

        Fra queste persone, questi sapientioni, c’è fra gli altri il Cardinal Carlo Caffarra, che spiega nell’intervista al Foglio, cosa sono dogma, morale, coscienza, misericordia, peccato, conversione, etc. per la Chiesa Cattolica. Familiaris Consorzio è Dottrinale, non c’è solo il Dogma.
        C’è evoluzione quando non c’è contraddizione.
        Per quanto riguarda la situazione del celibato ecclesiastico informatevi meglio, non solo con fonti che vi danno ragione.

        • Andrea Salvi ha detto:

          Non sono fonti che danno o non danno ragione, e’ la storia della Chiesa. Se lei ha motivi per contestare, lo faccia con argomentazioni credibili e non con slogan

        • Marco ha detto:

          Il cambiamento fatto da Al a Familiaris Consortio riguarda la disciplina, non il dogma.

          È stato cambiato il modo di applicare il dogma, non il dogma stesso.

  • Dolce Gabbiano ha detto:

    Poi questa storia del caso per caso sta facendo diventare il caso legge, e la legge un caso.

    • cosimo de matteis ha detto:

      E’ risaputo (anzi: strarisaputo): la c.d. pastorale caso per caso è il trionfo del relativismo.
      (Cfr https://ilbenevincera.wordpress.com/2015/10/19/la-pastorale-caso-per-caso-e-il-trionfo-del-relativismo/ )

      Qualcuno ricorda chi fu quel sant’uomo che, prima e meglio di altri, intuì i pericoli di quella maledetta “dittatura del relativismo”?

      • Marco ha detto:

        Le comunico che anche nel Catechismo di San Pio X c’è scritto che un peccato, per essere mortale, richiede oltre alla materia grave anche piena avvertenza e deliberato consenso.

        Se per lei discernere dove, in una situazione di materia grave, non vi è peccato mortale a causa di attenuanti (che la Chiesa ha sempre riconosciuto possano esserci), significa essere relativisti allora è il Magistero ad essere relativista, perché detto Magistero ha sempre rifiutato l’assolutismo kantiano di cui voi vi fate portavoci.

  • Dolce Gabbiano ha detto:

    Tanto rumore per nulla? Ci sono fior fior di Cardinali e Vescovi che stanno prendendo posizione contro queste derive..”Solo un cieco può negare che nella Chiesa ci sia una grande confusione “.

    • Acchiappaladri ha detto:

      Appunto.
      Dato che è nei fatti che sempre più siamo afflitti da reali e dolorose “derive”, cerchiamo di darci (cristianamente) una mano per capire se nella grande confusione ci sono anche attivi nuovi attacchi agli immutabili fondamenti dottrinali del sacramento dell’ordine oppure se (almeno in questo caso) possiamo con sollievo dire “tanto rumore per nulla” e riservare le nostre preghiere al resto dell’apostasia in corso a tutti i livelli fra noi battezzati nella Chiesa Cattolica.

      • Dolce Gabbiano ha detto:

        Se, e dico se, il sacerdote è ancora Alter Christus, e Cristo non aveva moglie, ma era /è Sposo della Chiesa, anche la proposizione C) è, non dico eretica, perché riguarda la disciplina e non il dogma, ma falsa.

  • Acchiappaladri ha detto:

    PREMESSA
    Ho scoperto da poche settimane questo utile blog: grazie Dottor Tosatti per le fresche notizie vaticane (di solito sconcertanti e cattive… ma è meno peggio che il marcio sia scoperto piuttosto che si propaghi non ostacolato sotto omertà) che con apprezzata professionalità riesce a scovare e diffondere fra lettori come me che diversamente tali notizie non riuscirebbero a saperle.

    IL PUNTO IN QUESTIONE
    A una prima lettura di quest’ultima notizia mi sembra che nella setta di ecclesiastici e loro sostenitori laici attualmente dominante gerarchicamente la Chiesa Cattolica sia a buon punto la “cottura” di un’altra pozione anti-sacramentale: dopo eucarestia, penitenza e matrimonio, sembra che il trattamento ora spetti all’ordine.

    Particolare sospetto mi desta la CONFUSIONE che trovo anche nella notizia riportata, tipico strumento per distrarre i semplici e i pochi ecclesiastici e laici attivamente resistenti con problemi fasulli o lecitamente opinabili facendo arrivare più facilmente sull’obbiettivo dogmatico il demolitore siluro neo-luterano.

    Da battezzato cattolico senza alcuno studio specifico sull’argomento, mi sembra (da quanto mi fu insegnato al catechismo fra i ’60 e i ’70 e poi da quanto mi è capitato di leggere e sentire qua e là) nello specifico che si faccia un gran polverone mescolando:

    A) il desiderio di qualcuno di riammettere a uffici ministeriali sacerdoti cattolici regolarmente ordinati da celibi che poi furono sospesi perché decisero di sposarsi;

    B) il desiderio di qualcuno concedere ai sacerdoti cattolici regolarmente ordinati da celibi la facoltà di sposarsi successivamente senza rinunciare al loro ministero;

    C) il desiderio di reintrodurre nella Chiesa Cattolica Romana la possibilità di ordinare sacerdoti anche uomini già canonicamente coniugati.

    Per favore il Reverendo Cesare Baronio o altri esperti sacerdoti mi correggano se sbaglio:
    il desiderio C) NON contrasta alcun dogma ma solamente decisioni di opportunità pastorale prese dalle competenti gerarchie cattoliche romane nel secondo millennio.
    Ragionando “terra terra”, visto che da secoli abbiamo chiese cattoliche particolari in piena comunione col ramo romano della cattolicità che ordinano spesso uomini sposati, non vedo perché il papa pro-tempore non possa, se fosse a maggior gloria dell’Altissimo in questi tempi cupi di apostasia di massa, fare riforme canoniche che diano maggiori possibilità di ordinazione a uomini cattolici coniugati che abbiamo valida vocazione.

    I desideri A) e B) per quanto ne so io sono invece eretici per tutte le chiese che seguono la tradizione cattolica del primo millennio:
    quindi attuabili eventualmente nella nella neo-chiesa cattolico-luterana di Guidonia.

    Quindi cerchiamo di fare di volta in volta chiarezza sull’obbiettivo reale di proposte riformatrici sui “presti sposati”.

    • Adolfo ha detto:

      Il celibato sacerdotale NON è una Legge divina, e dunque tale legge potrebbe anche essere modificata.

      Però sussistono problemi di vario tipo. Ne cito un paio.

      Uno è di carattere “pratico”: consideriamo un padre di famiglia, che è anche prete e dunque si trova a gestire pure una parrocchia.

      È difficile portare avanti nel migliore dei modi la cura della famiglia, ed è difficile portare avanti nel migliore dei modi la cura di una parrocchia: come si fa a fare ambo le cose, e a farle bene?
      Però un prete sposato potrebbe comunque essere di valido aiuto – entro i limiti dati dal suo dovere di padre di famiglia – a un prete non sposato.

      In realtà il problema più grave è attualmente di altro tipo, ed è relativo alla volontà di demolire i Sacramenti. Dunque la questione “preti sposati”, pur non essendo “cattiva” o “ingiusta” in sé, viene usata come grimaldello per demolire il Sacramento dell’Ordine. Questo intento è lampante, se solo ci si guarda un po’ intorno, dalle parti dei modernisti e dei massoni.

      Così come, con la nuova “legge del caso per caso”, si va pian piano demolendo la giusta concezione del Matrimonio sacramentale, della Confessione e dell’Eucaristia.

      Ovvio, ad esempio, che un confessore debba necessariamente guardare al “caso per caso”, poiché ogni persona è diversa dall’altra.
      Ma, se il “caso per caso” diviene – sempre nell’esempio addotto – una scusa per confondere i precetti positivi (che obbligano sempre, ma non in ogni momento) coi precetti negativi (quelli che proibiscono di compiere un peccato, e che valgono sempre e in ogni momento), dando il via libera anche a peccatori gravi, che non hanno la minima intenzione di convertirsi… ecco che ci si trova di fronte a un bel problema.

      Molte cattive intenzioni vengono abilmente mascherate con una patina di bontà, e sono ben perniciose: proprio perché il loro intento cattivo non è facilmente percepibile.

      • Marco ha detto:

        @Adolfo

        “Ma, se il “caso per caso” diviene – sempre nell’esempio addotto – una scusa per confondere i precetti positivi (che obbligano sempre, ma non in ogni momento) coi precetti negativi (quelli che proibiscono di compiere un peccato, e che valgono sempre e in ogni momento), dando il via libera anche a peccatori gravi, che non hanno la minima intenzione di convertirsi… ecco che ci si trova di fronte a un bel problema.”

        I precetti negativi valgono sempre, ma questo non significa che non vi siano casi dove non ottemperarle costituisca solo colpa veniale a causa di attenuanti.

        Per esempio, mai è lecito l’adulterio, eppure l’adultero può commettere solo colpa veniale, se ha delle attenuanti che diminuiscono la sua colpevolezza.

        Perciò non continuare a fare confusione tra il precetto e la persona.

        • PetrusLXXVII ha detto:

          Signor Marco, dall’alto delle sue infallibili conoscenze, perché non scrive una lettera di protesta al Cardinal Cafarra per tutte quelle scempiaggini che ha osato proferire, invece di perdere tempo con noi poveri ignari del Vangelo e della dottrina della Chiesa?! Ci faccia sapere..

          • Marco ha detto:

            Riguardo al Cardinal Caffarra la invito a leggere questo splendido post https://pellegrininellaverita.com/2017/01/14/amoris-laetitia-ecco-veri-fautori-di-pace/#comment-29068 del direttore di croce-via.

            Ora però non sia timido: risponda ai miei Dubia (lei o anche altri, non c’è problema, io il link l’ho dato).

          • PetrusLXXVII ha detto:

            Ci sono solo due possibilità che possono spiegare la sua ostinazione a voler vedere nella convivenza more uxorio, una situazione compatibile con l’accessibilità alla divina Eucarestia: o non capisce, o finge di non capire. E visto che il suo metro per dirimere la questione è la “legge” e non il Vangelo, bene.. anche la “legge” – che lei guarda con gli occhi dell’ideologo (ed è per questo che la reputa tale, cioè legge) e non con quelli della fede (che le consentirebbero invece di rintracciare la logica evangelica) – naviga contro le sue convinzioni prive di logica e di senso. Queste sono le risposte ai suoi ridicoli dubia:
            1) SI. Nel merito della questione discussa la conseguenza è che quando l’adultero – già messo in guardia del male compiuto, pur mostrando di aver compreso e pur dichiarandosi pentito – persevera nel peccato, sta scegliendo con malizia e deliberatamente il male;
            2) SI. Continua ad essere valida la distinzione al punto (2), distinzione che pone l’adultero definito al punto (1) nella condizione di esercitare un peccato formale;
            3) NO. L’adulterio non è più speciale di quanto possa esserlo qualsiasi altro peccato grave. In particolare l’adulterio diverrebbe peccato mortale quando, se ben compreso nella sua natura di peccato grave e quando deliberatamente reiterato, soddisfa (come ogni altro peccato grave) le condizioni che priverebbero chi lo compie della Grazia Santificante;
            4) SI. Ciò che attiene al magistero ordinario di un pontefice non può essere riformato in ordine alla natura della materia trattata, dovendosi preservare il deposito della fede (cfr. Nota Dottrinale illustrativa Professio Fidei, 1998 – Paragrafo 6). Può essere cambiata la misura delle conseguenze di un pronunciamento ma non la natura stessa delle conseguenze contemplate, perché ciò implicherebbe un sovvertimento dottrinale e quindi della logica evangelica, per es. è possibile non comminare più una scomunica, facendo però comunque salva la condanna della trasgressione che precedentemente generava tale scomunica;
            5) SI. E’ valido se il Pontefice rimane fedele al suo mandato di preservare il depositum fidei, il che esclude ciò che lei a proprio uso aggiunge al canone 331 del diritto canonico. Nella fattispecie la seguente fandonia: “il suo pieno diritto di modificare discipline non più ritenute utili alla salus animarum”. E chi stabilirebbe che ciò che prima era valido ad uno scopo, ora non lo è più? La dittatura del relativismo?! Bene, se la tenga stretta.
            In conclusione, lei non è in grado di dimostrare un bel niente che non sia avallato dall’interpretazione eterodossa di AL. Se ne faccia una ragione.
            Le dico fin d’ora che non continuerò a rispondere alla sua ridondante ermeneutica del relativismo, preteso dogma della neochiesa. Sarebbe tempo sprecato.

          • Marco ha detto:

            @Petrus

            “1) SI. Nel merito della questione discussa la conseguenza è che quando l’adultero – già messo in guardia del male compiuto, pur mostrando di aver compreso e pur dichiarandosi pentito – persevera nel peccato, sta scegliendo con malizia e deliberatamente il male;”

            Questo non è ciò che dice la Chiesa, in quanto la Chiesa riconosce che possono darsi circostanze attenuanti che (piaccia o a quelli come lei) possono sgravare il risposato dalla colpa mortale. Ad esempio una coscienza invincibilmente erronea o altre circostanze attenuanti.

            Quindi ciò che ha detto è falso.

            E per dimostrarlo le cito il Cardinale Ennio Antonelli

            “Amoris laetitia” conferma la cosiddetta legge della gradualità (cf. AL 295), già formulata da san Giovanni Paolo II: “[L’uomo] conosce, ama e realizza il bene morale secondo tappe di crescita” (“Familiaris consortio” 34). Tale legge implica che a volte la coscienza può essere erronea senza cessare di essere retta; può agire in contrasto con la norma morale senza essere colpevole o senza esserlo pienamente.

            La persona potrebbe ignorare la norma generale (ad esempio, che il rapporto sessuale è sempre illecito fuori del matrimonio). Potrebbe non percepire il valore contenuto nella norma, in modo da poter scegliere il bene ed evitare il male liberamente per convinzione interiore (ad esempio, potrebbe non comprendere che il rapporto sessuale è proprio del matrimonio e solo in esso ha valore e dignità umana, come espressione del dono reciproco totale e del comune dono ai figli). Potrebbe infine ritenere erroneamente che l’osservanza della norma, nella sua particolare situazione, sia impossibile, diventando anzi occasione di altre colpe (ad esempio, che la continenza sessuale, se il convivente non fosse d’accordo, potrebbe diventare occasione di rapporti sessuali con altre persone e provocare l’interruzione della coabitazione con grave danno per la cura e l’educazione dei figli).”

            e) in caso di errore temporaneamente invincibile e perciò di rifiuto circa la continenza sessuale, ritenuta nel proprio caso impossibile o assurda e senza valore, valutare la possibile rettitudine della coscienza alla luce della personalità e del vissuto complessivo (preghiera, amore del prossimo, partecipazione alla vita della Chiesa e rispetto per la sua dottrina, umiltà e obbedienza davanti a Dio); esigere che la persona si impegni almeno a pregare e a crescere spiritualmente, allo scopo di conoscere correttamente e compiere fedelmente la volontà di Dio nei propri confronti, come si manifesterà;”

            Quindi, come vede, il fatto che il mero conoscere la norma porti l’adultero a peccare formalmente è semplicemente falso, secondo la teologia morale.

            E questo non dà Al, da sempre.

            L’unica cosa ridicola qui non sono i miei Dubia, ma la sua volontà di impicciarsi in materie che non padroneggia minimamente, accusando gli altri di relativismo.

            Inoltre ci sono circostanze dove i risposati, anche avessero piena avvertenza della norma, mancano del deliberato consenso necessario ad agire diversamente.

            Di questo caso ne hanno parlato i Vescovi di Malta dicendo

            “Nel processo di discernimento, chiedono i vescovi maltesi, «esaminiamo anche la possibilità della continenza coniugale. Nonostante che sia un ideale non facile, ci possono essere coppie che con l’aiuto della grazia pratichino questa virtù senza mettere a rischio altri aspetti della loro vita insieme. D’altronde, ci sono delle situazioni complesse quando la scelta di vivere “come fratello e sorella” risulta umanamente impossibile o reca maggior danno». ”

            Come vede qui siamo davanti ad una mancanza di libertà di agire diversamente, che per se sgrava dal peccato mortale anche dove vi sia piena avvertenza e materia grave, poichè il deliberato consenso è necessario al peccato mortale.

            “SI. Continua ad essere valida la distinzione al punto (2), distinzione che pone l’adultero definito al punto (1) nella condizione di esercitare un peccato formale;”

            Come già detto è dimostrato questo è falso.

            “NO. L’adulterio non è più speciale di quanto possa esserlo qualsiasi altro peccato grave. In particolare l’adulterio diverrebbe peccato mortale quando, se ben compreso nella sua natura di peccato grave e quando deliberatamente reiterato, soddisfa (come ogni altro peccato grave) le condizioni che priverebbero chi lo compie della Grazia Santificante;”

            Esatto! Qui ha perfettamente ragione! Ma come vede le condizioni per soddisfare ciò sono molto più complesse di quanto da lei detto sopra.

            “4) SI. Ciò che attiene al magistero ordinario di un pontefice non può essere riformato in ordine alla natura della materia trattata, dovendosi preservare il deposito della fede (cfr. Nota Dottrinale illustrativa Professio Fidei, 1998 – Paragrafo 6). Può essere cambiata la misura delle conseguenze di un pronunciamento ma non la natura stessa delle conseguenze contemplate, perché ciò implicherebbe un sovvertimento dottrinale e quindi della logica evangelica, per es. è possibile non comminare più una scomunica, facendo però comunque salva la condanna della trasgressione che precedentemente generava tale scomunica;”

            Questo è falso. Familiaris Consortio 84 e Sacramentum Caritatis e Raeconciliatio ed paenitentia non toccano questioni dottrinali, ma sono una delle applicazioni del dogma possibili, in questo caso una applicazione che tiene conto del solo foro esterno.

            Tenendo conto del solo foro esterno, è possibile uno shifting di prospettiva al foro interno, che si basi sull’imputabilità della persona che ha commesso il peccato piuttosto che sulla mera sua azione “pubblica”.

            Perciò il cambiamento introdotto con Al non cambia il dogma ma è uno dei modi di applicare il dogma.

            “5) SI. E’ valido se il Pontefice rimane fedele al suo mandato di preservare il depositum fidei, il che esclude ciò che lei a proprio uso aggiunge al canone 331 del diritto canonico”

            Invece non lo esclude affatto.

            Infatti lei, da buon protestante, chiede

            “Nella fattispecie la seguente fandonia: “il suo pieno diritto di modificare discipline non più ritenute utili alla salus animarum”. E chi stabilirebbe che ciò che prima era valido ad uno scopo, ora non lo è più? La dittatura del relativismo?! ”

            No, è il Papa che lo stabilisce, risposta ovvia per ogni cattolico. Il Papa e i Vescovi in unione con lui.

            In materia di fede e di costumi la Chiesa Docente, cioè il Papa ed i Vescovi in unione con lui, non può errare e non può indurre in errore: questa è la nostra fede cattolica

            “In conclusione, lei non è in grado di dimostrare un bel niente che non sia avallato dall’interpretazione eterodossa di AL. Se ne faccia una ragione.”

            Lei è un ignorante che vuole restare tale e amen.

            Le faccio notare che:

            (1) il fatto che esistano circostanze attenuanti per un penitente, infatti, non sminuisce la gravità dell’atto (perciò la sua ridicola e ignorante accusa di relativismo è senza basi) ma solo diminuisce la responsabilità del peccatore in quanto gli riconosce una libertà diminuita;

            2) esempio estremo: se Gianni prende una pistola e la punta contro la tempia di Paolo e gli ordina di firmare un falso, è chiaro : (a) che Paolo ha la sua libertà molto sminuita; (b) che Paolo sempre commette un atto intrinsecamente malvagio cioè firmare un falso; (c) che Paolo gode di circostanze attenuanti oggettive ; (d) che il giudice che assolverà Paolo o gli darà una pena alleggerita a causa di queste circostanze attenuanti non afferma che firmare falsi non sia in sé e di per sé cosa contro la legge.

            Quindi il suo ragionamento, nonostante lei si vanti di grande logica, è un ragionamento illogico: non è perché ci possono essere circostanze attenuanti riconosciute valide dalla Chiesa che questo implichi un cambiamento di dottrina sulla malvagità dell’adulterio in tutte le sue forme. Questo sarebbe relativismo!

            Ma lei parla di relativismo senza manco sapere cos’è, perciò faccia pure.

            La verità circa questione circa Amoris Laetitia, infatti gira intorno a due punti ai quali la Santa Chiesa ha già risposto da sempre con sì, e che ora applica anche ai risposati (persone coi quali prima non veniva applicata per motivi disciplinari, ovvero:

            1) una persona non soggettivamente colpevole di un peccato può avere accesso alla comunione?

            2) “una persona colpevole ma con circostanze attenuanti oggettive (cioè verificabili dal confessore) di aver commesso un peccato eppure, almeno parzialmente, pentita può in certi casi ricevere l’assoluzione secondo la dottrina cattolica ?”

            Il sì alle due domande implica la conformità di Amoris Laetitia alla dottrina della Chiesa in materia di morale e anche indica che siamo solo di fronte ad un cambiamento di disciplina penitenziale che non intacca in niente l’insegnamento sul matrimonio, sulla confessione e sull’Eucaristia.

            Come vede, ancora una volta, ho dimostrato la falsità delle sue tesi, col Magistero.

          • PetrusLXXVII ha detto:

            Mi dispiace, ma io (come chiunque la legge che non sia imbevuto dell’ideologia relativista) nella sua risposta non riesco a cogliere altro se non dei salti mortali nell’illogicità, mossi per convincere se stesso di aver ragione. Buona fortuna! 😉

          • Marco ha detto:

            E io nel suo non riesco a scorgere altro se non l’assolutismo kantiano, che è radicalmente non cattolico.

            Se il mio è relativismo sono in buona compagnia, vuol dire che lo è anche il Magistero. 😉

            Visto che di “mio” li non ho detto nulla ma ho riportato quanto affermato dal Magistero per tutti gli altri peccati.

            Buona serata.

        • Adolfo ha detto:

          #Perciò non continuare a fare confusione tra il precetto e la persona#

          Eccola qua, una delle varie massime “stile nuovo corso”.

          La confusione la fai tu: io ho semplicemente ribadito che i precetti negativi valgono sempre e in ogni momento, e dunque vanno sempre e in ogni momento rispettati.

          Dunque, se si cade occasionalmente è un conto; se si fa di un peccato grave (di qualunque tipo) una norma di vita, è un altro conto.

          Per quanto riguarda l’adulterio e i peccati sessuali in genere, in uno dei commenti di oggi ti ho riportato la chiarissima spiegazione di Padre Bellon, il quale usa anch’egli San Tommaso, ma perviene a conclusioni opposte alle tue.

          E ancora stai a dire che nessuno ti dimostra nulla, in merito agli arrampicamenti sugli specchi di cui ci dai ogni giorno abbondante dimostrazione.

          Per quanto riguarda Eucaristia e adulterio, mi pare che valga ancora il CCC il quale, al numero 1650 recita fra l’altro:
          “[…]
          Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio.
          Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione”.

          Dunque, se il Catechismo ancora è valido, nessun adultero, indipendentemente da eventuali circostanze attenuanti (che non sono minimamente nominate), può accedere alla Comunione sacramentale. Che poi è la stessa cosa affermata da Padre Bellon, nella spiegazione in cui si rifà all’insegnamento dell’Aquinate.

          Tutto il resto è fuffa e arrampicamento su superfici molto lisce.

          Rampicare ti piace, e l’abbiamo capito; e tanto ti piace che, ogni volta che non puoi rispondere a chiarissime e circostanziate domande, fai come tutti gli altri misericordisti: te ne esci con la trita e retrita – e pure patetica – accusa di “durezza di cuore”.

          • Marco ha detto:

            @Adolfo

            “Per quanto riguarda l’adulterio e i peccati sessuali in genere, in uno dei commenti di oggi ti ho riportato la chiarissima spiegazione di Padre Bellon, il quale usa anch’egli San Tommaso, ma perviene a conclusioni opposte alle tue.”

            Il commento di Padre Bellon l’ho confutato, vai pure a vedere.

            “Dunque, se si cade occasionalmente è un conto; se si fa di un peccato grave (di qualunque tipo) una norma di vita, è un altro conto.”

            Ripeto, ci sono situazioni dove un peccato grave quanto alla materia è veniale per l’anima di chi lo compie, se non è libera di agire diversamente o ha coscienza incolpevolmente erronea.

            Questo non lo dico io, ma il Catechismo.

            “E ancora stai a dire che nessuno ti dimostra nulla, in merito agli arrampicamenti sugli specchi di cui ci dai ogni giorno abbondante dimostrazione.”

            Nessun arrampicamento sugli specchi.

            “Per quanto riguarda Eucaristia e adulterio, mi pare che valga ancora il CCC il quale, al numero 1650 recita fra l’altro:
            “[…]
            Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio.
            Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, ”

            Quando San Giovanni Paolo II, nel 1981, fece uscire Familiaris Consortio; che diceva che i risposati non erano scomunicati, non era ancora stato abrogato il Codice di diritto canonico del 1917 che li scomunicava, visto che il nuovo codice è del 1983.

            Quindi? Probabilmente quando sarà passata questa bufera il Papa emanerà un Motu proprio nel quale dirà ufficialmente che la legge di GPII è abrogata, esattamente come erano passati due anni tra l’esportazione apostolica Familiaris Consortio e il cambiamento del Codice di diritto canonico.

            E intanto nella maggioranza delle diocesi AL è applicata.

            “Rampicare ti piace, e l’abbiamo capito; e tanto ti piace che, ogni volta che non puoi rispondere a chiarissime e circostanziate domande, fai come tutti gli altri misericordisti: te ne esci con la trita e retrita – e pure patetica – accusa di “durezza di cuore”.

            Io ho sempre risposto a tutto, compreso a Bellon, che contraddice palesemente il Magistero affermando che i risposati non possano mai essere in Grazia se compiono atti sessuali, frase che nega il fatto che un atto in materia grave dove vi sono attenuanti di coscienza o oggettive (famiglia, figli, amore ecc) può ben essere veniale (ovviamente il discernimento spetta al sacerdote).

            Se Bellon dice cose contrarie al Magistero dogmatico Bellon sbaglia.

          • Marco ha detto:

            Ultima cosa

            “La confusione la fai tu: io ho semplicemente ribadito che i precetti negativi valgono sempre e in ogni momento, e dunque vanno sempre e in ogni momento rispettati.”

            Questo è vero, ma come detto dove la persona non può agire diversamente o ha coscienza invincibilmente erronea la sua trasgressione del precetto negativo non è (che ti piaccia o no) imputabile come peccato mortale.

            Il Cardinale Ennio Antonelli ha parlato chiaramente di un caso in cui

            “Potrebbe non percepire il valore contenuto nella norma, in modo da poter scegliere il bene ed evitare il male liberamente per convinzione interiore (ad esempio, potrebbe non comprendere che il rapporto sessuale è proprio del matrimonio e solo in esso ha valore e dignità umana, come espressione del dono reciproco totale e del comune dono ai figli). Potrebbe infine ritenere erroneamente che l’osservanza della norma, nella sua particolare situazione, sia impossibile, diventando anzi occasione di altre colpe (ad esempio, che la continenza sessuale, se il convivente non fosse d’accordo, potrebbe diventare occasione di rapporti sessuali con altre persone e provocare l’interruzione della coabitazione con grave danno per la cura e l’educazione dei figli).””

            E che

            “in caso di errore temporaneamente invincibile e perciò di rifiuto circa la continenza sessuale, ritenuta nel proprio caso impossibile o assurda e senza valore, valutare la possibile rettitudine della coscienza alla luce della personalità e del vissuto complessivo (preghiera, amore del prossimo, partecipazione alla vita della Chiesa e rispetto per la sua dottrina, umiltà e obbedienza davanti a Dio); esigere che la persona si impegni almeno a pregare e a crescere spiritualmente, allo scopo di conoscere correttamente e compiere fedelmente la volontà di Dio nei propri confronti, come si manifesterà”

            Qua stiamo parlando di coscienza incolpevolmente erronea, e perciò manca piena avvertenza (una delle tre condizioni per il peccato mortale) e quindi il Sacerdote può valutare di assolvere questa persona senza pretendere che viva in castità da quel momento in poi.

            Un secondo esempio è quello fatto dai Vescovi di Malta, dove dicono

            “Nel processo di discernimento, chiedono i vescovi maltesi, «esaminiamo anche la possibilità della continenza coniugale. Nonostante che sia un ideale non facile, ci possono essere coppie che con l’aiuto della grazia pratichino questa virtù senza mettere a rischio altri aspetti della loro vita insieme. D’altronde, ci sono delle situazioni complesse quando la scelta di vivere “come fratello e sorella” risulta umanamente impossibile o reca maggior danno».”

            Ora, questi coniugi sono in un caso concreto dove vivere come fratello e sorella risulta impossibile (e risultando impossibile è peccato veniale, e come dice il Concilio di Trento è impossibile essere impeccabili anche venialmente) o potrebbe recare maggior danno, ad esempio far si che l’unione si sfaldi (specie nelle coppie giovani è facile, un conto è a 65 anni e oltre, un conto a 40 anni) con grave danno dei figli, anche qualora avessero piena avvertenza della norma manca la libertà di agire diversamente (deliberato consenso) e quindi anche qui non vi è peccato mortale e il confessore può decidere di assolvere anche senza pretendere la castità assoluta o garanzie in merito ad essa.

            Un terzo esempio (ma i primi due secondo me sono sufficienti) è quello di una donna risposata sfruttata dal nuovo marito e che vorrebbe fortemente vivere in castità ma che non può farlo perché altrimenti il marito la butta in mezzo ad una strada, sia lei che i figli.

            Quando si verificano questi tre casi il confessore può valutare se, nonostante l’indubbia situazione di peccato grave oggettivo, che mai viene coonestata (visto che l’adulterio è un atto intrinsecamente malvagio, secondo la dottrina) manchi l’imputabilità e quindi il peccato sia solo veniale, infatti come dice il Magistero

            “1862 Si commette un peccato veniale quando, trattandosi di materia leggera, non si osserva la misura prescritta dalla legge morale, oppure quando si disobbedisce alla legge morale in materia grave, ma senza piena consapevolezza o senza totale consenso.’

            In questi casi l’assoluzione può essere data senza pretendere che il peccatore abbia il fermo proposito di non peccare più, visto che:

            1) il fermo proposito di non peccare più è necessario solo per assolvere il peccato mortale;

            2) il peccato veniale (come è nei casi succitati) viene cancellato dall’Eucaristia; che sana spiritualmente.

            Spero di averti soddisfatto.

            Se mi dici che queste cose che ho detto non sono Magistero e che la violazione dei precetti negativi implica il peccato mortale anche dove mancano piena avvertenza e deliberato consenso mostrami dei testi Magisteriali che lo affermano.

            Visto che dici che io “rampico”….

            Non è colpa mia se voi fate l’equivalenza materia grave = peccato mortale senza tenere in conto le altre due condizioni soggettive che servono per rendere il peccato mortale (e che, se assenti, lasciano il peccato grave solo materialmente ma non tolgono la Grazia di Dio e non mettono a rischio l’anima).

          • Marco ha detto:

            Qui http://www.marcotosatti.com/2017/01/14/malta-comunione-ai-divorziati-risposati-contro-il-catechismo-nuove-voci-chiedono-al-papa-una-riposta-di-chiarezza-ai-dubia/#comment-3956 c’è la mia confutazione di Padre Bellon.

            Bellon dice che i risposati sono sempre in peccato mortale se non vivono in castità.

            Ma per dire questo dovrebbe dimostrare che:

            1) i divorziati risposati non possano mai avere una coscienza incolpevolmente erronea che tolga la piena avvertenza (peccato che il Cardinale Antonelli e la Chiesa la pensino diversamente);

            2) i divorziati risposati non possano mai avere attenuanti che tolgano loro la libertà di agire diversamente, ad esempio una nuova famiglia, i figli ecc (che verrebbero danneggiati dal frantumarsi dell’unione, unione che potrebbe non reggere alla imposizione di una castità assoluta e innaturale in giovane età, specie se i due coniugi non hanno la stessa Fede, vedi quanto detto in Al 301 e dai Vescovi di Malta).

            Se Padre Bellon riesce a dimostrare questo allora ha ragione e non vi può essere misericordia verso i risposati che non vivono in castità perché sono sempre in peccato mortale.

            Se invece non è possibile dimostrarlo allora ci possono essere casi dove l’adulterio dei risposati; PUR essendo grave quanto alla materia, è peccato veniale (vedere Catechismo al 1862) e quindi è possibile far accostare regolarmente queste persone ai Sacramenti di Riconciliazione ed Eucaristia senza esigere da loro il proposito di non peccare più (proposito necessario per assolvere dal peccato mortale).

            Tertium non datur.

            Entrate nel merito oppure tacete ma non dite a me che rampico perché io ho sempre argomentato tutto con precisione e pazienza.

            Voi invece, in forza della vostra visione semplicistica (non semplice, semplicistica) della Fede pretendete di dettare legge e parlare di “neo Chiesa”, di “Papa apostata” e puttanate varie.

          • Adolfo ha detto:

            #Se invece non è possibile dimostrarlo allora ci possono essere casi dove l’adulterio dei risposati; PUR essendo grave quanto alla materia, è peccato veniale (vedere Catechismo al 1862) e quindi è possibile far accostare regolarmente queste persone ai Sacramenti di Riconciliazione ed Eucaristia senza esigere da loro il proposito di non peccare più (proposito necessario per assolvere dal peccato mortale).

            Tertium non datur.

            Entrate nel merito oppure tacete ma non dite a me che rampico perché io ho sempre argomentato tutto con precisione e pazienza#

            Rampichi eccome: infatti non puoi annullare il CCC, o meglio non è giusto che citi solo quel che ti fa comodo, quando parli dei divorziati risposati. Il CCC 1650 non ammette alcuno spiraglio.

            Quando il papa cambierà il Catechismo (come tu desideri ardentemente, e come dai già per scontato), allora ne riparleremo.

            Fin quando il Catechismo non viene cambiato, sarebbe saggio attenersi ad esso.

            E di certo non puoi accusare quelli come me di “puttanate varie”, ergendoti a sommo illuminato: fino a prova contraria, sei tu che stai riempiendo queste pagine di interpretazioni in gran parte soggettive.

            Dici che Padre Bellon sbaglia: Bellon si limita a citare San Tommaso, per quanto riguarda lo specifico peccato di lussuria.
            Evidentemente erra pure San Tommaso…

          • Marco ha detto:

            @Adolfo

            “Rampichi eccome: infatti non puoi annullare il CCC, o meglio non è giusto che citi solo quel che ti fa comodo, quando parli dei divorziati risposati. Il CCC 1650 non ammette alcuno spiraglio.

            Quando il papa cambierà il Catechismo (come tu desideri ardentemente, e come dai già per scontato), allora ne riparleremo.

            Fin quando il Catechismo non viene cambiato, sarebbe saggio attenersi ad esso.”

            A parte il fatto che il Catechismo parla dei risposati come “categoria” e si, come “categoria” non esiste l’assoluzione, può esistere al massimo per il singolo risposato dove il confessore valuti che non vi sia colpa soggettiva mortale.

            Per il resto, moltissime diocesi, la grande maggioranza, stanno interpretando Al secondo il volere del Papa.

            “E di certo non puoi accusare quelli come me di “puttanate varie”, ergendoti a sommo illuminato: fino a prova contraria, sei tu che stai riempiendo queste pagine di interpretazioni in gran parte soggettive.”

            Cosa avrei scritto di soggettivo?

            Falso, Padre Bellon ha detto

            “MA SE CON QUESTO TESTO SI VOLESSE DIRE CHE VIVONO IN GRAZIA ANCHE SE HANNO RAPPORTI SESSUALI SAREBBE COMPLETAMENTE SBAGLIATO, PERCHÉ È CONTRARIO NON SOLO ALL’INSEGNAMENTO DI SAN TOMMASO, MA A QUELLO DI DIO E DELLA CHIESA.”

            E io ho risposto che http://www.marcotosatti.com/2017/01/14/malta-comunione-ai-divorziati-risposati-contro-il-catechismo-nuove-voci-chiedono-al-papa-una-riposta-di-chiarezza-ai-dubia/#comment-3956

            “In realtà non è così, perché se vi sono circostanze attenuanti la colpa dei risposati può ben essere solo veniale e non mortale.

            Che la colpa dei risposati che non vivono in castità sia sempre mortale, QUESTO è ciò che non è mai stato affermato dalla Chiesa.

            E Padre Bellon si contraddice quando afferma che

            “8. In merito al n. 301 si legge: “La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante”.
            A dire il vero QUESTO NON È MAI STATO DETTO NÉ NEL MAGISTERO NÉ NEI MANUALI DI TEOLOGIA.”

            Per poi dire che se non vivono in castità siano necessariamente in peccato mortale (cosa falsa e contraria al Magistero, visto che anche il Catechismo al 1862 afferma che un peccato in materia grave sia solo veniale se mancano piena avvertenza e/o deliberato consenso).”

            E in questo di soggettivo non c’è nulla.

            L’unica cosa soggettiva è quanto ha detto Bellon, che infatti, come ho mostrato, si è autocontraddetto.

            Su San Tommaso si è detto semplicemente che

            “TRA L’ALTRO PER SAN TOMMASO SE UN SINGOLO ATTO CONTRARIO AD UNA VIRTÙ ACQUISITA NON FA PERDERE TALE VIRTÙ PERCHÉ L’ATTO CONTRARIA L’ATTO MA NON L’ABITO (sicché se uno si ubriaca una volta non si può dire che ha perso la virtù della sobrietà), TUTTAVIA VI FAREBBE ECCEZIONE LA LUSSURIA: “Ma con un atto di lussuria la castità viene meno di per sé stessa” (Sed actu luxuriae castitas per se privatur”, s. tommaso, In II Sent., d. 42, q. 1, a. 2, ad 4).”

            Il che è vero: un atto di lussuria fa venire meno la castità. E quindi? Non c’entra nulla con quanto detto sopra, ovvero sullo stato spirituale dei risposati. Li Bellon ha fatto un grave errore, tra l’altro contraddicendo proprio se stesso quando affermava che “QUESTO NON È MAI STATO DETTO NÉ NEL MAGISTERO NÉ NEI MANUALI DI TEOLOGIA.”

  • natan ha detto:

    Non sono sarcastico. Bergoglio era mediocrità a Baires,tra tanti gesuiti sono andati a prendere un dictator. Evviva il Papa Caudillos. Evviva il Papa re,evviva Bergoglio. Portaci le mugnotte in via della Conciliazione. Dai…..queste ci mancano

  • Piero ha detto:

    Buonpomeriggio. Be, se il Papa Francesco 1° approva il matrimonio ai Preti e Vescovi, la possibilità alle Donne di fare i Preti, allora vorrà dire che tradirà la Chiesa fondata da Nostro Signore Gesù Cristo e dallo Spirito Santo. Infatti Gesù a fondato la “Messa” il giovedi Santo a cena con i 12 Apostoli, ma non ha voluto a cena la sua Santa Madre Maria e neanche Santa Maria di Magdala (detta la Maddalena, la peccatrice). Questo vuol dire che i “Santi Sacramenti ” li possono amministrare solo gli uomini, percio’ niente sacerdozio alle donne, perché sarebbe come mischiare l’acqua limpida e pura con il vino, cosicche l’acqua cambia colore ed non é piu limpida e pulita. Allora dovremo riconsiderare come vero Papa Benedetto XVI° (ossia Ratzingher).

    • Don Ezio Fonio ha detto:

      Si mescolano questioni diverse che non c’entrano nulla:
      – papa emerito non è più papa;
      – diaconato femminile: già praticato nell’antichità, persiste nella Chiesa latina con le monache certosine (il punto è se si tratta di un ministero o di ordine sacro e l’utilità della ripresa della prassi);
      – il papa Francesco che viene vilipeso come degno di fondare una setta (vergogna!);
      – matrimonio di vescovi e preti: non si tratta di questo e comunque sarebbe pure una questione disciplinare e non dottrinale;
      – mogli degli apostoli secondo il Card. Hummes che non precisa quali siano gli apostoli che avrebbero lasciato la moglie: nella Bibbia non si parla mai di mogli degli apostoli, neppure di Pietro, tant’è che Gesù guarisce la suocera non perché partecipi al banchetto preparato dalla nuora ma per allestirlo lei stessa, dunque Pietro doveva essere vedovo);
      – la questioni dei viri provati da ammettere al sacerdozio: così nei riti orientali, nella Chiesa latina del primo millennio, ora ci sono preti latini sposati (anglicani e qualche luterano passato al cattolicesimo), potrebbe essere una delle forme del sacerdozio anche nella Chiesa latina;
      – la questione della riammissione al ministero di sacerdoti che hanno lasciato: questo è il punto, caso per caso è già avvenuto anche decenni fa. Quindi, tanto rumore per nulla o per tirar fuori argomenti contro il Papa che starebbe per fare qualcosa di clamoroso.

      • Acchiappaladri ha detto:

        Caspita!
        Sembra che lei mi abbia risposto prima ancora che pubblicassi il mio commento sulla “confusione dei preti sposati”.

        Grazie: ora mi rileggerò con più attenzione il suo commento.

      • Acchiappaladri ha detto:

        Relativamente a:
        “– la questione della riammissione al ministero di sacerdoti che hanno lasciato: questo è il punto, caso per caso è già avvenuto anche decenni fa.”

        le sarei grato se, avendone tempo e voglia, potesse illustrarci meglio i precedenti di riammissione che ha citato.

        In particolare quando e con quali condizioni avvennero?

        Da ignorante sto credendo che una piena, permanente e incondizionata riammissione al ministero sacerdotale di un presbitero cattolico poi sposatosi e ancora normalmente convivente con sua moglie sia inaccettabile dogmaticamente.

        Ho un vago ricordo di quanto dettomi molto tempo fa da un sacerdote riguardo alla possibilità solamente in gravissime emergenze, irrimediabili diversamente, per la salvezza di qualche anima di amministrare validamente qualche sacramento anche per preti sospesi dal ministero.

        Se non fosse così, vorrei capire meglio che cosa devo credere secondo la tradizione apostolica.
        Grazie.

  • Cesare Baronio ha detto:

    Ma che aspetta Bergoglio a trasferirsi a Guidonia e farsi una setta per i fatti suoi? Glielo pago io il biglietto: € 2.10 da Roma Termini. Sola andata.

  • Patrizia ha detto:

    Spassoso il commento di Dolce Gabbiano delle 12.45! Potrebbe succedere proprio cosi’ fra non molto.

  • Dolce Gabbiano ha detto:

    Confessione.
    “Padre ho peccato ”
    “Beh figliolo, intanto non occorre che mi dici i peccati perché già il fatto che tu sia qui mi dice che sei pentito, poi peccato è una parola grossa…
    “Cosa intende? ”
    “Intendo che sì esiste il peccato come concetto astratto, ma nel concreto se analizziamo psicologicamente, culturalmente ed esistenzialmente la tua situazione, vedrai che esistono tutta una serie di cause e di concause per cui non potevi avere né piena avvertenza, né deliberato consenso, noi le chiamiamo attenuanti ”
    “Quindi è impossibile peccare? ”
    “Si, ormai questa medievalata del peccato è finita. Un peccato è rimasto però… è quello che indurisce il cuore, ed è quello di credere che il peccato c’è! Questo fa male alla gente, la fa cadere in depressione.. Lo dico sempre anche ai miei figli!”
    “Ai suoi figli spirituali? ”
    “No no, ai miei figli, quelli che ho avuto con mia moglie e quelli che ho con la mia nuova compagna!”

  • natan ha detto:

    ormai a ruota libera. Lasciamo “divertire ” il Signore Gesù. La libertà è il caposaldo della dottrina. E’ sia libero papa Francesco di muoversi come meglio crede per il bene degli uomini che stanno fuori e per la condanna di chi sta dentro .

  • Dolce Gabbiano ha detto:

    Quando le campane suonano la festa è vicina!
    Così è stato per la Comunione a chi vive in peccato mortale, così sarà qui, Chiesa sempre più liquida e presto aereiforme… a immagine dello Spirito Santo, che soffia dove vuole arbitrariamente… Viva l’arbitrio! Ancora poco e potremo fare tutto ciò che ci pare!
    Certo rimarrà ferma la dottrina sul peccato, ma nel concreto sarà impossibile il peccato, che bello, finalmente liberi!

    • G. Gervasi ha detto:

      @ Dolce Gabbiano (16.01.17 ore 11:43 a.m.)
      Un commento ispirato da C.S. Lewis:
      Certo (1) potremmo fare tutto ciò che ci pare, anche, supponiamo, un peccato mortale.
      (2) Poi ci mettiamo un periodo di riflessione: gira e rigira, più illuminati ed informati si diventa, più si comincia ad “essere certi e credere” che ciò che si é fatto, pur essendo oggettivamente cattivo, di fatto non lo é poi tanto o lo é solo in parte.
      E perché?
      (3) Ma pensaci sú un poco, suvvia …
      La volontà umana é attratta da un oggetto intravisto
      sotto “specie boni”, cioé in quanto lo percepisce come
      un bene. D’accord?
      Rispondo io: sí, é San Tommaso puro.
      Pertanto mescoliamoci un 10 grammi di legge della gradualità (qui entra in gioco il Vescovo Forte, beniamino del papa) e riflettiamoci ancora sopra.
      Bé, questo bene, sia pure all’infimo grado della scala dei beni, rimane un bene a cui io tendo secondo le mie possibilità del momento. E la legge, essendo un ideale, non può richiedere da me qualcosa che supera le mie forze del momento. E quindi, quanto all’atto da me compliuto, non può trattarsi di un peccato mortale,
      che é un male assoluto.
      (4) Ma allora come la mettiamo con la coscienza?
      (4) Bé, guarda, sembri essere un pò tonto, scusami, sai, ma ti perdono perché siamo amici.
      Allora, la coscienza, secondo i Maltesi dev’essere sí “illuminata ed informata” ma, nota bene, non necessariamente corretta, perché dove si andrebbe
      a finire se si richiedesse, come facevano i bacchettoni
      pre-bergogliosi, una coscienza corretta, una “recta ratio”?
      Le possibilità di interpretazione per gli azzeccagarbugli
      di Amoris Laetitia si restringerebbero troppo, eh?
      Allora, riprendendo il discorso: siccome … eh e eh …, posso dire in coscienza che il peccato “oggettivamente” mortale che ho commesso, per me, considerando tutti gli elementi finora considerati ma, per carità, non altri, se nó dove andremmo a finire? é al massimo un peccato veniale.
      (5) E così, al termine di questo laborioso processo
      di discernimento, “sono certo e credo” che posso accostarmi serenamente al sacramento dell’eucarestia.
      (6) E che cos’é di tutti quelli che dissentono dalle tue certezze testè enunciate?
      Quelli???? Ma quelli sono dei rigidi senza la necessaria dose di flessibilit; sono bacchettoni antidiluviani, farisei senza misericordia, ipocriti senza tenerezza e sepolcri imbiancati. Me l’ha detto Francesco!
      Beh, ciao, gli amici mi aspettano al caffé per la solita partita di bridge e, a proposito, tanti saluti da Francesco!

      • Adolfo ha detto:

        Bravo, Gervasi: ottimo e plastico spaccato della nuova Chiesa protestantoide, nella quale basta avere l’accortezza di trovare qualche “bene”, di qualunque tipo, da contrapporre al peccato, e si sta a posto.
        E, se si riesce a trovare qualche buona scusante, in aggiunta: tanto meglio!

      • Marco ha detto:

        Caro Gervasi, lei non è nè un fariseo nè un duro di cuore, tuttavia sbaglia nel far dire alla dichiarazione dei Vescovi di Malta ciò che detta dichiarazione non dice.

        Il suo riferimento, anche in questo post, ad un decidere autonomamente se accostarsi alla Comunione oppure no ne è una prova.

        E allora faccio copiaincolla della risposta che le ho già dato nell’altro topic

        http://www.marcotosatti.com/2017/01/14/malta-comunione-ai-divorziati-risposati-contro-il-catechismo-nuove-voci-chiedono-al-papa-una-riposta-di-chiarezza-ai-dubia/#comment-3995

        Ti rispondo più nel dettaglio, Gervasi

        “Di fatti, se il soggetto raggiunge la “convinzione e la fede” puramente soggettiva di non essere in uno stato di peccato mortale, che bisogno c’é del confessore per accedere ai suddetti sacramenti? E che lui la possa raggiungere, é scritto claris verbis nel documento episcopale”

        È qui che sbagli.

        Quando i vescovi maltesi dicono

        “qualora come esito del processo di discernimento, compiuto con umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa, una persona separata o divorziata che vive una nuova unione arriva — con una coscienza formata e illuminata — a riconoscere e credere di essere in pace con Dio, non le potrà essere impedito di accostarsi ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia”

        Non stanno affermano nulla di diverso dal solito.

        Infatti non è la coscienza soggettiva del peccatore che decide, ma è il confessore che, osservando che quell’anima bene informata sulla dottrina della Chiesa e l’insegnamento sul matrimonio e illuminata oramai da una vita di intimità con lo Spirito Santo, esaminandosi con lealtà si ritiene non commettere nulla di male contro la Dottrina e la volontà dello Sirito Santo, decide di non precludere l’accesso. Infatti il testo non afferma “possono avere accesso ai sacramenti” ma ben piuttosto dice “non le potrà essere impedito di accostarsi ai Sacramenti di Riconciliazioje ed Eucaristia” gil che sottolinea il fatto che la decisione in questione non è iniziativa creativa della coscienza ma serio giudizio della Chiesa nella persona del suo sacerdote.

        Se prendi la frase in tutta la sua interezza, infatti, prima di non precludere il sacerdote deve vagliare se la persona considerata ha la coscienza ben formata e illuminata (dallo Spirito Santo ovviamente) e che questa “pace con Dio” sia il risultato di questa formazione e di questa vita di preghiera e di carità. Quindi non è per niente equivalente a dire che la persona da sola si considera , in pace, ben formata e illuminata e va a comunicarsi di per testa sua, che sarebbe una incitazione al sacrilegio.

        Potrà comunicarsi dopo l’eventuale assoluzione.